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CAIVANO. È bagarre anche sulla nomina del Presidente del Consiglio e si rischia la continuità amministrativa

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CAIVANO – Lo avevamo detto, lo continueremo a dire e così sarà. L’amministrazione Falco, al di là dei ritardi legati alla pandemia, perderà gran parte del suo primo periodo di consiliatura a trovare il giusto equilibrio per cercare di non scontentare nessuno dei consiglieri di maggioranza. Infatti dalle indiscrezioni che arrivano in redazione ci sono nuovi dissidi per quanto riguarda la votazione in aula del Presidente del Consiglio.

Non si è fatto in tempo a trovare la quadra per formare esecutivo e deleghe che già nasce una nuova grana per il neoeletto Sindaco Enzo Falco. Purtroppo per tutti, quest’amministrazione ha scelto di far rientrare anche la figura del Presidente del Consiglio nella lottizzazione degli incarichi politici ed è normale che alla fine ci sarà più di un gruppo a contendersi tale carica. Anche perché, pur di conservare un assessore ad Articolo Uno e M5S il primo cittadino non ha neanche fatto comprendere bene con quale metro di giudizio intende ragionare in merito all’assegnazione degli incarichi né accenna all’argomento durante le riunioni di maggioranza. Non vorremmo che così come ad Afragola anche qui ci ritroveremo con un sindaco “panta rei”. Il risultato afragolese è sotto gli occhi di tutti.

Se solo sapessimo che per il Presidente del Consiglio si applicasse il manuale Cencelli allora potremo dire con certezza che tale carica sarà assegnata senz’altro a Francesco Emione -anche se non gli converrebbe perché se un domani volesse sfruttare il proprio consenso per ambire ad una carica importante, allora sarebbe meglio presidiare il Consiglio comunale e intestarsi qualche vittoria perseguita dalla sua maggioranza. Il Presidente del Consiglio si sa, alle nostre latitudini è visto come moderatore dell’assise pubblica ed è facilmente attaccabile con la famosa mozione di sfiducia al primo scricchiolio degli equilibri – ma il Sindaco Enzo Falco ci ha abituati a ragionamenti innovativi, del tutto personali e quindi la speranza di ottenere la figura del Presidente del Consiglio è insita anche nei gruppi di Noi Campani e Orgoglio Campano.

Dal punto di vista di Noi Campani non starei neanche troppo a tirare la corda perché se è pur vero che hanno ceduto ad offrire la quota rosa, in cambio hanno ricevuto delle super deleghe ma l’ambizione si sa è umana e fa parte soprattutto del mondo politico, ecco perché il gruppo mastelliano recrimina la figura del Presidente del civico consesso nella persona di Pippo Ponticelli.

Ma se Noi Campani avanza richieste Orgoglio Campano non è da meno. Già ferito nell’orgoglio – per scherzare un po’ col nome del gruppo – il gruppo di Giamante & C. non solo lo recrimina ma lo chiede a gran voce, visto che da accordi presi in passato col primo cittadino erano convinti di strappare alla fascia tricolore la nomina di vicesindaco nella persona di Carmine Peluso. Infatti ci ricordiamo tutti la reazione del Consigliere Giamante quando venne informato dall’assessore alla manutenzione che il ruolo di vicesindaco fu assegnato a Pierina Ariemma. Questo “sgarro” non se lo sono dimenticati gli “orgogliosi” e così adesso rivendicano a mani basse il Presidente del Consiglio che da voci di corridoio, se il primo cittadino fosse d’accordo, dovrebbe essere votato in aula a favore di Lello Del Gaudio, settantasettenne già Presidente del Consiglio nell’amministrazione Monopoli.

In realtà, Lello Del Gaudio Presidente del Consiglio rappresenterebbe il paradosso amministrativo caivanese perché sommato agli altri sette consiglieri comunali non solo rappresenterebbe il terzo della consiliatura Monopoli ma anche una netta continuità amministrativa visto che va a ricoprire esattamente lo stesso ruolo. Poi, arrivati a questo punto la parola dovrebbe passare al Prefetto Valentini che ci dovrebbe spiegare perché un’amministrazione viene sciolta per infiltrazioni della criminalità organizzata mentre l’altra viene tenuta in vita. Ai posteri l’ardua sentenza.

