

Ambiente
Trema il Vesuvio, l’evento registrato dalla Sala Operativa dell’Osservatorio Vesuviano
Erano da poco trascorse le 2.20 quando il sismografo della Sala Operativa INGV-OV ha registrato un movimento in area Vesuvio. La scossa, avvertita anche da alcuni residenti, ha avuto una magnitudo di 2.3. Le coordinate geografiche determinate dall’Istituto vesuviano sono latitudine 40.8190, longitudine 14.4270. Profondità dell’evento meno di 1 km.
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Nuova scossa di terremoto nei Campi Flegrei, il sisma è stato preceduto da un boato.

Un terremoto di magnitudo 2.9 è avvenuto nella zona: Campi Flegrei intorno alle 4.28 del mattino del 12 settembre, con coordinate geografiche (lat, lon) 40.8280, 14.1410 ad una profondità di 2 km. Il terremoto è stato localizzato da: Sala Operativa INGV-OV (Napoli). Nonostante l’ora è stato avvertito nitidamente soprattutto dai residenti dei quartieri limitrofi all’epicentro, ma non solo. Pochi giorni fa un sisma di magnitudo 3.8 era stato il più forte degli ultimi 20 anni nell’area flegrea. E’ dal 2006 che si registra una ripresa dell’attività bradisismica. Il ritmo è, di certo, lontano da quello della grande crisi dell’inizio degli anni ’80, ma i ricercatori sono concordi nell’affermare che nell’ultimo anno e mezzo è cresciuto sensibilmente. Secondo Giuseppe Mastrolorenzo, primo ricercatore dell’Osservatorio vesuviano, il Rione Terra si è sollevato, dal 2006 a oggi, di oltre un metro.
La domanda che tutti si pongono è se ci si debba preoccupare e se, a oggi, saremmo pronti di fronte a un episodio vulcanico di grosse dimensioni. Su questo, i pareri sembrano discordi. Da un lato, abbiamo le rassicurazioni dei rappresentanti istituzionali. Comuni, Città metropolitana, Regione, Protezione civile e Governo rassicurano la popolazione: non ci sono pericoli imminenti e, nel caso, i piani di prevenzione ed evacuazione sono pronti. Esistono, però, voci discordanti, che gettano ombre sulla possibilità di prevedere per tempo un’eruzione e sulla bontà dei piani.
Gli esperti hanno lanciato diversi allarmi. Secondo Stefano Carlino, ricercatore dell’Ingv-Osservatorio vesuviano “…Uno dei problemi più significativi riguarda che cosa si celi “al di sotto” di queste spinte, se gas, vapore acqueo o anche magma in risalita. La mia interpretazione di quanto sta accadendo – chiarisce Carlino – è che è probabile che piccole quantità di magma siano arrivate nel sistema magmatico più superficiale, cioè quello localizzato a 3-4 chilometri dalla superficie, che è poi il sistema che determina il sollevamento. E c’è sicuramente anche un contributo idrotermale rilevante, fluidi ad alta pressione e temperature che probabilmente contribuiscono in maniera significativa al sollevamento. Non possiamo comunque dire con certezza quale sia la sorgente primaria di questo sollevamento, data l’ambiguità delle soluzioni che provengono dall’elaborazione dei dati”.
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Sanità. Terremoto Marocco, infermieri italiani pronti a partire se chiamati in causa.

