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Cardito

[EDITORIALE] CARDITO, l’opposizione? E’ fatta da reduci e combattenti

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CARDITO – La situazione politica nella cittadina a nord di Napoli è sempre la stessa oramai da diversi anni. Oramai all’interno delle campagne elettorali dei paesi nella provincia non ci si prepara più alla competizione basata sugli ideali, affinità o visioni ma si tenta di fare il “tutti contro nessuno” per cercare di far saltare il banco già alla prima tornata elettorale e allora giù con le accozzaglie e i carrozzoni politici.

A Cardito questa fase è stata pure, oltremisura, superata. A Cardito abbiamo un sindaco eletto con un risultato plebiscitario dopo la caduta tattica architettata da pochi nella sua prima consiliatura e che poi, alcuni di loro, non hanno manco avuto il coraggio di misurarsi di nuovo all’esame delle urne. E questo risultato è lo specchio della politica che tuttora governa Cardito, infatti tutte le manovre che si osservano nella sfera politica carditese avvengono all’interno della maggioranza. Se si pensa anche alla querelle scoppiata all’interno del gruppo di “Insieme per Cardito” si può tranquillamente affermare che la maggioranza presa dalla noia, cerca di farsi male da sola. Fortunatamente poi, come ampiamente descritto da Minformo, la vicenda è finita con un felice epilogo.

Addirittura se prima i carditesi potevano assistere a qualche schermaglia partita o impartita dal consigliere più attivo dell’opposizione, adesso, tornati dalle vacanze, dell’opposizione di Cardito non si hanno più notizie. Anche se da indiscrezioni raccolte in esclusiva da Minformo pare che Francesco Pisano, Pasquale Barra, Almerindo Santucci e Luigi Iorio si siano incontrati verso la fine di Luglio in uno studio legale di Cardito per cominciare a dialogare in modo tale da creare una nuova alternativa al sindaco Cirillo.

Ora premesso, e questo è già stato scritto, che il sindaco Cirillo registra attualmente una maggioranza forte e coesa, e la sua leadership non è affatto in discussione – lo dimostra il fatto che quest’amministrazione riesce a portare a termine idee e progetti che vengono condivisi anche dall’opposizione e questo fa capire quanto sono mirate al bene collettivo, le proposte che giungono da questa maggioranza – quanto può rappresentare una vera alternativa politica quest’idillio fatto da questi quattro personaggi politici?

Andiamo per ordine: per creare un’alternativa che si rispetti, la stessa deve essere fondata su almeno uno dei tre principi fondamentali che costituiscono una sana e robusta alleanza: ideali, affinità politiche e visione di città. Se analizziamo uno ad uno questi tre elementi vedremo che non li ritroviamo in comune con nessuno dei quattro personaggi che stanno cercando di costruire questa “valida” alternativa.

Se parliamo di ideali ricordiamo ai nostri lettori che finalmente l’Avv. Pisano dopo aver dato un grande appoggio al decennio che fu in salsa centrosinistra, finalmente ha fatto outing e si è dichiarato di destra appartenente a Forza Italia, poi poco importa se in realtà non è mai stato capace di presentarsi alle elezioni con una lista del partito del cavaliere. Una cosa in comune con Pisano, invece, Pasquale Barra ce l’ha: l’aver fatto parte del decennio, dando anche un corposo contributo rivestendo la carica di Presidente del Consiglio, ma questo non può giustificare il fatto di avere gli stessi ideali dell’avvocato, perché tutti conoscono i trascorsi di Pasquale Barra: fedelissimo del Dr. Andrea Losco, ha mosso i suoi primi passi nella Margherita di Rutelli per poi passare ad IDV del giudice Di Pietro, con questo posso dire con certezza che sicuramente non ha nessun ideale che lo leghi ad un forzista. Per quanto riguarda Luigi Iorio, anche lui facente parte del decennio che fu in qualità di assessore. Egli deriva dal centrosinistra più puro in netta contrapposizione con quegli ideali tanto cari all’Avv. Pisano. Non a caso adesso è segretario del Partito socialista del paese, al di là che il suo seguito è caratterizzato dalla sua famiglia, questa è storia a parte e che analizzeremo dopo. Per non parlare del consigliere Santucci che arriva dall’estrema sinistra – infatti si ricorda di lui la candidatura fatta con Rifondazione Comunista – fervente oppositore di Peppe Barra sindaco del decennio che fu e collezionista di poltrone da consigliere. Si racconta di lui che alle ultime elezioni si è candidato come sindaco solo per assicurarsi il posto da consigliere visto che era conscio del plebiscito che i cittadini carditesi avevano riservato a Cirillo. Quindi, visto quanto discreto si può benissimo affermare che in quanto ad ideali nulla hanno in comune i quattro che si sono incontrati prima delle vacanze.

