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Caivano

A CAIVANO si ripetono i Patti Lateranensi di memoria fascista per il pieno controllo del territorio.

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CAIVANO – Nel 1870, con la Presa di Roma, il Regno d’Italia aveva annesso quanto rimaneva degli Stati della Chiesa, ponendo fine al potere temporale dei papi. L’Italia delineò unilateralmente i suoi rapporti con la Chiesa e la Santa Sede nel 1871 con la legge delle Guarentigie, che Pio IX non riconobbe mai, appunto in quanto unilaterale, né lo fecero i suoi successori. Al contrario Pio IX nel 1874 interdisse la partecipazione dei cattolici alla politica italiana con la bolla papale denominata “Non Expedit”, attraverso la quale si dichiarò inaccettabile che i cattolici italiani partecipassero alle elezioni politiche del Regno d’Italia e, per estensione, alla vita politica nazionale italiana. 

Divieto gradualmente alleggerito, per poi essere annullato del tutto nel 1929.  Il desiderio di papa Pio XI di salvaguardare giuridicamente la libertà d’azione della Chiesa dopo l’avvento del Fascismo, assieme a quello del dittatore Mussolini di incanalare nel movimento fascista il cattolicesimo nazionale, portarono alla firma dei Patti Lateranensi. I Patti presero il nome del Palazzo di San Giovanni in Laterano in cui furono firmati. Li sottoscrissero il Cardinale Segretario di Stato Pietro Gasparri per la Santa Sede ed il Capo del governo primo ministro segretario di Stato Benito Mussolini per il Regno d’Italia. Quel giorno Mussolini disse “Sono più bravo di Cavour. A Caivano Patriciello disse: “La Meloni è stata più brava di Renzi e Conte

A distanza di 95 anni la storia si ripete a Caivano. Una parte della Chiesa caivanese in netta controtendenza con le idee del Papa e dei Vescovi – vedi le posizioni dei vescovi sullo Ius Soli e la visita del Papa fatta l’altro giorno a Emma Bonino – stringe un patto ben saldo col governo Meloni dichiaratamente fascista poiché mai smentita la voce sugli ideali di appartenenza dall’attuale Premier.

Dalla prima visita della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Caivano nulla è cambiato, a parte la riqualificazione dell’ex Delphinia, tra l’altro anche sottratto alla comunità caivanese, per il risanamento del territorio non è stata attuata nessuna misura in termini di riabilitazione sociale e culturale né instillati fondi all’interno del tessuto economico della città. Dall’ultimo report in nostro possesso degli € 27,9 mln dei fondi FSC sono stati spesi € 18.490.331, 87 di cui € 13.076.772,93 per la riqualificazione del Centro Delphinia.

Eppure una parte della Chiesa nella persona di Maurizio Patriciello, quello che rimane della destra caivanese e alcuni servi sciocchi abituati a vivere di lecchinaggio verso il potente di turno gridano ad alta voce “viva Meloni”. A distanza di 14 mesi possiamo asserire, senza tema di smentita, che il commissariamento straordinario di Governo per il risanamento del territorio di Caivano sia stato solo un atto di sostituzione del potere come tenterò di dimostrare in seguito.

Al punto tale che il prete Maurizio Patriciello sembra addirittura sia diventato parte integrante di tutte le azioni pensate dal governo centrale sul territorio. Tralasciando le parate militari a cui pare tanto piacciono alla toga caivanese – altro esempio di contraddizione: la Chiesa, la casa di Dio, un dio fatto di amore e pace che benedice e idolatra l’esercito e le forze belliche del Paese – prendiamo ad esempio un evento che si terrà nel Santuario di Maria SS di Campiglione lunedì 11 novembre che riguarda la Celebrazione del Centenario della Cappella dedicata ai Caduti.

Un evento fissato a distanza di dieci giorni dalla celebrazione della memoria dell’unico esempio di lotta all’antimafia caivanese Domenico Celiento. Quasi a voler mostrare i muscoli di una Chiesa forte e dominante in pieno accordo col governo centrale e in contraddittorio con la parte sana e laica della città.

Un evento che dimostra quanto ci sia commistione tra Chiesa e Governo e quanto poco scopo culurale ci sia osservando solo la sua nomenclatura, la stessa che si ripete poi anche in altri eventi come quello di Afragola che si è tenuto in queste ore alla Masseria Ferraioli in occasione della consegna dell’immobile destinato al centro per le donne vittime di violenza.

