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Caivano

CAIVANO non è un Modello, lo sa anche la brava gente del Quarticciolo, mentre i politicanti di mestiere caivanesi lo applaudono.

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CAIVANO non è un modello. Stavolta non sono io a dirlo ma gli abitanti di Roma, quelli che da anni si battono per dare una speranza alla povera gente che abita al quartiere del Quarticciolo, finito sotto la lente di ingrandimento di questo governo per replicare il modello Caivano anche nel quartiere Alessandrino di Roma insieme a quello di Rozzano a Milano e Rosarno in Calabria oltre che a Scampia di Napoli.

Non ci stanno quelli del Quarticciolo, anche perchè, a differenza di noi caivanesi, loro sanno di cosa si sta parlando. Un modello tutto repressione e nessun ripristino di uno Stato Sociale, oltre che alla discrimanazione di un intero territorio che, attraverso una legge, stabilisce quale comunità sia da recuperare e quale sia da ergere come da esempio. Insomma non proprio quello che auspicavano i nostri padri costituenti quando al tempo della stesura della nostra amata Costituzione pensavano a come redigere l’art. 3.

Oltre al danno di immagine e alla discriminazione di una intera comunità è alquanto acclarato che il modello Caivano nel nome di un risanamento territoriale non fa altro che sottrarre i territori alla regolare amministrazione comunale e municipale. È successo a Caivano con il Delphinia e succederà con il Teatro comunale e, se si farà, col campo sportivo, così come al Quarticciolo è stata sottratta l’unica struttura funzionante, sinonimo di speranza, insita all’interno dell’agglomerato di povertà del quartiere. Ossia, l’ex questura che, come dichiara l’attivista del Comitato “Quarticciolo Ribelle” Pietro Vicari a Repubblica, quel luogo oltre a essere casa per quaranta persone garantiva anche un serivizio di doposcuola attivo da anni, mentre si intendono finanziare strutture, come a Caivano, senza chiarirne la finalità o l’effettiva accessibilità per il territorio.

È il classico disegno che adottano da sempre i Paesi militarizzati che annettono altre Nazioni libere. Annullare l’identità e la cultura ed è quello che in maniera del tutto antidemocratica e fuori da ogni logica costituzionale sta attuando il Governo centrale verso quei quartieri ritenuti arbitrariamente emergenziali al punto tale da subire un chiaro e lampante esempio di repressione, la stessa repressione attuata e pensata mentre si redigeva il decreto Caivano che attualmente come unico risultato ha prodotto un affollamento delle carceri per oltre il 50% come evidenziato da Antigone, nonché un doloso svuotamento delle realtà territoriali (comitati, associazioni, centri sociali) nelle medesime aree, poiché assimilate al contesto degradato o comunque non titolate a partecipare attivamente alla riqualificazione di contesti conosciuti e vissuti da decenni. Improvvisamente, così come successo a Caivano, diventano tutti delinquenti: criminali e mondo dell’associazionismo, anche e soprattutto quelli che si battono per un quartiere migliore e per il ripristino di uno Stato Sociale.

E mentre il Governo si vanta e sbandiera ai quattroventi il modello Caivano esportandolo anche in altre zone periferiche del Paese, a bassa voce si affretta ad approvare la Legge di Bilancio con un taglio netto di 28,5 milioni di euro destinati alla riduzione dei divari territoriali e al contrasto della dispersione scolastica.

Ma a Caivano c’è chi applaude alla Meloni e al prete che pratica la politica meloniana. A Caivano c’è chi ha fatto parte di quel vuoto istituzionale e oggi vorrebbe, timidamente, uscire con la testolina fuori per vendersi come l’unica forza politica credibile alle prossime elezioni amministrative. Lo stesso che applaude al Presidente Mattarella pur di entrare in un quel mare della maggioranza che adora il nostro grande Presidente della Repubblica. Che privo di contenuti e ignaro di tutto quanto scritto finora sul modello Caivano, delle lotte intraprese dal sottoscritto, delle verità denunciate a, e da Report, sommessamente rimasto in silenzio prima, durante e dopo le commistioni della criminalità organizzata all’interno del settore comunale, in maniera costumata, col sigaro in bocca, dal divano della propria dimora con tanto di piscina, col cuore a sinistra e portafogli a destra, in pieno stile radical chic, cerca di comunicare alla città che lui cinque anni fa ha gridato in campagna elettorale di non aver voluto i voti della camorra.

