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Cardito

CARDITO. Cirillo incassa il “Si” al consuntivo ma cambia la geografia politica in Consiglio

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CARDITO – Ieri a ora di pranzo si è tenuto il Consiglio Comunale che aveva come punti all’ordine del giorno l’approvazione del bilancio consuntivo anno 2017. L’Assise pubblica nella prima parte scorre nella normalità più assoluta, i punti vengono approvati tutti all’unanimità dei presenti, anche grazie al fatto che l’opposizione era tutta assente. Ormai l’opposizione a Cardito non esiste più, anche grazie al colpo di coda del sindaco Cirillo che nello scorso Consiglio comunale, ribadì ancora il concetto di apertura a tutte le forze sane della città, comprese le minoranze, quelle dentro e fuori le mura. Ovviamente dietro quest’invito, due sono le cose, o vai allo scontro unilaterale sembrando come il bellico e il prepotente, visto che dall’altra parte c’è chi ti ha teso una mano oppure accogliere l’invito del sindaco e sedersi a collaborare, ma siccome in questi ambienti la parola democrazia è ancora del tutto sconosciuta e quello che vige, è sempre il personalismo sterile, la minoranza carditese ha preferito la terza opzione, quella del non confronto, infatti non presentandosi alle riunioni consiliari, quelli dell’opposizione evitano di sedersi al tavolo con Cirillo, così laddove il primo cittadino sbagliasse, potrebbero essere già pronti lì a linciarlo, visto che l’opposizione a queste latitudini si fa con la critica e non con le proposte.

La trepidante attesa, sia per i consiglieri fedelissimi di Cirillo e sia per il pubblico, era sostanzialmente rivolta alla seconda parte del consesso, alla discussione sul documento redatto dai tre consiglieri barriani dimissionari. Fu una promessa del sindaco Cirillo, quella che la discussione di quel documento sarebbe avvenuta all’indomani delle principali priorità del paese e così è stato. Incassata l’approvazione sia del bilancio preventivo che del consuntivo, si è passati alla discussione sul documento. A prendere la parola è stato per primo il sindaco che ancora una volta ha ribadito il concetto: “Chi condivide quello che c’è scritto sul documento non può far parte di questa maggioranza”. Dopo il primo cittadino, prende subito la parola il Consigliere comunale surrogato Salvatore Setola che si limita a leggere un documento pre-redatto che recitava il loro pieno appoggio al sindaco, descrivendo anche le volte, che secondo il gruppo barriano, che si è difesa la posizione del primo cittadino e soprattutto quando in campagna elettorale hanno appoggiato la “sua” candidatura, alleandosi con i “suoi” alleati. Sì, il senso del documento, non condiviso dal resto dei consiglieri presenti non barriani, era proprio questo, determinava già una diversità di ciò che era loro e di ciò che era del sindaco. Seppur ribadendo l’appoggio al primo cittadino, in quel documento si leggeva perfettamente la voglia di stabilire un dualismo, una divisione, una formazione di fazioni. La cosa più deprimente del documento è quella che per sfuggire al confronto – tanto è vero che alla fine della lettura del documento, i due portavoce di Peppe Barra in aula Salvato e Iannicelli, sono scappati con la coda tra le gambe – e non affrontare a viso aperto quello che avevano da dire i loro colleghi di maggioranza, nel documento si asseriva che l’out out imposto dal primo cittadino non era altro che una banalità e siccome il loro gruppo politico pensa che il ruolo del sindaco sia quello di tenere stretti i ranghi, i consiglieri barriani in aula non si dovevano confrontare sul tema – essendo banale – rimandando al sindaco il compito di ricompattare la maggioranza. Una sorta di preghiera a tornare alle origini. Peppe Barra si stava giocando l’ultima carta, senza sapere che oramai, egli stesso aveva tracciato la linea del cambiamento.

Insomma, una vera e propria farsa, come quella inscenata dal tecnino Vincenzo Costanzo – da sempre molto vicino all’ex sindaco –  prima nella stanza a fianco all’aula consiliare dopo che il Consiglio era stato sospeso per dare il tempo ai consiglieri di leggere il documento e poi tra le poltroncine del pubblico dell’aula. Il tecnico Costanzo, fiondatosi come uno sparviero sulla preda dopo appena cinque minuti dalla lettura del documento ha tenuto a comunicare al sindaco e ai consiglieri che quello scritto era stato redatto dallo stesso Salvato e che il leader Peppe Barra, così come viene menzionato sul documento, ne era all’oscuro. Siamo sicuri che il tecnico Costanzo stesse dicendo la verità ma la domanda, se io fossi stato un consigliere, mi sarebbe sorta spontanea: “Costà ma chi ti ha chiesto niente? Ma soprattutto chi ti ha dato il permesso di entrare in stanze vietate alla cittadinanza?” E infatti la sua presenza nella stanza prospiciente l’aula consiliare ha stizzito e non poco i consiglieri presenti che ad uno ad uno se ne sono usciti fuori fino alla decisione di rientrare e mettere alla porta il tecnico barriano. A quest’affronto lo stesso non ci sta e appena mette piede in aula comincia a sbraitare vicino ai presenti che intanto aspettavano  l’esito della breve riunione: “Se stann applicann ‘ngopp a na carta scritta da nu guagliunciello. Ma che hanno capito? Mo’ vaco addo’ masto e c’o ‘nzerrito ‘ncuollo!” (Stanno dando troppo peso ad un documento redatto da un ragazzino. Cosa hanno capito? Adesso vado dal capo, gli dico tutto, così sarà lui a farglielo capire con qualsiasi mezzo possibile). Parole, testo e gergo dell’architetto più conosciuto della città.

