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Cronaca

SANT’ANTIMO. Incandidabilità dell’ex Sindaco Aurelio Russo. Siamo sicuri che giustizia è stata fatta?

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SANT’ANTIMO – Due indagini, due giudici diversi ma soprattutto diversi magistrati. La cosa che salta subito agli occhi sulla vicenda dello scioglimento del Consiglio Comunale di Sant’Antimo per ingerenza della criminalità organizzata è che gli organi inquirenti della Magistratura non dialogano tra di loro né prendono in considerazione le documentazioni prodotte dall’altra parte se no non si spiegherebbe un’incongruenza simile del giudizio sull’incandidabilità confermata all’ex sindaco Aurelio Russo.

È bene ricordare che lo scioglimento avvenuto a Sant’Antimo è antecedente alla pubblicazione della relazione sulle misure cautelari dell’inchiesta “Antemio” e pertanto il Ministero degli Interni, tra l’altro, ha potuto solo basare la propria decisione sulla relazione redatta dalla Commissione d’Accesso che ha ritenuto valide e veritiere le informative prodotte da quei carabinieri che mesi dopo sono stati arrestati per infedeltà proprio in merito all’inchiesta che ha visto altri 59 arresti e 103 indagati sul territorio santantimese.

Quindi dallo scioglimento sono partiti due filoni, uno, quello in ambito civile dove si è discusso dell’incandidabilità di alcuni esponenti politici dell’ultima amministrazione tra cui l’ex sindaco Aurelio Russo e il secondo, quello penale, inchiesta condotta dalla DDA di Napoli dove si è potuto stabilire che al Comune c’era commistione tra macchina burocratica e clan egemoni del territorio.

Noi di Minformo ci siamo occupati della questione dello scioglimento, così come fatto anche per altre città che hanno subito la stessa onta, perché amanti della verità e siccome siamo consapevoli che essa si trovi sempre nel mezzo, amiamo discernerla e illustrarla. In questo nostro articolo (leggi qui) sono riportati alcuni passaggi della Relazione dell’inchiesta “Antemio” dove il sindaco Aurelio Russo viene descritto come unico argine alla camorra e al Sistema messo su dai clan egemoni grazie alla connivenza del tecnico Claudio Valentino.

Oggi invece scopriamo che la Dott.ssa Paola Bonavita in qualità di Presidente del Collegio dei giudici del Tribunale Napoli Nord sentenzia che l’ex Sindaco Aurelio Russo debba essere incandidabile perché “ha comunque conferito il ruolo di primo piano quale responsabile del settore degli appalti pubblici, notoriamente esposto, per evidenti ragioni economiche, alle infiltrazioni criminali, con ciò dando continuità a quell’azione amministrativa inquinata dalle contaminazioni del centro di potere affaristico- clientelare di stampo camorristico, finendo per esaudire le istanze provenienti dalla locale organizzazione criminale e dunque per favorirne gli interessi. In questo senso, infatti, decisivo è risultato il contributo dell’ing. Valentino nel manovrare, in cambio di compensi economici, l’assegnazione delle gare d’appalto verso imprese riconducibili alla locale consorteria criminale”.

Insomma, è vero che una relazione di un giudice delle indagini preliminari non determina ancora la verità assoluta ma non si possono non prendere in considerazioni fatti oggettivi scaturiti da mesi e mesi di indagini. Non si può non tenere conto che la relazione dello scioglimento sia anche stata redatta in base a delle informative false e non si può non tenere conto del fatto che un sindaco per quanto perspicace non può elevarsi a giudice e sollevare completamente dal suo posto di lavoro un tecnico senza avere in mano le stesse prove che può avere la magistratura con il conseguente adente del dirigente e la responsabilità su un eventuale danno erariale che possa scaturire dal contenzioso.

Un altro fatto oggettivo sono le parole scritte nella relazione dell’inchiesta “Antemio” dove si descrive il sindaco Aurelio Russo unico argine alla camorra sul territorio. L’unico politico che ha dimostrato, dicendoglielo in faccia, di sollevare dall’incarico clou della macchina burocratica il tecnico che poi si è rivelato connivente con i clan egemoni.

