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Cardito

CARDITO, intervista a Francesco Pisano: “Il Presidente Raucci crea immobilismo in nome di quel famoso patto”

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CARDITO – All’indomani del consiglio comunale svoltosi Lunedì scorso abbiamo preferito fare alcune domande al consigliere dell’opposizione Francesco Pisano:

Buongiorno consigliere Pisano, cosa ha da dirci in merito a quanto successo nell’ultimo consiglio comunale e all’apertura alle minoranze fatta dal consigliere Aprovidolo?

“Le parole che più mi hanno colpito del consigliere Aprovidolo in consiglio, ma credo che più hanno colpito una parte della maggioranza, sono state quelle dove il consigliere di “A viso Aperto” parlava di un probabile “Cirillo Ter”, ho visto che né il Presidente Raucci e né il resto del suo gruppo hanno aperto bocca, quindi questo fa pensare che in realtà non ci sia una vera alternativa o chi cova i sogni di gloria rimane in silenzio per due motivi, uno per conservare la poltrona e due per aspettare che venisse rispettato il famoso patto”.

A quale patto si riferisce, a quello fatto prima delle elezioni tra Peppe Barra e Giuseppe Cirillo e che vedeva Nunziante Raucci prossimo candidato sindaco?

“Esattamente, mi riferisco a quel patto che sta mantenendo, allo stato attuale, la città in ostaggio. Per colpa di quel patto, noi oggi assistiamo ad un immobilismo da parte di quest’amministrazione perché abbiamo una maggioranza svogliata e un Presidente del Consiglio che si limita a fare solo da moderatore in aula”.

Perché attribuisce a quel famoso patto l’immobilismo di quest’amministrazione e soprattutto perché definisce svogliata questa maggioranza?

“Perché tutto ruota intorno a quel famoso patto. Per non guastare gli equilibri o per mantenere saldi quelli attuali, il Presidente del Consiglio non fa nulla oltre il ruolo di moderatore in aula. Un Presidente del consiglio lo è anche fuori dall’aula. Nunziante Raucci deve prendere atto che c’è un totale fallimento sui lavori del Consiglio comunale e quelli che sono i lavori delle commissioni, al di là del fatto che nelle commissioni, spesso non si presentano i membri, ma anche lui da Presidente del Consiglio non ha mai fatto nulla per capire o arginare il problema. Addirittura si è cercato anche di rimodulare le commissioni e Raucci questa cosa non l’ha neanche mai messa all’ordine del giorno, quindi ci sono anche delle omissioni da parte sua. Un altro esempio lo posso fare sullo statuto dove lui aveva mandato di fare il nuovo statuto e aveva 150 gg per portarlo in Consiglio, altro che 150 gg è passato più di un anno”.

Si ma non ci è ancora chiaro che c’entrano le varie negligenze di Raucci con il famoso patto e soprattutto perché lei vede questa maggioranza svogliata?

“Ci sta un fallimento totale anche nel modo in cui svolge il ruolo. Quello è un ruolo istituzionale e Raucci lo usa come garanzia di una sua successiva candidatura a sindaco ed è sconvolgente questa cosa. Non si limita manco più all’ordinario ma fa semplicemente quello che è strettamente necessario, proprio per timore di guastare i propri equilibri. Qui si capirebbe pure perché i suoi sono stati in silenzio quando Aprovidolo ha parlato di “Cirillo Ter”. Addirittura io immagino che quando Raucci esce dall’aula e sveste il suo ruolo da moderatore, va poi a piantonare la casa comunale per scoprire se nel caso spunta qualcuno che può insidiare la sua futura candidatura a sindaco. Perciò dicevo che il Presidente si fa anche fuori dall’aula. Non dimentichiamo che questo ruolo presenta la più alta immunità ed è proprio per questo e in virtù di questo io mi aspetto un Presidente che ogni tanto mi chiami per informarmi sui lavori che ci sono in atto e sull’organizzazione del Consiglio con relativi rapporti con la giunta. Invece qui è al contrario, anzi c’è da preoccuparsi, perché a tratti sveste i panni del Presidente per vestire quelli dell’assessore e addirittura quelli del cantoniere, rasentando anche l’illegalità visto che un consigliere comunale ha il potere di indirizzo e controllo ma non quello di gestione. Invece qui ci ritroviamo con un Presidente che tante volte lo si becca con le mani nella gestione e dimentica gli indirizzi. Per quanto riguarda invece l’immobilismo dell’intera maggioranza, anche quello ruota intorno a quell’accordo che tra l’altro è un accordo stupido. Non si è mai visto che forze politiche prendano accordi a distanza di un lustro ed è per questo che tutti gli attori di maggioranza, che consapevoli di questo patto così personale, si ritrovano a lavorare per gli interessi di uno solo. E’ qui che fisiologicamente scatta la svogliatezza dei consiglieri di maggioranza, poiché alla fine si ritrovano a lavorare per portare acqua al mulino di Raucci e non più per il bene pubblico”.