Uno spettacolo a dir poco aberrante. Intanto entrano i consiglieri in aula e uno ad uno fanno le proprie esternazioni. La linea comune è una ed è ben tracciata. Dimissioni del Presidente del Consiglio Nunziante Raucci che ieri, consapevole del probabile “linciaggio”, si è assentato spedendo una lettera di poche righe motivando problemi personali che lo mantenevano lontano dall’aula. L’atto di irresponsabilità, non tanto per non essersi presentato, ma più per il fatto di non aver votato il bilancio consuntivo, strumento necessario per la vita dell’ente e della comunità stessa, non è stato perdonato dai consiglieri che all’unanimità dei presenti, visto che i barriani erano già andati via, hanno chiesto le sue dimissioni. Anche perché la sua assenza fa registrare pure una non presa di posizione rispetto al documento redatto dai consiglieri dimissionari. Una evidente mancanza di rispetto nei confronti del sindaco che aveva chiesto a tutti i consiglieri, nessun escluso, di esprimersi a riguardo di quel testo.

Cambia lo scenario politico, i barriani sono separati in casa in maggioranza almeno fino alle ore serali quando a mezzo facebook, il leader del gruppo “Cambiamo Verso” Peppe Barra, non redige un comunicato dove informa la sua distanza da questa maggioranza e dal Partito Democratico. Le analisi di quanto scritto dall’ex sindaco me le riservo per un prossimo articolo. Quello che adesso sarebbe bello sapere è se i tre barriani rimasti in aula saranno sacrificati dal sindaco del decennio all’altare dell’alternativa che si sta formando insieme ai “capibastone” dimissionari, visto che Barra, ha tenuto a specificare che sarà solo lui a prendere le distanze e questo non deve essere assolutamente un ordine di scuderia, lasciando liberi i Salvato, gli Iannicelli e i Setola di continuare ad appoggiare il sindaco come da documento – che è bene ricordare, secondo Barra redatto dall’avvocato consigliere – oppure sono tutti d’accordo e questa non è altro che una tattica da bambini di quinta elementare, dato che alla fedeltà dei barriani non ci crede più nessuno?

Afragola

Stupri, violenze e omicidi. Facile fare il prete anticamorra con la legge che li obbliga a non denunciare

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Facile fare il prete di periferia negli addensamenti di povertà a nord di Napoli. Basta avere l’ambizione di andare a colmare un vuoto lasciato dalla politica e dalle istituzioni con l’aiuto della fede e della toga e un po’ di predisposizione all’egocentrismo. Aspettare che un tragico evento si verifichi e attendere, inesorabilmente, lo stuolo di colleghi giornalisti che, non sapendo chi intervistare, dato che a queste latitudini la politica è sempre assente per autoimplosione, si rivolgono al personaggio più populista e demagogo rimasto sul territorio.

Allora la riflessione che voglio fare oggi, così come esposta ai tempi dei fatti che riguardarono l’omicidio di Fortuna Loffredo è: la Chiesa che da secoli cerca di colmare i vuoti creati dalla cecità dei governatori sarebbe in grado di aiutare, fattivamente, le vittime di questi efferati delitti?

Tutti noi sappiamo che secondo l’art. 200 c.p.p. la legge italiana rispetta il segreto confessionale tanto che stabilisce che: il sacerdote a cui è stato confessato un reato NON può essere obbligato a essere chiamato come testimone in un processo. Al contrario, come recita l’art. 622 c.p., violare il segreto confessionale potrebbe costituire reato: il sacerdote che dovesse violare il segreto confessionale per un qualsiasi motivo NON previsto dalla legge, rischia la reclusione fino a 1 anno e una multa che può variare tre le € 30 e le € 516.

