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Salute

Medicina rigenerativa: il progresso scientifico

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NAPOLI – La medicina rigenerativa è una delle branche più promettenti della medicina. Partendo dalla scoperta delle cellule staminali e dei fattori capaci di stimolarne e indirizzarne la differenziazione e la crescita, si propone di riparare e/o sostituire organi e/o tessuti compromessi da malattie o traumi. Abbiamo intervistato sull’argomento lo specialista in ortopedia e chirurgia della mano Dott. Luciano Cremona.

D. Dottore può spiegarci cosa si intenda, in termini onnicomprensivi, l’espressione “medicina rigenerativa”?

R. Con il termine “medicina rigenerativa” si intende tutta quella scienza medica che studia la possibilità di ottenere una rigenerazione dei tessuti. Nel corpo umano esistono alcuni tipi di tessuti che, in seguito al danno, non si rigenerano. Riuscire ad ottenere questa inversione, oserei dire innaturale, è motivo di risoluzione per innumerevoli problematiche.

D. Ci può spiegare perché è tanto importante tale studio?

R. Un esempio, tra i tanti, è l’importanza della rigenerazione tessutale nella riparazione dei tessuti colpiti da degenerazione artrosica primaria o anche secondaria. Esistono varie scuole di pensiero che affrontano questo problema: basti pensare all’importanza sociale ed economica dell’artrosi primaria per comprenderne la portata. Si tratta di una malattia che in maniera subdola colpisce le articolazioni di tutti gli esseri umani a partire dai 30, 35 anni. E’ quasi endemica rispetto alla società: colpisce tutti. Immaginiamo dunque di trovare una soluzione, non chirurgica, bensì medica a tale patologia. I vantaggi sarebbero molti, a partire dal risparmio di assenze al lavoro, nonché il risparmio di terapie mediche riabilitative, talvolta prolungate per decenni, o terapie chirurgiche sostitutive di articolazioni.

D. Quali sono i mezzi tramite cui scongiurare l’avanzare della patologia medica?

R. Attualmente uno dei metodi più utilizzati è l’uso dell’acido ialuronico, molecola naturale che, iniettata nelle articolazioni, permette di rallentare la degenerazione artrosica ed in alcuni casi di sviluppare la formazione di tessuto cartilagineo. Altro metodo, ancora in fase di studio, ma già utilizzato in molti centri ospedalieri (dall’Ospedale Antonio Cardarelli all’Ospedale Vincenzo Monaldi) è l’utilizzo di cellule staminali.

D. In cosa consiste l’utilizzo di tali cellule?

R. L’utilizzo consiste nel prelievo di cellule staminali dallo stesso individuo: il donatore ed il ricevente sono lo stesso individuo. Ci sono dei punti ben precisi da cui si prelevano: un esempio è il grasso peri-ombelicale, poiché offre le cellule con maggiore capacità di rigenerazione. Esistono attrezzature particolari, necessariamente utilizzate in strutture asettiche, per il prelievo ed il trattamento. L’operazione può essere effettuata anche in un ambulatorio dotato di apparecchiature adibite a tale scopo.

D. In cosa consiste il procedimento?

La procedura consiste nell’aspirazione delle cellule staminali tramite un macchinario apposito e segue con la preparazione e l’iniezione nell’articolazione da trattare. Solitamente, una delle articolazioni maggiormente soggette a questo trattamento è quella del ginocchio .

D. Quali sono gli effetti positivi del trattamento?

R. E’ chiaro che si tratti di procedure in fase di valutazione: i risultati devono essere osservanti nel corso degli anni. Tuttavia, i dati raccolti sono incoraggianti.

D. A che punto sono gli studi sull’utilizzo delle cellule staminali?

R. Sono in fase avanzata. Ormai, quella delle cellule staminali è una metodica diffusissima. Basti pensare che nello scorso secolo vi erano pochissimi centri che adoperavano questo tipo di attività medica. Ad oggi quest’ultima, utilizzata in molti nosocomi, può essere ritenuta una procedura ambulatoriale.

D. Abbiamo parlato degli effetti positivi della azione prodotta dal trattamento. Esistono, invece, degli effetti collaterali?

R. Sono rari e, in gran parte, non legati alla procedura in sé stessa piuttosto all’atto medico in quanto tale: l’infezione.

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Cina, eseguito il primo trapianto di fegato di maiale modificato in un uomo

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In Cina, presso l’ospedale Xijing dell’Università di Medicina dell’Aeronautica Militare di Xi’an, è stato eseguito il primo trapianto di fegato proveniente da maiale geneticamente modificato.