Oramai ci accorgiamo della presenza di una Prefettura totalmente asservita alla Politica e in questo caso al Governo Meloni. Mi domando, in effetti, se il Prefetto Michele di Bari in realtà conosce a fondo le vicende che riguardano i propri commensali o se si presenta agli eventi solo perché invitato. Mi domando inoltre se il Prefetto di Napoli sia a conoscenza dell’ultimo incarico ricevuto dal Prefetto in quiescenza Filippo Dispenza a Torino in qualità di membro del gruppo di prevenzione e contrasto all’illegalità sui fondi che serviranno a costruire quattro ospedali in Piemonte. Nomina ricevuta dal partito Fratelli d’Italia e che lo incardina precisamente nel ruolo di uomo di governo, una nomina politica in netto contrasto con quella prefettizia ricevuta a Caivano e che lascia intendere quanto la Prefettura sia ingerita dal Governo Centrale. Allora vorrei un attimo soffermarmi sul resto della nomenclatura che questo governo vanta di mettere in mostra insieme alla Chiesa di Campiglione che, secondo il mio modesto avviso, dato anche il mancato invito fatto al vero titolare della Chiesa Maria SS di Campiglione don Antonio Cimmino, è ingerita dal prete Patriciello.

Partiamo dalla Dott.ssa Pina Castiello, sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio con delega per il Sud e vicesindaco di Afragola nota alle cronache del territorio per essere stata oggetto di alcune dichiarazioni di un pentito di spicco del clan moccia: «Il boss Luigi Moccia era intimo amico dell’ex senatore (An) Vincenzo Nespoli, io Nespoli l’ho definito un criminale. Pina Castiello era molto vicina a Nespoli ed era a totale disposizione nostra, del clan Moccia». 

A parlare così al quotidiano Domani in un servizio del collega Nello Trocchia è il collaboratore di giustizia, Salvatore Scafuto, meglio conosciuto come Totore ‘a carogna, reggente per anni del clan Moccia, i signori della camorra. Il clan controlla Afragola, Caivano, anche il Parco Verde e, da tempo, fa affari e domina anche a Roma. Il collaboratore parla di Pina Castiello, sottosegretaria con delega ai rapporti con il parlamento, in prima linea nelle manifestazioni sul territorio, in foto con la premier, Giorgia Meloni, con il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e con i vertici delle forze dell’ordine. Questo è quanto si legge sul quotidiano edito da Carlo De Benedetti.

Inoltre la Sottosegretaria Pina Castiello anche se risulta essere residente a Formia dove vive il figlio con i nonni, nei suoi momenti di relax che la tengono lontana dalle fatiche romane, vive proprio a Caivano in un ranch con attiguo tiro al volo e quagliodromo che presenta alcuni profili di abusivismo, specialmente per quanto riguarda i sottotetti, oggi trasformati in veri e propri appartamenti, per non contare il fatto che la licenza sia stata sicuramente rilasciata per casa di alloggio per uso agricolo data la destinazione d’uso dei terreni e non certamente per una villa di lusso con tanto di piscina per come si presenta nelle foto.

Ranch di proprietà della Famiglia della Sottosegretaria Pina Castiello

Ma questo è il segreto di Pulcinella dato che di questo argomento se ne è sempre parlato ma nessuno mai delle istituzioni che vantano legalità e rispetto delle leggi ha mai avuto il coraggio di approfondire la questione. Inoltre da indiscrezioni raccolte in esclusiva da Minformo quel villone che insiste su terreno agricolo che presenta locali commerciali al piano terra che dovrebbero fungere da deposito e appartamenti per un totale di 16 vani, non risulta presente nei registri del Comune di Caivano sotto il profilo dei tributi TARI. Infatti gli abitanti di quella struttura non pagano la TARI e a quanto pare il servizio di igiene urbana su quell’immobile viene espletata dalla ditta dei rifiuti del Comune di Afragola dove la Sottosegretaria Pina Castiello espleta il ruolo di vicesindaco.

La stessa vicesindaco che presta il suo ufficio di via Oberdan per un incontro tra il Sindaco Pannone e alcuni dirigenti del Comune di Afragola col titolare de facto di una ditta affidataria di un incarico di supporto all’Ufficio Gare e Appalti del valore di 134mila euro il cui Amministratore risulta essere il RUP della Centrale Unica di Committenza dell’area nolana a cui afferisce il Comune di Afragola per l’espletamento delle proprie gare d’appalto. Un conflitto di interesse grande quanto una casa prodotto proprio sotto gli occhi della sottosegretaria del Governo.

Per non contare tutti i processi in atto nel Comune di Afragola che riguardano il dominus politico della Castiello e le ingerenze che lo stesso fa all’interno dell’Amministrazione comunale.

