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CARDITO, Chiacchio incontra il papà di Lino Romano: “Realizzare un monumento in suo ricordo”

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CARDITO – Il consigliere comunale Pasquale Chiacchio ha incontrato Giuseppe Romano, papà di Lino Romano, vittima innocente di camorra per illustrare la proposta che l’associazione “Cardito per il futuro”, presieduta proprio da Pasquale Chiacchio, presenterà domani mattina al Municipio: realizzare all’ingresso del cimitero di Cardito  un monumento nel ricordo di Lino Romano, trentenne carditese barbaramente ucciso per sbaglio di persona durante un agguato di camorra a Napoli, e di tutte le vittime innocenti di camorra. Nonché presentare in consiglio comunale una proposta per trasformare il 15 ottobre, data della tragica ricorrenza, in una “festa della legalità”.

“Ho avuto il piacere di incontrare Giuseppe Romano, nostro concittadino e papà di Lino Romano, figlio della nostra terra, vittima innocente di camorra – dichiara Chiacchio -. Ho proposto alla famiglia la nostra idea, l’idea dell’associazione “Cardito per il futuro”, che cercheremo di realizzare con tutte le nostre forze. Una piccola idea, un piccolo segno capace di restare indelebile nel tempo, da tramandare alle future generazioni affermando in ogni epoca la lotta e il contrasto a qualsiasi forma di mafia. Realizzare all’ingresso del cimitero Cardito-Crispano un piccolo monumento, con una base di pietra ed una lastra di marmo con su scritto: “Nel ricordo di Lino Romano e di tutte le vittime innocenti di camorra. Per non dimenticare una ferita che ha segnato per sempre la nostra comunità”. Con la data del tragico evento, il 15 ottobre. E proprio in vista del 15 ottobre, data della tragica ma importante ricorrenza, intendiamo organizzare a Cardito una iniziativa con la famiglia e i rappresentanti delle istituzioni di diverso livello, per rinnovare il ricordo e riaffermare quei principi e quei valori che Lino ci ha lasciato in dote. Quei valori che Lino ha lasciato in dote al mondo. Metteremo tutto su carta, elaborando la proposta e chiedendo all’amministrazione comunale, al sindaco Giuseppe Cirillo ed al consiglio comunale di recepire l’idea, sposarla e realizzarla insieme – continua Chiacchio -. Anche attraverso una delibera di Consiglio per istituire a Cardito, il 15 ottobre, la “Festa della legalità”, da tenersi ogni anno, coinvolgendo almeno le scuole perché questa storia, questa tragica storia deve trasformarsi in una giornata simbolo che abbia il volto di Lino. Contro quei poteri oscuri e forti, mafia e camorra, che impediscono lo sviluppo delle nostre terre spargendo sangue e dolore”.

Non manca una vena polemica nei confronti della politica locale.

“Sul piano personale non voglio certo rivelare la chiacchierata che ho avuto con Giuseppe, persona forte che deve rappresentare per tutti noi un esempio, di come si possa vivere un dolore incomprensibile nel silenzio, con grandissima dignità, e allo stesso tempo utilizzare quel dolore per andare avanti e portare in giro per l’Italia un messaggio ed una testimonianza di legalità e di impegno sociale col mondo delle associazioni ed al fianco delle istituzioni. Però  – continua Chiacchio – ci tengo a sottolineare un aspetto di questa chiacchierata. Mi sono vergognato un po’ per il solo fatto di essere considerato un politico. Mi sono vergognato pur non avendo responsabilità dirette, ma mi sono vergognato lo stesso. Perché in questi anni, ogni anno, da Napoli ad altri Comuni italiani, il 15 ottobre rappresenta una ricorrenza da sottolineare con iniziative pubbliche e tanti Comuni hanno avviato le pratiche per intitolare strade, monumenti, per organizzare appuntamenti nel ricordo di Lino, valorizzando, come detto, il messaggio positivo che questa tragedia trasmetterà per sempre a tutte le generazioni. Ebbene, all’appello manca Cardito. Manca l’amministrazione comunale, manchiamo noi, politici, spesso distratti da altre vicende, da polemiche di basso livello, dimenticando, invece, persino i sentimenti della nostra comunità ed il valore della nostra gente, dei nostri figli, di quel figlio di Cardito, il nostro e mai dimenticato Lino Romano, che ormai rappresenta un simbolo in tutt’Italia, un patrimonio di valori che abbiamo il dovere di valorizzare”.