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CAIVANO. I blitz delle Forze dell’Ordine fanno emigrare lo spaccio al centro della città

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CAIVANO – Tre persone, una sola piazza di spaccio. Allestita in un condominio in via Cairoli. Ancora Caivano ma questa volta lontano dai palazzoni popolari verde sbiadito. Lontano dal parco Verde, sintomo che la pressione dei Carabinieri sta costringendo la criminalità a cambiare strategie.
I militari della compagnia locale, insieme a quelli del 10 reggimento campania hanno bloccato i tre in quella che può essere considerata una piazza di spaccio “verticale”.
La droga era stoccata in mono-porzioni, in una grondaia installata su un terrazzino.
Su strada uno dei tre riceveva l’ordine e lo passava ai due complici ai piani alti.
Questi la lanciavano di sotto, in attesa della richiesta successiva.

Tutti disoccupati e già noti alle forze dell’ordine, i tre pusher sono finiti in manette. Giovani e giovanissimi, hanno tra i 20 e i 32 anni.
Sequestrati 25 grammi di cocaina, 162 di crack e quasi mezzo chilo di hashish. E ancora due bilancini, materiale per il confezionamento e oltre 2mila euro in banconote di piccolo taglio.
Gli arrestati sono stati portati in carcere, in attesa di giudizio. Dovranno rispondere di detenzione di droga a fini di spaccio.

SBORDONE ENRICO NATO A GIUGLIANO IN CAMPANIA (NA) IL 31.07.2003

FALCO PIETRO NATO A S.M.C. VETERE (CE) 18.08.2001

MATTIELLO GENNARO NATO A NAPOLI (NA) IL 10.07.1991

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CAIVANO. Lo scarso livello culturale ha determinato il degrado e la necessità di aggrapparsi all’abito talare.

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CAIVANO – L’ultima città a nord di Napoli non è da riqualificare come ha affermato la Premier Meloni nella sua visita al Parco Verde. Caivano è da rifondare. Non è retorica e nemmeno una frase scontata o già trita e ritrita. Quando parlo di rifondare mi riferisco all’unico elemento che caratterizza e che dà il nome ad una comunità, ossia il popolo. Lo stato di degrado che vive oggi il paesello che ha cresciuto il piccolo Peppino De Filippo fino all’eta di sei anni si è sviluppato male ed è progredito peggio. Le scelte politiche e le visioni assenti dei suoi governanti sono sempre state determinate da uno scarso livello culturale diffuso sul territorio.

La politica è lo specchio della gente che vi abita e Caivano non è da meno. Se oggi, come pochi anni fa per la cosiddetta Terra dei Fuochi, si ritengono e si ritenevano più autorevoli le parole di un prete – con le sue lacune culturali – piuttosto quelle di un ricercatore, di uno scienziato o nel caso di oggi di intellettuali, sociologi e filosofi, allora il problema è largamente diffuso nell’intero tessuto sociale della comunità gialloverde.

Le conseguenze a questo diffuso scarso livello culturale dei cittadini che scelgono di restare in queste province di lamiera sono molteplici. La prima è il disamore verso la cura della res publica dei pochi professionisti dotti presenti sul territorio e un’altra conseguenza è lo sdoganamento dell’ignoranza e della scarsa attitudine allo studio all’interno delle istituzioni. Un campo dove è sempre meglio andare a ricercare bravura e competenza, le stesse che latitano da tempo immemore sul territorio gialloverde.

Ultima dimostrazione di quanto scritto finora è l’ambizione da sempre nutrita e mai nascosta dell’imprenditore Nino Navas che, pur essendo un imprenditore di successo ed avere pochi concorrenti data la sua competenza nel suo ramo, presenta enormi lacune culturali – come del resto tutti noi in ambiti diversi dalla propria professione – a partire da quello grammaticale.

Attenzione non sono avvezzo e non amo mai correggere l’uso della lingua italiana in discussioni social o a qualche collega che magari commette un errore grammaticale all’interno di un suo scritto, quello può capitare anche a me.

Ma quando ci si presenta alla città per avviare un percorso sociologico e politico sul territorio, con tanto di campagna promozionale social e cartacea corredata di elaborazione grafica ideata esclusivamente per l’evento, dove su di essa campeggia un errore grammaticale grosso quanto una casa, allora lì la tiratina d’orecchie è d’obbligo!