Allora faccia capire bene a chi ci legge, secondo lei cosa dovrebbe fare e cosa non dovrebbe più fare il consigliere Raucci affinché Cardito esca da quest’impasse.

“Il Presidente del Consiglio è una figura super partes che riesce a colloquiare con tutti e soprattutto con le minoranze, noi all’opposizione siamo solo in due, e io tutto questo dialogo con Raucci non lo ricordo. Dovrebbe fare da legame tra giunta e Consiglio e invece tante volte lo ritroviamo in conflitto d’interesse con la giunta. Quando la giunta merita di essere bacchettata, lui la deve bacchettare e invece ha paura di farlo, evidentemente per non guastare i suoi rapporti con la gestione, visto che se quando si devono organizzare gli LSU al campo sportivo troviamo lui, quando si devono organizzare gli LSU dietro i camion della spazzatura ci ritroviamo di nuovo lui… E’ uno che vive quotidianamente di gestione e questo dimostra anche una forte incompatibilità, tra l’altro prevista dalla legge, visto che un consigliere comunale deve controllare e non gestire e il Presidente del Consiglio ha il ruolo di vigilare affinché questo non avvenga. Ripeto, sembra una stupidata, ma questo ragazzo ha immobilizzato un’intera città, perché il tutto ruota intorno a lui e quel “famoso” patto”.

Consigliere Pisano, è risaputa la sua polemica nei confronti del Presidente del Consiglio riguardante il P.U.C., quando lo stesso Raucci convocò quella conferenza dei capigruppo. Parlandone in maniera informale insieme al capogruppo di “Cambiamo Verso” ci teneva a precisare che quella conferenza era stata indetta per avere la testimonianza che la bozza del P.U.C. fosse stata consegnata in mano ai partiti e non in mano al singolo politico. Inoltre il Presidente ribadiva che consegnati questi fascicoli, il tutto rimane fermo nelle stanze del settore urbanistico e nessuno ne ha più parlato. Cosa sente di dirci in merito?

“Ha detto una grande baggianata perché di piano regolatore Nunziante Raucci non ne capisce nulla, il progettista è stato solo semplicemente sollecitato a portare qualcosa in Comune visto che son passati più di due anni e del P.U.C. non si vedeva neanche l’ombra. A dire il vero sono stato proprio io a chiamare il sindaco a Settembre per informarlo della cosa, visto che prima di scrivere ho sempre preferito avvisare e se cominciavo a scrivere all’ANAC o alla Corte dei Conti si poteva parlare anche di danno erariale visto che si parla di 140 mila euro. Anche perché è un lavoro che va avanti dal 2011 e finora sono già stati spesi 63 mila euro senza che i carditesi vedessero ancora uno straccio di bozza. Allora sono andato a leggermi quanto presentato in Comune e devo dire che c’era più lavoro nella bozza del 2011 che in quella di oggi, tranne qualche piccola modifica fatta a quello di 6 anni fa su qualche norma che nel tempo è stata modificata. In realtà questo sembra proprio il copia e incolla di quello di prima. Perciò io ho chiesto che al prossimo Consiglio venisse presentato un cronoprogramma e si stabilisse un termine certo entro il quale questo P.U.C. deve essere presentato. I Consigli Comunali che finora si sono espressi sul P.U.C. sono diversi da questo e formalmente va fatta una cosa importante: praticamente l’attuale Consiglio Comunale si deve esprimere su quanto presentato, se questa cosa non va fatta, vuol dire che al P.U.C. mancano gli indirizzi politici e se il tecnico non riceve gli indirizzi dalla politica non può andare avanti, quindi è inutile che il Presidente ci venga a dire che il P.U.C. è fermo nei settori. Lo mettesse all’ODG e cominciamo a dire se quanto finora presentato va bene oppure no”.

