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Editoriale

Politiche 2022. Tra collegi plurinominali e uninominali del Centrodestra a Napoli. Parte il totonomi

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NAPOLI – Si susseguono ininterrottamente gli incontri tra i vari partiti ancora alle prese con le alleanze e la formazione delle coalizioni da presentare il prossimo 24 Agosto, termine ultimo per presentare le candidature che dovranno concorrere alle elezioni politiche del 25 settembre prossimo. Questo weekend di pausa e poi da lunedì i componenti delle segreterie nazionali dei vari gruppi politici torneranno ad affollare locali, bar e ristoranti di Roma.

Chi all’opinione pubblica appare con le idee un po’ più chiare sono i partiti di centrodestra che nella riunione tenutasi giovedì scorso a Roma hanno già posto le prime condizioni per un’ipotetica coalizione di centrodestra con tanto di suddivisioni di circoscrizioni e collegi.

La spartizione dei 221 collegi uninominali definita nel vertice di centrodestra prevede, a quanto si apprende, 98 seggi a FdI70 alla Lega42 a Forza Italia, compreso l’Udc, e 11 a Noi con l’Italia più Coraggio Italia.

Facendo le prime pulci ai partiti del centrodestra sui nostri territori, si può già affermare, senza tema di smentita, che la lotta sarà ardua ancor prima di fare i nomi, visto che da questi numeri si dovrà decidere a quale partito va assegnato ogni singolo collegio uninominale.

La prima battaglia si dovrà consumare su quello di Napoli dove chi gode di maggior consenso attualmente secondo i sondaggi ha solo l’imbarazzo della scelta su chi candidare, infatti Fratelli d’Italia spinge affinché il collegio Campania 1 venga assegnato proprio alla fiamma tricolore per poi decidere, all’interno del partito stesso, quale nome calare sul tavolo delle candidature.

I partiti di centrodestra hanno fissato una data ultima per presentare le candidature e condividerle con i soci di coalizione e sarebbe quella dell’8 Agosto mentre martedì prossimo 2 Agosto ci sarà un’ulteriore riunione a Roma per decidere a chi assegnare i vari collegi. Intanto però è già partito il totonomi.

Su Napoli la partita è aperta all’interno di ogni partito e laddove la dovesse spuntare il partito della Meloni si dovrà decidere su chi puntare per il plurinominale, qui la lotta resta aperta tra Sergio Rastrelli, nome che ad ogni tornata elettorale esce fuori – vedi elezioni amministrative di Napoli, all’inizio era dato come candidato a Sindaco per FdI – e il Consigliere regionale sospeso per effetto della Legge Severino Marco Nonno che già ha incassato il parere favorevole, in merito alla sua situazione giudiziaria, dal guru del Diritto Amministrativo Orazio Abbamonte e immediatamente girato al partito per far valere i suoi diritti di libero cittadino candidabile e compatibile.

Ad insidiare il Collegio di Napoli al partito della Meloni è anche Forza Italia che su Napoli conta tutto su Fulvio Martusciello e Michela Rostan anche se c’è da capire cosa ne vuole fare il partito azzurro di Domenico De Siano. Per quanto riguarda l’uninominale, i berlusconiani non hanno dubbi: è Franco Silvestro il nome più quotato. Il segretario metropolitano dovrebbe conquistarsi una candidatura sia alla Camera dei Deputati che al Senato. E la Lega? La Lega non dovrebbe disdegnare, almeno per questo collegio, di stare a guardare, visto che nella capitale meridionale il carroccio non ha mai attecchito ma laddove si dovesse decidere di regalare il collegio al centrosinistra il nome più quotato per i padani è quello di Valentino Grant europarlamentare e Segretario regionale della Lega.

Una lotta interessante è anche quella che si farà nel collegio metropolitano uninominale a nord di Napoli, ossia quello di Casoria, il Campania 1 – 04 per intenderci. Da indiscrezioni raccolte in esclusiva da Minformo pare che l’uninominale di questo collegio, con molte probabilità verrà assegnato proprio a Fratelli d’Italia e qui la Meloni dovrà sbrogliare una vera e propria matassa visto che i pretendenti abbondano. Questo collegio è sempre stato terreno fertile per Luca Scancariello, fedelissimo e plenipotenziario dell’ex Ministra della Gioventù, ma negli ultimi anni la sua candidatura non viene data così tanto per scontato visto che ad insidiarlo c’è il Presidente del Consiglio di Afragola Biagio Castaldo che allo stato attuale è capogruppo di un folto gruppo di cinque consiglieri ed è molto ben voluto dal quartier generale regionale del partito. Ultimo ma non per ultimo, alla conquista di questa casella, da indiscrezioni, pare ci sia anche Michele Schiano se, una volta derogata la regola interna della non candidatura dei Consiglieri regionali, non dovesse conquistare una candidatura nel plurinominale.

