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OSCAR 2020. Riflessioni polemiche sulle statuette

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OSCAR 2020. Riflessioni polemiche sulle statuette

Esco dalla mia zona di comfort, gli sport a stelle e strisce, e mi addentro in un mondo che osservo con gli occhi dell’amatore e dell’amante più che dell’esperto, per cui date il giusto peso specifico alle mie parole.

Ogni anno nei giorni che precedono la kermesse del Dolby Theatre Stilo una previsione che poi commento in varie chat sul tema. Mai come quest’anno ho preso tante cantonate: sarà per questo che sono polemico? Forse. O forse no.

Partiamo da quello che mi è piaciuto: la musica. Dall’ouverture di Janelle Monáe al brano di Elton John (premiato con la seconda statuetta dopo quella per il Re Leone) passando per l’esecuzione di Yesterday da parte di una coloratissima Billie Eilish durante il commovente In Memoriam, le canzoni e l’energia mi sono piaciute molto.

Da incorniciare il mix delle colonne sonore eseguito da una direttrice d’orchestra donna (prima volta in 92 anni di Academy).

Ho anche apprezzato lo sforzo profuso per dare ritmo alla serata e cercare di accorciarla riducendo all’osso tutto quello che non aveva a che fare con le premiazioni o i film (il contrario del nostro festival della canzone Italiana in cui da anni le canzoni passano in secondo piano rispetto ad abiti e Gossip).

La formula di togliere il presentatore ufficiale, inaugurata forzatamente la scorsa edizione, è stata ripetuta, anche se non tutti gli attori sono brillanti battutisti.

Divertente il duetto canoro Maya Rudolph & Kristen Wiig. Ho anche molto apprezzato Spike Lee che si è presentato con una giacca coi colori dei Lakers e il numero di Kobe Bryant e si è trattenuto dal ripetere il monologo sugli Oscar bianchi.

Prima di intraprendere crociate razziali sappiate che secondo il parere di chi vi scrive il merito deve andare al merito, senza distinzioni di genere, età, colore o religione. Se poi volete fare polemica chiedetevi prima quale è la percentuale degli Afro Americani negli USA. Il 30 %? Il 40? Sareste sorpresi nell’apprendere che è il 13? Se da una parte ritengo scandaloso che capolavori “black” come Il Colore Viola siano stati snobbati in anni passati, dall’altra trovo ipocrita come in nome di una “quota di colore” si debbano inserire attori Afro Americani anche se palesemente fuori parte (vedi Idris Elba nella parte di un Dio della mitologia Norrena).

Viggo Mortensen, di chiare origini Danesi, lo scorso anno ha interpretato un Italo Americano e lo ha fatto divinamente; ma lo hanno scelto perché era il più giusto per la parte, non per far contenta la minoranza Danese!

Passiamo ai Film. Avevo pronosticato tre statuette per il capolavoro di Bong Joon Ho compreso la Regia, ma non il miglior film.

Citando Rino Tommasi, sul mio personalissimo cartellino 1917 e soprattutto JoJo Rabbit avevano una marcia in più.

In ogni caso il regista Coreano ha il merito di sdoganare il premio al miglior film oltre in confini degli Stati Uniti. Speriamo non rimanga l’eccezione che conferma la regola.

Pitt, Zellweger e soprattutto Phoenix confermano i pronostici miei e dei critici veri, mentre io avrei assegnato la statuetta per la miglior attrice non protagonista a Scarlett Johansson, meravigliosa interprete di JoJo Rabbit. E qui scatta la polemica atto secondo.

Ho come l’impressione che negli ultimi anni la giuria tenda a dare un colpo al cerchio e uno alla botte in modo da non scontentare nessuna delle case di produzione (discorso Netflix a parte, vedi le zero statuette su 10 nomination per The Irishman).

Come far quadrare i conti però quando 41 nomination sono divise in soli 4 film e tra capo e collo si intrufola un regista Coreano che non avevi previsto? Mica lo puoi snobbare. Primo perché il suo film è oggettivamente bello e ha fatto incetta di premi ovunque. Secondo perché si innescherebbe la polemica razziale e l’academy ha già i suoi problemi con gli Afro Americani per mettersi contro anche gli orientali. E allora via con la giostra della compensazioni! Storia di un Matrimonio ha 10 nomination; almeno una statuetta la deve pretendere. E allora Laura Dern (brava, ma non quanto la Johansson) vince l’Oscar come miglior attrice non protagonista. Ma poi come facciamo con JoJo Rabbit e le sue 6 nomination? Gli diamo la sceneggiatura non originale e pazienza se forse Joker (11 nomination e una sola statuetta, quella a Phoenix) lo meritava di più. Rimediamo subito. Ecco l’Oscar alla colonna sonora, anche se non all’altezza del sempre verde Guerre Stellari e di 1917 (altre 10 nomination). Non c’è problema. Voit la il premio agli effetti speciali, anche se toglierli ad Avengers Endgame è una bestemmia (poi venitemi a dire che Black Panther, che ha vinto tre Oscar è meglio del Finale della Saga dei fratelli Russo – alla faccia degli Oscar Bianchi!).