Premesso che la filiera per la produzione di una campagna promozionale del genere è abbastanza lunga e qui mi sovviene che si testimonia ancor di più quanto appena scritto e cioè che lo scarso livello culturale è abbastanza diffuso, questo il pericolo sociale maggiore, dato che a partire di chi ha elaborato il testo, in ordine di creazione si susseguono le varie figure, chi ha elaborato la grafica, chi ha approvato l’identity della campagna promozionale, chi ha preparato il materiale di prestampa e chi ha stampato il materiale cartaceo ed infine gli organi di stampa vicini al promotore che hanno diffuso sia la notizia dell’evento con tanto di locandina riportante l’errore grammaticale in bella mostra. Nessuno si è accorto di un così macroscopico errore.

Sto parlando dell’evento organizzato dall’Associazione di Nino Navas “Sveglia Caivano” che si terrà nell’Auditorium del Plesso scolastico L. Milani di Caivano il 19 Settembre prossimo dove sulla locandina si legge: “L’#AltraCaivano c’è, diamogli voce!!”.

Ora sono d’accordo che sapere che il doppio punto esclamativo in grammatica non esiste è da pignoli e sono anche d’accordo sul fatto di denominare Caivano una città e quindi un nome proprio di cosa, singolare femminile. Quindi proprio perché è femminile al predicato verbale va aggiunto il determinativo “LE” e non “GLI” quindi la frase esatta da promuovere doveva essere: “L’#AltraCaivano c’è, diamoLE voce!”.

Ecco perché sono dell’idea che bisogna stare molto attenti nel decidere a chi delegare il proprio futuro amministrativo ma soprattutto partire dal fare un mea culpa ed individuare il motivo del degrado caivanese principalmente nella scarsa cultura, nella scarsa informazione della vita pubblica di ogni singolo cittadino. Perché come dice l’ex deputato Alessandro Di Battista: “un cittadino informato è un cittadino sovrano”.

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CAIVANO. Il prete Patriciello scrive una lettera aperta alla Meloni chiedendo di legittimare l’illegalità.

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CAIVANO – Al parroco del Parco Verde Maurizio Patriciello non sono bastate le bugie riportate agli organi di stampa compiacenti e allineati ad un disegno che, fortunatamente, per chi ama la verità, va man mano delineandosi. Adesso, forse preso da un delirio di onnipotenza (opinione personale) – alimentato dalla più affermata popolarità che i media gli continuano ad offrire – cerca di dettare i tempi e l’agenda politica del Governo su quelle che possono essere le soluzioni al problema che egli stesso ha mostrato, gonfiato e ingigantito del Parco Verde.

Sia chiaro il traffico di stupefacenti, come la criminalità organizzata, all’interno del Parco Verde esiste, così come esistono gli occupanti abusivi e chi ha comprato casa, pur di avere un tetto sulla testa e ostentare il suo essere proprietario immobiliare, dalle mani dei camorristi.

Allora, il prete deve farci capire da che parte sta e cosa vuole che il governo faccia. Perché con il suo ultimo post su Facebook – Lettera aperta al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni (leggi qui) – manda in confusione anche il più lastricato di buone intenzioni.

Da un lato invoca il governo a risolvere il problema del Parco Verde e abbattere la criminalità insistente al suo interno e dall’altra parte prega la Premier affinché si moderino i blitz delle Forze dell’Ordine perché al sol pensiero che azioni di rastrellamento possano far emergere abusivismo e altri reati, egli trema dalla paura per la povera gente!

Ma chi sarebbe la povera gente per il Patriciello? Chi ha comprato casa pur sapendo di acquistare l’immobile in maniera abusiva dalle mani di un camorrista? Forse chi, seppur con enormi sacrifici, sapeva di commettere reato? Anche se il prete della “legalità” ha tenuto a precisare che queste persone avevano la percezione di fare una transazione legale.

Morale della favola? Patriciello invoca alla Meloni una mega sanatoria per legittimare l’illegalità, riconoscere l’abusivismo di necessità per evitare che le istituzioni possano destarsi una volta e per tutte e fare l’unica cosa legale possibile per estinguere la criminalità da questo territorio, ossia: censire i reali assegnatari, sgomberare gli abusivi, abbattere i casermoni di cemento e amianto – tra l’altro dannosi per la salute di chi li occupa mentre il prete vorrebbe che questi continuassero a viverci – ed effettuare un nuovo Piano Urbano di edilizia popolare distribuendo i nuclei familiari sull’intero tessuto urbano metropolitano, evitando nuove ghettizzazioni e addensamenti criminali.

