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POLITICA

Autonomia differenziata, a Napoli raccolte 11mila firme per il referendum abrogativo

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La campagna per il referendum abrogativo contro l’Autonomia differenziata continua a vele spiegate a Napoli.

Un movimento che vede il Sud in prima linea, con un bilancio positivo, in continua crescita. Ad oggi sono state raccolte, solo in città, 11mila firme.
L’obiettivo, arrivare a quota 500mila, è sempre più vicino. Nuova linfa, una spinta propulsiva, verrà data dall’attivazione della piattaforma online. Lì, accedendo con lo SPID, sarà possibile firmare da casa. Una mossa per invogliare ancora di più i cittadini e per arrivare, quanto prima, al voto.

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POLITICA

A CAIVANO. La campagna elettorale dei poster selvaggi: Il trionfo dell’Analfabetismo Civico

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CAIVANO – L’ombra lunga della competizione elettorale si allunga sulla città e, puntuale come un fisco che non funziona, arriva il circo Barnum della propaganda selvaggia. La scena? Un duello rusticano tra il candidato di Caivano Conta, che sostiene la candidatura a Sindaco di Antonio Angelino, e la sua antagonista Rosaria Peluso. Il campo di battaglia? Non le idee, non i programmi, ma i sacrosanti e giganteschi poster 6×3.

Assistiamo all’ennesimo, imbarazzante, sipario di quello che, una volta, si chiamava “politica” e che oggi è poco più di una recita dell’asilo, dove la regola più basilare è: si fa quel che si vuole, finché non si viene beccati.

Il 6×3, lo ricordiamo ai neofiti della democrazia: è un impianto fisso, figurativo e pubblicitario. Tradotto dal burocratese all’italiano corrente: è vietato usarlo per propaganda elettorale fuori dagli spazi ufficiali assegnati dal Comune, vietato come rubare l’acqua potabile al vicino, e per giunta sanzionato penalmente. Ma per la nostra classe dirigente di domani, la legge è evidentemente un optional, una di quelle noiose clausole scritte in piccolo che nessuno legge, figuriamoci rispetta.

“È vietata la propaganda elettorale luminosa o figurativa a carattere fisso in luogo pubblico,” dice la norma (Legge n. 212/1956).

Una norma talmente basilare che la conosce anche il piccione che, giustamente, preferisce sporcare un manifesto ufficiale.

L’affissione di manifesti elettorali al di fuori degli spazi assegnati dai Comuni è regolata principalmente dalla Legge n. 212 del 4 aprile 1956 e dalle sue successive modifiche, integrate dalle sanzioni previste dal Codice Penale e dal Testo Unico delle Leggi Elettorali (D.P.R. 361/1957).

Praticamente è vietata l’affissione di qualsiasi materiale di propaganda elettorale negli spazi destinati dai Comuni alle normali affissioni a pagamento (spazi commerciali o non elettorali).

Gli impianti fissi come i 6×3, se fanno parte del normale circuito di pubblicità commerciale o delle pubbliche affissioni a pagamento, non possono essere utilizzati per la propaganda elettorale. Le violazioni in questo campo hanno una doppia natura sanzionatoria: amministrativa e penale.

Nel caso ipotetico citato a Caivano, l’affissione di un poster 6×3 con messaggio elettorale in un impianto fisso non assegnato comporterebbe per i candidati/comitati: Una multa amministrativa salata (da € 103 a € 1.032) per aver affisso fuori dagli spazi. La possibile denuncia penale (Arresto da 1 a 6 mesi e ammenda) per aver fatto propaganda figurativa fissa in periodo vietato. L’obbligo di rimuovere immediatamente il manifesto a proprie spese o il costo della rimozione coattiva da parte del Comune.

In sintesi, l’uso del 6×3 non è solo una “leggerezza” o una “furbizia”, ma una seria violazione che può portare a conseguenze sia pecuniarie che penali.

L’Estinzione del Formato Politico

Cosa rivela questo scempio della cartellonistica? Non l’audacia, non la furbizia, ma il dramma dell’assenza di formazione politica. Un tempo, nelle segreterie di partito, vere e proprie fucine di conoscenza civica, un candidato apprendeva il mestiere. Gli insegnavano la storia, l’economia, e soprattutto, gli ingegneri del consenso gli inculcavano a suon di ceffoni sulla nuca: dove si può e dove non si può affiggere. Era la differenza tra un politico e un venditore di aspirapolveri.

Oggi, invece, il percorso è accelerato: si passa dal like su Facebook alla candidatura, dal gruppo WhatsApp alla lista, senza transitare per la scomoda stazione della Legge. Il risultato è una generazione di aspiranti Sindaci-manager che non riescono a gestire nemmeno un secchio di colla e un pennello in modo legale.