 

Afragola

Stupri, violenze e omicidi. Facile fare il prete anticamorra con la legge che li obbliga a non denunciare

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Facile fare il prete di periferia negli addensamenti di povertà a nord di Napoli. Basta avere l’ambizione di andare a colmare un vuoto lasciato dalla politica e dalle istituzioni con l’aiuto della fede e della toga e un po’ di predisposizione all’egocentrismo. Aspettare che un tragico evento si verifichi e attendere, inesorabilmente, lo stuolo di colleghi giornalisti che, non sapendo chi intervistare, dato che a queste latitudini la politica è sempre assente per autoimplosione, si rivolgono al personaggio più populista e demagogo rimasto sul territorio.

Allora la riflessione che voglio fare oggi, così come esposta ai tempi dei fatti che riguardarono l’omicidio di Fortuna Loffredo è: la Chiesa che da secoli cerca di colmare i vuoti creati dalla cecità dei governatori sarebbe in grado di aiutare, fattivamente, le vittime di questi efferati delitti?

Tutti noi sappiamo che secondo l’art. 200 c.p.p. la legge italiana rispetta il segreto confessionale tanto che stabilisce che: il sacerdote a cui è stato confessato un reato NON può essere obbligato a essere chiamato come testimone in un processo. Al contrario, come recita l’art. 622 c.p., violare il segreto confessionale potrebbe costituire reato: il sacerdote che dovesse violare il segreto confessionale per un qualsiasi motivo NON previsto dalla legge, rischia la reclusione fino a 1 anno e una multa che può variare tre le € 30 e le € 516.

D’altro canto, invece, è pur vero che la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6912 del 14 gennaio 2017 ha chiarito che il sacerdote che NON DEVE violare il segreto confessionale è tenuto a collaborare con la giustizia. Il segreto confessionale cade nel momento in cui il fedele confessa di essere, ad esempio, stata vittima di violenza. Il sacerdote che, in sede di processo, si rifiuta di testimoniare o mente durante la deposizione rischia la reclusione fino a 6 anni per il reato di falsa testimonianza.

La differenza sta proprio qui! Se a confessare il reato è chi commette il reato? Allora vale la prima ipotesi, ossia, il prete è tenuto a non denunciare ciò che gli è stato riferito in confessione. Ma questo principio ecclesiastico, condiviso anche dalle norme laiche della nostra Costituzione, in verità, quanta carità cristiana serba in sé?

Facendo un’opportuna riflessione sociologica, da anni il tema della religiosità dei mafiosi, o dei criminali in generale, apre lo scenario a molteplici piani di analisi: da una parte, occorre chiedersi che significato assumono le devozioni e le ritualità religiose e che ruolo svolga il ricorso alla fede all’interno di certi contesti, dall’altra è indispensabile valutare le posizioni che la Chiesa ha progressivamente espresso nella storia. Lo studio delle organizzazioni mafiose lascia emergere il dato piuttosto singolare di una religione che diventa strumento di legittimazione, offrendo motivazioni agli atti criminosi, alleviando le paure e le angosce nutrite dagli affiliati per il proprio destino personale. Ed è per questi motivi che si può benissimo pensare che anche un reato come lo stupro può facilmente essere confessato ad un protettore di anime.

