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[ESCLUSIVA] CARDITO, quella dell’ex assessore Di Micco è una manovra per destabilizzare la maggioranza

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CARDITO – La telenovela dell’estate, quella relativa al movimento “Insieme per Cardito, probabilmente, si chiuderà ben prima della sentenza del Tribunale. Infatti emergono nuovi dettagli rivelati in esclusiva da Minformo che chiariscono ulteriormente la vicenda, anche perché non bisogna dimenticare che quando si parla di una lista civica come il movimento carditese, oltre le carte contano anche le menti come la rappresentanza e soprattutto la militanza. Agosto è stato il mese in cui Giuseppe Di Micco ex assessore ai Tributi nominato dal consigliere Andrea Russo, appena sceso da cavallo ha addirittura presentato una denuncia in Tribunale per rivendicare la leadership della civica “Insieme per Cardito”. Dopodiché ha cominciato a sparare offese attraverso Facebook all’indirizzo di un professionista serio e stimato qual è il consigliere Andrea Russo che dall’analisi delle carte ha un solo demerito quello di aver dato spazio alla partecipazione e alla condivisione. Di cosa si tratta? Cerchiamo di ricostruire la vicenda atti alla mano.

Giuseppe Di Micco sulle carte figura come uno dei due presentatori della lista “Insieme per Cardito” e figura inoltre nell’atto costitutivo del movimento insieme ai nomi di Andrea Russo, Vincenzo Soritto, Trappolieri ed altri militanti. Insomma per quanto riguarda la lista civica “Insieme per Cardito” ad oggi esiste solo un atto costitutivo così come avviene anche per le associazioni non a scopo di lucro e in quell’atto ci sono solo i nomi dei soci fondatori. Pertanto il Di Micco non è mai stato nominato, in nessuna assemblea del movimento, segretario di partito o coordinatore come si preferisce chiamarlo e quindi allo stato attuale non esiste verbale a firma dei militanti o dei soli consiglieri che attestino democraticamente la nomina di Giuseppe Di Micco a coordinatore del movimento. Ma non è questo che conta, c’è un altro aspetto che fa la differenza. “Insieme per Cardito” ha anche formato un gruppo whatsapp dove tutti i militanti e i consiglieri scrivevano e si organizzavano. Chat che appena scoppiata la polemica ha visto cancellati tutti i messaggi al suo interno, perché sono stati cancellati questi messaggi? La verità ve la svela Minformo . Perché Giuseppe Di Micco aveva annunciato, attraverso proprio la chat di whatsapp, una manifestazione che si doveva tenere Giovedì 27 Luglio 2017 alle ore 18:30 nella sede del movimento che riguardava la costituzione della lista di Campania Libera del Presidente De Luca sul territorio carditese. Insomma Di Micco si presenta come l’artefice della costituzione a Cardito di un altro movimento politico denominato Campania Libera e quindi di fatto si è messo fuori dal movimento “Insieme per Cardito”. Una manifestazione che è stata snobbata dall’intero gruppo di “Insieme per Cardito” in quanto, sembrerebbe che la scelta di formare una costituente di Campania Libera a Cardito è stata presa proprio dal Di Micco in piena autonomia. A questo punto il dato era lampante: il gruppo aveva scelto di continuare il percorso intrapreso da “Insieme per Cardito” e portarlo avanti senza Di Micco.

Adesso perchè Di Micco rivendica la leadership e addirittura il ruolo di segretario, quando poi la sua decisione di scegliere altri lidi è stata fin troppo evidente? Anche perché da qui a qualche giorno sarà protocollato al Comune un documento firmato dai soci fondatori, dai consiglieri, dall’assessore e dai militanti di “Insieme per Cardito” che rappresenterà un verbale di assemblea dove verrà eletto un segretario del movimento e quindi sarà il primo segretario politico eletto in un’assemblea democratica su una proposta politica. Il tutto poi protocollato nella segreteria comunale per porre fine sul piano politico la vertenza.