Ovviamente, nulla di certo e certamente – scusate il gioco di parole – Forza Italia non sta a guardare, visto che nella sua ottica di rigenerazione della classe dirigente, anche il partito azzurro, per quanto riguarda questo collegio avrebbe l’imbarazzo della scelta. Il nome che circola insistentemente è quello dell’ex Sindaco di Mugnano di Napoli Gennaro Ruggiero che dovrà vedersela con Michela Rostan che intanto chiede al partito un paracadute sicuro laddove dovesse mancare il bersaglio del plurinominale. Da indiscrezioni raccolte in esclusiva da Minformo pare che in alcune stanze si sia fatto anche il nome del primo eletto alle ultime Amministrative di Sant’Antimo Edoardo D’Antonio che durante l’ultima “crociata” elettorale ha conquistato 1618 preferenze, godendo anche dei consensi dell’elettorato cesariano, visto che l’ex senatore non ha presentato la lista nell’ultima tornata elettorata, ma lo stesso ha smentito sia l’indiscrezione che l’interesse personale davanti ai nostri taccuini, ribadendo il suo legame al proprio territorio e la voglia di risolvere i problemi prossimi dei suoi concittadini.

Ma a nord di Napoli si sa, il centrodestra non ha mai conquistato seggi più di tanto. Il popolo a queste latitudini preferisce i discendenti della vecchia falce e martello e se il centrodestra non approfitta del vuoto uninominale che il PD presenta attualmente su questa zona, piazzando una propria candidatura quanto meno moderata, liberale e meno estremista possibile, rischia seriamente di regalare il collegio al centrosinistra anche con un nome vuoto di contenuti e popolarità.

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Caivano

CAIVANO. Peppiniè le gaffe passano a due!

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C’è chi fa il candidato sindaco per cambiare il mondo, e chi lo fa senza nemmeno cambiare la modalità “dilettante allo sbaraglio” delle sagre di paese. A Caivano, per dire, abbiamo il novello Totò della politica locale: urla ai quattro venti il suo programma di rinascita, ma dimentica i fondamentali della burocrazia — quella stessa che dovrebbe amministrare.

Prima gaffe: non presenta l’istanza di aspettativa non retribuita prima della candidatura. Robetta, dirà qualcuno. Peccato che quella robetta rischi di renderlo ineleggibile. È come voler aprire un negozio senza chiedere la licenza: un dettaglio, sì, ma solo fino a quando arriva la Guardia di Finanza.

Ma siccome la sfortuna ama la compagnia, arriva la seconda perla. Totò, se fosse vivo, risponderebbe dal balcone del Municipio: “Peppiniè, le pizze passano a due!” E infatti le gaffe raddoppiano.

Il nostro campione della trasparenza, eventualmente, si è dimenticato di chiedere ai suoi candidati i carichi pendenti. Un dettaglio da nulla — finché non arriva la Commissione Antimafia a pubblicare l’elenco dei “quattro impresentabili”. E indovinate un po’? Uno è proprio della sua coalizione. Una lista, coalizione, che a questo punto sembra più un menù degustazione del caos se ci mettiamo anche parenti e affini di boss e imprenditori che pagavano il pizzo alla camorra.

Dunque, prima ancora di cominciare, il candidato risulta già “colpevole” — non di corruzione, ma di confusione; non di malaffare, ma di malafare. Due leggerezze, due scivoloni, due autogol da cineteca. Un record assoluto per chi ancora non ha varcato la soglia del Comune.

A Caivano, in un territorio martoriato e in cerca di riscatto, presentarsi con un nome segnalato dall’Antimafia è un atto di autolesionismo politico e di schiaffo alla legalità promessa. Dimostra una superficialità e un’assenza di filtri che fanno tremare.

