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Napoli, la direttrice dell’Archivio di Stato spegne le polemiche: “Matrimonio in sicurezza e autorizzato, non ci sono stati danni”

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Tiene banco a Napoli il caso del matrimonio celebratosi lo scorso 7 dicembre presso l’Archivio di Stato, con un banchetto da 300 invitati nonché discoteca con luci e fumi artificiali.

Pertanto, tale situazione non è affatto piaciuta ai sindacati Cgil Fp, Cisl Fp, Confsaln e Unsa Uilpa, i quali avevano denunciato gli spazi stretti per i tanti invitati e dunque pericolosi per le opere di grande valore al suo interno.

Tuttavia la direttrice della struttura, Candida Carrino, ci ha tenuto a precisare:

“Sono qui dall’alba e non ci sono stati danni. Ho sentito parlare di matrimonio da guappi, ma sono due professionisti. Si è creato un macello. Hanno pagato un canone per gli spazi, un’assicurazione e lo straordinario ai nostri dipendenti che dovevano arginare eventuali problemi”.

Poi, ha aggiunto: “L’Archivio, per le nozze, ha incassato circa 20mila euro in tutto. Posso assicurare che non c’è stato alcun pericolo: le luci erano ipotermiche, le candele non a fiamma libera ma a led e quindi non potevano provocare alcun incendio. Il forno era a microonde, anche le stufe a led e l’aperitivo posizionato su tavoli distanti dagli affreschi e separati da un cordone di sicurezza”.

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Caso Visibilia, a processo la ministra Daniela Santanché

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La ministra del Turismo, Daniela Santanché, è stata rinviata a giudizio con altre persone per false comunicazioni in merito al caso Visibilia, una delle società del gruppo da lei fondato e del quale ha dismesso le cariche.

Pertanto, quello che si aprirà a Milano è il primo processo che la senatrice dovrà affrontare in qualità d’imprenditrice. Infatti, il processo a carico di Santanché e degli altri imputati, si aprirà il prossimo 20 marzo davanti alla seconda sezione penale del Tribunale di Milano.

In particolare, la giudice ha dichiarato prescritte le imputazioni per gli anni dal 2016 al 2018, affermando in questo caso il non doversi procedere tra gli altri anche per la ministra.

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Napoli, il cinema Metropolitan chiude i battenti: addio ad un pezzo di storia

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Quella di ieri è stata una giornata storica per Napoli, visto che dopo oltre mezzo secolo chiude i battenti il cinema Metropolitan di via Chiaia 149, con le lettere di licenziamento ai lavoratori già partite.

Le famiglie Caccavale e Grispello, oltre alla proprietà dei locali, ossia Intesa Sanpaolo, hanno investito oltre un milione di euro nell’attività, ma non sono bastati. Anche il deputato Francesco Emilio Borrelli si sta muovendo sulla vicenda, chiedendo un’informativa al ministro della Cultura Alessandro Giuli, il solo insieme al sindaco di Napoli Gaetano Manfredi a poter salvare la storica attività.

Inoltre, già qualche settimana fa, il sindaco Manfredi aveva così affermato:

“Sulla destinazione d’uso dei locali, noi abbiamo le nostre prerogative urbanistiche quindi qualsiasi cosa venga fatta lì deve essere compatibile con quelli che sono i vincoli urbanistici della città e con quelle che sono le nostre volontà. È una questione che noi abbiamo già affrontato anche per altre situazioni e ho chiesto al Demanio un approfondimento. Si tratta di titoli che sono stati trascritti negli anni ’60 e negli anni ’70 che sono ormai consolidati, quindi è molto difficile che ci possa essere un cambiamento rispetto a una proprietà privata che oramai è consolidata”.

Contestualmente, arrivano le parole del deputato Francesco Emilio Borrelli:

“Ritengo inaccettabile la poca trasparenza con la quale l’istituto bancario ha condotto l’intera vicenda. Vogliamo conoscere con quali criteri sia stato aggiudicato il bando per l’assegnazione dei locali, quale sia il soggetto aggiudicatario e se lo stesso abbia fornito le necessarie garanzie per il rispetto della destinazione culturale del sito, prevista dal Decreto del Ministero della Cultura che ha inteso nel 2023 porre sulla struttura adibita a Cinema Multisala Metropolitan il vincolo di destinazione a fini culturali”.

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Tumore scambiato per dolore addominale: condannata clinica del Salernitano

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Grave episodio avvenuto presso una clinica del Salernitano, dove una donna di 35 anni affetta da dolore addominale recidivante si era recata per una visita di controllo. Fin qui nulla di strano, se non fosse che il medico della struttura abbia sottovalutato i suoi sintomi definendoli una banalità.

Poi, nei mesi successivi, il dolore si aggravò fino a richiedere un ricovero d’urgenza per gravi complicanze compressive causate da una massa tumorale. La diagnosi tardiva di liposarcoma ha reso necessario un intervento chirurgico demolitivo, che secondo i periti avrebbe potuto essere evitato.

Pertanto, il Tribunale di Nocera Inferiore ha condannato la clinica per omessa diagnosi di un liposarcoma, con un risarcimento complessivo di 170mila euro a favore della paziente.

Contestualmente arrivano le dichiarazioni dei legali dello studio Maior, che hanno assistito la donna:

“Questa sentenza ribadisce l’importanza della diligenza e della competenza del medico, il cui operato è cruciale per evitare danni spesso irreparabili ai pazienti. Il risarcimento ottenuto rappresenta un riconoscimento di giustizia per la nostra assistita”.

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