La verità però è un’altra che al di là del capriccio di Di Micco, dove prima annuncia, per iscritto ai suoi compagni di partito, il suo passaggio a Campania Libera e poi dopo cerca di ottenere la nomina di segretario di “Insieme per Cardito” mettendo da parte il passaggio al movimento di De Luca, fa emergere proprio ora delle indiscrezioni che vorrebbero che in quest’operazione ci siano dei componenti della maggioranza che vogliono approfittare di questa telenovela per tentare di destabilizzare l’ambiente di governo perché il loro obiettivo non è né Andrea Russo e né tantomeno hanno a cuore le sorti di Di Micco, il loro unico scopo è vedere se attraverso questa querelle possono tentare di destabilizzare l’alleanza. Il problema è che il gruppo di Peppe Barra ha già dichiarato che non sosterrà Cirillo alle prossime elezioni e lo stesso vale anche per l’avvocato Marco Mazza. Quindi con questo cosa accade? Accade che la vertenza politica non esiste perché Di Micco ha perso sul campo e ve l’abbiamo mostrato in esclusiva, quando l’ex assessore ha annunciato nei fatti che il suo scopo era quello di essere il pioniere della costituente di Campania Libera. Quindi lui ha messo per iscritto che ha fatto un’altra scelta diversa da quella di “Insieme per Cardito”. In secondo luogo ci sarà un verbale dove si riconoscerà un nuovo segretario e questa cosa è un altro punto a sfavore delle attuali rivendicazioni dell’ex assessore. In ultima analisi si può benissimo asserire che le parti si sono invertite, perché a questo punto è il movimento ad aver preso le distanze da Di Micco e no viceversa.

Il problema adesso diventa politico perché c’è chi vuole utilizzare l’ex assessore per mettere fibrillazione in maggioranza. Non dimentichiamoci che in maggioranza si è aperta una guerra che da un lato vede il gruppo di Peppe Barra che attraverso le parole del proprio leader ha annunciato che alle prossime elezioni non sosterrà l’attuale sindaco Giuseppe Cirillo per una sua ricandidatura e che la collaborazione con l’ingegnere di Carditello finisce in questa consiliatura e dall’altro lato c’è il resto della maggioranza al quale non va bene questa scelta del gruppo barriano e che sarà pronta già da Settembre a porre i vari problemi politici, poiché è impensabile che il gruppo di Peppe Barra oggi resta in maggioranza per fare incetta di incarichi -Presidente del Consiglio, staff, assessori, nucleo di valutazione, controllo di gestione- e poi sul piano politico sta lavorando ad un’alternativa. Anche perché non si capisce perchè il sindaco si è dichiarato favorevole alla costituzione dell’ufficio Gare e Contratti insieme perfino all’opposizione e l’unico contrario è stato proprio il gruppo di Peppe Barra. Come si può essere contrari alla costituzione di un ufficio che garantisce piena trasparenza in tema di affidamenti diretti facendo in modo di ridurre drasticamente la percentuale di corruzione e clientela? E qui si giocherà la vera e propria partita a partire già da Settembre dove tutta la maggioranza costituirà l’ufficio Gare e Contratti e sicuramente il gruppo di Peppe Barra non avrà più libertà politica di offendere questa maggioranza. Perché se il gruppo barriano ha fatto già la sua scelta di alternativa a Cirillo così come comunicato, la può attuare sin da subito rinunciando a tutte le prebende che ha portato a casa. Infatti l’ultima cosa ridicola è stata quella affermata sullo staff proprio perché Peppe Barra in persona, attraverso una sua intervista, ha affermato che lo staff di Cirillo è composto da gente mediocre e poi non ha disdegnato di passare il nome di Nicola Di Micco allo stesso sindaco. Quindi con la bocca contestava lo staff e nei fatti passava il nome per l’ennesima prebenda, a questo punto i consiglieri fedeli al progetto, quei consiglieri che siedono in Assise pubblica senza aver ottenuto prebende possono mai sopportare che Peppe Barra spari contro la maggioranza, per certi versi dando anche una parvenza di sfottò? E la vicenda di Andrea Russo è sintomatica, un professionista serio e perbene non può assistere inerme ad una macchina del fango creata ad arte solo per destabilizzare la maggioranza.