E allora, cari elettori, il dubbio sorge spontaneo: se non sa gestire una candidatura, come gestirà un bilancio comunale?
La burocrazia non è pizza, ma in mano a certi apprendisti può bruciare allo stesso modo.

Perché in fondo la morale è tutta lì: la politica è un forno caldo, e chi non sa leggere le istruzioni finisce inevitabilmente con la figuraccia servita… ben cotta. Peppiniè, stavolta le pizze passano a due. Ma la figura — quella — è già extralarge.

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Caivano

CAIVANO. Antonio Angelino e la sua Posizione Organizzativa Euro 6 (impatto zero): il gatto di Schrödinger della burocrazia

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CAIVANO – Il candidato a Sindaco Antonio Angelino non sa più come fare per calmierare gli animi degli alleati e risultare credibile agli occhi dell’elettorato, e non volendo ulteriormente alimentare il dibattito pubblico sul territorio nei confronti del sottoscritto tenta di delegittimare il mio ruolo facendo scrivere interpretazioni creative al suo blogger di fiducia.

Ah, ma che bella favola ci racconta il nostro prode blogger! Un tripudio di ardore difensivo, una sinfonia di “non-notizie” per smentire un fatto che, purtroppo per loro, è scritto nel marmo della legge. Siamo a Caivano, la città dove, a quanto pare, la Legge è un optional che si adatta a seconda delle convenienze elettorali.

Il giornalista ci dipinge un quadro in cui il candidato Antonio Angelino è una sorta di funzionario fantasma in Città Metropolitana: ha un ruolo “prestigioso”, ma in realtà non dirige, non coordina, non gestisce, non sparge veleno. Insomma, un Funzionario con Elevata Qualificazione (EQ) senza Qualificazione Effettiva, una Posizione Organizzativa (PO) ad impatto zero, come un ventilatore senza pale in un’estate africana. Serve solo a scaldare la sedia e, presumibilmente, a percepire la bella indennità di posizione, ma si muove nell’ombra come un ninja burocratico per non turbare gli equilibri dell’eleggibilità.

La Magia della “Non-Posizione”

“Angelino non dirige nessun settore, né lo coordina.”

Certo, come no. E il sole gira intorno alla Terra. Caro blogger, la sua difesa è talmente acrobaticamente contorta da far invidia a un contorsionista del Cirque du Soleil! Ci spiega che la sua EQ è così interna, così puro spirito amministrativo, da non avere contatti con i Comuni, e men che meno assegnare fondi. Una sorta di eremita dei faldoni, un asceta dell’inventario scolastico.

Ma qui casca l’asino (e con lui la penna, temo): la legge, lo sa, è come la matematica: non ammette opinioni personali.

EQ è PO, e PO è PO: La sua “Elevata Qualificazione” (EQ) non è un titolo onorifico dato al bar sport, ma è la nuova, scintillante etichetta della vecchia, ma sempre temuta, Posizione Organizzativa (PO), introdotta dal CCNL. E la PO, per il sacrosanto Art. 60 del TUEL, è una causa di ineleggibilità, punto e basta. Non importa se Angelino si occupa di catalogare le graffette o le cartine geografiche; la legge parla di posizione organizzativa che implica poteri gestionali e responsabilità (anche in enti sovraordinati), e non fa sconti a chi la interpreta come una “non-posizione” per avere lo scatto in busta paga ma l’immunità elettorale. È come dire che un coccodrillo è un rettile solo quando morde, ma quando dorme è un adorabile peluche.

L’Aspettativa, la Sconosciuta: Il nocciolo della questione non è cosa fa Angelino nel dettaglio, ma cosa NON ha fatto: presentare l’istanza di collocamento in aspettativa non retribuita entro la scadenza per la presentazione delle candidature. Un banale adempimento burocratico per togliersi il “vestito” istituzionale ed indossare solo quello del candidato. Ma forse, in un’amministrazione così “all’avanguardia”, l’aspettativa è considerata una superstizione medievale!

