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Napoli. Angelo e Luigi Moccia vanno al 41bis il primo era stato scarcerato nel 2016

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Un nuovo terremoto giudiziario sconvolge la famiglia Moccia. I fratelli Angelo e Luigi Moccia andranno al 41bis. La decisione è arrivata a opera del ministro Carlo Nordio che ha firmato il decreto nelle scorse ore. Il Guardasigilli ha assecondato le richieste dei pm antimafia di Napoli che avevano chiesto il carcere duro per entrambi. Per Angelo Moccia si tratta di un ritorno dopo la scarcerazione avvenuta nel 2016. Nelle carte di quel procedimento c’era scritto anche nero su bianco della visita di Angelo Moccia al Papa in Vaticano. L’evento venne segnalato dai carabinieri del Ros.  Secondo le risultanze investigative, Angelo Moccia partecipò, insieme all’imprenditore Giovanni Esposito e alle rispettive mogli, all’udienza generale di Papa Francesco del 22 marzo 2017 in piazza San Pietro a Roma. In un’intercettazione riportata nell’ordinanza, Domenico Caputo, ritenuto uomo di fiducia dei vertici del clan, nota una foto che ritrae Giovanni Esposito, imprenditore ritenuto dagli inquirenti a disposizione del clan Moccia, insieme a Papa Bergoglio. Sono le quasi duemila pagine firmate dal Gip Maria Luisa Miranda, che ordinò le 57 misure cautelari dell’inchiesta Morfeo, a ricostruire il potere criminale di uno dei più importanti clan della storia della camorra: i Moccia.

Una ricostruzione certosina che spiega nel dettaglio come funziona e qual è l’organizzazione della cosca egemone nelle città a nord di Napoli e con affari in tutta Italia. Le indagini del Ros, coordinate dalla procura antimafia napoletana, hanno preso in esame gli anni tra il 2015 e il 2019, periodo in cui sono state redatte le informative con le quali viene spiegato nel dettaglio il funzionamento della cosca.La base della piramide è costituita da un nutrito gruppo di affiliati presenti in varie città come Afragola, Casoria, Arzano, Cardito, Caivano, Crispano, Frattamaggiore e Frattaminore. A capo di ogni città o zona è previsto il secondo livello della piramide. Il posto è occupato dal cosiddetto “senatore”. Si tratta di uno storico affiliato del clan che ha un ruolo di responsabilità rispetto a ciò che succede nella sua area.  A scegliere i coordinatori è il livello superiore, la parte più alta della piramide costituita dal gruppo dirigente della cosca. Si tratta, di fatto, dei membri della famiglia Moccia. Secondo la Dda al vertice della piramide ci sarebbero Anna Mazza, vedova del boss Moccia e deceduta per cause naturali nel corso delle indagini, e i figli Angelo, Luigi, Antonio, Teresa e il genero Filippo Iazzetta. La struttura piramidale serviva alla famiglia Moccia come schermo per tenersi a distanza dalle attività criminali che comunque coordinavano.

 La tecnica era quella di ordinare solo sulle questioni più importanti lasciando invece autonomia agli altri livelli della cosca per le attività meno remunerative in modo da ridurre le possibilità di essere coinvolti in attività investigative. La famiglia si occupava soprattutto dell’espansione in Puglia e dei grandi appalti, come quello per l’alta velocità e la realizzazione della stazione di Afragola. Una fitta rete di aziende compiacenti o controllate, un intermediario e appalti milionari. Su tutti quello per la realizzazione della stazione dell’Alta velocità ad Afragola, nel regno del clan. È ciò su cui la Dda ha provato a far luce in un segmento ben preciso dell’inchiesta sul clan Moccia. L’antimafia ipotizza un sistema che avrebbe messo le mani sugli appalti milionari di quell’opera pubblica e realizza una ricostruzione che spiega come i Moccia sarebbero riusciti a metterci le mani. Ci sono due indagati che per l’antimafia sono fondamentali. Si tratta di Giuseppe De Luca e Giovanni Esposito. L’elemento più importante della sua carriera è legato al nome della Railway, un’azienda capace di ottenere appalti sia in Campania che nel Lazio. La storia dei lavori per la Tav è cominciata nel 2009 con un primo impegno di spesa totale di 74 milioni di euro. Nel luglio 2010, la Edilmer ottiene una fornitura di materiale edile. L’azienda è già sotto i riflettori per legami scomodi. Nel gennaio 2012, la Dia effettua due accessi nei cantieri scoprendo che l’azienda che si occupa del movimento terra, per un importo da 1.500.000 di euro, ha trasferito il suo autoparco nella sede di un’azienda ritenuta vicina al clan, la Depar. Ormai le luci su quell’appalto sono accese.

Esposito è un amico di Moccia. Insieme alle rispettive compagne, sono stati protagonisti di una vacanza a Dubai in una suite da 2000 dollari a notte in un albergo “cinque stelle superior”. Un legame che, secondo gli investigatori, avrebbe utilizzato per inquinare le procedure d’assegnazione e gestione degli appalti. I lavori per la Tav vengono assegnati a raggruppamenti temporanei d’imprese. Di solito la capofila sceglie poi come distribuirli in base a obiettivi. Lavori ordinari, straordinari e di somma urgenza. E proprio in quest’ultimi che il clan si infila. Nel marzo 2015 viene assegnato il secondo lotto di lavori del valore di 61 milioni di euro. Gli investigatori mettono sotto la lente d’ingrandimento due subappalti: quello affidato alla Kam costruzioni di poco più di 1.866.000 euro per la realizzazione della viabilità di accesso alla stazione, e un secondo appalto di sei milioni di euro affidato alla Castaldo per la realizzazione di carpenterie metalliche. La capacità del clan è quella di avvicinare, controllare o infiltrare le aziende che facevano parte dei raggruppamenti. Fa da investitore occulto fornendo capitale e sostituendosi di fatto agli istituti di credito in modo che le offerte fatte alla stazione appaltante dalle aziende fossero al ribasso e più appetibili.

