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Cardito

(Esclusiva Il corsivo di De Cicco). Il primato della mediocrità tra presente e futuro

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CARDITO – Da tempo dedicandomi alla comunicazione e al marketing, non riuscivo a trovare la giusta concentrazione per mettere su carta quello che penso sull’attuale momento politico e amministrativo. Perché se è vero che ho “salutato” la cronaca per dedicarmi ad altro, è anche vero che non perderò mai l’abitudine di pubblicare le mie opinioni. Almeno fino a quando saranno richieste e fino a quando susciteranno interesse nei lettori.

Questa mattina il mio primo impegno è stato proprio quello di scrivere il “corsivo” perché ritengo che a Cardito la priorità, la necessità, sia alzare il livello del dibattito e del confronto. E non lo dico come fanno gli altri per darsi un tono, rischiando di finire nel ridicolo. Ma lo dico perché lo penso e lo scrivo perché lavorerò affinché ciò avvenga. Non sui social, ma nella realtà.

Mi spiego meglio. Possibile che tutta la discussione politica in maggioranza debba concludersi sul capitolato della raccolta, su chi impegnare dietro ai camion della spazzatura? Siamo al grottesco. Perché tutti sanno che a nessuno interessa chi raccoglie l’immondizia. I cittadini pagano un servizio e pretendono un paese pulito. Punto. E Cardito da questo punto di vista ha sempre brillato a partire dal “decennio” Barra. Cardito è stata pulita pure durante i periodi più critici dell’emergenza rifiuti. Un dato di fatto che non si può dimenticare. Quindi, davvero oggi i cittadini dovrebbero stare dietro al fatto che chi raccoglie la spazzatura sia un lavoratore socialmente utile oppure no? Suvvia. Siamo seri. Cercate di essere seri. Le necessità di Cardito sono altre. E fino a quando non avremo una classe dirigente degna di questo nome, le emergenze del paese non saranno mai affrontate e risolte.

Ma adesso come stanno le cose? La verità è un’altra. Nessuno ha il coraggio di dire ciò che pensa perché senza Peppe Barra, impegnato al momento su scenari sovracomunali, la politica locale ha perso un interlocutore, un referente, ha perso un soggetto che dettava i tempi e assumeva delle posizioni. Giuste o sbagliate che siano. Ma portava avanti una linea. E di conseguenza tutti assumevano una posizione. Pro o contro. Cirillo avrà mille pregi, ma non è un sindaco dal pugno di ferro. Si lascia condizionare troppo da tutti e questo, spesso, come nel caso della commissione sui rifiuti, provoca un’anarchia e la linea da seguire la dettano di volta in volta i rapporti di forza all’interno dell’alleanza. Come se ci trovassimo di fronte al “caporale di giornata” che nelle caserme viene nominato dalla “fureria” giorno dopo giorno. Questo limite, oggettivo, ha scatenato tra i consiglieri comunali un’altra prassi brutta. Nessuno mette idee sul tavolo, nessuno parla dei problemi e chi ci prova, com’è accaduto sui rifiuti, deve scontrarsi con un atteggiamento degli alleati non determinato dalla questione di contenuto ma si decide di sostenere o di contrastare una proposta rispetto a chi la presenta. Una stortura che dimostra la mediocrità del contesto locale. Singolarmente non mancano energie positive. Ma nell’ultimo periodo anche i cosiddetti “migliori” si stanno appiattendo su queste logiche al ribasso. Perché? La risposta è semplice. E’ in atto la partita per la successione. Una partita iniziata appena la consiliatura è cominciata. C’è chi pretende che Cirillo lasci e chi pretende che Cirillo si ricandidi. E fino a qui nulla di male. Il problema è che le due fazioni in campo attualmente sono nella stessa coalizione che, in realtà, dovrebbe puntare ad una ricandidatura naturale del sindaco uscente. Il problema, però, non è nemmeno questo. Ma un altro. Il meccanismo è andato in corto circuito perché nessuno dei due gruppi in campo, contrapposti seppur attualmente nella stessa coalizione, cerca di costruirsi un percorso che sia politico, che sia supportato da risultati amministrativi raggiunti da un nucleo di soggetti rappresentativi che condividano l’idea di città. No. Da un lato, i fedelissimi di Cirillo come Aprovidolo, Russo, e i due Fusco, Luigi e Andrea, che vorrebbero sostenere a priori il sindaco in carica puntando al “dodicennio”. Eppure, questa consiliatrura non li ha visti ancora uniti su una proposta e non li vedo nemmeno nella “cabina di regia” e nei posti chiave dove si assumono decisioni. E non penso che i consiglieri siano convinti che basti una fotografia su “facebook” per sancire “Cirillo sindaco a vita”, così come abbiamo avuto modo di leggere negli ultimi giorni sui social. E dall’altro lato, chi ha numeri e qualità per aspirare ad una leadership, non la sta costruendo attraverso un percorso politico ma spera che sia Cirillo a “tramandare” la candidatura a sindaco. Di questo passo, in qualsiasi modo finirà la partita “politica, per Cardito andrà sempre peggio. Perché la minestra sarà sempre la stessa, semplicemente da riscaldare. Ed è chiaro a tutti che cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia. E allora come uscire da questo tunnel?