Allora una delle mie riflessioni è rivolta anche al Prefetto Michele di Bari, sempre presente agli eventi del Governo centrale e del prete Patriciello e la coincidenza che si presenta sul mancato invio, finora, di Commissioni di Accesso in comuni amministrati dai partiti appartenenti al Governo centrale e che presentano tutti i crismi per essere sottoposti a indagini, come quelli di Afragola e di Poggiomarino dove in quest’ultimo nel 21 ottobre scorso i carabinieri di Torre Annunziata hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Napoli su richiesta della Dda partenopea nei confronti del sindaco Maurizio Falanga, del vice sindaco di Poggiomarino Luigi Belcuore e di un imprenditore con l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso, il cui consigliere di Fratelli d’Italia Giuseppe Orefice, estraneo ai fatti di cui sopra, ma citato nelle documentazioni prodotte dalla Procura come cugino del pregiudicato Giovanni Orefice appartenente al clan di Rosario Giugliano risulta essere una conoscenza caivanese perché firmatario del contratto dell’appalto della mensa scolastica a Caivano e molto amico della ex Consigliera di Fratelli di Italia Giovanna Palmiero.

Una coincidenza che mi balza agli occhi e che unita alla nomina politica del Commissario Filippo Dispenza lasci immaginare quanto l’organo della Prefettura sia a stretto contatto con il Governo di centro destra.

Per quanto riguarda il dott. Fabio Ciciliano dovremmo scrivere a Chi l’ha Visto, dato che dalla sua nomina a capo della Protezione Civile a Caivano non è stato più visto, tra l’altro, al netto che il DPCM della sua proroga stenta ancora a comparire sul suo sito e forse sfuggito a noi la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, dopo l’emorragia di denaro pubblico, ampiamente descritto nei miei editoriali, e dopo le elezioni europee tenutesi nel giugno scorso, tutti i cantieri aperti dallo stesso risultano sospesi, al netto di quello che riguardano i locali e l’aula magna dell’Università Federico II nell’ex ICIF affidato a Sport & Salute SpA e dati in sub appalto ad un grande elettore di Fratelli d’Italia sul territorio.

Considerando inoltre il ruolo chiave del prete Maurizio Patriciello avuto sin dagli albori di questa vicenda legata all'”annessione” – come preferisco chiamarla io – di Caivano da parte del Governo Centrale, sembra proprio che questo accordo Stato-Chiesa in stile Patti Lateranensi sia finalizzato ad un controllo del territorio ben delineato.

Da indiscrezioni raccolte in esclusiva da Minformo pare che all’indomani del fallimento della Festa di Campiglione, in accordi con la Commissione Straordinaria, l’attuale Priore e Rettore del Santuario Maria SS Campiglione P. Dominic Praaven Lawrence dell’ordine dei carmelitani abbia accettato di farsi aiutare proprio dal prete anticamorra nell’organizzazione della prossima festa di Campiglione. Praticamente, grazie al governo Meloni e alle sue ingerenze per la prima volta la Festa di Campiglione non sarà organizzata da caivanesi bensì da un anglo-indiano e da un frattaminorese.

A tutto questo aggiungiamo che il Comune di Caivano sotto l’egida della terna commissariale prefettizia ha ritenuto opportuno di dotarsi di venti nuove figure amministrative di cui diciannove scelte attraverso un concorso Ripam condotto direttamente dal Ministero e una col metodo della mobilità attingendo la figura da un altro comune.

Bene, quest’ultima figura è stata scelta dal Comune di Calenzano in Provincia di Firenze e corrisponde ad un cittadino caivanese molto vicino al prete Patriciello per aver immortalato tutte le lotte fatte sul discutibile tema della “terra dei veleni” ed aver aiutato il prelato alla diffusione del messaggio sui terreni inquinati di Caivano, lo stesso messaggio che ha causato il fallimento di 5 aziende agricole che esportavano prodotti tipici in tutto il mondo. Stiamo parlando del fotografo Mauro Pagnano.

Attenzione, nulla quaestio, dal punto di vista del merito. Poiché tutto è stato fatto secondo le norme vigenti e Mauro Pagnano possiede tutti i requisiti ed è e sarà un’ottima risorsa che andrà ad arricchiere il quadro funzionario-dirigenziale del Comune di Caivano. Ottimo professionista che molto probabilmente ricoprirà il ruolo di dirigente – classe D – dell’Ufficio Anagrafe.