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Afragola

Stupri, violenze e omicidi. Facile fare il prete anticamorra con la legge che li obbliga a non denunciare

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Facile fare il prete di periferia negli addensamenti di povertà a nord di Napoli. Basta avere l’ambizione di andare a colmare un vuoto lasciato dalla politica e dalle istituzioni con l’aiuto della fede e della toga e un po’ di predisposizione all’egocentrismo. Aspettare che un tragico evento si verifichi e attendere, inesorabilmente, lo stuolo di colleghi giornalisti che, non sapendo chi intervistare, dato che a queste latitudini la politica è sempre assente per autoimplosione, si rivolgono al personaggio più populista e demagogo rimasto sul territorio.

Allora la riflessione che voglio fare oggi, così come esposta ai tempi dei fatti che riguardarono l’omicidio di Fortuna Loffredo è: la Chiesa che da secoli cerca di colmare i vuoti creati dalla cecità dei governatori sarebbe in grado di aiutare, fattivamente, le vittime di questi efferati delitti?

Tutti noi sappiamo che secondo l’art. 200 c.p.p. la legge italiana rispetta il segreto confessionale tanto che stabilisce che: il sacerdote a cui è stato confessato un reato NON può essere obbligato a essere chiamato come testimone in un processo. Al contrario, come recita l’art. 622 c.p., violare il segreto confessionale potrebbe costituire reato: il sacerdote che dovesse violare il segreto confessionale per un qualsiasi motivo NON previsto dalla legge, rischia la reclusione fino a 1 anno e una multa che può variare tre le € 30 e le € 516.

D’altro canto, invece, è pur vero che la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6912 del 14 gennaio 2017 ha chiarito che il sacerdote che NON DEVE violare il segreto confessionale è tenuto a collaborare con la giustizia. Il segreto confessionale cade nel momento in cui il fedele confessa di essere, ad esempio, stata vittima di violenza. Il sacerdote che, in sede di processo, si rifiuta di testimoniare o mente durante la deposizione rischia la reclusione fino a 6 anni per il reato di falsa testimonianza.

La differenza sta proprio qui! Se a confessare il reato è chi commette il reato? Allora vale la prima ipotesi, ossia, il prete è tenuto a non denunciare ciò che gli è stato riferito in confessione. Ma questo principio ecclesiastico, condiviso anche dalle norme laiche della nostra Costituzione, in verità, quanta carità cristiana serba in sé?

Facendo un’opportuna riflessione sociologica, da anni il tema della religiosità dei mafiosi, o dei criminali in generale, apre lo scenario a molteplici piani di analisi: da una parte, occorre chiedersi che significato assumono le devozioni e le ritualità religiose e che ruolo svolga il ricorso alla fede all’interno di certi contesti, dall’altra è indispensabile valutare le posizioni che la Chiesa ha progressivamente espresso nella storia. Lo studio delle organizzazioni mafiose lascia emergere il dato piuttosto singolare di una religione che diventa strumento di legittimazione, offrendo motivazioni agli atti criminosi, alleviando le paure e le angosce nutrite dagli affiliati per il proprio destino personale. Ed è per questi motivi che si può benissimo pensare che anche un reato come lo stupro può facilmente essere confessato ad un protettore di anime.

Allora la domanda sorge spontanea: a quali responsabilità la Chiesa espone un prete di periferia, pastore di un addensamento di povertà come quella del Parco Verde? Quale peso deve sopportare un prete anticamorra se tali principi lo devono, per forza maggiore, relegare alla figura di un inerme testimonial della lotta? Ma soprattutto come si sentirebbe l’uomo che alberga sotto la toga a sapere di essere stato costretto a non evitare tale scempio?

