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Lago Patria: iniziano i lavori per la riqualificazione del Parco Archeologico del Liternum

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NAPOLI Publio Cornelio Scipione detto “L’Africano” la scelse come luogo di esilio. Oggi è una delle tante zone degradate presenti sulla superficie campana. Parliamo di una località di 3.562 abitanti sita in provincia di Giugliano in Campania (NA), Lago Patria.

Abitata dagli Osci nel V – IV secolo a.C., conobbe un notevole sviluppo sotto i Romani che qui fondarono la città di Liternum nel 194 a.C. con il trasferimento di 300 famiglie di coloni.

Il più illustre dei cittadini della piccola colonia fu proprio Scipione l’Africano che, in contrasto con il Senato di Roma e soprattutto con Catone, scelse di ritirarvisi a vita.

La ratio della decisione fu data dall’accusa di corruzione e appropriazione rivolta alla Gens degli Scipioni da parte dell’ala più intransigente del Senato Romano, che mal vedeva la mite pace conclusa dopo la vittoria di Zama.

Nel II secolo a.C. Liternum raggiunse un certo grado di prosperità che la inserì nel circuito commerciale della ridente zona flegrea.  Cicerone indicava l’agro liternino come una delle zone agricole più fertili. Liternum, come tutti i Municipia romani, possedeva un Foro con Capitolium (di cui rimane solo il podio e una colonna in situ), una basilica e il teatro, parzialmente scavato in anni recenti.

Era presente anche un anfiteatro dove avvenivano giochi gladiatori. Nel 455 d.C. i Vandali di Genserico saccheggiarono la città. Dopo il IV secolo, a seguito di alluvioni e alcune invasioni barbariche la popolazione superstite migrò verso l’attuale centro storico di Giugliano.

Solo negli anni trenta del XX secolo, in epoca fascista, la zona è stata bonificata. Tra gli anni novanta e i primi anni del Duemila, però, l’estensione della moderna Lago Patria ha portato a una serie incontrollata di abusi edilizi, le cui costruzioni occupano la maggior parte, se non la totalità, dell’antico tessuto urbano.

La Soprintendenza Archeologica di Napoli ha tentato di arginare il fenomeno e di restituire alla pubblica fruizione i beni storici del passato, ma con scarsi risultati.

A seguiti dei numerosi danni causati dalla cementificazione e dal generale abuso edilizio che della zona si è fatto, Lago Patria torna a sorridere con una notizia che di certo rasserenerà i cittadini e i visitatori.

Nel Parco Archeologico di Liternum è oggi possibile visitare la sua tomba, che purtroppo da anni versa in uno stato di incuria e di degrado. Ad annunciarlo è stato proprio il sindaco di Giugliano, Nicola Pirozzi, il quale ha informato i cittadini dell’inizio dei lavori di riqualificazione.

Una buona notizia frutto dell’impegno per il territorio. La Città metropolitana di Napoli ha firmato il contratto con la ditta appaltatrice dei lavori per la riqualificazione del sito archeologico di “Liternum”. Pochi giorni ancora e sarà allestito il cantiere.

Un’area che sarà finalmente restituita alla città valorizzando il patrimonio archeologico e le potenzialità del nostro territorio.

Negli anni in cui siamo stati consiglieri delegati presso la “Città metropolitana” di Napoli, io e il collega Rosario Ragosta, abbiamo lavorato tantissimo su questo progetto ed ora iniziamo a raccogliere i frutti del nostro impegno per Giugliano”.

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Ambiente

Puzza di zolfo a pochi metri dal vulcano Vesuvio sorge preocupazione

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Da ieri i cittadini che risiedono nelle vicinanze del Vesuvio lamentano una preoccupante puzza di zolfo. Sono tantissimi a lamentarsi sui social in particolare a Torre del Greco.

La sentiamo da ieri ma non capiamo a cosa è dovuta. A volte proviene dal Vesuvio, non è inusuale, ma stavolta è pi intensa e duratura“, spiega Giuseppe. “Non se ne può più. Corriamo pericoli? Qualcuno può darci una spiegazione”, afferma Angela.“Siete sicuri che non si è incendiato qualcosa? Mi sembra più puzza di bruciato”, scrive invece Antonio.

La caratteristica puzza di “uova marce” è data solitamente dalla composizione di zolfo e idrogeno che contraddistingue solitamente però la caldera dei Campi Flegrei e non la zona vesuviana, anche se non di rado le cosiddette “zaffate” di zolfo sospinte dal mare giungono nei centri cittadini.

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Ambiente

Campi Flegrei, cosa ha scoperto uno studio sugli eventi sismici

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Secondo un nuovo studio condotto da ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell’University College of London (UCL), la presenza di due livelli poco permeabili nella crosta dei Campi Flegrei regolerebbe i movimenti verticali e la sismicità osservati negli ultimi 40 anni. La ricerca “Evolution in unrest processes at Campi Flegrei caldera as inferred from local seismicity”, pubblicata sulla rivista scientifica “Earth and Planetary Science Letters”, ha analizzato la distribuzione degli eventi sismici e dell’energia da essi rilasciata: i risultati suggeriscono che quest’ultima si concentra principalmente in prossimità di due livelli (superfici di separazione tra rocce con proprietà fisiche e chimiche diverse) situati rispettivamente a circa 3 ed a 1-1,5 chilometri di profondità. 

