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CARDITO. Cambia lo scenario in aula e per Cirillo si presenta il dilemma Presidente del Consiglio

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CARDITO – Cambiano gli scenari e con essi gli equilibri, non si poteva pensare di far fuori un intero gruppo politico dalla maggioranza senza subire nessuno scossone. Il peso politico del gruppo dimissionario, anche se surrogato da consiglieri leggerini, resta notevole, specialmente se si è lasciato nelle sue mani, per tre anni, l’ottanta per cento della macchina burocratica e tuttora qualche scaglia qua e la nei settori comunali ci è ancora rimasta.

Eppure il piano del primo cittadino era stabilito, l’idea di aprire alle minoranze aveva fatto breccia nei cuoi degli allora oppositori e aveva fatto storcere il naso a chi per queste idee stava pensando di lasciare i banchi della maggioranza. Ed è proprio in virtù di queste idee democratiche del primo cittadino che in un primo momento si era pensato di affidare la poltrona del Presidente del Consiglio a Giuseppe Mirone, consigliere di minoranza surrogato al passionale Francesco Pisano.

L’idea del sindaco Cirillo appoggiata da gran parte della maggioranza non era male, in questo modo si faceva man bassa delle opposizioni e contestualmente si potevano prendere decisioni in Consiglio in maniera collegiale al solo scopo di fare il bene pubblico. Inizialmente l’idea era anche avallata dagli stessi Andrea Russo e Pasquale Chiacchio che non hanno mai nascosto la loro velleità e ambizione per quel ruolo.

Poi qualcosa cambia, il rinnovamento subisce un rallentamento, chi si era definito consigliere di maggioranza critico verso le decisioni dell’amministrazione oggi passa all’opposizione, il gruppo di Pasquale Chiacchio da due elementi passa a cinque, oltre a Giovanni Aprovidolo che era capogruppo, ingloba anche Andrea Russo e Michele Fusco di Insieme per Cardito e Sossio Barra di Cardito moderata. Riconoscendo per anzianità, il ruolo di capogruppo a quest’ultimo e di conseguenza gli equilibri si stravolgono al punto tale che nell’appena citato gruppo passa l’idea di far valere il proprio peso politico rispetto al passato.

Il gruppo “A viso Aperto allargato” non vuole per niente chiedere le stesse cose pretese dall’allora gruppo a quattro di “Cambiamo Verso”, ma almeno la riconoscenza verso chi ha solo dato e mai ricevuto nulla. Come in questo caso il consigliere Pasquale Chiacchio che seppur vero, passato al gruppo misto per questioni secondo lui inaccettabili nella spartizione dei ruoli, è rimasto comunque sempre coerente ai propri principi, visto che è ripassato in maggioranza solo allorquando ci sia stata la possibilità di ritrattare gli equilibri giusti che hanno visto il gruppo che allora deteneva l’ottanta per cento del potere passare tra i banchi dell’opposizione. Da indiscrezioni raccolte in esclusiva da Minformo, pare che il consigliere Chiacchio non la prenderebbe bene nel caso in cui lo si dovesse preferire ad un esponente della minoranza nel ruolo di Presidente del Consiglio, al punto tale da giurarsi poi egli stesso elemento di minoranza, visto che il principio da far passare sarebbe quello in cui il sindaco se ne dovrebbe vedere bene dall’acquistare nuovi adepti a discapito di perdere chi gli ha già dimostrato riconoscenza.

Ad onor del vero c’è da dire inoltre che il primo cittadino debba essere riconoscente al consigliere di “A viso Aperto” in più di un’occasione, l’ultima da ricordare è quando qualcuno in occasione del Consiglio comunale aveva tramato affinché non ci fosse numero legale per poter discutere di fatti politici e la presenza in extremis, proprio del consigliere Chiacchio, scaturì poi le dimissioni del Presidente del Consiglio Raucci. Se poi ci mettiamo anche che il consigliere Chiacchio, per i propri principi, non ha mai chiesto prebende e attualmente non ne detiene, allora sarebbe anche ora che il sindaco Cirillo dimostri un po’ di riconoscenza verso chi gli ha già dimostrato fedeltà. In fondo si tratta di soli due anni e perché non trascorrerli col vento in poppa insieme ai personaggi che già hanno dimostrato attaccamento al progetto? Tanto si sa, del domani non vi è certezza.