Allora l’ultima osservazione che vorrei fare è quella del ruolo della Chiesa nella società moderna. Forse, dico forse, con tutta la modestia possibile, sarebbe il caso di far scendere realmente in trincea chi, almeno a parole, dichiara di voler salvare la vita alla povera gente su questo umile pianeta e far sì che chi sappia denunci immediatamente.

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Caivano

Colpite delle auto di una concessionaria durante una sparatoria a Cardito

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Ieri notte alle ore 2:20 circa a Cardito, i carabinieri di Caivano sono intervenuti a via I Maggio angolo via della Repubblica per una segnalazione di colpi d’arma da fuoco. Alcuni colpi di arma da fuoco sono stati sparati verso 4 auto che erano all’interno di un concessionario, 7 i fori causati. Sono in corso le indagini della vicenda.

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Cardito

CARDITO. L’uscita dei quattro di FI dalla maggioranza era un processo che andava consumato

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CARDITO – Questione di tempo! Questa è la sintesi giusta che si possa fare a chi da tempo cerca di strumentalizzare attaccando con pochi e futili argomenti l’Amministrazione Cirillo sull’obbrobrio politico che si stava consumando in maggioranza, facendo registrare contestualmente due partiti che ideologicamente e storicamente sono sempre stati agli antipodi, ossia PD e Forza Italia.

La stortura ovviamente non è nata dalla volontà del Sindaco Cirillo ma dalle scelte politiche, seppur legittime, di quattro consiglieri comunali che eletti in diverse liste civiche di sinistra che appoggiavano la candidatura del Sindaco Cirillo, scelgono un altro percorso politico, tradendo di fatto l’elettorato, andandosi a rifugiare sotto l’effige azzurra del partito di Silvio Berlusconi. Ma questa oramai è storia nota all’ombra di Palazzo Mastrilli. Veniamo adesso ai giorni nostri.

Ai quanti volevano strumentalizzare sulla coesistenza in maggioranza dei due partiti PD-FI si può solo rispondere che bisognava che maturassero i processi. La scissione è arrivata in maniera fisiologica, un po’ come avviene all’Università con la selezione naturale di chi porta al termine il proprio percorso di studi, così i quattro consiglieri Giovanni Aprovidolo, Orlando De Simone, Giuseppe Mirone e Andrea Russo hanno scelto il modo e il momento più sbagliato possibile per comunicare alla città la loro volontà di passare all’opposizione e di non condividere più le scelte dell’Amministrazione.

Le motivazioni che danno nel documento redatto e pubblicato ieri a mezzo social – contestualmente all’evento della Festa della Liberazione che l’Amministrazione stava svolgendo all’interno di un altro evento riuscitissimo sul territorio della quattro giorni della 29^ edizione della Sagra delle Fragole e degli Asparagi e dell’avvio della promozione social dell’evento del concerto del primo maggio che vedrà come special guest la band musicale “The Kolors” quando si è registrato, forse, l’apice più alto della popolarità del Sindaco Cirillo e della sua Amministrazione – lasciano il tempo che trovano apparendo come degli stucchevoli e futili tentativi di destabilizzazione atti solo a creare un peso, che nei fatti, i quattro hanno dimostrato di non possedere e passo subito all’illustrazione dei fatti.

I quattro consiglieri nella missiva scrivono che i due assessori Michele Fusco (delega al personale) e Avv. Angela D’Agostino (delega al bilancio) pur confermando al primo cittadino il loro voto favorevole alla proposta di bilancio, chiedevano al Sindaco e ai colleghi di giunta di posticipare l’adozione dell’atto al giorno successivo, al solo fine di approfondirne il contenuto, essendone i proponenti.