In maniera altrettanto semplice. Partendo da una premessa. Le aspirazioni dei singoli e anche dei gruppi sono legittime. Guai se non ci fosse competizione e non ci fossero ambizioni. Non bisogna commettere l’errore che si sta commettendo oggi che tutto ruoti attorno alle ambizioni sacrificando il paese. Ossia, per dirla in parole povere, non è possibile che se il gruppo “Cambiamo verso” propone ricette giuste per risolvere i problemi di Cardito debbano essere bocciate solo per dispetto nei confronti del gruppo più forte elettoralmente, più longevo della politica locale e soprattutto, allo stato attuale, unico vero gruppo granitico che alla fine riesce sempre a fare sintesi e quadrato. E allo stesso tempo non è possibile che dall’interno si possa ostacolare il lavoro della maggioranza solo per impedire a Giuseppe Cirillo di ricandidarsi a sindaco. Perché così si fa un dispetto non a Cirillo o ai “cirilliani”, ma si fa un dispetto ai cittadini. In queste condizioni Cardito non raggiungerà nulla di quanto programmato fino ad oggi. Continuando di questo passo i risultati saranno deludenti, quando invece ci sono tutte le condizioni, nonostante la guerra interna, per portare la città in un’epoca di sviluppo e rinascita.

E allora come fare? Cirillo deve smetterla di fare Ponzio Pilato pensando che far finta di non assumere una posizione sia per lui una garanzia sulla durata della consiliatura. Non è stato così nei primi due anni di mandato e non lo è oggi perché non è mai stato così. Non a caso, Giuseppe Barra è durato dieci anni proprio perché aveva coraggio ed amava scegliere la strada da seguire. E’ durato dieci anni ed ha fatto tanto per questo paese. Basta dare un’occhiata alle opere pubbliche ed ai finanziamenti arrivati in città e spesi per la collettività. Cirillo deve iniziare a dire la verità. Lui si vuole ricandidare. E non è un mistero. Ed è giusto che lui aspiri a questo. E la ricandidatura se la deve guadagnare sul campo. Producendo risultati per Cardito. Approvando il Puc, rilanciando e ripopolando il centro storico, riqualificando via Marconi partendo da una condotta idrica nuova di zecca perché quell’impianto colabrodo sta producendo da anni crolli di edifici senza che nessuno si interessi al problema. Cirillo deve risolvere il problema del Palasport, deve riorganizzare una macchina burocratica allo sfascio e bisognosa di personale qualificato. E’ inutile assumere due persone per rispondere al telefono e poi mancano responsabili di settore qualificati o addirittura vi sono settori “scoperti”, a metà mandato, come la gestione dell’ufficio Patrimonio. Cirillo ha il dovere di portare in aula alcune tematiche importanti sulle quali confrontarsi ed ascoltare il parere di tutti, come ad esempio le misure che consentano ai carditesi che aprono un’attività commerciale nel centro antico di Cardito un risparmio sulle imposte locali. Potrebbe essere un’idea. In Consiglio si deve discutere dell’idea di città che col Puc si sta mettendo su carta. Bisogna individuare delle misure per rilanciare le piazze, rivitalizzare un paese sempre più ghetto dormitorio. La maggioranza deve impegnarsi a portare soldi, leggasi finanziamenti, per realizzare un nuovo polo scolastico; bisogna dare una risposta per valorizzare il “Parco Taglia” dotato di enormi potenzialità, capaci anche di produrre denaro per l’Ente, e invece sfruttato come pista ciclabile e di jogging a costi esorbitanti. Dove si va in difficoltà persino a garantire l’erba tagliata o servizi igienici funzionanti.