La Furbizia non è esimente

Ora, caro blogger dalla penna spuntita fino all’assegnazione di un ruolo più prestigioso, analizziamo il suo castello di carte:

L’EQ è un PO mascherato: La sua enfasi sul fatto che Angelino sia un “Funzionario con Elevata Qualificazione” (EQ) senza poteri direttivi, gestionali e di coordinamento è un esercizio di ipocrisia semantica. Non c’è bisogno di un avvocato per capire che la EQ negli enti locali (incluse le Città Metropolitane) è la nuova etichetta della vecchia Posizione Organizzativa (PO). E la PO, per sua stessa natura, è istituita per conferire funzioni di organizzazione e coordinamento del personale e delle risorse. È l’amministrazione che decide di conferire queste funzioni e l’indennità economica collegata. Non si può avere la botte piena (l’indennità di PO) e la moglie ubriaca (l’eleggibilità) sostenendo che la propria PO sia una specie di “posizione di comodo”, solo economica e non organizzativa. Sarebbe un vulnus alla trasparenza e una beffa ai contribuenti!

Il Contatto coi Comuni è una nebbia: Lei insiste che Angelino non ha rapporti con i Comuni e non assegna fondi strutturali. Magari no, ma il TUEL non chiede un “contatto diretto e passionale” con il Comune in cui si è candidati. Chiede la cessazione dalle funzioni di chi ha poteri di organizzazione o coordinamento in un ente (la Città Metropolitana) che esercita inevitabilmente poteri di vigilanza e indirizzo sui Comuni afferenti al suo territorio. È una presunzione di legge volta a evitare che il candidato possa usare la sua posizione istituzionale (anche se solo interna o organizzativa) per ottenere un vantaggio sleale in campagna elettorale.

L’Aspettativa, la Vera Clausola di Salvezza: La cosa che ridicolizza Angelino e la sua difesa è la mancanza del gesto più semplice e pulito: mettersi in aspettativa non retribuita (Art. 60, comma 3, del TUEL) prima della presentazione delle candidature. Un atto di responsabilità che avrebbe reso la sua candidatura cristallina. Non farlo è un errore clamoroso, un autogoal burocratico che dimostra non solo leggerezza, ma una presunzione di impunità dalle regole che valgono per tutti.

Il Giudice della Domenica

E veniamo alla chiusura, dove si getta la palla nel campo del “giurista della domenica”.

“Se poi i giuristi della domenica non capiscono… è un problema che possono affrontare con personale specializzato.”

Meraviglioso! Un’accusa che si ritorce come un boomerang. Lei e il candidato Angelino avete appena dimostrato di non essere né l’uno né l’altro. Angelino, con la presunzione di amministrare una città complessa come Caivano, non solo non ha avuto la lungimiranza elementare di rendersi eleggibile, ma addirittura confonde il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) con il Giudice Ordinario (Tribunale Civile), che è l’unico competente per l’accertamento dell’ineleggibilità prima delle elezioni!

Un futuro Sindaco che non conosce l’iter giurisdizionale di base per difendere la propria elezione è come un capitano che non sa distinguere la prua dalla poppa: destinato all’affondamento.

Fatevene una ragione. caro blogger: la coalizione del “cambiamento” è inciampata nel primo, banale gradino della legalità. Angelino non sarà dichiarato Sindaco da un entusiasta articolo di giornale, ma sarà, se eletto, l’oggetto di un ricorso che deciderà un Giudice Ordinario (non “della domenica”), il quale, a differenza vostra, non ha bisogno di metafore contorte o arzigogoli interpretativi per leggere un articolo del TUEL.

Se dovesse vincere democraticamente, come auspica, la sua poltrona di Sindaco sarà, per un bel po’, più traballante della torre di Pisa. E per Caivano, già tanto martoriata, si prospetta un altro giro di giostra, non del riscatto, ma del ricorso in Tribunale.

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Caivano

CAIVANO. Antonio Angelino al posto di smentire la sua ineleggibilità preferisce confondere le idee all’elettorato

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CAIVANO – Che Peccato! Antonio Angelino ha perso un’altra occasione per mettermi a tacere. Lo poteva fare tranquillamente esibendo il suo protocollo della richiesta di collocamento in aspettativa e invece? Se ne è uscito con un documento raffazzonato pieno zeppo di articoli del TUEL che nulla c’azzeccano con quanto illustrato dal sottoscritto nel precedente editoriale (leggi qui).