“Questi livelli svolgono un ruolo chiave nel controllo dei movimenti verticali e della sismicità nei Campi Flegrei e sono presenti in diversi sistemi vulcanici caratterizzati da alte temperature e da circolazione dei fluidi. Quello più superficiale previene almeno in parte la dispersione dei fluidi idrotermali verso la superficie, fluidi che hanno un ruolo significativo nell’innesco della sismicità”, spiega Stefano Carlino, ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV e coautore dello studio. Al di sotto del livello più profondo, le rocce passano da un comportamento fragile, cioè sono soggette a rottura determinando i terremoti, a uno duttile, in cui si deformano plasticamente senza rompersi.

“Qui avviene il processo di accumulo di fluidi e/o di magma che determinerebbe l’aumento di pressione e il sollevamento della caldera. L’innalzamento potrebbe continuare fino a quando lo stiramento della crosta consentirà il maggiore deflusso di gas in superficie, con conseguente depressurizzazione della sorgente del sollevamento, come pensiamo sia avvenuto durante la fase terminale della crisi bradisismica del 1982-1984, iniziata con lo sciame del 1° aprile 1984”, afferma Nicola Alessandro Pino, ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV e coautore dello studio. A differenza del periodo 1982-1984, durante l’attuale fase di sollevamento in corso dal 2005, la sismicità è concentrata maggiormente nel settore orientale di Pozzuoli, al di sotto dell’area Solfatara-Bagnoli.
“Questo suggerisce che, negli ultimi anni, la risalita di fluidi di origine magmatica, con conseguente indebolimento delle rocce, sia avvenuta quasi esclusivamente in questo settore della caldera, dove il nostro studio ha evidenziato un innalzamento della profondità della transizione delle caratteristiche delle rocce da fragili a duttili”, aggiunge Stefania Danesi, ricercatrice della Sezione di Bologna dell’INGV e primo autore dello studio.

Come afferma Christopher Kilburn, professore dell’University College of London (UCL) e co-autore dello studio, “gli innalzamenti del suolo nei Campi Flegrei nelle ultime decadi favoriscono lo stiramento e l’eventuale rottura parziale della crosta. Questo processo facilita il passaggio dei fluidi accumulati nel sottosuolo e quindi una perdita di pressione in profondità”. “Il monitoraggio dell’attività dei Campi Flegrei nel prossimo futuro potrà indicare se gli sciami sismici degli ultimi mesi rappresentino o meno l’inizio di questa fase”, conclude Stefania Danesi.

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Campi Flegrei, il vulcanologo: “Il problema non è l’eruzione, innalzare il livello di allerta sull’eruzione sarebbe una cosa sbagliata”

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“In questo momento il problema non è l’euzione dei Campi Flegrei perché non ci sono i segnali per nessun movimento vulcanico. Oggi abbiamo l’esigenza di difenderci dal terremoto provocato. L’area interessata è principalmente il comune di Pozzuoli, Bacoli e Bagnoli. Il vero problema è la vulnerabilità degli edifici di questa zona. Innalzare il livello di allerta sull’eruzione sarebbe una cosa sbagliata”. Questo il pensiero di Giuseppe Luongo, professore emerito di Fisica del Vulcanismo all’università “Federico II”, che ha parlato a Radio Kiss Kiss Napoli dell’ipotesi di innalzamento dell’allerta per il rischio vulcanico dei Campi Flegrei da “gialla” ad “arancione”. 

Nella zona dei Campi Flegrei “non c’è allarme, la commissione Grandi rischi conferma l’allerta gialla”. E’ quanto annunciato dal ministro per la Protezione Civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci, al termine dell’incontro a Palazzo Chigi con i comuni dell’area e i vertici di Ingv. “In questo momento l’allerta gialla è ampiamente confermata”, ha aggiunto. Il ministro ha spiegato che la zona rossa legata al rischio bradisismo è stata comunque definita e “coinvolge circa 85 mila persone e 15 mila edifici”. Il piano di comunicazione, ha concluso, “sarà pronto il 27 novembre”.

“La Commissione Grandi Rischi ha confermato il livello di allerta giallo rispetto al rischio vulcanico ed ha opportunamente ritenuto di potenziare i sistemi di monitoraggio al fine di garantire la sicurezza della popolazione. Sappiamo di dover convivere con il fenomeno vulcanico e con quello bradisismico, anche nelle fasi difficili come quella attuale. L’attenzione del governo e delle strutture operative centrali ci rasserena e sappiamo di dover essere consapevoli e continuare ad occuparci del nostro territorio come stiamo facendo incessantemente”. E’ quanto affermano in una dichiarazione congiunta i sindaci di Pozzuoli, Luigi Manzoni, di Napoli, Gaetano Manfredi e di Bacoli Josi Gerardo della Ragione chiedendo di fare “attenzione a non creare allarmismi”.

“Prendiamo spunto dalle osservazioni della Commissione per richiedere con forza l’attivazione delle iniziative previste dal governo nel decreto legge, e integrate dagli emendamenti richiesti dai Comuni flegrei – continuano – Ricordiamo a tutti di fare molta attenzione ai termini usati per la comunicazione, tenendo conto degli effetti sulla popolazione e sull’economia dei Campi Flegrei. Se ognuno si comporta in maniera consapevole, anche tutelando le singole responsabilità, riusciremo a superare le difficoltà e approderemo ad una nuova forma di gestione del territorio maggiormente resiliente”, concludono i primi cittadini.

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