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Cardito

CARDITO: Mazza e Amirante fanno le schegge. Ma le “gaffe” restano

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CARDITO – La politica vive un momento di “impazzimento” collettivo. Una serie di schegge impazzite che non hanno nemmeno le idee chiare sugli obiettivi da perseguire. Un mix devastante che produce i risultati attuali. E la cosa peggiore resta verificare che l’opinione pubblica spesso resta lontana da quanto realmente accade nelle stanze del Palazzo attribuendo meriti a chi non ne ha. Due temi di attualità importanti. La nomina del portavoce al Municipio e la sentenza “blocca ruspe” emessa dal Tribunale di Napoli a favore degli atti messi in campo dal sindaco e dall’amministrazione comunale.

Sui social consiglieri comunali si fanno i complimenti, teorizzano e si mettono medaglie sulla giacca. Ma come stanno veramente le cose? Chi conosce i fatti sa bene che la verità è ben lontana da quanto i consiglieri scrivono su “Facebook” per cercare di ingraziarsi i cittadini. E ciò è possibile perché ormai c’è pure una stampa asservita e anche quella che vuole presentarsi come “antisistema” resta al servizio di una parte dell’opposizione. Per ovvi motivi che il paese conosce. Ma qual è la verità? Riscontrabile e verificabile? Marco Mazza e Enzo Amirante hanno bloccato per due anni la nomina del portavoce al Municipio. Lo votarono pure in bilancio ma sui social parlarono di sprechi cercando di buttare la benzina solo sul sindaco. E in parte ci riuscirono pure. Al punto da esultare su Fb: Amirante scrisse litigando con un altro collega di opposizione, testualmente, di “aver impedito al sindaco di nominarsi il portavoce”. Dopo pochi mesi il bilancio viene riapprovato e dentro c’è non solo il portavoce, figura che costa meno di tutte, ma pure due staffisti.

E guarda caso parlano di sprechi e si “fissano” sul portavoce, su quello che costa meno. Ma non sui due staffisti quando i nomi sono già pubblici e si tratta di clientele perché quegli incarichi premiano “capielettori” ereditati dal “decennio”. Quindi è evidente che la battaglia sul portavoce è tutta personale. Al punto che per salvare la faccia in aula, Amirante abbandona il Consiglio. Ufficialmente rischiava lo svenimento. Mal di testa. Dice di essere favorevole ma ufficialmente non lo vota. Se ne va prima. Mazza lo vota il portavpoce e pure i due staff ma propone con l’opposizione di scrivere un codice deontologico. Confondendo la figura del “poratvoce del sindaco” con quella di addetto stampa del Comune. Figure diverse con compiti diversi. Ed in entrambi i casi il codice deontologico lo prevede per i giornalisti la legge e lo stesso Ordine di appartenenza. Ma soprassediamo. Non tutti sono competenti, soprattutto se questi incarichi a Cardito sono sempre stati utilizzati per garantire uno stipendio ai disoccupati-elettori, figuriamoci se possano già capire la differenza tra “portavoce” del sindaco e addetto stampa del Comune. Va bene pure il Codice deontologico da scrivere in commissione.

E pure Pisano si convince che il “pappagallo”, come lo ha inteso quando al governo del paese c’era lui con Peppe Barra sindaco, diventa una figura indispensabile. Quel codice da scrivere fa la differenza pure per Forza Italia. Che prima di are l’ok si assicura che si tratta di “pappagallo” e non di un professionista. E la dimostrazione sta tutta in quel Codice etico che la politica vuole elaborare ben oltre quello già esistente presso l’Ordine. Insomma, non vogliono un professionista ma cercano di creare le condizioni per obbligare e condizionare il sindaco a scegliere il “pappagallo” che dovrà avere paura pure di andare alla toilette e capire a quale posizione attenersi per espletare un bisogno fisiologico. Mazza comunque vota insieme all’opposizione. Dimenticando la denuncia di “spreco”. Mentre Amirante prima della discussione arriva il rischio “svenimento”. Così mettono una toppa di fronte all’opinione pubblica e cercano di rimediare alla figuraccia che non è passata comunque inosservata. Ed ha dimostrato che nelle loro posizioni c’era soltanto personalismo.

