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Il prete Patriciello fa visita al colonnello Cagnazzo. Visita ad un amico, garantismo, carità cristiana o semplice confusione come sempre?

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CAIVANO – La notizia di ieri lanciata da Il Fatto Quotidiano che raccontava dell’iniziativa spontanea del prete Maurizio Patriciello di andare a recare conforto al colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo, dietro le sbarre perché accusato di aver ucciso nel 2010 il sindaco di Pollica Angelo Vassallo per proteggere un giro di droga capeggiato da un referente dei clan, ha destato scalpore e indignazione nella maggior parte delle persone di Caivano e, a leggere dai commenti social, dei quanti hanno letto l’articolo del quotidiano del collega Marco Travaglio.

A me no. A me non ha fatto né scalpore né meraviglia. Che il prete Patriciello fosse una figura che molto spesso genera confusione nel chi ascolta le sue parole e poi guarda ai fatti, non lo scopriamo certo con questa singolare scelta. Sono dieci anni ormai che scrivo fiumi di parole sulla possibilità data ad un prete di ricoprire ruoli sociali e istituzionali atti solo a generare la confusione derivante da una Comunicazione non competente e priva di ogni mezzo tecnico per affrontare i delicati temi sociali come quello della Terra dei Fuochi per finire al narcotraffico e alla lotta alla criminalità. La stessa confusione che ha generato l’approssimativo provvedimento governativo per risanare il nostro territorio che altro non ha fatto che aumentare la depressione in chi ci vive e affibbiare un’onta storica difficile da lavare via ad un’intera comunità.

Premesso che il prete Patriciello e il colonnello Cagnazzo si sono ritrovati molto spesso spalla a spalla a presenziare convegni ed eventi che avevano come unico denominatore la lotta alle ecomafie e questo lascia intendere che i due si conoscevano anche piuttosto bene – come si può evincere dalla foto in basso – non mi meraviglierebbe affatto che il prete in quanto cristiano senta il bisogno di andare a dare conforto ad un amico in carcere, proprio come si faccia ad un parente. Solo che non bisognerebbe dimenticare che il valore che legava i due era totalmente opposto al principio per cui oggi si trova in carcere e viene accusato il colonnello Cagnazzo.

Allora delle due l’una: o il prete Patriciello continua a considerarsi amico del colonnello al punto da recargli conforto in carcere laddove dovesse risultare anche colpevole o in cuor suo ha già assolto il colonnello Cagnazzo perché convinto che sia innocente. Poiché al probabile concetto di garantismo che possa esprimere il prete non ci può credere mai nessuno dato che col suo giustizialismo – evinto anche dalle sue dichiarazioni – ha già messo in ginocchio l’immagine di un’intera comunità.

Ma sono sicuro che tutto questo sia sempre frutto della confusione generata da chi non possiede i mezzi e le compentenze per ricoprire un ruolo così delicato come quello di personaggio antimafia popolar-nazionale.

A rafforzare questa mia riflessione sono le dichiarazioni che sporadicamente il prete lascia in giro durante i suoi tour o le sue omelie in Chiesa, tutte tese, stranamente, a sminuire la gravità e il pericolo delle azioni perpetrate dalla criminalità organizzata colpevolizzando e aggravando la colpa di chi magari per sudditanza, interesse personali o assoggettamento ne resta ammaliato e/o costretto, e quindi incastrato in accordi o affiliazioni.