Se invece la volessimo mettere sul piano delle affinità politiche, come per gli ideali i quattro “moschettieri” della nuova alternativa non hanno nulla di affine. Chi dei carditesi immagini che un giorno Pasquale Barra potrebbe salire su un palco per un comizio insieme a Francesco Pisano alzi la mano e si faccia avanti. Oppure vogliamo immaginare un evento fatto tra PSI e FI con Iorio e Pisano che dichiarano di avere le stesse affinità politiche? Non li crederebbe nemmeno un bambino e per quanto riguarda la visione di città che non hanno lo testimonia il fatto che dai banchi dell’opposizione o dalla cittadinanza attiva sul territorio nessuna proposta si è mai levata all’attenzione di quest’amministrazione e la dimostrazione di quello che sto scrivendo l’avremo di sicuro nella partecipazione popolare che ci sarà quando a metà Ottobre verrà redatto il famoso PUC.

Una cosa però in comune i quattro “moschettieri” ce l’hanno, tutti non hanno seguito, non hanno un movimento o un partito che registri un numero elevato di adesioni, non hanno militanti e tanto meno simpatizzanti. E tutto questo fa pensare che in realtà la loro visione non è dettata dall’amore per il riscatto della loro comunità, ma questa formazione non è altro che il riflesso del livore che nutrono nei confronti di quel sindaco che alle scorse elezioni non li ha voluti tra le file dei suoi sostenitori. Anche perché se quell’incontro fosse stato fatto con l’idea di riscattare socialmente la collettività carditese, allora perché non creare un evento sotto un solo simbolo inneggiante il proprio ideale? Perché fare un incontro al chiuso e che nessuno doveva sapere? Ma manco i moti carbonari si muovevano in questo modo. A meno che quell’incontro non fosse il preludio di un nuovo movimento sul territorio carditese denominato “La minicarboneria”.

Il fatto che una nuova alternativa si muova nell’ombra, che quattro elementi scartati da Cirillo si mettono insieme creando una “minicarboneria”, fa pensare che l’unico intento dei quattro “moschettieri” è quello di abbattere colui che vedono come un nemico, ottenere finalmente una rivalsa personale e dimostrare di essere i più forti, svilendo totalmente il significato di fare politica e dimostrando che quella da loro attuata non è altro che una guerra fatta da reduci e combattenti.

 

Afragola

Stupri, violenze e omicidi. Facile fare il prete anticamorra con la legge che li obbliga a non denunciare

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Facile fare il prete di periferia negli addensamenti di povertà a nord di Napoli. Basta avere l’ambizione di andare a colmare un vuoto lasciato dalla politica e dalle istituzioni con l’aiuto della fede e della toga e un po’ di predisposizione all’egocentrismo. Aspettare che un tragico evento si verifichi e attendere, inesorabilmente, lo stuolo di colleghi giornalisti che, non sapendo chi intervistare, dato che a queste latitudini la politica è sempre assente per autoimplosione, si rivolgono al personaggio più populista e demagogo rimasto sul territorio.

Allora la riflessione che voglio fare oggi, così come esposta ai tempi dei fatti che riguardarono l’omicidio di Fortuna Loffredo è: la Chiesa che da secoli cerca di colmare i vuoti creati dalla cecità dei governatori sarebbe in grado di aiutare, fattivamente, le vittime di questi efferati delitti?

Tutti noi sappiamo che secondo l’art. 200 c.p.p. la legge italiana rispetta il segreto confessionale tanto che stabilisce che: il sacerdote a cui è stato confessato un reato NON può essere obbligato a essere chiamato come testimone in un processo. Al contrario, come recita l’art. 622 c.p., violare il segreto confessionale potrebbe costituire reato: il sacerdote che dovesse violare il segreto confessionale per un qualsiasi motivo NON previsto dalla legge, rischia la reclusione fino a 1 anno e una multa che può variare tre le € 30 e le € 516.

D’altro canto, invece, è pur vero che la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6912 del 14 gennaio 2017 ha chiarito che il sacerdote che NON DEVE violare il segreto confessionale è tenuto a collaborare con la giustizia. Il segreto confessionale cade nel momento in cui il fedele confessa di essere, ad esempio, stata vittima di violenza. Il sacerdote che, in sede di processo, si rifiuta di testimoniare o mente durante la deposizione rischia la reclusione fino a 6 anni per il reato di falsa testimonianza.