Questa è la vera sfida che Cirillo deve vincere per riguadagnarsi la candidatura. E questi risultati al quarto anno determineranno il gradimento del sindaco uscente e della sua maggioranza. Su questi risultati, raggiunti o no, si esprimeranno i cittadini e prima ancora si formeranno le coalizioni. Poi, oltre tutto, se c’è chi ritiene di avere una ricetta ancora migliore, la presenta alla città e si ricandida indipendentemente da Cirillo. Ed anche questa è un’ipotesi legittima. Si può decidere di continuare il buon lavoro fatto con Cirillo tutti insieme. Magari. O, in ultima analisi, Cardito si ritroverà di fronte ad un bilancio pessimo e allora bisognerà discutere su cosa cambiare per garantire alla città un progetto politico di qualità sapendo che a quel punto sarebbe in discussione anche la leadership. Tutti discorsi validi ad oggi perché siamo a metà mandato. E la programmazione è stata fatta. Adesso bisognerà capire cosa si riuscirà a realizzare. Bisognerà tastare la capacità di realizzare che questa maggioranza esprime. Quindi, perché già oggi litigate su chi dev’essere il successore di Cirillo o addirittura per partito preso si vuole per forza imporre una ricandidatura che magari sarà superata a fine mandato dai fatti? La priorità di Cardito non è né chi raccoglie la spazzatura e nemmeno chi sarà il sindaco tra tre anni. Possibile che consiglieri, partiti, segretari, assessori, politici, non riescano a produrre nulla di meglio? Possibile che si debba assistere a questo teatrino, pregno di dietrologia e obiettivi personali nascosti, mentre il paese affonda? Sono convinto che si possa andare oltre questa misera mediocrità dove c’è persino chi fomenta veleni approfittando dell’incapacità di intendere e di volere di alcuni mentre quando in gioco c’è la sua di faccia si presenta da “buon samaritano”. No. Mediocrità e schizofrenia proprio no. In Consiglio c’è gente che può dare, che ha competenza e idee per dare. Non è possibile che senza Peppe Barra questo paese non sia in grado di produrre dibattito, non sia in grado produrre confronto, non sia in grado di produrre idee, non sia in grado di produrre classe dirigente. Tutta la stima possibile verso l’ex sindaco, e chi mi segue da anni sa bene che quando non sono stato d’accordo con le sue scelte non gliel’ho mandato certo a dire, ma credo che vi siano le condizioni per produrre in questa consiliatura, e che Peppe Barra possa rappresentare, anche da altre istituzioni, un valore aggiunto per tutti. Ma le parole adesso non bastano. Servono i fatti. Sindaco, consiglieri, assessori e partiti sono chiamati alla prova del nove. Superato il tempo delle promesse e dei proclami. Superato il tempo delle truffe e degli impegni mancati. Adesso è l’ora dei fatti. Concreti e visibili. Anche perché pure chi ha tanto criticato il “decennio”, come il sottoscritto, a fine mandato traccerà un paragone. Tra i sette anni di Cirillo e i dieci di Peppe Barra. E lì saranno i fatti a formare i giudizi. Oggettivi e con onestà intellettuale. Quindi, non basta mettere un fotografia e scrivere “Cirillo sindaco a vita”. Soprattutto se a farlo è chi ha sempre dimostrato di saper fare qualcosina di più. Altrimenti arriverà sempre lo stesso cassino. Perché state sottovalutando un elemento che senza il “carrozzone” diventerà fondamentale: l’elettorato. Al ballottaggio non contano più le liste e le clientele. Conta l’opinione. Ricordate il 2012. E se non si produce nulla, l’opinione sarà negativa. Con tutta la comunicazione migliore del mondo. E lo dico pure contro i miei interessi. Con tutta la migliore comunicazione del mondo, se non si produce nulla, saranno i cittadini a pensionarvi. Come detto, non basta una foto sui social per riconfermare un sindaco; così come non basta l’aspettativa di un singolo a fare un sindaco.