Peccato però che poi ha dimenticato di gridare quando la camorra, con lui consigliere di opposizione, si è mangiata due milioni di euro di somme urgenze invisibili e anche l’intero settore lavori pubblici e urbanistica. Si è dimenticato o ha avuto paura di gridare allo scandalo e dimostrare la sua indignazione verso gli arrestati e il clan camorristico che stava impedendo il progresso sociale della propria città. Non ha speso una parola contro la camorra che finalmente aveva un nome e un cognome, gli stessi nomi da sempre scritti e denunciati attraverso i miei editoriali. Si è dimenticato di difendere la propria comunità quando veniva venduta al mondo intero come una collettività di criminali sporchi, brutti e cattivi. Anzi, ha anche applaudito il Governo e la sua propaganda accettando sommessamente che nel nome della propria città venissero elargiti fondi sovracomunali agli amici degli amici della Meloni per ripagarsi la propria campagna elettorale. Si è distratto un attimo quando, in pieno risanamento territoriale, parte della sua coalizione alle scorse elezioni europee, pochi mesi fa è stata grande elettrice di Alberico Gambino eurodeputato di Fratelli d’Italia, mentre lui si è divisto tra Giosi Ferrandino di Azione e Raffaele Topo del PD. Insomma il classico politico conformista di Sistema buono per tutte le stagioni e per le lobby cittadine che pratica la politica politicante.

Questo è quanto si prospetta dal mondo politico caivanese, mentre una parte della società civile, al posto di ribellarsi e pretendere i propri diritti e prinicipi democratici volti all’autogestione, preferisce l’abominio culturale – oltre ai profili di dubbia legalità – creato dal Governo centrale e rappresentato da una applicazione che incita alla delazione, alle forme di giustizia privata, alla discriminazione territoriale e sociale regalando l’immagine chiara e incontrovertibile di coloro che, in una situazione di percepita pericolosità e in assenza di qualunque mediazione, auspicano interventi definitivi per attaccare, reprimere, fino ad abbattere colui o colei che è considerato in quel dato momento il nemico.

Una Caivano senza appartenenza, senza identità, rappresentata da una comunità che non si sente tale, una città abitata sempre più da persone che come valore principale alimenta il pensiero del “si salvi chi può”. Questa è la Caivano che ci sta regalando questo governo e il divario tra ricco e povero, tra colto e ignorante, tra abile e disabile sarà sempre più evidente se la collettività caivanese non si renderà conto che bisogna fare quadrato intorno ai problemi annosi del proprio territorio, avere un sussulto di dignità nel nome di una identità perduta, ringraziare il Governo e dire: “Grazie, da oggi possiamo e dobbiamo farcela da soli”.

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Caivano

CAIVANO. Anche gli intellettuali cominciano ad indignarsi allo spettacolo delirante creato intorno alla Terra dei Fuochi

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CAIVANO – Ho appena avuto modo di leggere l’opinione dell’ex Sindaca di Caivano Francesca Falco pubblicata sul Caivano Press del collega Francesco Celiento e leggere le sue parole mi ha davvero rallegrato il cuore, oltre che accendere ancor di più in me quella fiamma di rivalsa a difesa del nostro territorio martoriato e denigrato dalle bugie mediatiche che hanno affossato totalmente sia il tessuto sociale che economico della nostra comunità.

Francesca Falco, uno dei veri pochi intellettuali che io conosca a Caivano. L’ultimo baluardo della resistenza di una politica che non esiste più. L’azzeramento di essa si è avuto con il secondo scioglimento per ingerenze criminali consecutivo ma donne e uomini di cultura alla pari di Franca Falco, a Caivano, oggi si contano sulle punte delle dita.

Sono davvero contento che finalmente anche chi potrebbe tranquillamente tracciare un solco etico e morale all’interno della nostra comunità oggi affronta un problema annoso come quello della Terra dei Fuochi. Un problema che, durante l’arco degli anni, è diventato più una questione di cattiva comunicazione che ambientale.