La cosa che lascia basiti chi realmente conosce le vicende caivanesi – nessuno meglio di chi è nato e cresciuto all’ombra del castello medievale – è che forse il prete dimentica, omette o non è a conoscenza che dal 1997 ad oggi la Regione Campania ha emesso almeno dieci provvedimenti, durante gli anni, che dessero la possibilità a chi ne facesse richiesta di sanare la propria posizione.

Quindi, se ad oggi all’interno di quelli addensamenti di povertà esiste ancora chi non ha regolato la sua proprietà immobiliare, due sono le cose: o non ha voluto farlo, o ha preso possesso della casa in maniera abusiva negli ultimi anni e in entrambi i casi, non si può parlare di povera gente dato che nel primo caso parliamo di persone che nonostante le sanatorie non hanno voluto perché non hanno intenzione di pagare tasse ad uno Stato che secondo il loro alternativo codice etico e morale sono convinte di vivere in uno Stato di ingiustizia, mentre nel secondo caso ci troviamo di fronte a nuovi residenti, arrivati dopo le sanatorie, a causa di un vero e proprio esodo partito da Secondigliano dopo la riqualificazione di alcune vele ottenuta grazie alla delibera comunale che ha permesso il lancio del nuovo step di Restart Scampia.

Questa è la realtà caivanese e non quella paventata dal prete del Parco Verde che continua ad illustrare una realtà distorta dei fatti, come quando ha fatto credere a tutti che lo stupro fosse avvenuto all’interno del Centro Sportivo “Delphinia”. Oggi, io starei molto attento a professare la misericordia, promuovendola anche al Governo – per fortuna viviamo in un Stato laico e le leggi degli esseri umani non sono uguali a quelle tramandateci via fax da un Signore con la barba bianca seduto su una nuvola nell’alto dei cieli – perché facilmente si può lasciare intendere tutt’altro tipo di messaggio e qui mi rifaccio proprio alle parole dello stesso prete: “Agendo in un certo modo, parlando in un certo modo, scrivendo in un certo modo, noi possiamo renderci complici di qualcosa di doloroso”.

Quindi la riflessione che sorge spontanea è: come mai il prete prima invoca la presenza dello Stato al Parco Verde e poi scrive una lettera aperta alla Meloni chiedendo la mano leggera per gli occupanti abusivi? Cosa intendeva il parroco per intervento dello Stato? Forse credeva che al Parco sarebbero arrivate cheerleader con i pon pon al posto delle Forze dell’Ordine? Il prete, prima di scrivere, ha fatto lui un censimento all’interno del Parco, dato che ha stabilito che gli occupanti abusivi sono quasi la metà? Lo stesso censimento di cui tutte le Amministrazioni comunali che si sono succedute hanno sempre avuto paura di effettuare. Unica Amministrazione che aveva avviato l’iter fu quella di Simone Monopoli, poi tutti sappiamo come è andata a finire la storia.

Allora se è tutto chiaro al Ministro di Dio, può rendere edotti tutti sul numero di occupanti abusivi (brava gente) e occupanti abusivi (malavitosi)? Patriciello metterebbe davvero la mano sul fuoco per dimostrare l’integerrimità degli occupanti abusivi del Parco? Cosa diversa invece per chi ha chiesto la sanatoria e non l’ha ottenuta per le lungaggini della burocrazia che a mio modesto avviso deve godere degli stessi diritti degli assegnatari.

Nella solita assenza di risposte ai miei quesiti, voglio andare anche oltre. Ammettiamo che quelli che hanno comprato casa dalle mani dei camorristi l’abbiano fatto realmente in una percezione di legalità – ammesso sempre che si possa giustificare tale atteggiamento – siamo sicuri che se la Meloni stesse ad ascoltare il prete “misericordioso” non si aprirebbe un precedente che riguarderebbe, a livello giuridico, anche gli abusi edilizi di tutto il territorio nazionale, depauperando così denaro dei contribuenti impiegati in anni e anni di duro lavoro delle Procure della Repubblica che continuano a perseguire chi ha commesso tale reato?

Forse il parroco, dopo l’unico traguardo tagliato sulla Terra dei Fuochi, facendo arrivare 200 milioni di fondi CIS – non si sa ancora come siano stati spesi – vuole farsi portavoce della battaglia sugli abusi edilizi cosiddetti “di necessità” partendo proprio dal Parco Verde? O semplicemente si vuole usare la propria posizione per favorire le persone perbene del Parco Verde? Ai posteri l’ardua sentenza.

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