 

Cardito

CARDITO. Il Consigliere Russo attacca il Sindaco sul tema staff personale, riportando dati falsi

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CARDITO – Non sempre un giornalista critico della politica entra nel merito del dibattito pubblico se non per evidenziare le fake news legate alla demagogia spicciola che possono uscire fuori dalle dichiarazioni degli addetti ai lavori.

È quanto successo pochi minuti fa nel comune del cardellino con le dichiarazioni del Consigliere Andrea Russo che affrontando un tema demagogico come quello dello sperpero di denaro pubblico legato all’assunzione degli organi formanti lo staff del Sindaco, dichiara, attraverso un video postato sui social, alcune falsità al solo scopo di alimentare rabbia e impopolarità nella figura del primo cittadino. Ma andiamo ad analizzare i fatti.

Andrea Russo nel suo video asserisce che il Sindaco Giuseppe Cirillo abbia portato il numero dei formanti lo staff da 3 a 5 soggetti, lasciando intendere una volontà da parte del primo cittadino su un ulteriore esborso di denaro pubblico. Nulla di più falso. Gli staffisti nel comune gialloblu sono sempre stati tre. All’inizio furono assunti Andrea Fisher – staffista storico – Vincenzo Russo, Nicola Di Micco e Biagio Barra, poi si decise di nominare il Di Micco dirigente dell’ente sfruttando l’Art. 110 del Tuel, liberando così una casella dal capitolo di bilancio posto in essere sullo staff del Sindaco. Da allore quella casella è rimasta vuota per parecchi mesi, facendo risparmiare, in realtà, soldi ai contribuenti.

Oggi il primo cittadino, vuoi perché oberato di lavoro, vuoi perché abituato ad avere la segreteria con impegni suddivisi su tre elementi, ha pensato bene di assumere due figure part-time. Praticamente la casella lasciata vuota da Di Micco sarà riempita da altri due staffisti allo stesso costo di sempre da parte dell’ente.

Il dato politico che esce fuori è quasi pari a zero. A queste latitudini si cerca di fare opposizione sul nulla. Si comprende e va bene il gioco delle parti, ma non si può parlare a distanza di tre anni dopo aver passato gli stessi anni tra i banchi di maggioranza accompagnati dal mutismo selettivo cronico e svegliarsi su questioni, inesistenti tra l’altro, solo ora e per giunta raccontando frottole. Ci aspettiamo altro da un professionista come Andrea Russo che in quanto tale dovrebbe anche capire che anche il confronto con i comuni limitrofi non regge. Gli altri enti non hanno a capo un Sindaco che deve destreggiarsi tra impegni locali e metropolitani, quindi che ben vengano occhi vigili sul territorio atti ad arginare facili distrazioni o dimenticanze. Non mi si venga neanche ad incolpare il primo cittadino per la doppia carica, dato che la sua visione sovracomunale è sotto gli occhi della città e la ricezione di decine di milioni di euro non è da tutti.

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Afragola

Stupri, violenze e omicidi. Facile fare il prete anticamorra con la legge che li obbliga a non denunciare

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Facile fare il prete di periferia negli addensamenti di povertà a nord di Napoli. Basta avere l’ambizione di andare a colmare un vuoto lasciato dalla politica e dalle istituzioni con l’aiuto della fede e della toga e un po’ di predisposizione all’egocentrismo. Aspettare che un tragico evento si verifichi e attendere, inesorabilmente, lo stuolo di colleghi giornalisti che, non sapendo chi intervistare, dato che a queste latitudini la politica è sempre assente per autoimplosione, si rivolgono al personaggio più populista e demagogo rimasto sul territorio.