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Afragola

Stupri, violenze e omicidi. Facile fare il prete anticamorra con la legge che li obbliga a non denunciare

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Facile fare il prete di periferia negli addensamenti di povertà a nord di Napoli. Basta avere l’ambizione di andare a colmare un vuoto lasciato dalla politica e dalle istituzioni con l’aiuto della fede e della toga e un po’ di predisposizione all’egocentrismo. Aspettare che un tragico evento si verifichi e attendere, inesorabilmente, lo stuolo di colleghi giornalisti che, non sapendo chi intervistare, dato che a queste latitudini la politica è sempre assente per autoimplosione, si rivolgono al personaggio più populista e demagogo rimasto sul territorio.

Allora la riflessione che voglio fare oggi, così come esposta ai tempi dei fatti che riguardarono l’omicidio di Fortuna Loffredo è: la Chiesa che da secoli cerca di colmare i vuoti creati dalla cecità dei governatori sarebbe in grado di aiutare, fattivamente, le vittime di questi efferati delitti?

Tutti noi sappiamo che secondo l’art. 200 c.p.p. la legge italiana rispetta il segreto confessionale tanto che stabilisce che: il sacerdote a cui è stato confessato un reato NON può essere obbligato a essere chiamato come testimone in un processo. Al contrario, come recita l’art. 622 c.p., violare il segreto confessionale potrebbe costituire reato: il sacerdote che dovesse violare il segreto confessionale per un qualsiasi motivo NON previsto dalla legge, rischia la reclusione fino a 1 anno e una multa che può variare tre le € 30 e le € 516.

D’altro canto, invece, è pur vero che la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6912 del 14 gennaio 2017 ha chiarito che il sacerdote che NON DEVE violare il segreto confessionale è tenuto a collaborare con la giustizia. Il segreto confessionale cade nel momento in cui il fedele confessa di essere, ad esempio, stata vittima di violenza. Il sacerdote che, in sede di processo, si rifiuta di testimoniare o mente durante la deposizione rischia la reclusione fino a 6 anni per il reato di falsa testimonianza.

La differenza sta proprio qui! Se a confessare il reato è chi commette il reato? Allora vale la prima ipotesi, ossia, il prete è tenuto a non denunciare ciò che gli è stato riferito in confessione. Ma questo principio ecclesiastico, condiviso anche dalle norme laiche della nostra Costituzione, in verità, quanta carità cristiana serba in sé?

Facendo un’opportuna riflessione sociologica, da anni il tema della religiosità dei mafiosi, o dei criminali in generale, apre lo scenario a molteplici piani di analisi: da una parte, occorre chiedersi che significato assumono le devozioni e le ritualità religiose e che ruolo svolga il ricorso alla fede all’interno di certi contesti, dall’altra è indispensabile valutare le posizioni che la Chiesa ha progressivamente espresso nella storia. Lo studio delle organizzazioni mafiose lascia emergere il dato piuttosto singolare di una religione che diventa strumento di legittimazione, offrendo motivazioni agli atti criminosi, alleviando le paure e le angosce nutrite dagli affiliati per il proprio destino personale. Ed è per questi motivi che si può benissimo pensare che anche un reato come lo stupro può facilmente essere confessato ad un protettore di anime.