La Terra dei Fuochi a Caivano esiste ma è legata solo al fenomeno dei roghi tossici, un fenomeno legato a doppio filo con il mondo sommerso del parallelo e i nostri cattivi stili di vita inerenti il concetto del risparmio che ci induce a contribuire alla crescita del mercato del falso e dell’usato dei pneumatici.

Ma a queste latitudini c’è qualcuno che ama drammatizzare, allarmare, spettacolarizzare e fare demagogia sul dolore altrui, lo stesso dolore che, come dichiara Franca Falco, per ogni buon cattolico dovrebbe essere un sentimento intimo, che dovrebbe essere metabolizzato in privato e nella preghiera, affidandosi alla propria fede e vivendo nella speranza che ogni nostro caro perso in questa vita, potrebbe vivere meglio in un’altra.

E mentre qui, si cerca a tutti i costi un colpevole, per poter poi chiedere il conto, anche salato, allo Stato e sperare nei famosi risarcimenti alle famiglie vittime del cancro facendo leva su un nesso tra inquinamento e patologie neoplastiche mai dimostrato e forse mai dimostrabile, intanto si continua a cercare di creare il vuoto istituzionale puntando il dito sulle istituzioni locali, accusando sindaci, commissari e Polizia Locale di aver fatto poco e male il proprio dovere.

In questo vuoto istituzionale creato ad hoc, ci si è infilati con la lotta della Terra dei Fuochi, una lotta fondata sul nulla, mentre a Caivano si lasciano le persone a morire a contatto con l’amianto, l’unico materiale cancerogeno dichiarato dall’Agenzia della Ricerca sui Tumori, si imbracciano lotte su argomenti fasulli e fallaci.

Un vuoto che però è piaciuto alle Istituzioni sovracomunali che boicottando quelle locali venivano e continuano a venire a Caivano a fare passerelle in una chiesa che oramai prende sempre più le sembianze di un piccolo parlamento che di un luogo di culto cristiano. Un luogo che non perde tempo ad ospitare il Presidente della Repubblica, Ministri, Prefetto e Forze dell’Ordine ma che allo stesso modo non perde tempo a chiudere le sue porte a persone che seppur, borderline, restano esseri umani lasciati al freddo per strada.

Tutto questo nel nome dell’unico dio: il dio denaro! Lo stesso denaro che è stato già distribuito – nella cifra pari a 745,4 milioni di euro – e che a nulla è servito e chissà in quali tasche è andato a finire. Lo stesso denaro che si continua a chiedere al Governo e che dovrà servire ad altre bonifiche inesistenti fatte su terreni che mai hanno visto intombare o sotterrare una bustina di rifiuti manco solido urbano.

Ma oggi sono felice, perché a distanza di dieci anni non sono più solo e sapere che una grande intelligenza caivanese come la preside Franca Falco tira le orecchie a chi si è prestato allo spettacolo poco edificante tenutosi nella chiesa San Paolo Apostolo domenica scorsa lascia ben sperare per il futuro.

Sono convinto che le belle parole della ex dirigente scolastica possano creare un solto etico e determinare l’opinione pubblica sul tema e a tal riguardo suggerirei a tutte le menti pensanti di Caivano, a tutti quelli che hanno compreso dove risiede l’origine della nostra cattiva immagine ma soprattutto a tutti coloro che conoscono la verità e in nome di essa volessero risolvere i problemi della nostra comunità di fare fronte unico, di allearsi sotto un’unica bandiera, quella giallo verde, quella che tanto fa battere i cuori di chi vi è nato sotto il suo sventolio e di indignarsi, di avere il coraggio di denunciare, tutti insiene, il male e il crimine, senza compromessi né tutela dell’interesse personale. Solo così si può tornare a colmare democraticamente quel vuoto istituzionale e impedire a chi non è preposto di riempirlo illegittimamente.

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Attualità

Caivano, apertura dell’Anno Giubilare al Santuario di Maria Santissima di Campiglione

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Solenne Apertura dell’Anno Giubilare al Santuario di Maria Santissima di Campiglione a Caivano. Grande la partecipazione e la devozione.