In particolare, è stato trapiantato in un uomo di 50 anni clinicamente morto, ed è rimasto attaccato ai suoi vasi sanguigni per 10 giorni, anche se il fegato originale è stato lasciato al suo posto.

Pertanto il maiale ha prodotto più di 30 millilitri di bile ogni giorno, fattore che dimostra che funzionava regolarmente, e prima di essere rimosso chirurgicamente non ha mostrato segni di un rigetto d’organo immediato. Il fegato proveniva da un maiale provvisto di sei modifiche genetiche, tra cui tre di queste servono a disattivare geni che producono proteine suine e le altre tre introducono invece tre geni umani, con l’obiettivo di evitare il rigetto dell’organo da parte del ricevente.

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Aveva mal di testa martellanti che non passavano mai: ecco la scioccante scoperta

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Scoperta per certi versi scioccante quella che riguarda un 52enne della Florida, che dopo essersi recato dal medico per delle forti emicranie di cui soffriva da tempo, ha appreso la drammatica notizia.

Infatti, il mal di testa martellante di cui soffriva nascondeva la presenza di larve di tenia dentro il suo cervello. Inizialmente il medico credeva si trattasse di una rara condizione neurologica chiamata cisti neurogliali congenite, ma poi dopo un ulteriore consulto presso altri laboratori si è giunti alla reale causa, poiché queste larve si sarebbero insidiate nel cervello tramite un’infezione chiamata neurocisticercosi.

Si tratta di un’infezione parassitaria dei tessuti che si verifica quando una persona ingerisce uova di tenia dalle feci di una persona affetta da tenia intestinale. Infatti l’uomo ha poi ammesso di aver mangiato pancetta leggermente cotta e non croccante per gran parte della sua vita, il che spiegherebbe la formazione di queste larve nel suo cervello.

Inoltre, i ricercatori hanno concluso che probabilmente l’uomo ha contratto il parassita tramite auto-infezione. Pertanto potrebbe aver contratto una tenia intestinale chiamata taeniasi, mangiando pancetta poco cotta che conteneva cisti larvali e poi, dopo un improprio lavaggio delle mani, mangiato le uova di tenia che aveva espulso con le feci, provocando neurocisticercosi. Per fortuna l’uomo è stato trattato con steroidi e agenti antiparassitari, che hanno ridotto le cisti e portato ad un significativo miglioramento dei mal di testa.

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Essere sedentari da bambini aumenta il rischio di infarto da adulti: ecco i dati della ricerca

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Secondo uno studio dell’Università della Finlandia orientale, il rischio di infarto e ictus da adulti è strettamente correlato a quanto ci siamo mossi durante l’infanzia e l’adolescenza.

In particolare, lo studio ha dimostrato che la sedentarietà da bambini e ragazzi ha ripercussioni sul cuore in età adulta, anche in soggetti con peso e pressione sanguigna normale. Infatti, secondo i dati Istat, sarebbero circa 2 milioni i bambini che nel nostro Paese non praticano sport né attività fisica.

Pertanto, il presidente della Società Italiana di Cardiologia, nonché Professore ordinario di Cardiologia e direttore della scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare all’Università di Napoli Federico II, Perrone Filardi, ha così spiegato:

“I ricercatori hanno rilevato che l’eccessiva sedentarietà, oggi molto diffusa nei bambini e negli adolescenti, appesantisce letteralmente il cuore. Studi precedenti condotti su adulti hanno dimostrato che un cuore più pesante da adulti aumenta le probabilità di infarto e ictus. I bambini e gli adolescenti quindi, dovrebbero muoversi di più per proteggere la loro salute cardiaca futura”.

A tal proposito, arriva il commento di Alberto Villani, responsabile di Pediatria Generale e direttore dell’Istituto per la Salute del Bambin Gesù di Roma:

“Lo studio finlandese è molto interessante e arricchisce un consolidato bagaglio di conoscenze sull’importanza dello stile di vita per il benessere di ogni individuo. L’epigenetica, la scienza che ha dimostrato come i comportamenti e l’ambiente siano in grado di modulare il patrimonio genetico, ha evidenziato l’importanza di investire sull’età evolutiva per migliorare la qualità e la lunghezza della vita. I pilastri del benessere sono rappresentati da una regolare attività motoria (ludica o sportiva), che significa anche semplicemente camminare, salire e scendere le scale, correre in un prato, fare giochi all’aria aperta. A questa sana abitudine va aggiunta una corretta e varia alimentazione (privilegiando la dieta mediterranea), un sonno adeguato per durata e qualità e la regolarità intestinale. Instaurare delle buone abitudini sin da piccoli, rispettare alcune semplici regole, permettono di vivere più a lungo e in buona salute”.

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