Da qui già tutte le stranezze del caso. A cosa serve chiedere un giorno in più di valutazione se già si è dichiarato di voler votare a favore? Ma poi. Chi meglio dell’Assessore al bilancio potrà mai conoscere il bilancio? Perché chiedere di posticipare un giorno? Ma soprattutto. Cosa sarebbe cambiato in un giorno se già si sa che bisogna votarlo?

In realtà quello che sarebbe cambiato in un giorno l’abbiamo scoperto raccogliendo alcune indiscrezioni in esclusiva. Aspettare qualche giorno, voleva dire arrivare ad alcune scadenze burocratiche per le quali si rischiava di finire sotto la scure del sollecito prefettizio e contestualmente diventare causa e soluzione dello stesso problema, con la speranza di aumentare un peso politico che fino ad allora non si possedeva. Un peso che avrebbe consentito loro di continuare a tirare la giacca del Sindaco, ancor di più rispetto a quanto fatto finora.

Siccome il primo cittadino, conquistandosi i galloni sul campo, prima da Sinadco autorevole e poi da vicesindaco metropolitano, non se l’è sentita di subire ulteriori ricatti e siccome il processo di scissione era già stato avviato dagli stessi protagonisti scegliendo di ripararsi sotto l’ala protettiva del cavaliere d’Italia, ha ritenuto opportuno, dopo un serio faccia a faccia con gli assessori in questione, avvertire che visti i tempi ristretti e se non si fossero ravveduti dalle futili motivazioni dichiarate, si sarebbe visto costretto a revocare loro le deleghe per motivi politici. I loro consiglieri di riferimento, evidentemente non ci hanno creduto e la fascia tricolore ha dovuto far proseguire i fatti alle proprie parole.

Alla fine il primo cittadino prende due piccioni con una fava. Si divincola dall’imbarazzo di avere in un’Amministrazione targata centrosinistra una rappresentanza di Forza Italia e relega all’opposizione, scrollandoseli di dosso, quattro consiglieri dediti alle continue richieste.

Ancora una volta il dato politico che si registra è quello di avere a che fare con una classe dirigente personalistica e sprovveduta. Quello che hanno guadagnato i quattro consiglieri con la loro azione politica è un pugno di mosche, con la conseguente perdita dei due assessori mai più riproponibili anche laddove gli stessi consiglieri facessero un’azione di apertura per un nuovo rientro in maggioranza. Michele Fusco e l’Avv. Angela D’Agostino, che secondo regole non scritte della politica, si sarebbero potuti salvare se solo avessero rimesso le loro dimissioni nelle mani del Sindaco che, dichiaratosi già garante politico, avrebbe avuto l’obbligo morale di intavolare una riflessione col partito di appartenenza con il probabile rientro della discussione con tanto di dichiarazioni formali da dare in pasto all’opinione pubblica. Invece no, da puri esperti sprovveduti, hanno voluto alzare un fronte, facendo un affronto alla fascia tricolore perdendo, come si dice in gergo, “a Filippo e il paniere”.

Secondo altre indiscrezioni dell’ultim’ora pare che i quattro siano già pentiti delle scelte fatte e della strategia adottata, e che a tutti i costi vorrebbero ricucire con la maggioranza, anche perché consapevoli che il Bilancio è stato condiviso anche con loro.

Non solo pentiti, in realtà avrebbero già un piano di rientro, sul come accordarsi col Sindaco Cirillo e indicando altri due nomi di assessori, il primo è quello di Pompeo D’Agostino, papà dell’Assessora al bilancio dimissionario, nome questo atto a mantenere in piedi gli accordi pre-elettorali con Andrea Russo e il secondo quello di una donna che sostituirebbe nei fatti Michele Fusco e contestualmente andrebbe a riempire la casella della quota rosa prima occupata proprio dall’ex Assessora D’Agostino. Su questa ipotesi, a quanto pare, ha già fatto sentire la propria voce con i suoi l’ex vicesindaco Michele Fusco che attenendosi agli ordini di scuderia si è visto fuori da tutti i giochi. Vi terremo aggiornati sulla vicenda.

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