Allora la domanda sorge spontanea: a quali responsabilità la Chiesa espone un prete di periferia, pastore di un addensamento di povertà come quella del Parco Verde? Quale peso deve sopportare un prete anticamorra se tali principi lo devono, per forza maggiore, relegare alla figura di un inerme testimonial della lotta? Ma soprattutto come si sentirebbe l’uomo che alberga sotto la toga a sapere di essere stato costretto a non evitare tale scempio?

Allora l’ultima osservazione che vorrei fare è quella del ruolo della Chiesa nella società moderna. Forse, dico forse, con tutta la modestia possibile, sarebbe il caso di far scendere realmente in trincea chi, almeno a parole, dichiara di voler salvare la vita alla povera gente su questo umile pianeta e far sì che chi sappia denunci immediatamente.

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Caivano

Colpite delle auto di una concessionaria durante una sparatoria a Cardito

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Ieri notte alle ore 2:20 circa a Cardito, i carabinieri di Caivano sono intervenuti a via I Maggio angolo via della Repubblica per una segnalazione di colpi d’arma da fuoco. Alcuni colpi di arma da fuoco sono stati sparati verso 4 auto che erano all’interno di un concessionario, 7 i fori causati. Sono in corso le indagini della vicenda.

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Cardito

CARDITO. L’uscita dei quattro di FI dalla maggioranza era un processo che andava consumato

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CARDITO – Questione di tempo! Questa è la sintesi giusta che si possa fare a chi da tempo cerca di strumentalizzare attaccando con pochi e futili argomenti l’Amministrazione Cirillo sull’obbrobrio politico che si stava consumando in maggioranza, facendo registrare contestualmente due partiti che ideologicamente e storicamente sono sempre stati agli antipodi, ossia PD e Forza Italia.

La stortura ovviamente non è nata dalla volontà del Sindaco Cirillo ma dalle scelte politiche, seppur legittime, di quattro consiglieri comunali che eletti in diverse liste civiche di sinistra che appoggiavano la candidatura del Sindaco Cirillo, scelgono un altro percorso politico, tradendo di fatto l’elettorato, andandosi a rifugiare sotto l’effige azzurra del partito di Silvio Berlusconi. Ma questa oramai è storia nota all’ombra di Palazzo Mastrilli. Veniamo adesso ai giorni nostri.

Ai quanti volevano strumentalizzare sulla coesistenza in maggioranza dei due partiti PD-FI si può solo rispondere che bisognava che maturassero i processi. La scissione è arrivata in maniera fisiologica, un po’ come avviene all’Università con la selezione naturale di chi porta al termine il proprio percorso di studi, così i quattro consiglieri Giovanni Aprovidolo, Orlando De Simone, Giuseppe Mirone e Andrea Russo hanno scelto il modo e il momento più sbagliato possibile per comunicare alla città la loro volontà di passare all’opposizione e di non condividere più le scelte dell’Amministrazione.

Le motivazioni che danno nel documento redatto e pubblicato ieri a mezzo social – contestualmente all’evento della Festa della Liberazione che l’Amministrazione stava svolgendo all’interno di un altro evento riuscitissimo sul territorio della quattro giorni della 29^ edizione della Sagra delle Fragole e degli Asparagi e dell’avvio della promozione social dell’evento del concerto del primo maggio che vedrà come special guest la band musicale “The Kolors” quando si è registrato, forse, l’apice più alto della popolarità del Sindaco Cirillo e della sua Amministrazione – lasciano il tempo che trovano apparendo come degli stucchevoli e futili tentativi di destabilizzazione atti solo a creare un peso, che nei fatti, i quattro hanno dimostrato di non possedere e passo subito all’illustrazione dei fatti.

I quattro consiglieri nella missiva scrivono che i due assessori Michele Fusco (delega al personale) e Avv. Angela D’Agostino (delega al bilancio) pur confermando al primo cittadino il loro voto favorevole alla proposta di bilancio, chiedevano al Sindaco e ai colleghi di giunta di posticipare l’adozione dell’atto al giorno successivo, al solo fine di approfondirne il contenuto, essendone i proponenti.