Allora la domanda sorge spontanea: a quali responsabilità la Chiesa espone un prete di periferia, pastore di un addensamento di povertà come quella del Parco Verde? Quale peso deve sopportare un prete anticamorra se tali principi lo devono, per forza maggiore, relegare alla figura di un inerme testimonial della lotta? Ma soprattutto come si sentirebbe l’uomo che alberga sotto la toga a sapere di essere stato costretto a non evitare tale scempio?

Allora l’ultima osservazione che vorrei fare è quella del ruolo della Chiesa nella società moderna. Forse, dico forse, con tutta la modestia possibile, sarebbe il caso di far scendere realmente in trincea chi, almeno a parole, dichiara di voler salvare la vita alla povera gente su questo umile pianeta e far sì che chi sappia denunci immediatamente.

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Caivano

Colpite delle auto di una concessionaria durante una sparatoria a Cardito

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Ieri notte alle ore 2:20 circa a Cardito, i carabinieri di Caivano sono intervenuti a via I Maggio angolo via della Repubblica per una segnalazione di colpi d’arma da fuoco. Alcuni colpi di arma da fuoco sono stati sparati verso 4 auto che erano all’interno di un concessionario, 7 i fori causati. Sono in corso le indagini della vicenda.

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Cardito

CARDITO. L’uscita dei quattro di FI dalla maggioranza era un processo che andava consumato

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CARDITO – Questione di tempo! Questa è la sintesi giusta che si possa fare a chi da tempo cerca di strumentalizzare attaccando con pochi e futili argomenti l’Amministrazione Cirillo sull’obbrobrio politico che si stava consumando in maggioranza, facendo registrare contestualmente due partiti che ideologicamente e storicamente sono sempre stati agli antipodi, ossia PD e Forza Italia.

La stortura ovviamente non è nata dalla volontà del Sindaco Cirillo ma dalle scelte politiche, seppur legittime, di quattro consiglieri comunali che eletti in diverse liste civiche di sinistra che appoggiavano la candidatura del Sindaco Cirillo, scelgono un altro percorso politico, tradendo di fatto l’elettorato, andandosi a rifugiare sotto l’effige azzurra del partito di Silvio Berlusconi. Ma questa oramai è storia nota all’ombra di Palazzo Mastrilli. Veniamo adesso ai giorni nostri.

Ai quanti volevano strumentalizzare sulla coesistenza in maggioranza dei due partiti PD-FI si può solo rispondere che bisognava che maturassero i processi. La scissione è arrivata in maniera fisiologica, un po’ come avviene all’Università con la selezione naturale di chi porta al termine il proprio percorso di studi, così i quattro consiglieri Giovanni Aprovidolo, Orlando De Simone, Giuseppe Mirone e Andrea Russo hanno scelto il modo e il momento più sbagliato possibile per comunicare alla città la loro volontà di passare all’opposizione e di non condividere più le scelte dell’Amministrazione.

Le motivazioni che danno nel documento redatto e pubblicato ieri a mezzo social – contestualmente all’evento della Festa della Liberazione che l’Amministrazione stava svolgendo all’interno di un altro evento riuscitissimo sul territorio della quattro giorni della 29^ edizione della Sagra delle Fragole e degli Asparagi e dell’avvio della promozione social dell’evento del concerto del primo maggio che vedrà come special guest la band musicale “The Kolors” quando si è registrato, forse, l’apice più alto della popolarità del Sindaco Cirillo e della sua Amministrazione – lasciano il tempo che trovano apparendo come degli stucchevoli e futili tentativi di destabilizzazione atti solo a creare un peso, che nei fatti, i quattro hanno dimostrato di non possedere e passo subito all’illustrazione dei fatti.

I quattro consiglieri nella missiva scrivono che i due assessori Michele Fusco (delega al personale) e Avv. Angela D’Agostino (delega al bilancio) pur confermando al primo cittadino il loro voto favorevole alla proposta di bilancio, chiedevano al Sindaco e ai colleghi di giunta di posticipare l’adozione dell’atto al giorno successivo, al solo fine di approfondirne il contenuto, essendone i proponenti.