Ma torniamo a noi; come accontentiamo la Disney che è rimasta all’asciutto? La omaggiamo con l’Oscar al cartone animato. Non fa niente se Toy Story 4 era il peggiore della cinquina. Ribadisco, i miei sono giudizi dettati dal gusto personale, ma raramente li ho trovati così distanti da quelli dell’Academy, coi quali ho condiviso praticamente solo il voto alla fotografia (sacrosanto 1917) il montaggio a Les Mans ‘66 e l’acconciature a Bombshell (in cui recita una divina Charlize Theron).

Non sono avvezzo a teorie complottistiche e forse la mia è solo frustrazione nel rendersi conto di capire di cinema molto meno che di sport a stelle e strisce. Forse. O forse no.

Giuseppe Fiorito

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Caso Acerbi-Juan Jesus, il difensore dell’Inter rompe il silenzio: “Non sono un razzista, accanimento atroce nei miei confronti”

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Nel corso di una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera, il difensore dell’Inter Francesco Acerbi è tornato a parlare del caso Juan Jesus e dei fatti di Inter-Napoli, a seguito dell’assoluzione del Giudice Sportivo. Ecco le sue dichiarazioni:

“Adesso che c’è una sentenza vorrei dire la mia, senza avere assolutamente nulla contro Juan Jesus, anzi è il contrario, perché sono molto dispiaciuto anche per lui. Ma non si può dare del razzista a una persona per una parola malintesa nella concitazione del gioco. E non si può continuare a farlo anche dopo che sono stato assolto”.

Poi, ha aggiunto: “La sentenza è stata una liberazione, ma sono comunque triste per tutta la situazione che si è creata, per com’era finita in campo, per come ci hanno marciato sopra tutti senza sapere niente. Anche dopo l’assoluzione ho percepito un grandissimo accanimento, come se avessi ammazzato qualcuno. Questa non è lotta contro il razzismo, non c’è stato nessun razzismo in campo e io non sono una persona razzista: il mio idolo era George Weah e, quando mi fu trovato il tumore ricevetti una telefonata a sorpresa da lui che ancora oggi mi emoziona. Si sta solo umiliando una persona, massacrando e minacciando la sua famiglia, ma per che cosa? Per una cosa che era finita in campo e nella quale il razzismo non c’entra nulla. Il razzismo purtroppo è una cosa seria, non un presunto insulto”.

Infine, conclude parlando della possibile convocazione per gli Europei:

“Io non mi aspetto niente. Ma per adesso preferisco non dire nulla sulla Nazionale, è giusto che prima ne discuta con Spalletti. Sono stanco, dopo oggi metto un punto alla vicenda. E non voglio parlarne mai più”.

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Ordina le figurine online ma gli consegnano un carico di eroina: i dettagli

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Nel corso della mattinata odierna, un 43enne incensurato di Pompei si è recato presso la locale stazione dei carabinieri per consegnare una scatola imballata.

A quel punto l’uomo ha iniziato a raccontare agli agenti che qualche giorno prima, aveva acquistato alcuni pacchi di figurine di calciatori su un portale online, ma che al loro interno vi ha trovato un carico di eroina.

Pertanto i militari hanno preso in consegna il pacco e analizzato la sostanza all’interno con un narcotest: si tratta di eroina pura, 180 grammi di stupefacente, un carico del valore di diverse migliaia di euro. La droga è stata sequestrata, ma proseguono le indagini per risalire all’identità del cliente e alle origini della spedizione.

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Uno squalo gli amputò la gamba, ma lui torna a surfare: “La vita è troppo bella per fare la guerra, perciò torno a fare wake”

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Era il 9 dicembre scorso quando il 20enne Matteo Mariotti veniva attaccato da uno squalo nelle acque dell’Oceano Pacifico, lungo la Gold Coast orientale dell’Australia.

In quell’occasione perse una gamba sotto al ginocchio, ma non si è mai arreso. Infatti a seguito dell’infortunio era stato ricoverato e curato all’ospedale Rizzoli di Bologna, ed ora dopo circa tre mesi è tornato su una tavola da wakesurf con la protesi.

Ecco quanto testimoniato da un video diffuso sui social:

“È impossibile descrivere a parole le emozioni provate in quegli istanti, posso solo consigliarvi una cosa: ‘credete in voi!’ Obiettivi che sembravano lontani anni luce, sono arrivati in un battito di ciglia e che dire… grazie!”

Poi, continua: “Grazie a chi ci ha creduto dal primo istante, grazie a chi c’è sempre stato e c’è tuttora, grazie a chi mi sta aiutando in quest’impresa e grazie anche a chi mi ha messo i bastoni fra le ruote… mi avete fatto capire che nulla e dico nulla mi butterà mai più giù! La vita è troppo bella per fare la guerra, è per questo che vado a fare wake”.

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