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Anziane morte in Rsa per covid, aperta inchiesta a Torre Annunziata

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In piena seconda ondata Covid avrebbero ospitato nella loro rsa priva di autorizzazioni dodici anziane, alcune delle quali non deambulanti, senza predisporre accorgimenti contro il diffondersi del contagio. Cinque di queste pazienti sarebbero poi morte proprio a causa del Coronavirus. Per questo motivo due donne di 90 e 62 anni sono state raggiunte a Torre Annunziata da un’ordinanza di divieto temporaneo di esercitare le attività di assistenza alle persone fragili emessa dal gip del tribunale di Torre Annunziata.

Le due donne sono accusate di abbandono di persone minorate o incapaci, omicidio colposo plurimo e violazione delle leggi sanitarie in materia di esercizio di una struttura sanitaria del tipo Rsa. La Procura aveva invece chiesto gli arresti domiciliari per entrambe le indagate. Le attività di indagine partirono dopo i decessi accaduti tra il 25 ottobre e l’11 novembre 2020 nella casa famiglia Maria Immacolata San Vincenzo dei Paoli di Torre Annunziata.

In particolare, il 10 novembre dello scorso anno fu richiesto l’intervento dei carabinieri dai familiari di una delle vittime, e dalle indagini emerse che la struttura, gestita da una novantenne in qualità di presidentessa di un’associazione no-profit, e di fatto diretta da una sessantaduenne, era priva di titoli autorizzativi per funzionare come Rsa e non aveva adottato alcuna misura preventiva per proteggere gli ospiti dal rischio di contagiò.

Nel periodo di massima diffusione del virus, nella casa per anziani non sarebbero stati utilizzati i dispositivi di protezione individuale, né adottati i protocolli volti a garantire la sanificazione degli ambienti e l’inibizione degli accessi a persone estranee, tanto che sarebbero continuate perfino le messe in una piccola cappella, risultata aperta a chiunque.

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Caso Acerbi-Juan Jesus, il difensore dell’Inter rompe il silenzio: “Non sono un razzista, accanimento atroce nei miei confronti”

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Nel corso di una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera, il difensore dell’Inter Francesco Acerbi è tornato a parlare del caso Juan Jesus e dei fatti di Inter-Napoli, a seguito dell’assoluzione del Giudice Sportivo. Ecco le sue dichiarazioni:

“Adesso che c’è una sentenza vorrei dire la mia, senza avere assolutamente nulla contro Juan Jesus, anzi è il contrario, perché sono molto dispiaciuto anche per lui. Ma non si può dare del razzista a una persona per una parola malintesa nella concitazione del gioco. E non si può continuare a farlo anche dopo che sono stato assolto”.

Poi, ha aggiunto: “La sentenza è stata una liberazione, ma sono comunque triste per tutta la situazione che si è creata, per com’era finita in campo, per come ci hanno marciato sopra tutti senza sapere niente. Anche dopo l’assoluzione ho percepito un grandissimo accanimento, come se avessi ammazzato qualcuno. Questa non è lotta contro il razzismo, non c’è stato nessun razzismo in campo e io non sono una persona razzista: il mio idolo era George Weah e, quando mi fu trovato il tumore ricevetti una telefonata a sorpresa da lui che ancora oggi mi emoziona. Si sta solo umiliando una persona, massacrando e minacciando la sua famiglia, ma per che cosa? Per una cosa che era finita in campo e nella quale il razzismo non c’entra nulla. Il razzismo purtroppo è una cosa seria, non un presunto insulto”.

Infine, conclude parlando della possibile convocazione per gli Europei:

“Io non mi aspetto niente. Ma per adesso preferisco non dire nulla sulla Nazionale, è giusto che prima ne discuta con Spalletti. Sono stanco, dopo oggi metto un punto alla vicenda. E non voglio parlarne mai più”.

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Attualità

Ordina le figurine online ma gli consegnano un carico di eroina: i dettagli

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Nel corso della mattinata odierna, un 43enne incensurato di Pompei si è recato presso la locale stazione dei carabinieri per consegnare una scatola imballata.

A quel punto l’uomo ha iniziato a raccontare agli agenti che qualche giorno prima, aveva acquistato alcuni pacchi di figurine di calciatori su un portale online, ma che al loro interno vi ha trovato un carico di eroina.

Pertanto i militari hanno preso in consegna il pacco e analizzato la sostanza all’interno con un narcotest: si tratta di eroina pura, 180 grammi di stupefacente, un carico del valore di diverse migliaia di euro. La droga è stata sequestrata, ma proseguono le indagini per risalire all’identità del cliente e alle origini della spedizione.

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Attualità

Uno squalo gli amputò la gamba, ma lui torna a surfare: “La vita è troppo bella per fare la guerra, perciò torno a fare wake”

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Era il 9 dicembre scorso quando il 20enne Matteo Mariotti veniva attaccato da uno squalo nelle acque dell’Oceano Pacifico, lungo la Gold Coast orientale dell’Australia.

In quell’occasione perse una gamba sotto al ginocchio, ma non si è mai arreso. Infatti a seguito dell’infortunio era stato ricoverato e curato all’ospedale Rizzoli di Bologna, ed ora dopo circa tre mesi è tornato su una tavola da wakesurf con la protesi.

Ecco quanto testimoniato da un video diffuso sui social:

“È impossibile descrivere a parole le emozioni provate in quegli istanti, posso solo consigliarvi una cosa: ‘credete in voi!’ Obiettivi che sembravano lontani anni luce, sono arrivati in un battito di ciglia e che dire… grazie!”

Poi, continua: “Grazie a chi ci ha creduto dal primo istante, grazie a chi c’è sempre stato e c’è tuttora, grazie a chi mi sta aiutando in quest’impresa e grazie anche a chi mi ha messo i bastoni fra le ruote… mi avete fatto capire che nulla e dico nulla mi butterà mai più giù! La vita è troppo bella per fare la guerra, è per questo che vado a fare wake”.

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