Cardito

CARDITO. Il Consigliere Russo attacca il Sindaco sul tema staff personale, riportando dati falsi

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CARDITO – Non sempre un giornalista critico della politica entra nel merito del dibattito pubblico se non per evidenziare le fake news legate alla demagogia spicciola che possono uscire fuori dalle dichiarazioni degli addetti ai lavori.

È quanto successo pochi minuti fa nel comune del cardellino con le dichiarazioni del Consigliere Andrea Russo che affrontando un tema demagogico come quello dello sperpero di denaro pubblico legato all’assunzione degli organi formanti lo staff del Sindaco, dichiara, attraverso un video postato sui social, alcune falsità al solo scopo di alimentare rabbia e impopolarità nella figura del primo cittadino. Ma andiamo ad analizzare i fatti.

Andrea Russo nel suo video asserisce che il Sindaco Giuseppe Cirillo abbia portato il numero dei formanti lo staff da 3 a 5 soggetti, lasciando intendere una volontà da parte del primo cittadino su un ulteriore esborso di denaro pubblico. Nulla di più falso. Gli staffisti nel comune gialloblu sono sempre stati tre. All’inizio furono assunti Andrea Fisher – staffista storico – Vincenzo Russo, Nicola Di Micco e Biagio Barra, poi si decise di nominare il Di Micco dirigente dell’ente sfruttando l’Art. 110 del Tuel, liberando così una casella dal capitolo di bilancio posto in essere sullo staff del Sindaco. Da allore quella casella è rimasta vuota per parecchi mesi, facendo risparmiare, in realtà, soldi ai contribuenti.

Oggi il primo cittadino, vuoi perché oberato di lavoro, vuoi perché abituato ad avere la segreteria con impegni suddivisi su tre elementi, ha pensato bene di assumere due figure part-time. Praticamente la casella lasciata vuota da Di Micco sarà riempita da altri due staffisti allo stesso costo di sempre da parte dell’ente.

Il dato politico che esce fuori è quasi pari a zero. A queste latitudini si cerca di fare opposizione sul nulla. Si comprende e va bene il gioco delle parti, ma non si può parlare a distanza di tre anni dopo aver passato gli stessi anni tra i banchi di maggioranza accompagnati dal mutismo selettivo cronico e svegliarsi su questioni, inesistenti tra l’altro, solo ora e per giunta raccontando frottole. Ci aspettiamo altro da un professionista come Andrea Russo che in quanto tale dovrebbe anche capire che anche il confronto con i comuni limitrofi non regge. Gli altri enti non hanno a capo un Sindaco che deve destreggiarsi tra impegni locali e metropolitani, quindi che ben vengano occhi vigili sul territorio atti ad arginare facili distrazioni o dimenticanze. Non mi si venga neanche ad incolpare il primo cittadino per la doppia carica, dato che la sua visione sovracomunale è sotto gli occhi della città e la ricezione di decine di milioni di euro non è da tutti.

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Afragola

Stupri, violenze e omicidi. Facile fare il prete anticamorra con la legge che li obbliga a non denunciare

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Facile fare il prete di periferia negli addensamenti di povertà a nord di Napoli. Basta avere l’ambizione di andare a colmare un vuoto lasciato dalla politica e dalle istituzioni con l’aiuto della fede e della toga e un po’ di predisposizione all’egocentrismo. Aspettare che un tragico evento si verifichi e attendere, inesorabilmente, lo stuolo di colleghi giornalisti che, non sapendo chi intervistare, dato che a queste latitudini la politica è sempre assente per autoimplosione, si rivolgono al personaggio più populista e demagogo rimasto sul territorio.