Quello che si discute è il metodo. Si poteva scegliere di assumere 15 con Ripam e 5 con mobilità? Si poteva scegliere di assumere tutti e venti con il metodo della mobilità? Perché la formula del 19+1? Anche questa è una coincidenza che lascia pensare a un tipo di politica clientelare, tra l’altro praticata stavolta da un organo non eletto dal popolo e che determina solo una mera sostituzione del potere sul territorio e non un vero e proprio cambiamento teso alla trasparenza come vogliono farci credere.

Quindi la mia domanda è: a chi sta giovando questa pseudo-riqualificazione del Governo Meloni? Siamo sicuri che dalla democrazia sporcata dalla vecchia classe dirigente con le sue commistioni e omertà non siamo passati alla gestione monocratica e teocratica del territorio tesa al Pensiero unico di memoria fascista? Ai posteri l’ardua sentenza.

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Caivano

A CAIVANO L’etica è un lusso! La sfera morale e la corsa elettorale dei tutti dentro!

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CAIVANO – La lista degli “impresentabili” della Commissione parlamentare antimafia, pubblicata a pochi giorni dal voto a Caivano, non è un mero elenco burocratico: è un monito, un severo richiamo al concetto basilare che dovrebbe reggere la partecipazione alla res publica. Quando i nomi di Giuseppe Gebiola, Pierina Ariemma, Antonio De Lucia e Pasquale Mennillo finiscono sotto i riflettori, il dibattito non può e non deve limitarsi alla sola legalità formale, ma deve innalzarsi al livello, molto più esigente, dell’etica e della morale pubblica.

Il Codice di autoregolamentazione delle candidature è stato concepito proprio per questo: per superare la visione minimalista del “non ho ancora una condanna” e innalzare l’asticella. L’integrità morale di un aspirante politico non è un optional, ma il prerequisito fondamentale per chiunque voglia dedicare il proprio tempo e la propria azione alla cura degli interessi collettivi. Chi si candida a governare una comunità deve essere al di sopra di ogni sospetto, non solo per rispettare la legge, ma per meritare la fiducia dei cittadini.

Il “Carico Pendente” e la Sfera Privata di Gebiola

Il caso di Giuseppe Gebiola, che con una lunga nota si difende dalla dichiarazione di impresentabilità, merita un approfondimento per l’acrobatica distinzione che tenta di operare. Gebiola ammette la pendenza di un procedimento penale risalente a circa dieci anni fa, legato al suo ruolo di controllo contabile in una società privata, ma nega qualsiasi rilevanza etica e morale per la sua candidatura.

La sua argomentazione ruota intorno a due concetti cardine: la mancanza di una condanna definitiva e l’estraneità dei fatti alla gestione della cosa pubblica.

“La mera pendenza di un procedimento penale, soprattutto per fatti che non attengono direttamente alla gestione della cosa pubblica ma all’esercizio di una professione privata, non dovrebbe di per sé costituire elemento sufficiente per una valutazione di impresentabilità.”

Ecco la seria stilettata che non può mancare: l’idea che un illecito – presunto o accertato – commesso nella sfera privata non intacchi l’idoneità etica per la sfera pubblica è pericolosa e insostenibile. Con lo stesso distorto metro, dovremmo forse ritenere che camorristi, assassini o stupratori, i cui reati non si consumano nelle stanze dell’amministrazione comunale, siano automaticamente candidati eticamente integri per un incarico pubblico? Assolutamente no! Il reato è una rottura del patto sociale, e l’etica non ha un interruttore che si accende o si spegne a seconda del luogo di lavoro. L’integrità è un valore olistico che riguarda la persona nella sua interezza.

Ma c’è un altro aspetto che rasenta l’incoscienza politica. Gebiola afferma che il procedimento si concluderà a gennaio 2026. Cosa accadrebbe se in quella data, a distanza di un mese o due dall’insediamento, un giudice decidesse per una condanna in primo grado? Il neo-eletto consigliere Gebiola si troverebbe costretto a difendere una posizione legale compromessa mentre ricopre una carica pubblica. Non solo, ma l’intera Amministrazione di Caivano si troverebbe ad affrontare una nuova, penosa, e mediatica, grana giudiziaria.

L’etica e la morale impongono di non candidare il rischio alla cosa pubblica. L’onestà intellettuale, di cui Gebiola si fa paladino, dovrebbe spingerlo a rimuovere ogni ombra per il bene superiore della collettività.

Il Silenzio, Talvolta, è d’Oro

I quattro candidati, pur con le loro diverse motivazioni (per Ariemma, De Lucia e Mennillo il legame con la giunta sciolta per ingerenze criminali, per Gebiola il carico pendente), rappresentano un fronte comune: la volontà di non rinunciare.

