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BARRA: stamperia clandestina di documenti. Carabinieri fermano un 41enne e denunciano la moglie

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Barra – Gestiva una stamperia digitale clandestina, finalizzata alla produzione e alla falsificazione di carte di identità, passaporti, patenti e permessi di soggiorno.
I Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia Poggioreale hanno perquisito la cantina di Enrico Di Donato, quarantunenne, di Barra, già noto alle forze dell’ordine, dopo aver aperto la porta, che, senza maniglia, era camuffata nel muro esterno. Da qui la scoperta degli uomini dell’Arma. Nella cantina, nascoste nelle intercapedini dei muri e in vani ricavati sotto alcune mattonelle, i militari hanno scoperto: 116 carte di identità rubate, 3850 carte di identità prive del numero seriale, 607 permessi di soggiorno in bianco, 804 visti per permessi di soggiorno, 518 patenti in bianco. Molti documenti erano in attesa solo di essere completati con l’apposizione delle foto e delle generalità.
Ma ancora: 1440 marche da bollo, 800 carte di circolazione numerate, 238 non numerate, 170 rubate, 137 carte di credito, 15 passaporti, 300 euro in banconote false di vario taglio, timbri e sigilli della Pubblica Amministrazione di cui i Carabinieri stanno accertando la genuinità, 2 tagliacarte, 7.400 euro circa in contante, vari pc e una stampante a caldo per documenti.
In cantina un sistema di videosorveglianza che puntava all’esterno del locale.
Durante la perquisizione è stata rinvenuta anche una patente con foto del Di Donato ma con generalità false.
Non è ancora tutto: il 41enne è stato trovato dai Carabinieri non nella stamperia, bensì nel sottotetto, dove si era nascosto in pigiama.
I militari lo hanno sottoposto a fermo per contraffazione, alterazione e possesso di documenti, banconote, timbri e sigilli falsi, mentre la consorte è stata denunciata per concorso negli stessi reati.
Sui documenti sono in corso gli accertamenti, dopo le formalità, il 41enne è stato tradotto nel carcere di Poggioreale.

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Circa 100mila persone a piazza San Pietro verso la Basilica

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Continua a riempirsi di minuto in minuto piazza San Pietro con l’afflusso di fedeli da Via della Conciliazione e dalle altre vie limitrofe diretti in basilica per l’ultimo omaggio a papa Francesco.

Secondo stime informali del servizio d’ordine in piazza ci sono al momento non più di 100mila persone.

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Quanto costeranno i funerali di Papa Francesco e il conclave del suo successore?

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Dopo la morte di Papa Francesco, ora al Vaticano tocca organizzare gli eventi successivi: funerale e conclave per eleggere il suo successore. Ma quanto costa il funerale di un Papa?

Parliamo di un evento globale che coinvolge milioni di fedeli, delegazioni internazionali e media di tutto il mondo. Sebbene il Vaticano non pubblichi un bilancio ufficiale, si possono stimare i costi sulla base di precedenti storici, in particolare quelli dei funerali di Giovanni Paolo II (2005) e Benedetto XVI (2023).

Cerimonia funebre
Comprende l’allestimento di Piazza San Pietro e l’organizzazione della celebrazione liturgica con la partecipazione di cardinali e capi di Stato. Costo stimato: 500.000 – 1 milione di euro.

Sicurezza e gestione delle folle
Richiede la collaborazione tra Gendarmeria Vaticana, Polizia Italiana e Guardia Svizzera. Costo stimato: 2 – 3 milioni di euro.

Logistica e ospitalità
Include l’accoglienza delle delegazioni internazionali, i trasporti interni e il coordinamento diplomatico. Costo stimato: 1 – 2 milioni di euro.

Comunicazione e media
Riguarda la trasmissione televisiva in mondovisione, la copertura stampa e l’allestimento degli spazi per i media internazionali. Costo stimato: 1 – 1,5 milioni di euro.

Totale stimato: tra 5 e 7,5 milioni di euro.

E invece un conclave quanto costa?
Anche organizzare un conclave e l’assemblea dei cardinali per eleggere un nuovo Papa è un evento complesso e costoso.

Logistica e allestimenti
Comprende l’adattamento della Cappella Sistina, l’alloggio dei cardinali, i trasporti interni e il personale di supporto. Costo stimato: 3 – 5 milioni di euro.

Sicurezza
Include controlli elettronici, bonifiche ambientali e la presenza delle forze dell’ordine per garantire la riservatezza. Costo stimato: 1 – 2 milioni di euro.

Comunicazione e media
Gestione della Sala Stampa vaticana, preparazione dell’Habemus Papam e trasmissione pubblica. Costo stimato: 500.000 – 1 milione di euro.

Quindi, fra funerale e conclave, siamo sui 10 – 15 milioni di euro. 

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In Italia saranno ammessi rapporti intimi in carcere ma solo con la porta aperta e per massimo due ore

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Il diritto alla sessualità entra in carcere. A distanza di oltre un anno dalla pronuncia della Consulta, arriva il primo concreto segnale dal Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, Dap, che apre definitivamente la strada alla possibilità di concedere colloqui intimi dietro le sbarre. «Un vero e proprio diritto soggettivo» del detenuto – secondo i giudici – che ora è consentito e stabilito dalle linee guida diffuse dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

Ad usufruire di questo tipo di incontri potranno essere soltanto il coniuge o la persona stabilmente convivente del detenuto, in diversi casi anche più di una volta al mese. I numeri dei colloqui potranno sostituire gli stessi di quelli visivi periodicamente concessi e dureranno al massimo due ore.

La priorità sarà data ai detenuti che non hanno permessi premio, né altri benefici penitenziari che consentano di coltivare i rapporti affettivi all’esterno. Inoltre, in questo senso saranno privilegiati i detenuti, compresi gli imputati, che a parità di condizioni con altri devono espiare pene più lunghe e che sono in stato di privazione della libertà da più tempo.

La camera degli incontri, arredata con un letto e servizi igienici e senza la possibilità di chiusura dall’interno, sarà sorvegliata soltanto all’esterno dal personale di Polizia penitenziaria adeguatamente equipaggiato per il controllo dei detenuti e delle persone ammesse ai colloqui intimi.

La scelta ha però avuto anche dei risvolti negativi, in particolare c’è stata una dura presa di posizione del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, l’organizzazione più rappresentativa del Corpo, che in una nota inviata ai vertici del Ministero della Giustizia ha dichiarato: “Non possiamo tollerare che la dignità professionale dei poliziotti penitenziari venga svilita fino al punto da renderli, di fatto, custodi dell’intimità altrui. Noi non ci siamo arruolati per diventare “guardoni di Stato”, né accetteremo che tale ruolo improprio venga normalizzato per l’assenza di un progetto credibile, serio e sostenibile.”

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