La differenza sta proprio qui! Se a confessare il reato è chi commette il reato? Allora vale la prima ipotesi, ossia, il prete è tenuto a non denunciare ciò che gli è stato riferito in confessione. Ma questo principio ecclesiastico, condiviso anche dalle norme laiche della nostra Costituzione, in verità, quanta carità cristiana serba in sé?

Facendo un’opportuna riflessione sociologica, da anni il tema della religiosità dei mafiosi, o dei criminali in generale, apre lo scenario a molteplici piani di analisi: da una parte, occorre chiedersi che significato assumono le devozioni e le ritualità religiose e che ruolo svolga il ricorso alla fede all’interno di certi contesti, dall’altra è indispensabile valutare le posizioni che la Chiesa ha progressivamente espresso nella storia. Lo studio delle organizzazioni mafiose lascia emergere il dato piuttosto singolare di una religione che diventa strumento di legittimazione, offrendo motivazioni agli atti criminosi, alleviando le paure e le angosce nutrite dagli affiliati per il proprio destino personale. Ed è per questi motivi che si può benissimo pensare che anche un reato come lo stupro può facilmente essere confessato ad un protettore di anime.

Allora la domanda sorge spontanea: a quali responsabilità la Chiesa espone un prete di periferia, pastore di un addensamento di povertà come quella del Parco Verde? Quale peso deve sopportare un prete anticamorra se tali principi lo devono, per forza maggiore, relegare alla figura di un inerme testimonial della lotta? Ma soprattutto come si sentirebbe l’uomo che alberga sotto la toga a sapere di essere stato costretto a non evitare tale scempio?

Allora l’ultima osservazione che vorrei fare è quella del ruolo della Chiesa nella società moderna. Forse, dico forse, con tutta la modestia possibile, sarebbe il caso di far scendere realmente in trincea chi, almeno a parole, dichiara di voler salvare la vita alla povera gente su questo umile pianeta e far sì che chi sappia denunci immediatamente.

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Caivano

Colpite delle auto di una concessionaria durante una sparatoria a Cardito

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Ieri notte alle ore 2:20 circa a Cardito, i carabinieri di Caivano sono intervenuti a via I Maggio angolo via della Repubblica per una segnalazione di colpi d’arma da fuoco. Alcuni colpi di arma da fuoco sono stati sparati verso 4 auto che erano all’interno di un concessionario, 7 i fori causati. Sono in corso le indagini della vicenda.

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Cardito

CARDITO. L’uscita dei quattro di FI dalla maggioranza era un processo che andava consumato

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CARDITO – Questione di tempo! Questa è la sintesi giusta che si possa fare a chi da tempo cerca di strumentalizzare attaccando con pochi e futili argomenti l’Amministrazione Cirillo sull’obbrobrio politico che si stava consumando in maggioranza, facendo registrare contestualmente due partiti che ideologicamente e storicamente sono sempre stati agli antipodi, ossia PD e Forza Italia.

La stortura ovviamente non è nata dalla volontà del Sindaco Cirillo ma dalle scelte politiche, seppur legittime, di quattro consiglieri comunali che eletti in diverse liste civiche di sinistra che appoggiavano la candidatura del Sindaco Cirillo, scelgono un altro percorso politico, tradendo di fatto l’elettorato, andandosi a rifugiare sotto l’effige azzurra del partito di Silvio Berlusconi. Ma questa oramai è storia nota all’ombra di Palazzo Mastrilli. Veniamo adesso ai giorni nostri.

Ai quanti volevano strumentalizzare sulla coesistenza in maggioranza dei due partiti PD-FI si può solo rispondere che bisognava che maturassero i processi. La scissione è arrivata in maniera fisiologica, un po’ come avviene all’Università con la selezione naturale di chi porta al termine il proprio percorso di studi, così i quattro consiglieri Giovanni Aprovidolo, Orlando De Simone, Giuseppe Mirone e Andrea Russo hanno scelto il modo e il momento più sbagliato possibile per comunicare alla città la loro volontà di passare all’opposizione e di non condividere più le scelte dell’Amministrazione.

Le motivazioni che danno nel documento redatto e pubblicato ieri a mezzo social – contestualmente all’evento della Festa della Liberazione che l’Amministrazione stava svolgendo all’interno di un altro evento riuscitissimo sul territorio della quattro giorni della 29^ edizione della Sagra delle Fragole e degli Asparagi e dell’avvio della promozione social dell’evento del concerto del primo maggio che vedrà come special guest la band musicale “The Kolors” quando si è registrato, forse, l’apice più alto della popolarità del Sindaco Cirillo e della sua Amministrazione – lasciano il tempo che trovano apparendo come degli stucchevoli e futili tentativi di destabilizzazione atti solo a creare un peso, che nei fatti, i quattro hanno dimostrato di non possedere e passo subito all’illustrazione dei fatti.

