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Sport

Tennis, Sinner batte Shelton in tre set e vola in finale agli Australian Open

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Jannik Sinner batte lo statunitense Ben Shelton in tre set e stacca il pass per la seconda finale consecutiva agli Australian Open, dopo la vittoria dello scorso anno ai danni di Medvedev.

Tuttavia il match di oggi non era iniziato sotto una buona stella, visto che il tennista italiano era andato sotto in più di un’occasione nel primo set, con l’americano che ha sciupato due set point, prima di essere punito al tie break dal numero uno al mondo, con un perentorio 7-2 che gli consegna il primo set dopo oltre un’ora di gioco.

Il match è molto fisico, con un Sinner stranamente nervoso e meno brillante del solito, mentre Shelton continua a servire bolidi e a mettere in seria difficoltà l’azzurro con il suo sinistro, ma nel secondo set cala d’intensità favorendo il ritorno di Sinner, che chiude i giochi con un 6-2.

Il terzo set vede Sinner chiedere l’intervento del fisioterapista per un riacutizzarsi di un dolore alla schiena e per i crampi, che lo colpiscono come alle semifinali dell’anno scorso al Roland Garros, ma stavolta l’epilogo è differente: infatti, Sinner rientra in campo e chiude il match con un altro 6-2, conquistando la seconda finale consecutiva a Melbourne.

Ora dovrà vedersela con il tedesco Sasha Zverev, che nell’altra semifinale ha eliminato il serbo Novak Djokovic dopo il ritiro di quest’ultimo all’inizio del secondo set. Si tratta della sfida tra i primi due della classifica mondiale, quindi servirà un Jannik in grande spolvero per avere la meglio.

Ecco le parole di Sinner al termine del match di oggi:

“Partita dura, entrambi abbiamo risposto meglio di come abbiamo servito. All’inizio ero teso, ma ho saputo gestire bene la situazione. Ho avuto qualche crampo alla gambe, ho un po’ sofferto, ho cercato di restare in movimento e di chiudere in tre set”.

Poi, sulla finale di domenica aggiunge:

“Abbiamo avuto sfide aperte nel passato, lui è un giocatore straordinario, cerca il suo primo Major. La pressione sale, ma mi piace trovarmi in situazioni così. È il motivo per cui gioco a tennis”.

Calcio

Conte e la Juventus, ma i bianconeri hanno gia il loro uomo: Luciano Spalletti

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Il nome di Antonio Conte torna puntualmente ad accendere il dibattito tra i tifosi juventini ogni qual volta si manifestano segnali di tensione o “mal di pancia” nel suo attuale club. Per il sostenitore medio della Vecchia Signora, il ritorno del “vecchio Capitano”—artefice del capolavoro dei 102 punti e della Juventus più affamata degli ultimi vent’anni—rappresenta un riflesso condizionato, quasi una certezza per la ricostruzione.

Queste voci, alimentate anche dall’attuale “Fase 2” di Conte a Napoli, caratterizzata da divergenze di mercato e scaramucce con alcuni giocatori, risuonano con forza nelle chat dei tifosi.

Se da un lato un futuro ricongiungimento tra Conte e la sua “casa madre” in quel di Torino non è escluso, e la fine del suo ciclo a Napoli a fine stagione è probabile, il suo ritorno non è affatto all’ordine del giorno.

La Juventus ha, infatti, compiuto una scelta di qualità e autorevolezza affidandosi a Luciano Spalletti. L’esperto tecnico di Certaldo viene descritto come l’uomo giusto per l’attuale fase storica di ricostruzione dei bianconeri.

Spalletti è visto come un profondo conoscitore del campionato, dotato del “quid” necessario per valorizzare e far performare una rosa che non è esente da criticità.

L’idea che Spalletti sia solo un “traghettatore” (un “Tudor qualsiasi”) per soli otto mesi, in attesa di lasciare il posto a Conte, viene ritenuta fantasiosa e smentita da chi conosce l’ambiente della Continassa. Anzi, alcune fonti vicine al club suggeriscono che un rientro immediato di Conte “potrebbe far esplodere definitivamente la Juventus”, sottintendendo come la sua forte personalità non sia adatta all’attuale equilibrio societario.

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Napoli

La società blindata su Conte, ma il clima è teso

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Il Calcio Napoli è ufficialmente attestato sulla linea dell’incrollabile fiducia verso Antonio Conte. Dalla società filtra che la posizione è ferma ai tweet di Aurelio De Laurentiis: le dimissioni del tecnico salentino sono pura fantascienza ed è un onore averlo alla guida del club. Il messaggio è chiaro: non ci sono alternative, e Conte rientrerà regolarmente al lavoro lunedì prossimo.

Nonostante le rassicurazioni ufficiali, l’ambiente è in ebollizione. L’assenza di Conte dagli allenamenti, con il tecnico rimasto a Torino per “ricaricare le pile” – un suggerimento che, secondo la società, sarebbe partito dal presidente – è un fatto che colpisce e non può lasciare indifferenti, soprattutto per un “maniaco del lavoro” come l’allenatore pugliese.

L’episodio è letto come un chiaro segnale di tensione. L’assenza ha colto di sorpresa persino i calciatori, e l’aria che tira suggerisce che lo scontro con lo spogliatoio sia ormai consumato, con i “soldati” che gli avrebbero girato le spalle, come riportato anche da fonti vicine alla squadra.

È inevitabile che in questo clima di incertezza si scatenino le voci sul futuro della panchina. Nonostante il Napoli ribadisca l’impossibilità di un piano B, la paura di rivivere una stagione di dissoluzione, come quella successiva al terzo scudetto, è palpabile.

In questo scenario, hanno già cominciato a circolare nomi per l’eventuale successione. Se oggi è spuntato quello clamoroso di Xavi, domani chissà. Il Napoli, però, continua a smentire, specificando che l’ipotesi di una rottura non viene neanche presa in considerazione e che la permanenza di Conte a Torino è solo una pausa per “smaltire le tossine” prima di ricompattare la squadra.

La verità definitiva arriverà nel weekend, quando si capirà se l’incontro con la squadra sarà solo un rinvio dell’inevitabile faccia a faccia o se la crisi potrà davvero rientrare.

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Attualità

Conte, il profeta inascoltato: la crisi del Napoli già annunciata a Dimaro

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L’analisi di Mimmo Carratelli sul Corriere dello Sport demolisce l’attuale isteria attorno al Napoli, riportando l’attenzione sulla lucidità profetica di Antonio Conte.

Secondo Carratelli, l’allenatore aveva già compreso l’imminente difficoltà, gelando l’entusiasmo estivo dopo il quarto scudetto con il monito che la stagione sarebbe stata “difficilissima”. Una previsione inascoltata, che oggi trova conferma nella crisi.

Nonostante una spesa elevata, stimata in circa duecento milioni di euro per nove acquisti, l’analisi è netta: il mercato ha ampliato la rosa, ma non l’ha rafforzata. Carratelli sostiene che sono mancati i “giocatori realmente determinanti” – quelli che fanno la differenza – citando l’assenza di un leader tecnico del calibro di De Bruyne per evidenziare le carenze qualitative.

Conte, alla prima flessione, ha tentato di ricompattare lo spogliatoio parlando di “nemici interni ed esterni”, sollecitando l’orgoglio e l’esperienza della “vecchia guardia”. La conclusione di Carratelli è inappellabile: le preoccupazioni di Conte erano fondate, e la crisi del Napoli non è una sorpresa, ma la dura realizzazione di un monito iniziale, amplificata da un mercato costoso ma inefficace.

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