«Il nostro pensiero, la nostra solidarietà, arrivino dritti al cuore di una popolazione amica, che in questo momento vive l’evolversi di una vera e propria catastrofe, la peggiore che abbia mai colpito il Marocco. Mentre si aggrava di ora in ora il bilancio dei decessi del sisma a Marrakech, e non possiamo non pensare alle vittime del terremoto, siamo certi che il nostro Governo e le Regioni, con la Protezione Civile, sono pronti per sostenere concretamente il popolo marocchino e gli oltre 2mila feriti coinvolti in quella che è una vera e propria strage».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up, Sindacato Nazionale Infermieri. «Come in passato è accaduto per altre calamità naturali del genere, va ricordato che nostri operatori sanitari possiedono non solo le competenze per intervenire se chiamati in causa, ma anche quella dose indispensabile di qualità umane per sostenere, non solo dal punto di vista sanitario, in particolare donne, anziani e bambini, i soggetti più deboli, i feriti, coloro che sono rimasti sotto le macerie e sono ancora in vita.
Ricordiamo quanto accaduto con il terremoto in Turchia nello scorso maggio: in particolare siamo in contatto con le realtà infermieristiche del Veneto e anche della Toscana, che possiedono operatori formati per supportare la squadra Usar dei vigili del fuoco, gli uomini addestrati per la ricerca e il recupero delle persone sepolte dalle macerie, con il compito di fornire l’assistenza sanitaria ai feriti.
Apprendiamo, in queste ore, che si stanno anche attivando i primi aiuti umanitari: la Cei, la Croce Rossa, come sempre accade, hanno avviato da subito raccolte fondi per inviare farmaci e generi di prima necessità. Ma potrebbe esserci bisogno di personale sanitario specializzato, e quello italiano, lo sappiamo bene, è pronto a partire per sostenere, sul posto, i soccorritori locali, i medici, gli infermieri marocchini. Siamo certi che se il Governo marocchino dovesse richiedere la presenza dei nostri operatori sanitari, l’Italia non esiterebbe un solo istante.
Proprio i feriti, come capita in queste situazioni così delicate, possono avere fratture, emorragie e immaginiamo, mentre andrà avanti di ora in ora la ricerca degli eventuali superstiti sotto le macerie, che serviranno sangue, farmaci e naturalmente operatori sanitari specializzati, con l’allestimento di ospedali mobili. Siamo certi che il nostro Governo sa già come agire, i nostri infermieri ancora una volta sono pronti per una missione che non può attendere», conclude De Palma.
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Dopo il terremoto di ieri preoccupano i Campi flegrei, l’allarme dell’esperto

“L’ultimo terremoto avvertito anche nell’area di Napoli fa parte di un processo di fratturazione della crosta dei Campi Flegrei; crosta che progressivamente si sta indebolendo”. A spiegarlo è Stefano Carlino, ricercatore dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – Osservatorio vesuviano (Ingv-Ov), autore tra gli altri di uno studio pubblicato su “Communications Earth & Environment” che a giugno aveva messo in guardia relativamente a una possibile consistente rottura della crosta della caldera dei Campi Flegrei. “Finché ci sarà il sollevamento della caldera – continua Carlino – avremo questa sismicità che potra’ manifestarsi sia con eventi più forti che con sciami.
Quello che dovremo capire nell’immediato futuro è se la crosta continuerà ad avere lo stesso ‘comportamento’ o se osserveremo variazioni dal punto di vista di come si frattura. L’andamento nel tempo di questo ‘comportamento’ e dei terremoti ci forniscono e ci forniranno informazioni su quando potrebbe avvenire un possibile processo di rottura totale della crosta, cioè quando sostanzialmente la crosta potrebbe fratturarsi in maniera pervasiva, mettendo in comunicazione la parte più profonda del sistema magmatico con la superficie. Al momento non e’ possibile fare comunque previsioni specifiche e sarà necessario continuare a monitorare con attenzione la situazione”.
Uno dei problemi più significativi riguarda che cosa si celi “al di sotto” di queste spinte, se gas, vapore acqueo o anche magma in risalita. “La mia interpretazione di quanto sta accadendo – chiarisce Carlino – è che è probabile che piccole quantità di magma siano arrivate nel sistema magmatico più superficiale, cioè quello localizzato a 3-4 chilometri dalla superficie, che è poi il sistema che determina il sollevamento. E c’è sicuramente anche un contributo idrotermale rilevante, fluidi ad alta pressione e temperatura che probabilmente contribuiscono in maniera significativa al sollevamento. Non possiamo comunque dire con certezza quale sia la sorgente primaria di questo sollevamento, data l’ambiguità delle soluzioni che provengono dall’elaborazione dei dati”.
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