D’altro canto, invece, è pur vero che la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6912 del 14 gennaio 2017 ha chiarito che il sacerdote che NON DEVE violare il segreto confessionale è tenuto a collaborare con la giustizia. Il segreto confessionale cade nel momento in cui il fedele confessa di essere, ad esempio, stata vittima di violenza. Il sacerdote che, in sede di processo, si rifiuta di testimoniare o mente durante la deposizione rischia la reclusione fino a 6 anni per il reato di falsa testimonianza.

La differenza sta proprio qui! Se a confessare il reato è chi commette il reato? Allora vale la prima ipotesi, ossia, il prete è tenuto a non denunciare ciò che gli è stato riferito in confessione. Ma questo principio ecclesiastico, condiviso anche dalle norme laiche della nostra Costituzione, in verità, quanta carità cristiana serba in sé?

Facendo un’opportuna riflessione sociologica, da anni il tema della religiosità dei mafiosi, o dei criminali in generale, apre lo scenario a molteplici piani di analisi: da una parte, occorre chiedersi che significato assumono le devozioni e le ritualità religiose e che ruolo svolga il ricorso alla fede all’interno di certi contesti, dall’altra è indispensabile valutare le posizioni che la Chiesa ha progressivamente espresso nella storia. Lo studio delle organizzazioni mafiose lascia emergere il dato piuttosto singolare di una religione che diventa strumento di legittimazione, offrendo motivazioni agli atti criminosi, alleviando le paure e le angosce nutrite dagli affiliati per il proprio destino personale. Ed è per questi motivi che si può benissimo pensare che anche un reato come lo stupro può facilmente essere confessato ad un protettore di anime.

Allora la domanda sorge spontanea: a quali responsabilità la Chiesa espone un prete di periferia, pastore di un addensamento di povertà come quella del Parco Verde? Quale peso deve sopportare un prete anticamorra se tali principi lo devono, per forza maggiore, relegare alla figura di un inerme testimonial della lotta? Ma soprattutto come si sentirebbe l’uomo che alberga sotto la toga a sapere di essere stato costretto a non evitare tale scempio?

Allora l’ultima osservazione che vorrei fare è quella del ruolo della Chiesa nella società moderna. Forse, dico forse, con tutta la modestia possibile, sarebbe il caso di far scendere realmente in trincea chi, almeno a parole, dichiara di voler salvare la vita alla povera gente su questo umile pianeta e far sì che chi sappia denunci immediatamente.

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Caivano

Colpite delle auto di una concessionaria durante una sparatoria a Cardito

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Ieri notte alle ore 2:20 circa a Cardito, i carabinieri di Caivano sono intervenuti a via I Maggio angolo via della Repubblica per una segnalazione di colpi d’arma da fuoco. Alcuni colpi di arma da fuoco sono stati sparati verso 4 auto che erano all’interno di un concessionario, 7 i fori causati. Sono in corso le indagini della vicenda.

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Cardito

CARDITO. L’uscita dei quattro di FI dalla maggioranza era un processo che andava consumato

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CARDITO – Questione di tempo! Questa è la sintesi giusta che si possa fare a chi da tempo cerca di strumentalizzare attaccando con pochi e futili argomenti l’Amministrazione Cirillo sull’obbrobrio politico che si stava consumando in maggioranza, facendo registrare contestualmente due partiti che ideologicamente e storicamente sono sempre stati agli antipodi, ossia PD e Forza Italia.

La stortura ovviamente non è nata dalla volontà del Sindaco Cirillo ma dalle scelte politiche, seppur legittime, di quattro consiglieri comunali che eletti in diverse liste civiche di sinistra che appoggiavano la candidatura del Sindaco Cirillo, scelgono un altro percorso politico, tradendo di fatto l’elettorato, andandosi a rifugiare sotto l’effige azzurra del partito di Silvio Berlusconi. Ma questa oramai è storia nota all’ombra di Palazzo Mastrilli. Veniamo adesso ai giorni nostri.

Ai quanti volevano strumentalizzare sulla coesistenza in maggioranza dei due partiti PD-FI si può solo rispondere che bisognava che maturassero i processi. La scissione è arrivata in maniera fisiologica, un po’ come avviene all’Università con la selezione naturale di chi porta al termine il proprio percorso di studi, così i quattro consiglieri Giovanni Aprovidolo, Orlando De Simone, Giuseppe Mirone e Andrea Russo hanno scelto il modo e il momento più sbagliato possibile per comunicare alla città la loro volontà di passare all’opposizione e di non condividere più le scelte dell’Amministrazione.

Le motivazioni che danno nel documento redatto e pubblicato ieri a mezzo social – contestualmente all’evento della Festa della Liberazione che l’Amministrazione stava svolgendo all’interno di un altro evento riuscitissimo sul territorio della quattro giorni della 29^ edizione della Sagra delle Fragole e degli Asparagi e dell’avvio della promozione social dell’evento del concerto del primo maggio che vedrà come special guest la band musicale “The Kolors” quando si è registrato, forse, l’apice più alto della popolarità del Sindaco Cirillo e della sua Amministrazione – lasciano il tempo che trovano apparendo come degli stucchevoli e futili tentativi di destabilizzazione atti solo a creare un peso, che nei fatti, i quattro hanno dimostrato di non possedere e passo subito all’illustrazione dei fatti.