Da qui già tutte le stranezze del caso. A cosa serve chiedere un giorno in più di valutazione se già si è dichiarato di voler votare a favore? Ma poi. Chi meglio dell’Assessore al bilancio potrà mai conoscere il bilancio? Perché chiedere di posticipare un giorno? Ma soprattutto. Cosa sarebbe cambiato in un giorno se già si sa che bisogna votarlo?

In realtà quello che sarebbe cambiato in un giorno l’abbiamo scoperto raccogliendo alcune indiscrezioni in esclusiva. Aspettare qualche giorno, voleva dire arrivare ad alcune scadenze burocratiche per le quali si rischiava di finire sotto la scure del sollecito prefettizio e contestualmente diventare causa e soluzione dello stesso problema, con la speranza di aumentare un peso politico che fino ad allora non si possedeva. Un peso che avrebbe consentito loro di continuare a tirare la giacca del Sindaco, ancor di più rispetto a quanto fatto finora.

Siccome il primo cittadino, conquistandosi i galloni sul campo, prima da Sinadco autorevole e poi da vicesindaco metropolitano, non se l’è sentita di subire ulteriori ricatti e siccome il processo di scissione era già stato avviato dagli stessi protagonisti scegliendo di ripararsi sotto l’ala protettiva del cavaliere d’Italia, ha ritenuto opportuno, dopo un serio faccia a faccia con gli assessori in questione, avvertire che visti i tempi ristretti e se non si fossero ravveduti dalle futili motivazioni dichiarate, si sarebbe visto costretto a revocare loro le deleghe per motivi politici. I loro consiglieri di riferimento, evidentemente non ci hanno creduto e la fascia tricolore ha dovuto far proseguire i fatti alle proprie parole.

Alla fine il primo cittadino prende due piccioni con una fava. Si divincola dall’imbarazzo di avere in un’Amministrazione targata centrosinistra una rappresentanza di Forza Italia e relega all’opposizione, scrollandoseli di dosso, quattro consiglieri dediti alle continue richieste.

Ancora una volta il dato politico che si registra è quello di avere a che fare con una classe dirigente personalistica e sprovveduta. Quello che hanno guadagnato i quattro consiglieri con la loro azione politica è un pugno di mosche, con la conseguente perdita dei due assessori mai più riproponibili anche laddove gli stessi consiglieri facessero un’azione di apertura per un nuovo rientro in maggioranza. Michele Fusco e l’Avv. Angela D’Agostino, che secondo regole non scritte della politica, si sarebbero potuti salvare se solo avessero rimesso le loro dimissioni nelle mani del Sindaco che, dichiaratosi già garante politico, avrebbe avuto l’obbligo morale di intavolare una riflessione col partito di appartenenza con il probabile rientro della discussione con tanto di dichiarazioni formali da dare in pasto all’opinione pubblica. Invece no, da puri esperti sprovveduti, hanno voluto alzare un fronte, facendo un affronto alla fascia tricolore perdendo, come si dice in gergo, “a Filippo e il paniere”.

Secondo altre indiscrezioni dell’ultim’ora pare che i quattro siano già pentiti delle scelte fatte e della strategia adottata, e che a tutti i costi vorrebbero ricucire con la maggioranza, anche perché consapevoli che il Bilancio è stato condiviso anche con loro.

Non solo pentiti, in realtà avrebbero già un piano di rientro, sul come accordarsi col Sindaco Cirillo e indicando altri due nomi di assessori, il primo è quello di Pompeo D’Agostino, papà dell’Assessora al bilancio dimissionario, nome questo atto a mantenere in piedi gli accordi pre-elettorali con Andrea Russo e il secondo quello di una donna che sostituirebbe nei fatti Michele Fusco e contestualmente andrebbe a riempire la casella della quota rosa prima occupata proprio dall’ex Assessora D’Agostino. Su questa ipotesi, a quanto pare, ha già fatto sentire la propria voce con i suoi l’ex vicesindaco Michele Fusco che attenendosi agli ordini di scuderia si è visto fuori da tutti i giochi. Vi terremo aggiornati sulla vicenda.

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