Allora la riflessione che voglio fare oggi, così come esposta ai tempi dei fatti che riguardarono l’omicidio di Fortuna Loffredo è: la Chiesa che da secoli cerca di colmare i vuoti creati dalla cecità dei governatori sarebbe in grado di aiutare, fattivamente, le vittime di questi efferati delitti?

Tutti noi sappiamo che secondo l’art. 200 c.p.p. la legge italiana rispetta il segreto confessionale tanto che stabilisce che: il sacerdote a cui è stato confessato un reato NON può essere obbligato a essere chiamato come testimone in un processo. Al contrario, come recita l’art. 622 c.p., violare il segreto confessionale potrebbe costituire reato: il sacerdote che dovesse violare il segreto confessionale per un qualsiasi motivo NON previsto dalla legge, rischia la reclusione fino a 1 anno e una multa che può variare tre le € 30 e le € 516.

D’altro canto, invece, è pur vero che la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6912 del 14 gennaio 2017 ha chiarito che il sacerdote che NON DEVE violare il segreto confessionale è tenuto a collaborare con la giustizia. Il segreto confessionale cade nel momento in cui il fedele confessa di essere, ad esempio, stata vittima di violenza. Il sacerdote che, in sede di processo, si rifiuta di testimoniare o mente durante la deposizione rischia la reclusione fino a 6 anni per il reato di falsa testimonianza.

La differenza sta proprio qui! Se a confessare il reato è chi commette il reato? Allora vale la prima ipotesi, ossia, il prete è tenuto a non denunciare ciò che gli è stato riferito in confessione. Ma questo principio ecclesiastico, condiviso anche dalle norme laiche della nostra Costituzione, in verità, quanta carità cristiana serba in sé?

Facendo un’opportuna riflessione sociologica, da anni il tema della religiosità dei mafiosi, o dei criminali in generale, apre lo scenario a molteplici piani di analisi: da una parte, occorre chiedersi che significato assumono le devozioni e le ritualità religiose e che ruolo svolga il ricorso alla fede all’interno di certi contesti, dall’altra è indispensabile valutare le posizioni che la Chiesa ha progressivamente espresso nella storia. Lo studio delle organizzazioni mafiose lascia emergere il dato piuttosto singolare di una religione che diventa strumento di legittimazione, offrendo motivazioni agli atti criminosi, alleviando le paure e le angosce nutrite dagli affiliati per il proprio destino personale. Ed è per questi motivi che si può benissimo pensare che anche un reato come lo stupro può facilmente essere confessato ad un protettore di anime.

Allora la domanda sorge spontanea: a quali responsabilità la Chiesa espone un prete di periferia, pastore di un addensamento di povertà come quella del Parco Verde? Quale peso deve sopportare un prete anticamorra se tali principi lo devono, per forza maggiore, relegare alla figura di un inerme testimonial della lotta? Ma soprattutto come si sentirebbe l’uomo che alberga sotto la toga a sapere di essere stato costretto a non evitare tale scempio?

Allora l’ultima osservazione che vorrei fare è quella del ruolo della Chiesa nella società moderna. Forse, dico forse, con tutta la modestia possibile, sarebbe il caso di far scendere realmente in trincea chi, almeno a parole, dichiara di voler salvare la vita alla povera gente su questo umile pianeta e far sì che chi sappia denunci immediatamente.

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Caivano

Colpite delle auto di una concessionaria durante una sparatoria a Cardito

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Ieri notte alle ore 2:20 circa a Cardito, i carabinieri di Caivano sono intervenuti a via I Maggio angolo via della Repubblica per una segnalazione di colpi d’arma da fuoco. Alcuni colpi di arma da fuoco sono stati sparati verso 4 auto che erano all’interno di un concessionario, 7 i fori causati. Sono in corso le indagini della vicenda.

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