La celebrazione eucaristica è stata presieduta dal Vicario Foraneo, Don Nicola Mazzella, affiancato dai parroci delle comunità locali e da una folla di fedeli provenienti da Caivano, Cardito, Carditello e Crispano.

L’evento ha visto una straordinaria adesione del popolo, testimoniando la profonda fede e il senso di appartenenza della comunità. Alla cerimonia ha preso parte anche il Commissario Straordinario, Dott. Filippo Dispensa, la cui presenza ha sottolineato l’importanza dell’occasione per l’intera città.

L’Anno Giubilare rappresenta un momento di grazia e rinnovamento spirituale, un’occasione per la comunità di riscoprire la propria fede e rafforzare il legame con il Santuario, luogo di culto e di tradizione secolare.

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Ambiente

Ancora mistificazioni sulla Terra dei Fuochi. Tutta la verità sulla Sentenza della CEDU

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CAIVANO – Non so gli altri, ma tra le tante cose del mio lavoro che mi tengono occupato, ho trovato il tempo di leggere e tradurre le 184 pagine della Sentenza della CEDU (Corte Europea dei Diritti Umani) che secondo alcuni soloni del procurato allarme sulla Terra dei Fuochi, in Campania, lo Stato avrebbe lasciato morire varia gente di tumore dopo aver fatto troppo poco per contrastare l’inquinamento: questo, almeno, si è letto in qualche riassunto giornalistico, perché la sentenza supera le 500mila battute e c’è da chiedersi chi l’abbia letta davvero.

Bene, il sottoscritto ci ha messo un po’ ma alla fine, come spesso gli accade, è riuscito a mettere su la verità: Innanzitutto La sentenza riconosce ritardi e inefficienze da parte dello Stato italiano sul tema dell’Ambiente e delle ecomafie, ma non afferma che tutta la Campania sia contaminata o che ci sia un legame diretto tra inquinamento e tumori. Non impone bonifiche generalizzate, né conferma l’esistenza di un biocidio. Non stabilisce che i prodotti agricoli della regione siano pericolosi.

Inoltre: la CEDU ha evidenziato carenze nelle politiche ambientali, infatti che la 628 del 2015 scritta dall’allora Ministro dell’Ambiente Sergio Costa – lo stesso che nella sua ignoranza in materia, nel 2013 sequestrò 13 campi di coltura a Caivano perchè nei pozzi attigui fu trovata presenza di metalli pesanti nell’acqua di irrigazione, salvo poi scoprire, a distanza di sei anni che quei valori erano normali dalle nostre parti perché trattasi di acqua di origine vulcanica data dalla presenza del vicino Vesuvio – fosse farraginosa lo abbiamo sempre saputo. La sentenza non ha sancito l’esistenza di un biocidio né ha stabilito un nesso diretto tra inquinamento e mortalità. Un dettaglio che non fa comodo alla narrazione di chi auspica ad un risarcimento in denaro ai parenti di persone morte per tumori.

La stessa narrazione che fa il prete Patriciello nel suo articolo su Avvenire e sui propri social, dove ricorre come sempre alla retorica del martirio e all’ennesima operazione di marketing del dolore, un concentrato di pathos che, sotto la maschera della denuncia civile, si trasforma in un manifesto di allarmismo e approssimazione. La Terra dei Fuochi viene ridotta a un’eterna fossa comune, una narrazione che si nutre di tragedie e indignazione, ma che, puntualmente, evita il rigore dell’analisi e il peso delle prove. Il solito copione: emozione senza razionalità.

L’incipit dell’articolo è un classico esercizio di pornografia del dolore: bambini morti, madri disperate, infermiere affrante. Ogni parola è studiata per far leva sulle emozioni del lettore, per evocare un’ingiustizia cosmica senza nemmeno prendersi il disturbo di fornire una base solida ai propri argomenti. Ma dov’è il dato epidemiologico? Dov’è la prova scientifica della correlazione tra l’inquinamento e l’aumento dei tumori? Nulla. Solo lacrime e accuse vaghe.