Secondo gli investigatori, tutte queste aziende comunicano o hanno rapporti di varia natura con il clan Moccia tramite Esposito. Coinvolgimenti per i quali i soggetti citati sono indagati ma il cui coinvolgimento va dimostrato in aula. Un altro ruolo che svolge Esposito è quello di corruttore dei funzionari di Rete ferroviaria italiana. Riesce in particolare a corrompere due funzionari dell’Ut di Napoli nord est con sede a Caserta. Si tratterebbe di Salvatore Maisto e Stefano Deodato, che avrebbero alterato la contabilità e avrebbero evitato controlli sulle aziende coinvolte negli appalti. 

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Ischia e Procida. Controlli dei Carabinieri nel weekend, denunce e sanzioni sulle isole. Sorpresi due minori in un centro scommesse

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Ischia e Procida nella lente dei controlli dei Carabinieri. Le due isole sono state presidiate per l’intero weekend, le strade principali puntellate da decine di pattuglie della locale Compagnia.
Sequestrati 35 grammi di hashish, divisi in 7 barrette. La droga era nascosta in un muretto a secco che costeggia via Belvedere di Forio. Dovrà rispondere di porto abusivo di armi un 25enne di Lacco Ameno, sorpreso in strada con un coltello a farfalla. Denunciato anche un 46enne, trovato fuori dalla sua abitazione nonostante fosse sottoposto ai domiciliari.

Sanzionato il titolare di un centro scommesse di Procida. Durante i controlli i militari hanno scoperto che due ragazzini di 15 anni fossero nel locale a giocare a videopoker. Nessuno dei dipendenti si era curato di verificare l’età dei due piccoli clienti. Salata la multa pari a 6666 euro. Richiesta all’ufficio dei monopoli la chiusura temporanea dell’esercizio e la sospensione della licenza. Denunciati per violazione di sigilli due imprenditori ischitani: il mese scorso i carabinieri li avevano segnalati all’Autorità giudiziaria per alcuni abusi edilizi realizzati in un hotel di Serrara Fontana Questo fine settimana è stato rilevato che i sigilli fossero stati rimossi. In corso altri lavori edili non autorizzati. Non sono mancate sanzioni per uso personale di stupefacente. 3 le persone con hashish nelle tasche. I controlli continueranno anche nei prossimi giorni.

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Benevento

Benevento. Controlli sulla movida dei Carabinieri, tratto in arresto un 36enne

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Ancora controlli dei Carabinieri del Comando Provinciale di Benevento, soprattutto concentrati nel fine settimana, per prevenire e reprimere lo spaccio di sostanze stupefacenti, gli atti vandalici e il fenomeno dei furti in abitazione. I Carabinieri della Compagnia di Benevento, nel fine settimana hanno aumentato il numero delle pattuglie presenti sulle strade di tutto il territorio di competenza, presenti anche gli equipaggi in borghese, dislocati nelle zone della movida del centro di Benevento, per un’operazione di pattugliamento anche a piedi per le vie ed i vicoli del centro della città, più volte preda dei vandali, per prevenire la formazione delle cd. baby gang, per assicurare il divertimento e sostenere un deflusso senza pericoli ai tanti ragazzi che hanno preso parte alle serate nei locali, al fine di evitare le cosiddette stragi del sabato sera.

Tali servizi, oltre a porsi l’obiettivo di garantire una funzione di deterrenza e, se nel caso, di intercettare tempestivamente qualsivoglia tipologia di reato, può far sentire la presenza rassicurante dell’Arma e fornire intervento in caso di bisogno. L’attività ha garantito nel centro storico un controllo delle vie e delle piazze difficilmente raggiungibili con autovettura di servizio e maggiormente frequentate nel weekend, registrando e annotando eventuali persone sospette.

Nell’ambito dei controlli è stato tratto in arresto un 36enne di Benevento in esecuzione di ordinanza di aggravamento della misura cautelare, già in atto, degli arresti domiciliari per furto aggravato. L’uomo, a seguito dei controlli dei militari dell’Arma dei Carabinieri, è stato trovato più volte in violazione delle prescrizioni impostegli, motivo per il quale per lui si sono aperte le porte del carcere di Capodimonte. Nel corso dei servizi, sono stati controllati oltre 80 mezzi e 137 persone, numerose le sanzioni al Codice della Strada elevate. L’uomo arrestato è, pertanto, allo stato indagato e quindi presunto innocente fino a sentenza definitiva.

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Borseggiatori e mezzi pubblici, carabiniere evita lo scippo grazie al suo intervento alla metro di Montesanto un 53enne è finito in manette

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Un carabiniere libero dal servizio della stazione Napoli San Giuseppe si trovava in piazza Montesanto per prendere la metro. In quegli istanti, tra le chiacchiere di ragazzi o la musica riprodotta dalle cuffie nelle orecchie, il militare ha notato un movimento sospetto: un uomo aveva preso uno smartphone dalla tasca di un passante. Il militare immediatamente è intervenuto e lo scippatore ha provato a scappare. Una corsa durata un centinaio di metri, col militare che alla fine è riuscito a bloccare l’uomo e arrestarlo.

Lo smartphone è stato recuperato e restituito al legittimo proprietario. La perquisizione personale dello scippatore – un 53enne napoletano – ha permesso di rinvenire e sequestrare anche un coltello a serramanico. Ora dovrà rispondere di furto con destrezza e di porto di oggetti atti ad offendere.

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