Nel tardo pomeriggio di ieri, come un impiegato distratto che si ricorda all’ultimo di timbrare il cartellino o come il candidato a Sindaco che si dimentica di richiedere il collocamento in aspettativa non retribuita prima della sua candidatura, Antonio Angelino, l’uomo che corre per la fascia tricolore con un punto interrogativo sulla legittimità grande quanto il Castello medievale, ha rotto gli indugi.

E no, non lo ha fatto con la smentita secca che chiunque si sarebbe aspettato se avesse avuto le carte in regola. Nessuna foto dell’istanza di aspettativa, nessuna ricevuta protocollata, nessuna data certa. Ma solo un pezzo di Diritto Amministrativo creativo, una vera e propria jam session legale in stile Azzeccagarbugli al servizio della campagna elettorale, probabilmente nel tentativo di disorientare l’elettore medio, qualche alleato incazzato e – perché no – pure qualche cronista meno preparato o prezzolato.


Il documento dell’Azzeccagarbugli

Il testo diffuso da Angelino sembra scritto da un Azzeccagarbugli di provincia: norme messe insieme a casaccio, con l’eleganza di un puzzle fatto con pezzi di scatole diverse. Ma soprattutto, un documento che non entra mai nel merito della questione: Angelino è o non è in aspettativa? Se sì, da quando? Se no, perché? Angelino in Città Metropolitana ricopre o no una posizione organizzativa? Se è no, da quando?

Silenzio. Solo fumo, nessun arrosto. Un’arrampicata sugli specchi degna delle migliori tradizioni politiche italiane. Il Dottor Angelino, funzionario di rango (con Posizione Organizzativa, ripetiamo, mica un usciere in prova) alla Città Metropolitana, non smentisce nel merito. Non esibisce la prova provata. No. Lui spara un mitra di articoli del TUEL presi a caso, mescolati come fossero carte da briscola, sperando di disorientare l’elettore medio e, soprattutto, di far fare, con scarsi risultati, la figura del pasticcione al sottoscritto.


L’Accusa del “Gossip Politico”

Il colpo di genio di Angelino? Tentare di delegittimare il mio lavoro da giornalista libero e indipendente associando le mie indagini alle “fake news” o, peggio, ai potenziali attacchi subdoli dei suoi competitor politici che, per la cronaca, stanno zitti e muti come pesci, lasciando che l’inchiesta la faccia chi ha voglia di studiare.

Vorrei tranquillizare coloro che in queste ore si sono stracciati le vesti sui social, blaterando di una mia presunta invidia verso la coalizione di Angelino, o che, con ancor più bassa retorica, mi hanno paragonato a una ‘strega obesa’ pronta a spezzare la scopa – alludendo malignamente alla mia inchiesta uscita proprio nei giorni in cui, per tradizione, le streghe ‘diffondono il male’ – rispondo con chiarezza:

Premesso che non faccio politica, con questi scenari me ne sarei riguardato bene dal farla. Affinché su questa vicenda sia fatta la dovuta chiarezza – e dato che né io né Antonio Angelino siamo dei giuristi, rendendo le nostre interpretazioni di fatto irrilevanti – l’unica via è che il leader di ‘Caivano Conta’ venga eletto Sindaco. Pertanto, paradossalmente faccio il tifo per lui.

Solo questo evento, infatti, potrà risvegliare quei cittadini caivanesi che tengono seriamente alla legalità e spingerli a un ricorso al TAR. Solo un giudice amministrativo, e non le chiacchiere da social, potrà stabilire quale interpretazione sia quella corretta: la mia o quella raffazzonata dell’Azzeccagarbugli a cui Angelino si è rivolto.

Le sentenze parlano chiaro

E allora, dato che del documento di Antonio Angelino si è capito poco o nulla e poiché la chiarezza non abita dalle parti del suo comitato elettorale, tocca ribadire ciò che la giurisprudenza ha già chiarito da anni. Non lo dice “il giornalista cattivo”, non lo dice “la concorrenza politica”. Lo dicono le sentenze. E le sentenze, come noto, non si votano: si leggono e si applicano.

Consiglio di Stato, Sez. V, 6 agosto 2018, n. 4523
Ha confermato che dirigenti e funzionari della provincia o città metropolitana sono ineleggibili nei comuni del territorio di appartenenza, poiché l’ente sovraordinato esercita poteri di vigilanza e coordinamento sui comuni.

