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La Malasanità. Bimba di 18 mesi, con febbre alta, lasciata in macchina per 8 ore in attesa del tampone

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I bambini andrebbero curati e tutelati per la loro fragilità e proprio per quest’ultima in ospedale andrebbe data loro assoluta priorità.

Purtroppo, nel nostro Paese, lì dove tutto è lasciato il balìa del più totale caos, anche la Sanità che in questo periodo dovrebbe essere più efficiente che mai, si trasforma in “Malasanità”, causando problemi soprattutto ai più fragili e ai più piccoli.

E’ così che a Palermo una bambina di soli 18 mesi, che da giorni aveva la febbre alta, è stata lasciata in auto in  attesa dei risultati del tampone per ben otto ore.

La piccola da giorni aveva la febbre a 38.5 e così la mamma, Roberta Sorgi, che ha denuniato quanto accaduto, ha deciso di portarla in ospedale. Giunta all’Ospedale “Bambini” di Palermo, avendo una temperatura alta, la piccola necessitava di un ricovero.

Mia figlia aveva la temperatura a 38.5° da quattro giorni e si è reso necessario il ricovero. Prima però il medico di turno nella tenda triage, posizionata all’ingresso dell’ospedale, ha fatto il tampone a entrambe e quindi siamo state invitate a spostarci in una saletta attigua destinata proprio a questo scopo” ha raccontato la donna che tra l’altro è anche un avvocato.

Spiegando poi che “Dal Cervello è arrivato un bambino sospetto Covid e per precauzione ci hanno fatto uscire dall’area grigia. Siccome non c’erano altri posti dove poter attendere, ci siamo sistemate in auto con la promessa che l’esito del test sarebbe stato consegnato entro un paio d’ore. E invece dalle 14.30 sono rimasta in macchina fino alle 22.30 con la bambina in quelle condizioni. Alla fine, per fortuna, il tampone è stato consegnato ed era negativo e siamo entrate in reparto. Ma forse chi è al vertice non ha una percezione di ciò che accade realmente”.

Per fortuna alla fine la vicenda si è conclusa positivamente e la piccola è stata sottoposta alle cure di cui necessitava ma chissà quante altre mamme hanno dovuto attendere tante ore in condizioni simili e non hanno avuto neppure il coraggio di denunciare l’accaduto come ha invece fatto mamma Roberta.

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Eccidio di Marzabotto, parla Mattarella: “La memoria di quest’evento costituisce la pietra angolare della nostra Costituzione”

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In occasione dell’anniversario dell’eccidio di Marzabotto, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha così ricordato quel tragico avvenimento. Ecco le sue dichiarazioni:

“A Marzabotto e nei territori che cingono Monte Sole, 79 anni or sono, si toccò l’abisso della barbarie e della disumanità. Centinaia e centinaia di persone inermi furono braccate per giorni e uccise dalle truppe naziste, con la complicità di fascisti locali. Non ci fu alcuna pietà per bambini, donne, anziani, disabili, religiosi. Le vicende della Guerra stavano costringendo gli occupanti ad arretrare e fu allora, in quei terribili mesi, che la vile ideologia dell’annientamento dispiegò tutti i suoi orrori. La memoria di questo eccidio, tra i più sanguinosi del Secondo Conflitto mondiale, costituisce una delle pietre angolari della nostra Costituzione e dell’anima dell’Europa, basata sulla promessa di pace che i popoli e gli Stati del Continente si sono scambiati dopo aver riconquistato la libertà. Libertà e democrazia hanno ricevuto forza qui, da così tanto dolore, e trovano alimento soltanto in una civiltà che sappia rispettare la vita, la persona, il diritto, capace di promuovere uguaglianza e giustizia. Su questo tessuto sono state edificate nuove Istituzioni e si è avviato il processo di integrazione europea: un patrimonio comune da preservare, potenziare e perpetuare, con tanta più determinazione, proprio adesso che la guerra è tornata drammaticamente a insanguinare il Continente”.

Poi, conclude: “Le nostre comunità e le nostre terre hanno conosciuto fin dove possano spingersi l’atrocità del male e la negazione della dignità umana. Esserne consapevoli è condizione per dire mai più, e divenire protagonisti di un domani migliore”.

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Questione stadi in Italia, De Laurentiis tuona: “Serve un Commissario, il calcio italiano è indietro rispetto agli altri Paesi”

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Il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis è intervenuto per parlare della situazione stadi in Italia, ed ha così spiegato il suo punto di vista in una nota ufficiale:

“Ha ragione il ministro Andrea Abodi, sulla necessità di un Commissario per il problema degli stadi di calcio in Italia. Gli stadi non possono restare nella proprietà indisponibile dei comuni. Non tutti i comuni hanno i fondi necessari né per trasformare gli stadi obsolescenti da 60 anni né per manutentarli. Il calcio italiano fa fatica a mettersi lo smoking durante le proprie rappresentazioni rispetto alle altre nazioni”.

Poi, aggiunge: “Bisogna considerare che nel campionato italiano militano centinaia di calciatori appartenenti ad altre nazioni e quindi, vengono seguiti da tantissimi e fedelissimi supporters all’estero, nei confronti dei quali non facciamo certo una figura all’altezza del nostro calcio per via degli impianti, screditando anche la nostra nazione. Anche le modalità di ripresa delle partite stesse sono spesso compromesse dalla inadeguatezza degli impianti. Per non parlare poi dei problemi relativi alla sicurezza. È importante che Abodi spieghi al Commissario prescelto che non bisognerà assolutamente sposare l’abituale ‘burocratese’ che ha ingessato sempre il nostro Paese, liberando gli stadi da autorizzazioni complesse e spesso sottoposte a sovrintendenze digiune completamente di cultura dello sport, ma avvezze per natura a sposare in toto il suddetto burocratese”.

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Reddito di Cittadinanza, divampa la protesta a Napoli: “Vogliamo la nostra dignità”

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Un gruppo di circa 50 persone si è radunato ieri in Piazza Garibaldi a Napoli, per protestare contro l’abolizione del Reddito di Cittadinanza. Cori, striscioni e megafoni hanno accompagnato il grido di protesta dei bambini per il diritto di studiare, giocare e fare sport.

Inoltre, ci sono state numerose proteste per il carovita, il salario minimo e le pensioni bassissime: “Questo corteo è anche per voi, le pensioni sono da fame”. Poi: “Negli altri Paesi europei il Reddito è ancora attivo, se l’Italia non è in grado di stare in Europa deve uscire”. E ancora: “Non possiamo pagare le bollette, l’affitto, il cibo e la benzina. È aumentato tutto, siamo costretti a fare delle scelte. Ora è iniziata anche la scuola, per chi ha i figli è un casino”.

Pertanto, il corteo è proseguito in Corso Arnaldo Lucci verso via Marina, mentre la protesta ha puntato i riflettori contro i lavori a nero: “Non vogliamo tornare a lavorare per 450 euro al mese a nero, vogliamo la nostra dignità”. 

Tra i partecipanti, c’è stato anche chi si è scagliato contro gli altri ex-percettori del sussidio: “Dite che volete lavorare, che volere i vostri diritti, ma dove stanno tutte queste persone?”.

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