Infatti la Sentenza della CEDU condanna l’Italia per non aver fatto tanto sulla questione Ambiente, ma chi ha fatto ricorso – a proposito è giusto precisare che dei 41 ricorrenti sono stati accolti solo i ricorsi di pochi mentre quelli delle Associazioni sono stati scartati – non ha informato che grazie alla narrazione sensazionalistica di procurato allarme fatta dal prete e dai suoi adepti in Campania sono arrivati migliaia di milioni di euro tutti in bonifiche inesistenti o non percepite e che qui voglio elencare: 220 milioni di fondi CIS portati direttamente dall’allora Ministra Carfagna direttamente nella chiesa di Patriciello – da sottolineare che all’interno di essi c’erano anche 2,5 milioni di un progetto presentato direttamente dal prete anticamorra – 500 milioni dai fondi PNRR per i siti rimasti orfani di colpevoli; 450 milioni dalla Legge di Stabilità del 2016; 500mila euro per la costruzione di quattro siti operativi della Protezione Civile; 2 milioni per la gestione dei presidi operativi collocati a SMA Campania; 1,4 milioni per evoluzione sistema informativo I.Ter per la gestione legate alle attività della Terra dei Fuochi; 700mila euro per attività di pattugliamento di tre squadre composte da personale SMA Campania; 6 milioni di euro per la realizzazione di un sistema di sorveglianza intelligente del territorio con sensori radar e l’acquisto di sette droni utilizzati dal personale di SMA Campania; 1,5 milioni di euro ai Carabinieri per l’acquisto di droni, laboratorio avionico mobile, 500 tablet per implementazione del Sistema ODINO su cui installare App per segnalazioni di abbandono rifiuti e incendi roghi; 1 milione ai VV FF per aver messo a disposizione cinque uomini e un mezzo per ogni presidio operativo. Squadre attivate per lo spegnimento degli incendi dei roghi; 8,1 milioni a SMA Campania per la gestione dei presidi oeprativi per due anni; 750mila euro ai VV FF per ogni presidio operativo dedicato allo spegnimento degli incendi dei roghi tossici.

Allora più che alimentare una narrazione mistificatoria e fuorviante atta solo alla richiesta di ulteriore esborso di fondi pubblici, ci si dovrebbe indignare e domandare che fine abbiano fatto tutti questi soldi, in quali tasche siano finiti e domandarsi se chi oggi grida al risarcimento o alle responsabilità dello Stato abbia vigilato sulla tracciabilità di questi fondi.

Chi grida oggi alla vittoria, mistificando e ribaltando ancora una volta la verità, come fa anche il prete Patriciello nelle sue ultime uscite, dimentica quello che ha affermato in passato e quali erano, secondo questi, i veri colpevoli e quindi il loro bersaglio.

Patriciello non ha mai dato colpe al Governo centrale, tanto è vero che li chiamava spesso a far passerelle in Chiesa per chiedere aiuto e lì ci sono passati tutti da Renzi a Conte per finire alla Meloni su altri argomenti. Il modus operandi è stato sempre lo stesso, deligittimare le istituzioni locali accusandole di gravi colpe e mancanze per poi creare un vuoto colmabile solo con l’intervento del Governo attraverso la sua intercessione. Un copione riuscito e finalmente messo in scena con la venuta della Premier Giorgia Meloni ma sempre contrastato dal sottoscritto proprio per non incappare in quella confusione istituzionale di cui oggi Caivano ne è vittima.

Oggi, invece si grida alla vittoria, e si è contenti di una fantomatica condanna allo Stato Italiano addossando le colpe perfino ai politici ma la sentenza intende, nondimeno, la magistratura e le sue inchieste che hanno combinato poco. Praticamente la mancata applicazione delle norme e delle leggi, non l’inoperazione e la immobilizzazione del legislatore.

Tra l’altro la magistratura, per esempio, da oltre 10 anni ha fermato e impedito coltivazioni sulla base di «anomalie geomagnetometriche», e questo significa che alcuni sensori avevano rilevato qualcosa sotto terra. Quindi hanno poi scavato? Hanno verificato? No, ma il sospetto preventivo è bastato per bloccare terreni, rovinare aziende e criminalizzare filiere produttive.

Inoltre c’è da aggiungere che la superficie contaminata corrisponde all’1 per cento della piana agricola (non l’ha detto solo Vincenzo De Luca, ma anche Raffaele Cantone) come hanno già certificato Arpac, Iss, progetto Ecoremed e diverse commissioni parlamentari.