Allora la riflessione che voglio fare oggi, così come esposta ai tempi dei fatti che riguardarono l’omicidio di Fortuna Loffredo è: la Chiesa che da secoli cerca di colmare i vuoti creati dalla cecità dei governatori sarebbe in grado di aiutare, fattivamente, le vittime di questi efferati delitti?

Tutti noi sappiamo che secondo l’art. 200 c.p.p. la legge italiana rispetta il segreto confessionale tanto che stabilisce che: il sacerdote a cui è stato confessato un reato NON può essere obbligato a essere chiamato come testimone in un processo. Al contrario, come recita l’art. 622 c.p., violare il segreto confessionale potrebbe costituire reato: il sacerdote che dovesse violare il segreto confessionale per un qualsiasi motivo NON previsto dalla legge, rischia la reclusione fino a 1 anno e una multa che può variare tre le € 30 e le € 516.

D’altro canto, invece, è pur vero che la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6912 del 14 gennaio 2017 ha chiarito che il sacerdote che NON DEVE violare il segreto confessionale è tenuto a collaborare con la giustizia. Il segreto confessionale cade nel momento in cui il fedele confessa di essere, ad esempio, stata vittima di violenza. Il sacerdote che, in sede di processo, si rifiuta di testimoniare o mente durante la deposizione rischia la reclusione fino a 6 anni per il reato di falsa testimonianza.

La differenza sta proprio qui! Se a confessare il reato è chi commette il reato? Allora vale la prima ipotesi, ossia, il prete è tenuto a non denunciare ciò che gli è stato riferito in confessione. Ma questo principio ecclesiastico, condiviso anche dalle norme laiche della nostra Costituzione, in verità, quanta carità cristiana serba in sé?

Facendo un’opportuna riflessione sociologica, da anni il tema della religiosità dei mafiosi, o dei criminali in generale, apre lo scenario a molteplici piani di analisi: da una parte, occorre chiedersi che significato assumono le devozioni e le ritualità religiose e che ruolo svolga il ricorso alla fede all’interno di certi contesti, dall’altra è indispensabile valutare le posizioni che la Chiesa ha progressivamente espresso nella storia. Lo studio delle organizzazioni mafiose lascia emergere il dato piuttosto singolare di una religione che diventa strumento di legittimazione, offrendo motivazioni agli atti criminosi, alleviando le paure e le angosce nutrite dagli affiliati per il proprio destino personale. Ed è per questi motivi che si può benissimo pensare che anche un reato come lo stupro può facilmente essere confessato ad un protettore di anime.

Allora la domanda sorge spontanea: a quali responsabilità la Chiesa espone un prete di periferia, pastore di un addensamento di povertà come quella del Parco Verde? Quale peso deve sopportare un prete anticamorra se tali principi lo devono, per forza maggiore, relegare alla figura di un inerme testimonial della lotta? Ma soprattutto come si sentirebbe l’uomo che alberga sotto la toga a sapere di essere stato costretto a non evitare tale scempio?

Allora l’ultima osservazione che vorrei fare è quella del ruolo della Chiesa nella società moderna. Forse, dico forse, con tutta la modestia possibile, sarebbe il caso di far scendere realmente in trincea chi, almeno a parole, dichiara di voler salvare la vita alla povera gente su questo umile pianeta e far sì che chi sappia denunci immediatamente.

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Caivano

Colpite delle auto di una concessionaria durante una sparatoria a Cardito

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Ieri notte alle ore 2:20 circa a Cardito, i carabinieri di Caivano sono intervenuti a via I Maggio angolo via della Repubblica per una segnalazione di colpi d’arma da fuoco. Alcuni colpi di arma da fuoco sono stati sparati verso 4 auto che erano all’interno di un concessionario, 7 i fori causati. Sono in corso le indagini della vicenda.

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