Di seguito riportiamo le dichiarazioni dell’ex Sindaco Aurelio Russo rilasciate a mezzo social: “GIUSTIZIA È FATTA? Io nutro una sincera fiducia verso i giudici e credo nella Giustizia. Non è una frase di rito. Nella mia storia di Sindaco Incandidabile, però, non so più a quale credere:se a quella PENALE di Napoli, per la quale sono un Amministratore coraggioso che ha fatto da argine alla Criminalità Organizzata, rischiando più volte la propria incolumità personale;oppure a quella CIVILE di Aversa, per la quale, invece, sono uno che ha realizzato poco o nulla contro la Camorra, anzi si è attivato per favorirla!Poco importa se le informative su cui si basa la proposta della Prefettura siano state scritte da due sottufficiali poi arrestati nella operazione “Antemio” perché vicini alla Camorra santantimese, che li ha usati per discreditarmi. Poco importa se quella stessa consorteria criminale abbia pagato 6.000 euro un consigliere comunale, per farlo dimettere e far finalmente decadere dalla carica l’odiato Sindaco. Evidentemente sono tesi inconciliabili e, come ho già detto in varie occasioni, se non fosse il mio sangue ed il mio buon nome ad essere messo in gioco, sarei anche curioso e divertito nell’aspettare i titoli di coda di questa vicenda. Naturalmente esiste il giudizio d’appello nel quale spero di far valere civilmente (è davvero il caso di dirlo) le mie ragioni; ma in questa vicenda un po’ mi sento sempre più, senza averne la statura morale e sicuramente la notorietà, Enzo Tortora. Tortora (la storia la conoscono tutti), fu accusato nel 1983 di gravi reati, ai quali in seguito risultò totalmente estraneo, sulla base di accuse formulate da soggetti provenienti da contesti criminali. La sua innocenza fu dimostrata e riconosciuta dopo tre anni, il 15 settembre 1986, quando venne definitivamente assolto dalla Corte d’Appello di Napoli. Alla fine, su tutto, comunque resterà il giudizio che i cittadini hanno di me, della mia onestà e della mia caratura morale, pensiero che, negli anni ‘80, ha evidentemente sempre sorretto anche il giornalista Genovese. Ed è proprio questo che mi darà la forza per continuare questa battaglia”.

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Coniugi ottantenni trovati morti in casa nel Salernitano: ipotesi cause naturali

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Sarà l’autopsia a chiarire in maniera certa le cause del decesso di una donna di 85 anni e del marito 80enne, entrambi trovati senza vita nella loro abitazione a Caselle in Pittari, nel Salernitano, ma secondo i primi accertamenti si sarebbe trattato per entrambi di cause naturali.

I corpi dei due anziani sono stati rinvenuti lontani l’uno dall’altro: il cadavere della donna era nel pollaio, quello dell’uomo in un locale esterno all’abitazione.

Entrambi i corpi erano in stato di decomposizione.

Impossibile, per medico legale e carabinieri, stabilire in maniera certa le date dei decessi. Una risposta che arriverà dall’autopsia disposta dal pm della Procura della Repubblica di Lagonegro.
A lanciare l’allarme è stato il figlio dei coniugi che, non riuscendo a mettersi in contatto con loro ed essendo fuori territorio, è rientrato nel comune cilentano per rendersi conto personalmente della situazione. Una volta arrivato nell’abitazione familiare ha scoperto che entrambi i genitori erano morti.

Dai primi elementi raccolti dai carabinieri della stazione di Sanza e dalle risultanze dell’esame esterno effettuato dal medico legale, si ipotizza che entrambi siano deceduti per cause naturali. I militari, infatti, non hanno riscontrato segni di effrazione alla porta d’ingresso dell’abitazione né segni di violenza sui corpi dei due anziani. Una delle ipotesi è che uno dei due coniugi sia deceduto e l’altro, non sia riuscito a chiedere aiuto, morendo successivamente.

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Scampia, tentata estorsione da 500mila euro: cinque persone del clan Abbinante in manette, c’è anche il figlio del boss

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Avevano tentato di farsi consegnare dalle loro vittime, a titolo di estorsione, circa 500mila euro oltre a tre appartamenti: cinque persone, tra cui figura anche Alessandro Abbinante, 26 anni, figlio di Guido, elemento di vertice dell’omonimo clan di Scampia, sono state arrestate dalla Squadra Mobile della Questura di Napoli al termine di indagini coordinate dalla DDA.

Ad Abbinane la misura cautelare è stata notificata nel carcere dove è detenuto.

I cinque, a cui gli inquirenti contestano il reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, sono stati bloccati dai poliziotti a Napoli e in provincia, precisamente a Torre del Greco.
Le minacce estorsive – è emerso durante le indagini della Polizia di Stato – si sono protratte per circa sei mesi e sono culminate nell’incendio doloso dei locali di un’attività di rivendita.

La Squadra Mobile e gli agenti del commissariato Scampia hanno sequestrato anche due pistole con relativo munizionamento, trovate nell’abitazione di uno degli indagati. Una sesta persona, destinataria della stessa ordinanza emessa dal Gip di Napoli, attualmente irreperibile, è ricercata dai poliziotti.

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Morte Chiara Jaconis, i genitori del bambino negano ogni responsabilità

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Sono finiti nel mirino degli inquirenti dopo che uno dei loro bambini ha gettato dal balcone un oggetto risultato fatale per la giovane Chiara Jaconis, ma ciò nonostante la coppia residente nell’appartamento dal quale è caduto l’oggetto continua a negare la proprietà dello stesso.

Pertanto gli investigatori hanno notificato due avvisi di garanzia alla coppia, dopo che la Procura ha acquisito le immagini delle telecamere di videosorveglianza di un B&B, che riprendono l’esatto momento in cui il contenitore impatta con un balcone e un pesante frammento colpisce Chiara, che si accascia al suolo.

I due destinatari degli avvisi sono entrambi professionisti e pare che in passato siano caduti anche altri oggetti dal loro balcone, anche se non avevano mai determinato gravi conseguenze fino alla tragedia di domenica scorsa.

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