Passi pure il portavoce “commissariato” dalla politica. Ma in commissione succede quello che nessuno si aspettava. Si deve scrivere il Codice deontologico. E si sbaglia commissione. Convocano la II, quella legata alle Politiche sociali, e non la I con competenze su Affari generali. Passi anche questa “gaffe”. Va bene pure la seconda. Ma la riunione salta perché Luigi Fusco del Pd e Sossio Barra di “Cardito democratica” non si presentano. Tradendo l’impegno con l’opposizione. E Chiacchio sbotta. “L’ennesima farsa che testimonia l’incapacità della maggioranza e del dilettantismo che regna ormai da diversi anni al Municipio. In consiglio comunale la minoranza ha condiviso, coerente con quanto ho sempre detto, la nomina al Comune di un portavoce per le comunicazioni istituzionali attraverso un percorso, stabilito in aula con la “squadra di governo”, che vedeva come prima tappa la redazione in commissione di un Codice deontologico al quale il professionista che sarà incaricato dovrà attenersi. Ebbene, è stata convocata la II commissione con all’ordine del giorno la redazione del Codice deontologico. Lugi Fusco del Pd e Sossio Barra di “Cardito democratica”, ossia il partito del sindaco e la lista civica del sindaco, si sono assentati e la commissione è stata rinviata per mancanza di numero.

Questo è il rispetto che la maggioranza ha delle istituzioni: le mortifica e calpesta il confronto venendo meno agli impegni pubblicamente assunti mostrando solo un’arroganza sterile e vuota tipica di chi considera il potere nella sua accezione peggiore”. Il bello arriva, però, sulla sentenza del Tribunale in relazione al “blocca ruspe” nei confronti della case abusive acquisite al patrimonio comunale. Mazza è stato il primo a pubblicizzare la sentenza ed a mettersi la medaglia sul petto. Lui, che solo qualche mese fa, si dimise dalla presidenza della commissione Urbanistica scrivendo una lettera proprio su questo argomento, puntando l’indice contro il sindaco e l’amministrazione accusati di non aver fatto quello che c’era da fare per risolvere il problema degli abbattimenti. Il tribunale ha sancito una cosa diversa ed ha premiato, al contrario di quanto Mazza affermava, che l’amministrazione ha operato su questo fronte bene. Facendo addirittura scuola in Italia. E Mazza al posto di prendere atto di essere stato smentito nonostante mesi prima riuscì ad alzare un polverone contro il sindaco, cosa fa? Sale sul carro del vincitore e smentisce se stesso o, semplicemente, ha dimenticato la sua posizione sull’argomento assunta mesi addietro. Infatti, risulta ancora dimissionario da presidente di commissione Urbanistica.

E non è stato ancora sostituito.

Adesso cosa farà? Chiederà scusa per il polverone alzato e tornerà sulla poltrona della Terza commissione come se nulla fosse accaduto? Ma in un contesto politicamente mediocre, tutto passa inosservato. La sentenza ha premiato l’amministrazione? E adesso tutti a mettersi la medaglia in petto ad assumere meriti tanto la gente dimentica in fretta e i consiglieri possono dire tutto e il contrario di tutto puntando proprio su un’opinione pubblica disattenta e disinformata. Ma il dato politico resta. Amirante “scalcia” ma non vota contro per non perdere contatto con la maggioranza e coi benefici collegati. Mazza fa il bello ed il cattivo tempo ma non è una notizia che lavora contro il sindaco Peppe Cirillo.