Da qui già tutte le stranezze del caso. A cosa serve chiedere un giorno in più di valutazione se già si è dichiarato di voler votare a favore? Ma poi. Chi meglio dell’Assessore al bilancio potrà mai conoscere il bilancio? Perché chiedere di posticipare un giorno? Ma soprattutto. Cosa sarebbe cambiato in un giorno se già si sa che bisogna votarlo?

In realtà quello che sarebbe cambiato in un giorno l’abbiamo scoperto raccogliendo alcune indiscrezioni in esclusiva. Aspettare qualche giorno, voleva dire arrivare ad alcune scadenze burocratiche per le quali si rischiava di finire sotto la scure del sollecito prefettizio e contestualmente diventare causa e soluzione dello stesso problema, con la speranza di aumentare un peso politico che fino ad allora non si possedeva. Un peso che avrebbe consentito loro di continuare a tirare la giacca del Sindaco, ancor di più rispetto a quanto fatto finora.

Siccome il primo cittadino, conquistandosi i galloni sul campo, prima da Sinadco autorevole e poi da vicesindaco metropolitano, non se l’è sentita di subire ulteriori ricatti e siccome il processo di scissione era già stato avviato dagli stessi protagonisti scegliendo di ripararsi sotto l’ala protettiva del cavaliere d’Italia, ha ritenuto opportuno, dopo un serio faccia a faccia con gli assessori in questione, avvertire che visti i tempi ristretti e se non si fossero ravveduti dalle futili motivazioni dichiarate, si sarebbe visto costretto a revocare loro le deleghe per motivi politici. I loro consiglieri di riferimento, evidentemente non ci hanno creduto e la fascia tricolore ha dovuto far proseguire i fatti alle proprie parole.

Alla fine il primo cittadino prende due piccioni con una fava. Si divincola dall’imbarazzo di avere in un’Amministrazione targata centrosinistra una rappresentanza di Forza Italia e relega all’opposizione, scrollandoseli di dosso, quattro consiglieri dediti alle continue richieste.

Ancora una volta il dato politico che si registra è quello di avere a che fare con una classe dirigente personalistica e sprovveduta. Quello che hanno guadagnato i quattro consiglieri con la loro azione politica è un pugno di mosche, con la conseguente perdita dei due assessori mai più riproponibili anche laddove gli stessi consiglieri facessero un’azione di apertura per un nuovo rientro in maggioranza. Michele Fusco e l’Avv. Angela D’Agostino, che secondo regole non scritte della politica, si sarebbero potuti salvare se solo avessero rimesso le loro dimissioni nelle mani del Sindaco che, dichiaratosi già garante politico, avrebbe avuto l’obbligo morale di intavolare una riflessione col partito di appartenenza con il probabile rientro della discussione con tanto di dichiarazioni formali da dare in pasto all’opinione pubblica. Invece no, da puri esperti sprovveduti, hanno voluto alzare un fronte, facendo un affronto alla fascia tricolore perdendo, come si dice in gergo, “a Filippo e il paniere”.

Secondo altre indiscrezioni dell’ultim’ora pare che i quattro siano già pentiti delle scelte fatte e della strategia adottata, e che a tutti i costi vorrebbero ricucire con la maggioranza, anche perché consapevoli che il Bilancio è stato condiviso anche con loro.

Non solo pentiti, in realtà avrebbero già un piano di rientro, sul come accordarsi col Sindaco Cirillo e indicando altri due nomi di assessori, il primo è quello di Pompeo D’Agostino, papà dell’Assessora al bilancio dimissionario, nome questo atto a mantenere in piedi gli accordi pre-elettorali con Andrea Russo e il secondo quello di una donna che sostituirebbe nei fatti Michele Fusco e contestualmente andrebbe a riempire la casella della quota rosa prima occupata proprio dall’ex Assessora D’Agostino. Su questa ipotesi, a quanto pare, ha già fatto sentire la propria voce con i suoi l’ex vicesindaco Michele Fusco che attenendosi agli ordini di scuderia si è visto fuori da tutti i giochi. Vi terremo aggiornati sulla vicenda.

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