(Principio Affermato – Dirigenti e FUNZIONARI della Città Metropolitana sono INELEGGIBILI nei Comuni del loro territorio. Perché? Perché l’ente sovraordinato vigila e coordina i Comuni. Se lei fa il Sindaco, chi la controlla? Lei stesso? Comico! ndr)

TAR Campania, Napoli, Sez. I, sent. n. 2743/2016
Ha stabilito che la causa di ineleggibilità riguarda anche funzionari con poteri amministrativi o di coordinamento rilevanti, non solo i dirigenti di vertice.

(Principio Affermato – La causa di ineleggibilità riguarda anche i FUNZIONARI con poteri rilevanti. Non si salva solo perché non è un Dirigente di vertice: il suo incarico di elevata qualificazione (la sua P.O.) la pone in posizione potenzialmente influente. ndr)

Cass. Civ., Sez. I, 25 giugno 2008, n. 17312
Ha ribadito che la ratio è evitare conflitti di interesse e condizionamenti tra ente sovraordinato e territorio comunale.

(Principio Affermato – La ratio è evitare conflitti di interesse e condizionamenti. Chi lavora per chi controlla il Comune non può contemporaneamente essere il capo del Comune controllato. Non è etica, è la legge. ndr)

Tradotto: chi lavora per la Città Metropolitana non può candidarsi nei comuni che ne fanno parte, a meno che non si metta in aspettativa prima della candidatura.


Il caso Angelino: un D2 troppo vicino ai Comuni

Applicando tutto questo al caso concreto, il quadro è cristallino. Il signor Angelino, funzionario D2 con incarico di elevata qualificazione nella Città Metropolitana di Napoli, mantiene rapporti diretti con i Comuni del territorio metropolitano, incluso quello dove ora vuole farsi eleggere. E questo, in base all’art. 60 del TUEL, configura pienamente una causa di ineleggibilità.


Fake news? No, domande scomode

Altro che fake news. Le fake news sono quelle che si scrivono per confondere gli elettori, non le domande legittime di chi fa il suo mestiere — quello di giornalista libero e indipendente — con documenti alla mano, sentenze alla luce del sole e nessuna tessera di partito in tasca.

Angelino, invece di tentare di delegittimare chi indaga, invece di ricorrere alla solita strategia del vittimismo e alla tattica del paternalismo con la retorica del lavoratore che porta il pane a casa per i suoi figli, farebbe meglio a fare la cosa più semplice del mondo: mostrare la domanda di aspettativa. Se c’è, bene. Se non c’è, peggio. Ma almeno la smetteremmo con il teatrino delle interpretazioni creative del diritto amministrativo.


Conclusione: meno fumo, più carte

A furia di confondere la legge con la propaganda, qualcuno rischia di trasformare una candidatura in un caso da manuale. E in quel caso, più che un sindaco, servirebbe un buon avvocato.


⚖️ Nota legale

L’articolo 60, comma 1, n. 11 del D.Lgs. 267/2000 (TUEL) prevede l’ineleggibilità per “i dirigenti, i funzionari e i dipendenti delle province e delle città metropolitane che esercitano le loro funzioni in materie o servizi relativi ai comuni compresi nel territorio della provincia o della città metropolitana”.

La norma mira a prevenire conflitti di interesse e rapporti di subordinazione politica tra enti, garantendo l’autonomia e l’imparzialità della pubblica amministrazione.
La giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato n. 4523/2018, TAR Campania n. 2743/2016, Cass. n. 17312/2008) ha più volte ribadito che tale ineleggibilità si estende anche ai funzionari non apicali che, per compiti e competenze, intrattengono rapporti diretti o indiretti con i Comuni del territorio metropolitano.

In assenza di un collocamento in aspettativa formalmente richiesto e documentato prima della candidatura, la posizione è giuridicamente incompatibile con l’eleggibilità.

Con questo spero di essere stato ancora più esaustivo e si rinnova l’invito al Candidato a Sindaco di mostrare il documento che attesti la sua richiesta di collocamento in aspettativa non retribuita prima della candidatura. In maniera contraria, sarò costretto a ricordarlo in ogni sede le interpretazioni a tale mancanza, l’ineleggibilità del soggetto in questione e sarà un piacere dimostrare a tutti l’incapacità amministrativa del politico col sigaro e bretelle, quando un giudice amministrativo lo manderà a casa.

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