E proprio sulla questione degli abbattimenti è emersa la verità. Se il tribunale avesse dato torto all’amministrazione. Mazza ne usciva vincitore perché, come detto, ha sparato a pallettoni contro sindaco e amministrazione denunciando ritardi, inadempienze e rischio di illegalità. Se il tribunale, com’è successo, ha sancito che Cirillo ha fatto bene al punto da fare scuola in Italia, Mazza si è preso i meriti, ed ha fatto di tutto per mettersi in mostra, da consigliere di maggioranza proprio per coprire la “gaffe” dei mesi scorsi. Questa è la politica a Cardito. Due o tre forni. Nulla cambia. Dibattito annientato e coerenza zero

Afragola

Stupri, violenze e omicidi. Facile fare il prete anticamorra con la legge che li obbliga a non denunciare

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Facile fare il prete di periferia negli addensamenti di povertà a nord di Napoli. Basta avere l’ambizione di andare a colmare un vuoto lasciato dalla politica e dalle istituzioni con l’aiuto della fede e della toga e un po’ di predisposizione all’egocentrismo. Aspettare che un tragico evento si verifichi e attendere, inesorabilmente, lo stuolo di colleghi giornalisti che, non sapendo chi intervistare, dato che a queste latitudini la politica è sempre assente per autoimplosione, si rivolgono al personaggio più populista e demagogo rimasto sul territorio.

Allora la riflessione che voglio fare oggi, così come esposta ai tempi dei fatti che riguardarono l’omicidio di Fortuna Loffredo è: la Chiesa che da secoli cerca di colmare i vuoti creati dalla cecità dei governatori sarebbe in grado di aiutare, fattivamente, le vittime di questi efferati delitti?

Tutti noi sappiamo che secondo l’art. 200 c.p.p. la legge italiana rispetta il segreto confessionale tanto che stabilisce che: il sacerdote a cui è stato confessato un reato NON può essere obbligato a essere chiamato come testimone in un processo. Al contrario, come recita l’art. 622 c.p., violare il segreto confessionale potrebbe costituire reato: il sacerdote che dovesse violare il segreto confessionale per un qualsiasi motivo NON previsto dalla legge, rischia la reclusione fino a 1 anno e una multa che può variare tre le € 30 e le € 516.

D’altro canto, invece, è pur vero che la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6912 del 14 gennaio 2017 ha chiarito che il sacerdote che NON DEVE violare il segreto confessionale è tenuto a collaborare con la giustizia. Il segreto confessionale cade nel momento in cui il fedele confessa di essere, ad esempio, stata vittima di violenza. Il sacerdote che, in sede di processo, si rifiuta di testimoniare o mente durante la deposizione rischia la reclusione fino a 6 anni per il reato di falsa testimonianza.

La differenza sta proprio qui! Se a confessare il reato è chi commette il reato? Allora vale la prima ipotesi, ossia, il prete è tenuto a non denunciare ciò che gli è stato riferito in confessione. Ma questo principio ecclesiastico, condiviso anche dalle norme laiche della nostra Costituzione, in verità, quanta carità cristiana serba in sé?

Facendo un’opportuna riflessione sociologica, da anni il tema della religiosità dei mafiosi, o dei criminali in generale, apre lo scenario a molteplici piani di analisi: da una parte, occorre chiedersi che significato assumono le devozioni e le ritualità religiose e che ruolo svolga il ricorso alla fede all’interno di certi contesti, dall’altra è indispensabile valutare le posizioni che la Chiesa ha progressivamente espresso nella storia. Lo studio delle organizzazioni mafiose lascia emergere il dato piuttosto singolare di una religione che diventa strumento di legittimazione, offrendo motivazioni agli atti criminosi, alleviando le paure e le angosce nutrite dagli affiliati per il proprio destino personale. Ed è per questi motivi che si può benissimo pensare che anche un reato come lo stupro può facilmente essere confessato ad un protettore di anime.

Allora la domanda sorge spontanea: a quali responsabilità la Chiesa espone un prete di periferia, pastore di un addensamento di povertà come quella del Parco Verde? Quale peso deve sopportare un prete anticamorra se tali principi lo devono, per forza maggiore, relegare alla figura di un inerme testimonial della lotta? Ma soprattutto come si sentirebbe l’uomo che alberga sotto la toga a sapere di essere stato costretto a non evitare tale scempio?