I quattro consiglieri nella missiva scrivono che i due assessori Michele Fusco (delega al personale) e Avv. Angela D’Agostino (delega al bilancio) pur confermando al primo cittadino il loro voto favorevole alla proposta di bilancio, chiedevano al Sindaco e ai colleghi di giunta di posticipare l’adozione dell’atto al giorno successivo, al solo fine di approfondirne il contenuto, essendone i proponenti.

Da qui già tutte le stranezze del caso. A cosa serve chiedere un giorno in più di valutazione se già si è dichiarato di voler votare a favore? Ma poi. Chi meglio dell’Assessore al bilancio potrà mai conoscere il bilancio? Perché chiedere di posticipare un giorno? Ma soprattutto. Cosa sarebbe cambiato in un giorno se già si sa che bisogna votarlo?

In realtà quello che sarebbe cambiato in un giorno l’abbiamo scoperto raccogliendo alcune indiscrezioni in esclusiva. Aspettare qualche giorno, voleva dire arrivare ad alcune scadenze burocratiche per le quali si rischiava di finire sotto la scure del sollecito prefettizio e contestualmente diventare causa e soluzione dello stesso problema, con la speranza di aumentare un peso politico che fino ad allora non si possedeva. Un peso che avrebbe consentito loro di continuare a tirare la giacca del Sindaco, ancor di più rispetto a quanto fatto finora.

Siccome il primo cittadino, conquistandosi i galloni sul campo, prima da Sinadco autorevole e poi da vicesindaco metropolitano, non se l’è sentita di subire ulteriori ricatti e siccome il processo di scissione era già stato avviato dagli stessi protagonisti scegliendo di ripararsi sotto l’ala protettiva del cavaliere d’Italia, ha ritenuto opportuno, dopo un serio faccia a faccia con gli assessori in questione, avvertire che visti i tempi ristretti e se non si fossero ravveduti dalle futili motivazioni dichiarate, si sarebbe visto costretto a revocare loro le deleghe per motivi politici. I loro consiglieri di riferimento, evidentemente non ci hanno creduto e la fascia tricolore ha dovuto far proseguire i fatti alle proprie parole.

Alla fine il primo cittadino prende due piccioni con una fava. Si divincola dall’imbarazzo di avere in un’Amministrazione targata centrosinistra una rappresentanza di Forza Italia e relega all’opposizione, scrollandoseli di dosso, quattro consiglieri dediti alle continue richieste.

Ancora una volta il dato politico che si registra è quello di avere a che fare con una classe dirigente personalistica e sprovveduta. Quello che hanno guadagnato i quattro consiglieri con la loro azione politica è un pugno di mosche, con la conseguente perdita dei due assessori mai più riproponibili anche laddove gli stessi consiglieri facessero un’azione di apertura per un nuovo rientro in maggioranza. Michele Fusco e l’Avv. Angela D’Agostino, che secondo regole non scritte della politica, si sarebbero potuti salvare se solo avessero rimesso le loro dimissioni nelle mani del Sindaco che, dichiaratosi già garante politico, avrebbe avuto l’obbligo morale di intavolare una riflessione col partito di appartenenza con il probabile rientro della discussione con tanto di dichiarazioni formali da dare in pasto all’opinione pubblica. Invece no, da puri esperti sprovveduti, hanno voluto alzare un fronte, facendo un affronto alla fascia tricolore perdendo, come si dice in gergo, “a Filippo e il paniere”.

Secondo altre indiscrezioni dell’ultim’ora pare che i quattro siano già pentiti delle scelte fatte e della strategia adottata, e che a tutti i costi vorrebbero ricucire con la maggioranza, anche perché consapevoli che il Bilancio è stato condiviso anche con loro.

Non solo pentiti, in realtà avrebbero già un piano di rientro, sul come accordarsi col Sindaco Cirillo e indicando altri due nomi di assessori, il primo è quello di Pompeo D’Agostino, papà dell’Assessora al bilancio dimissionario, nome questo atto a mantenere in piedi gli accordi pre-elettorali con Andrea Russo e il secondo quello di una donna che sostituirebbe nei fatti Michele Fusco e contestualmente andrebbe a riempire la casella della quota rosa prima occupata proprio dall’ex Assessora D’Agostino. Su questa ipotesi, a quanto pare, ha già fatto sentire la propria voce con i suoi l’ex vicesindaco Michele Fusco che attenendosi agli ordini di scuderia si è visto fuori da tutti i giochi. Vi terremo aggiornati sulla vicenda.

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