Mentre Caivano, territorio cui Patriciello ha sempre reclamizzato essere la capitale della Terra dei Fuochi, non rientra in quelle aree ritenute pericolose poiché, da analisi Arpac non c’è nessun terreno inquinato secondo i criteri indicati nella legge 242 del Testo Unico dell’Ambiente e se a tutto questo aggiungiamo che l’ASL Na2 nord non ha mai certificato una maggiore incidenza tumorale rispetto al resto d’Italia, si può benissimo comprendere come la sentenza non sia la condanna definitiva dello Stato italiano per un genocidio ambientale, come alcuni vorrebbero far credere. Specialmente e soprattutto a Caivano.

Tanto è vero che molti ricorrenti non erano nemmeno residenti in aree effettivamente colpite dalle presunte violazioni e che i casi presi in considerazione dalla CEDU non rientrano neanche nelle aree interessate dalla Terra dei Fuochi.

Non vi è mai stata alcuna correlazione scientificamente provata tra inquinamento e tassi di mortalità nella Terra dei Fuochi né la Sentenza lo certificherebbe.

I giornali hanno amplificato e deformato il contenuto della sentenza per renderla più sensazionale. Si è diffusa l’idea che la CEDU abbia certificato una mattanza sanitaria, quando in realtà la Corte ha solo rilevato carenze nelle politiche di gestione del rischio ambientale, senza attribuire cause precise.

Insomma, è brutto da dire, sembra assurdo: ma la CEDU ha deliberato come se fossimo fermi al 1996 o al 2013, quando imperversavano le dichiarazioni televisive del pentito camorrista Carmine Schiavone le cui uscite apocalittiche (parlò di scorie nucleari e della morte, entro vent’anni, di tutti i campani) si sono rivelate infondate. Ma è proprio a partire dal 2013 che i monitoraggi hanno rilevato una mancanza di contaminazioni dei suoli e delle falde acquifere, è da allora che i Patriciello, scrivono che «hanno ucciso» le colture di pomodori, melanzane, carciofi, pesche, mandorle, albicocche e mele: una bugia stra-certificata ma che intanto ha danneggiato spaventosamente il Pil campano, anche perché i consumatori, in tutti i supermercati italiani e non solo, smise di comprare certi prodotti.

Uno degli aspetti più gravi dell’ennesima mistificazione fatta sulla Terra dei Fuochi è il modo in cui Patriciello dipinge chiunque osi mettere in discussione la sua narrazione. La parola “negazionisti” viene usata in modo deliberatamente infamante, senza alcuna distinzione tra chi ha cercato di minimizzare il problema per interessi personali e chi, con dati alla mano, ha semplicemente contestato le esagerazioni mediatiche.

In questa categoria, secondo il prete di periferia, rientrano scienziati, agronomi, esperti di qualità agroalimentare e ricercatori oncologici come la scienziata Paola Dama, che hanno osato dire che non tutti i terreni della Campania sono contaminati, che i prodotti agricoli locali non sono avvelenati e che la narrazione apocalittica ha portato a un danno economico immenso e ingiustificato. Tra questi “negazionisti” ci sarebbero anche gli autori degli studi che hanno dimostrato che i livelli di contaminazione sono nella norma e che i prodotti campani sono tra i più controllati d’Europa. Per Patriciello, la verità è accettabile solo se conferma la sua pseudo-indignazione.

La narrazione di Patriciello è il perfetto esempio di disinformazione emotiva: privo di dati verificabili, costruito su una retorica binaria “buoni contro cattivi”, incapace di fare i conti con la complessità della realtà. Il vero problema non è negare che la Terra dei Fuochi esista, ma il modo in cui viene strumentalizzata: trasformata in una farsa mediatica che oscura il lavoro della scienza, danneggia l’economia locale e spinge la politica a scelte dettate dal panico anziché dall’evidenza.

La verità è un’altra: il disastro ambientale della Terra dei Fuochi esiste, ma è stato usato come un’arma narrativa per imporre un racconto che non regge alla prova dei fatti. E finché questo sarà il paradigma dominante, l’informazione su questo tema resterà tossica tanto quanto i rifiuti che denuncia.

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