Allora l’ultima osservazione che vorrei fare è quella del ruolo della Chiesa nella società moderna. Forse, dico forse, con tutta la modestia possibile, sarebbe il caso di far scendere realmente in trincea chi, almeno a parole, dichiara di voler salvare la vita alla povera gente su questo umile pianeta e far sì che chi sappia denunci immediatamente.

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Caivano

Colpite delle auto di una concessionaria durante una sparatoria a Cardito

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Ieri notte alle ore 2:20 circa a Cardito, i carabinieri di Caivano sono intervenuti a via I Maggio angolo via della Repubblica per una segnalazione di colpi d’arma da fuoco. Alcuni colpi di arma da fuoco sono stati sparati verso 4 auto che erano all’interno di un concessionario, 7 i fori causati. Sono in corso le indagini della vicenda.

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Cardito

CARDITO. L’uscita dei quattro di FI dalla maggioranza era un processo che andava consumato

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CARDITO – Questione di tempo! Questa è la sintesi giusta che si possa fare a chi da tempo cerca di strumentalizzare attaccando con pochi e futili argomenti l’Amministrazione Cirillo sull’obbrobrio politico che si stava consumando in maggioranza, facendo registrare contestualmente due partiti che ideologicamente e storicamente sono sempre stati agli antipodi, ossia PD e Forza Italia.

La stortura ovviamente non è nata dalla volontà del Sindaco Cirillo ma dalle scelte politiche, seppur legittime, di quattro consiglieri comunali che eletti in diverse liste civiche di sinistra che appoggiavano la candidatura del Sindaco Cirillo, scelgono un altro percorso politico, tradendo di fatto l’elettorato, andandosi a rifugiare sotto l’effige azzurra del partito di Silvio Berlusconi. Ma questa oramai è storia nota all’ombra di Palazzo Mastrilli. Veniamo adesso ai giorni nostri.

Ai quanti volevano strumentalizzare sulla coesistenza in maggioranza dei due partiti PD-FI si può solo rispondere che bisognava che maturassero i processi. La scissione è arrivata in maniera fisiologica, un po’ come avviene all’Università con la selezione naturale di chi porta al termine il proprio percorso di studi, così i quattro consiglieri Giovanni Aprovidolo, Orlando De Simone, Giuseppe Mirone e Andrea Russo hanno scelto il modo e il momento più sbagliato possibile per comunicare alla città la loro volontà di passare all’opposizione e di non condividere più le scelte dell’Amministrazione.

Le motivazioni che danno nel documento redatto e pubblicato ieri a mezzo social – contestualmente all’evento della Festa della Liberazione che l’Amministrazione stava svolgendo all’interno di un altro evento riuscitissimo sul territorio della quattro giorni della 29^ edizione della Sagra delle Fragole e degli Asparagi e dell’avvio della promozione social dell’evento del concerto del primo maggio che vedrà come special guest la band musicale “The Kolors” quando si è registrato, forse, l’apice più alto della popolarità del Sindaco Cirillo e della sua Amministrazione – lasciano il tempo che trovano apparendo come degli stucchevoli e futili tentativi di destabilizzazione atti solo a creare un peso, che nei fatti, i quattro hanno dimostrato di non possedere e passo subito all’illustrazione dei fatti.

I quattro consiglieri nella missiva scrivono che i due assessori Michele Fusco (delega al personale) e Avv. Angela D’Agostino (delega al bilancio) pur confermando al primo cittadino il loro voto favorevole alla proposta di bilancio, chiedevano al Sindaco e ai colleghi di giunta di posticipare l’adozione dell’atto al giorno successivo, al solo fine di approfondirne il contenuto, essendone i proponenti.