Si presentano come i paladini della legalità, ma il primo atto che compiono è un abuso edilizio elettorale. Promettono ordine e decoro urbano, ma inondano la città di cartaccia fuorilegge.

Questo non è cinismo: è ignavia civica elevata a metodo di lavoro. Non sono furbetti del quartierino: sono semplicemente sprovveduti, ignoranti delle più elementari norme del vivere democratico. E se già falliscono nel rispettare le regole per un manifesto – il loro biglietto da visita – come pensano di governare la complessità di una città intera?

Antonio Angelino – permettendo ai suoi e non formandoli politicamente – e Rosaria Peluso – pur con le loro diversità politiche – si incontrano sulla comune piattaforma dell’illegalità decorativa. Un abbraccio fraterno nel segno della violazione, uniti da un gigantesco poster 6×3 che è, al tempo stesso, il loro messaggio elettorale e il loro atto d’accusa.

Perché, vedete, chi viola una norma base per un manifesto, lo fa per un solo, tristissimo motivo: pensa di non dover rendere conto a nessuno. E questo, cari elettori di Caivano, è il vero programma politico: l’assenza di rispetto per le regole.

Forse, a Caivano, la gente non conta; conta solo l’ingombro visivo. E intanto, la legge, incollata su un 6×3 abusivo, viene coperta dalla solita, stanca, promessa elettorale. Un capolavoro di inciviltà a cielo aperto.

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Caivano

Il Direttore Abenante decide di raccontare Caivano tra criminalità e politica con il recital “Suffragium non olet”

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Martedì 11 novembre, alle ore 19, al Teatro Burlesque di Caivano, andrà in scena il recital “Suffragium non olet – il voto non puzza” del Direttore di Minformo Tv Mario Abenante.

Un evento in cui saranno centrali le riflessioni e le analisi sull’aspetto socio-politico di Caivano. Un racconto, tratto dall”ultima opera letteraria di Abenante “Il volto criminale dell’ignavia”, in cui sarà narrata la storia criminale di Caivano fin dall’inizio, dai primi momenti in cui la camorra si è impadronita del territorio di Caivano, fino ai giorni nostri con i due scioglimenti per ingerenze criminali. Saranno illustrate le liste con gli impresentabili, i retroscena di questa campagna elettorale e il fenomeno del “Gattopardo” in salsa caivanese.

Al termine della serata ci sarà un momento di relax con buffet e firmacopie.

Ingresso gratuito, fino ad esaurimento posti.

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POLITICA

CAIVANO: Il “Caso Angelino” e l’ombra dell’Ineleggibilità

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CAIVANO – Ci risiamo. Non c’è elezione amministrativa in questa Repubblica delle Banane dove non spunti fuori il solito “dimenticatore professionale”, quello che si candida a Sindaco ma – ops! – inciampa sulla più elementare delle regoline burocratiche. E stavolta tocca a Caivano, che si prepara al voto del 23 e 24 novembre con un candidato che, se le voci fossero vere, meriterebbe una medaglia al valore della disattenzione istituzionale.

Parliamo di Antonio Angelino, funzionario dall’elevata qualificazione (con tanto di Posizione Organizzativa, mica pizza e fichi) – come riporta il suo CV – alla Città Metropolitana. Un incarico di responsabilità. Dunque, uno che di carte e procedure dovrebbe intendersene. Ebbene, le nostre “sirene” ben informate – non sirene della polizia, sia chiaro, quelle a Caivano suonano per altri motivi, purtroppo – ci sussurrano che il Dott. Angelino – come lo amano definire i suoi seguaci – avrebbe bellamente dimenticato di presentare la richiesta di aspettativa non retribuita entro il fatidico giorno della presentazione delle candidature.


La Legge è Uguale per Tutti (o Forse No?)

Facciamo un ripasso per i distratti, o per chi ha preferito studiare il programma elettorale anziché il Diritto. Il Testo Unico degli Enti Locali (TUEL), quell’obsoleto tomo che i politici fingono di leggere, all’Art. 60, comma 3, prevede un meccanismo semplicissimo: se sei un dipendente pubblico (e Angelino lo è, eccome), devi farti mettere in aspettativa non retribuita prima di candidarti, proprio per evitare l’ombra, pesantissima, di usare la tua posizione di potere e il tuo stipendio pagato da tutti noi per farti eleggere.

In sostanza, Angelino sarebbe andato in campo come il calciatore che scorda le scarpe da gioco e si presenta in ciabatte, o peggio, come il chirurgo che entra in sala operatoria senza essersi lavato le mani.