I quattro consiglieri nella missiva scrivono che i due assessori Michele Fusco (delega al personale) e Avv. Angela D’Agostino (delega al bilancio) pur confermando al primo cittadino il loro voto favorevole alla proposta di bilancio, chiedevano al Sindaco e ai colleghi di giunta di posticipare l’adozione dell’atto al giorno successivo, al solo fine di approfondirne il contenuto, essendone i proponenti.

Da qui già tutte le stranezze del caso. A cosa serve chiedere un giorno in più di valutazione se già si è dichiarato di voler votare a favore? Ma poi. Chi meglio dell’Assessore al bilancio potrà mai conoscere il bilancio? Perché chiedere di posticipare un giorno? Ma soprattutto. Cosa sarebbe cambiato in un giorno se già si sa che bisogna votarlo?

In realtà quello che sarebbe cambiato in un giorno l’abbiamo scoperto raccogliendo alcune indiscrezioni in esclusiva. Aspettare qualche giorno, voleva dire arrivare ad alcune scadenze burocratiche per le quali si rischiava di finire sotto la scure del sollecito prefettizio e contestualmente diventare causa e soluzione dello stesso problema, con la speranza di aumentare un peso politico che fino ad allora non si possedeva. Un peso che avrebbe consentito loro di continuare a tirare la giacca del Sindaco, ancor di più rispetto a quanto fatto finora.

Siccome il primo cittadino, conquistandosi i galloni sul campo, prima da Sinadco autorevole e poi da vicesindaco metropolitano, non se l’è sentita di subire ulteriori ricatti e siccome il processo di scissione era già stato avviato dagli stessi protagonisti scegliendo di ripararsi sotto l’ala protettiva del cavaliere d’Italia, ha ritenuto opportuno, dopo un serio faccia a faccia con gli assessori in questione, avvertire che visti i tempi ristretti e se non si fossero ravveduti dalle futili motivazioni dichiarate, si sarebbe visto costretto a revocare loro le deleghe per motivi politici. I loro consiglieri di riferimento, evidentemente non ci hanno creduto e la fascia tricolore ha dovuto far proseguire i fatti alle proprie parole.

Alla fine il primo cittadino prende due piccioni con una fava. Si divincola dall’imbarazzo di avere in un’Amministrazione targata centrosinistra una rappresentanza di Forza Italia e relega all’opposizione, scrollandoseli di dosso, quattro consiglieri dediti alle continue richieste.

Ancora una volta il dato politico che si registra è quello di avere a che fare con una classe dirigente personalistica e sprovveduta. Quello che hanno guadagnato i quattro consiglieri con la loro azione politica è un pugno di mosche, con la conseguente perdita dei due assessori mai più riproponibili anche laddove gli stessi consiglieri facessero un’azione di apertura per un nuovo rientro in maggioranza. Michele Fusco e l’Avv. Angela D’Agostino, che secondo regole non scritte della politica, si sarebbero potuti salvare se solo avessero rimesso le loro dimissioni nelle mani del Sindaco che, dichiaratosi già garante politico, avrebbe avuto l’obbligo morale di intavolare una riflessione col partito di appartenenza con il probabile rientro della discussione con tanto di dichiarazioni formali da dare in pasto all’opinione pubblica. Invece no, da puri esperti sprovveduti, hanno voluto alzare un fronte, facendo un affronto alla fascia tricolore perdendo, come si dice in gergo, “a Filippo e il paniere”.

Secondo altre indiscrezioni dell’ultim’ora pare che i quattro siano già pentiti delle scelte fatte e della strategia adottata, e che a tutti i costi vorrebbero ricucire con la maggioranza, anche perché consapevoli che il Bilancio è stato condiviso anche con loro.

Non solo pentiti, in realtà avrebbero già un piano di rientro, sul come accordarsi col Sindaco Cirillo e indicando altri due nomi di assessori, il primo è quello di Pompeo D’Agostino, papà dell’Assessora al bilancio dimissionario, nome questo atto a mantenere in piedi gli accordi pre-elettorali con Andrea Russo e il secondo quello di una donna che sostituirebbe nei fatti Michele Fusco e contestualmente andrebbe a riempire la casella della quota rosa prima occupata proprio dall’ex Assessora D’Agostino. Su questa ipotesi, a quanto pare, ha già fatto sentire la propria voce con i suoi l’ex vicesindaco Michele Fusco che attenendosi agli ordini di scuderia si è visto fuori da tutti i giochi. Vi terremo aggiornati sulla vicenda.

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