Se l’intenzione di Gebiola e degli altri era comunque quella di proseguire nella corsa elettorale, forse avrebbero fatto meglio a seguire l’esempio di Pasquale Mennillo, che tra i quattro dichiarati impresentabili, non ha rilasciato alcuna dichiarazione pubblica. Il tentativo di giustificazione, infatti, ha sortito l’effetto opposto, amplificando il rumore e la distrazione su una questione che, in una città che cerca la rinascita, dovrebbe essere risolta nel modo più limpido possibile: un passo indietro, per il bene di tutti.

La parola finale spetta ai cittadini di Caivano: devono riflettere attentamente su quale tipo di leadership desiderano. Una che antepone l’ambizione personale alla trasparenza assoluta, o una che fa dell’integrità morale la sua bandiera, senza se e senza ma.

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Caivano

Lutto profondo a Caivano: scompare Maria Amalia Castaldo a soli 44 anni

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La comunità di Caivano è in lutto per la prematura scomparsa di Maria Amalia Castaldo, nota e stimata farmacista, spirata all’età di 44 anni. La donna lascia il marito, Carmine, e il giovane figlio, Antonio, nel dolore più profondo.

La triste notizia è stata diffusa anche attraverso i social dal parroco locale, Don Patriciello, che ha espresso parole di grande commozione e fede di fronte al mistero del dolore.

“Amalia, la dolce Amalia, è volata in paradiso. Perché, Signore? Lo sposo è giovane. Il figlio non ancora adolescente. Il dolore è grande. Il cuore si ribella. Solo la fede ci sostiene. Il mistero della vita è immenso.”

Nel suo messaggio, Don Patriciello ha reso omaggio alla forza della defunta, aggiungendo: “Addio, Amalia. Adesso puoi riposare in pace. Hai combattuto la buona battaglia, hai conservato la fede, preparati a ricevere la corona di gloria, che il Signore, giusto giudice, ha preparato per te dall’eternità.”

Le esequie si terranno domani, venerdì 14 novembre, alle ore 10:00, presso la Parrocchia S. Paolo Apostolo nel Parco Verde di Caivano.

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CAIVANO. Peppiniè le gaffe passano a due!

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C’è chi fa il candidato sindaco per cambiare il mondo, e chi lo fa senza nemmeno cambiare la modalità “dilettante allo sbaraglio” delle sagre di paese. A Caivano, per dire, abbiamo il novello Totò della politica locale: urla ai quattro venti il suo programma di rinascita, ma dimentica i fondamentali della burocrazia — quella stessa che dovrebbe amministrare.

Prima gaffe: non presenta l’istanza di aspettativa non retribuita prima della candidatura. Robetta, dirà qualcuno. Peccato che quella robetta rischi di renderlo ineleggibile. È come voler aprire un negozio senza chiedere la licenza: un dettaglio, sì, ma solo fino a quando arriva la Guardia di Finanza.

Ma siccome la sfortuna ama la compagnia, arriva la seconda perla. Totò, se fosse vivo, risponderebbe dal balcone del Municipio: “Peppiniè, le pizze passano a due!” E infatti le gaffe raddoppiano.

Il nostro campione della trasparenza, eventualmente, si è dimenticato di chiedere ai suoi candidati i carichi pendenti. Un dettaglio da nulla — finché non arriva la Commissione Antimafia a pubblicare l’elenco dei “quattro impresentabili”. E indovinate un po’? Uno è proprio della sua coalizione. Una lista, coalizione, che a questo punto sembra più un menù degustazione del caos se ci mettiamo anche parenti e affini di boss e imprenditori che pagavano il pizzo alla camorra.

Dunque, prima ancora di cominciare, il candidato risulta già “colpevole” — non di corruzione, ma di confusione; non di malaffare, ma di malafare. Due leggerezze, due scivoloni, due autogol da cineteca. Un record assoluto per chi ancora non ha varcato la soglia del Comune.

A Caivano, in un territorio martoriato e in cerca di riscatto, presentarsi con un nome segnalato dall’Antimafia è un atto di autolesionismo politico e di schiaffo alla legalità promessa. Dimostra una superficialità e un’assenza di filtri che fanno tremare.

E allora, cari elettori, il dubbio sorge spontaneo: se non sa gestire una candidatura, come gestirà un bilancio comunale?
La burocrazia non è pizza, ma in mano a certi apprendisti può bruciare allo stesso modo.

Perché in fondo la morale è tutta lì: la politica è un forno caldo, e chi non sa leggere le istruzioni finisce inevitabilmente con la figuraccia servita… ben cotta. Peppiniè, stavolta le pizze passano a due. Ma la figura — quella — è già extralarge.

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