Un dettaglio, direte. Certo: un dettaglio come dimenticare di firmare il contratto di matrimonio e poi chiedere la luna di miele.

Ora, se le voci fossero fondate, saremmo davanti a un capolavoro di sprovvedutezza politico-amministrativa. Un funzionario pubblico che non conosce le regole base del gioco istituzionale è come un cuoco che confonde il forno con la lavatrice: fa rumore, ma non fa mangiare.

E allora sorge spontanea la domanda, quella che un giornalista vero porrebbe con la penna affilata come una lama:

“Candidato, lei lo sapeva o no che doveva chiedere l’aspettativa prima di candidarsi?”

Perché se lo sapeva, è grave. Se non lo sapeva, è peggio. Nel primo caso, ci troviamo davanti a una sfida spavalda alla legalità elettorale, nel secondo, a una monumentale prova di incompetenza amministrativa.


L’Appello al Dottor Angelino

Certo, la satira è una cosa seria, ma la legge (quando si tratta di farla rispettare ai cittadini) lo è ancora di più.

Di fronte a queste indiscrezioni, che rischiano di inquinare il dibattito democratico ancor prima che il voto sia espresso, il sottoscritto non può che chiedere lumi immediati e inequivocabili direttamente al candidato Sindaco Antonio Angelino.

Dottor Angelino, è vero che non ha ottemperato all’obbligo di presentare la richiesta di aspettativa non retribuita entro i termini di legge?

Una risposta chiara è dovuta non solo agli elettori, ma alla stessa dignità della competizione elettorale.

Dottor Angelino, vuole uscire dal silenzio tombale e mostrarci la pezza d’appoggio? Quel benedetto foglietto protocollato, con data certa, che attesta il suo tempestivo allontanamento (economico e funzionale) dal posto di lavoro? Lo tiri fuori, subito. Perché se quelle carte non esistono, o sono arrivate in ritardo, siamo di fronte al “Capolavoro dell’Incompetenza Politica”.

Un aspirante Sindaco che, prima ancora di sedersi sulla poltrona più scomoda di Caivano, dimostra di essere sprovveduto, incapace e, diciamocelo, ignorantello in materia di norme fondamentali che regolano l’accesso al potere. E non è questione di cavillo, è questione di rispetto per l’istituzione che si vuole guidare.

Spero vivamente che anche questo quesito non venga disatteso perché le risposte non le deve a un umile cronista ma a una intera comunità quella che lei vorrebbe amministrare. Le ricordo che è già mancante di alcune risposte alla collettività, quelle che le furono fatte in questo editoriale (leggi qui) e mi raccomando sciolga questo dubbio atroce e non creda che il silenzio che l’ha premiato candidato a Sindaco continuerà ad esserle fedele alleato.


Il Regalo Avvelenato di un Sindaco Ineleggibile

Ma la parte più spassosa (e tragica) della vicenda, è cosa accadrebbe se questo “Pioniere della Dimenticanza” venisse eletto. Sarebbe il trionfo della commedia dell’assurdo!

Gli avversari politici, che non vedono l’ora di sgranocchiare un osso così succulento, si fionderebbero dritto al TAR come mosche sul miele. E poi, inevitabilmente, al Consiglio di Stato.

Il risultato? Caivano si ritroverebbe, nella migliore delle ipotesi, per i prossimi cinque anni, con un Sindaco con il titolo appeso a un filo, una sorta di Pinocchio amministrativo sotto indagine permanente. Un’Amministrazione costretta a lavorare con la Spada di Damocle che pende sulla testa di tutti, come un lampadario difettoso. Ogni delibera, ogni atto, ogni promessa, resterebbe sospesa nel limbo della burocrazia giudiziaria.

Caivano, la città che meriterebbe stabilità e certezze, si ritroverebbe condannata a un quinquennio di incertezza giudiziaria, relegata a eterna comparsa in un tribunale amministrativo. Un lusso che, con i problemi che ci sono, francamente non possiamo permetterci.

Quindi, Dottor Angelino: le carte, grazie. Se non le ha, prenda nota: non è ineleggibile solo lei. Sarà ineleggibile, di fatto, tutta l’azione amministrativa che potrebbe nascere da un tale, clamoroso, inciampo iniziale. E questo, per Caivano, sarebbe un crimine politico.

Potrebbe ancora smentire tutto, esibendo la richiesta di aspettativa come un asso nella manica. In quel caso, chapeau. Ma finché non lo fa, la domanda resta, pungente come una puntura di zanzara in campagna elettorale:

“Sindaco sì, ma legale?”

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