Da qui già tutte le stranezze del caso. A cosa serve chiedere un giorno in più di valutazione se già si è dichiarato di voler votare a favore? Ma poi. Chi meglio dell’Assessore al bilancio potrà mai conoscere il bilancio? Perché chiedere di posticipare un giorno? Ma soprattutto. Cosa sarebbe cambiato in un giorno se già si sa che bisogna votarlo?

In realtà quello che sarebbe cambiato in un giorno l’abbiamo scoperto raccogliendo alcune indiscrezioni in esclusiva. Aspettare qualche giorno, voleva dire arrivare ad alcune scadenze burocratiche per le quali si rischiava di finire sotto la scure del sollecito prefettizio e contestualmente diventare causa e soluzione dello stesso problema, con la speranza di aumentare un peso politico che fino ad allora non si possedeva. Un peso che avrebbe consentito loro di continuare a tirare la giacca del Sindaco, ancor di più rispetto a quanto fatto finora.

Siccome il primo cittadino, conquistandosi i galloni sul campo, prima da Sinadco autorevole e poi da vicesindaco metropolitano, non se l’è sentita di subire ulteriori ricatti e siccome il processo di scissione era già stato avviato dagli stessi protagonisti scegliendo di ripararsi sotto l’ala protettiva del cavaliere d’Italia, ha ritenuto opportuno, dopo un serio faccia a faccia con gli assessori in questione, avvertire che visti i tempi ristretti e se non si fossero ravveduti dalle futili motivazioni dichiarate, si sarebbe visto costretto a revocare loro le deleghe per motivi politici. I loro consiglieri di riferimento, evidentemente non ci hanno creduto e la fascia tricolore ha dovuto far proseguire i fatti alle proprie parole.

Alla fine il primo cittadino prende due piccioni con una fava. Si divincola dall’imbarazzo di avere in un’Amministrazione targata centrosinistra una rappresentanza di Forza Italia e relega all’opposizione, scrollandoseli di dosso, quattro consiglieri dediti alle continue richieste.

Ancora una volta il dato politico che si registra è quello di avere a che fare con una classe dirigente personalistica e sprovveduta. Quello che hanno guadagnato i quattro consiglieri con la loro azione politica è un pugno di mosche, con la conseguente perdita dei due assessori mai più riproponibili anche laddove gli stessi consiglieri facessero un’azione di apertura per un nuovo rientro in maggioranza. Michele Fusco e l’Avv. Angela D’Agostino, che secondo regole non scritte della politica, si sarebbero potuti salvare se solo avessero rimesso le loro dimissioni nelle mani del Sindaco che, dichiaratosi già garante politico, avrebbe avuto l’obbligo morale di intavolare una riflessione col partito di appartenenza con il probabile rientro della discussione con tanto di dichiarazioni formali da dare in pasto all’opinione pubblica. Invece no, da puri esperti sprovveduti, hanno voluto alzare un fronte, facendo un affronto alla fascia tricolore perdendo, come si dice in gergo, “a Filippo e il paniere”.

Secondo altre indiscrezioni dell’ultim’ora pare che i quattro siano già pentiti delle scelte fatte e della strategia adottata, e che a tutti i costi vorrebbero ricucire con la maggioranza, anche perché consapevoli che il Bilancio è stato condiviso anche con loro.

Non solo pentiti, in realtà avrebbero già un piano di rientro, sul come accordarsi col Sindaco Cirillo e indicando altri due nomi di assessori, il primo è quello di Pompeo D’Agostino, papà dell’Assessora al bilancio dimissionario, nome questo atto a mantenere in piedi gli accordi pre-elettorali con Andrea Russo e il secondo quello di una donna che sostituirebbe nei fatti Michele Fusco e contestualmente andrebbe a riempire la casella della quota rosa prima occupata proprio dall’ex Assessora D’Agostino. Su questa ipotesi, a quanto pare, ha già fatto sentire la propria voce con i suoi l’ex vicesindaco Michele Fusco che attenendosi agli ordini di scuderia si è visto fuori da tutti i giochi. Vi terremo aggiornati sulla vicenda.

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