Perché chiunque abbia un po’ di sale in zucca e voglia seguire i consigli di un personaggio anticamorra come Maurizio Patriciello resta confuso dall’ascoltare le sue parole dette il 16 novembre scorso a Pomigliano d’Arco, durante la presentazione di un libro sul narcotrafficante internazionale Raffaele Imperiale quando asserisce: “Fanno più danni uomini delle istituzioni corrotti – carabinieri, politici, o chicchessia – che la camorra”“ha fatto più male al Parco Verde di Caivano il carabiniere Lazzaro Cioffi detto Marcolino che tutti i camorristi del rione messi insieme” e poi vederlo dare conforto ad un altrettanto uomo delle istituzioni corrotto. È lampante che qualcosa non quadra e la domanda sorge spontanea: perché questo doppiopesismo? E quando i colleghi de “Il Fatto Quotidiano” hanno cercato di chiedere lumi al prete lui gli risponde che non intendeva fare commenti su circostanze che riflettono la sfera privata dei rapporti tra un sacerdote e un fedele. Anche metterla sul piano sacerdote-fedele ci convince poco, dato che in ogni carcere che si rispetti c’è la presenza di un cappellano di riferimento e laddove un fedele ritenesse opportuno conciliarsi con Dio lo potrebbe fare in qualsiasi momento e non è certo un amico o un conoscente ad avere la patente migliore per farlo.

Qui poi bisognerebbe domandarsi quali motivazioni valide hanno spinto un Gip o un Pubblico Ministero ad autorizzare una visita simile, dato che il prete Patriciello, seppur riconosciuto in tutto il Paese come personaggio anticamorra, riveste comunque il ruolo di un semplice cittadino e non di un parlamentare.

Il giustizialismo del prete Patriciello verso le istituzioni lo si evince anche nel video ripreso durante l’omelia all’indomani degli arresti di alcuni esponenti politici di Caivano nell’ottobre del 2023, addirittura nelle sue parole si può leggere un’esenzione di colpa da parte della camorra e la chiara pericolosità del ruolo della politica quando entra in commistione con la criminalità organizzata arrivando ad asserire: “finché la camorra è una cosa che sta al di fuori della politica, la camorra non è troppo pericolosa, quando si intrufola all’interno della politica diventa veramente pericolosa”. Chiaro il messaggio che il quid di pericolosità alla camorra, secondo l’anticamorra Patriciello, lo dia proprio la politica. Come se da sola la camorra non uccidesse, strangolasse o sciogliesse bambini nell’acido per perpetrare i propri loschi affari.

Un’altra dimostrazione di quanto il prete anticamorra abbia le idee confuse e possa sfociare in messaggi fuorviante la sua comunicazione è quando assolve quasi i venditori di morte per addossare la colpa ai drogati, asserendo che se esistono gli spacciatori di droga è perché esiste un’alta domanda tra i tossicodipendenti. Insomma per il prete anticamorra è sempre facile sparare sulla parte più debole del sodalizio e non si riesce a capire ancora il perché.

Allora a questo punto, in tutta questa confusione, mi rivolgo direttamente al prete Patriciello: mi deve spiegare perché un colonnello dell’arma accusato di aver contribuito all’omicidio di un Sindaco che aveva scoperto un giro di droga e lo avrebbe denunciato di lì a poche ore, occultato le prove e di aver agevolato il narcotraffico di alcuni referenti del clan egemone insieme ad altri suoi sodali è meritevole di conforto mentre le mamme delle 39 famiglie sfrattate, dove l’unica colpa che avevano era quella di avere già scontato una pena superiore ai sette anni più di un decennio fa, sono state lasciate al freddo e al gelo senza alcun segno di ospitalità da parte sua nel nome di una sicurezza mai ritenuta necessaria?

Quali sono le priorità dell’antimafia, cercare di reinserire nel tessuto sociale chi ha pagato il proprio debito con lo Stato o portare conforto a chi ancora deve dimostrare la propria innocenza? E se la risposta è la seconda, allora mi deve spiegare perché i Giamante Alibrico e i Carmine Peluso non sono stati meritevoli di conforto? Eppure questi ultimi, anche loro rappresentanti delle istituzioni fino al loro arresto, non sono stati mai accusati di avere ucciso qualcuno né di aver commesso crimini efferati che possano paragonarsi a quelli di cui è accusato il colonnello Cagnazzo. Perché non sono stati meritevoli di conforto i minorenni che hanno abusato delle ragazzine al Rione Bronx – non al Parco Verde fa sempre bene ricordare la verità – a differenza dei giudici che hanno ritenuto opportuno metterli alla prova? Allora mi domando: come si muove un soggetto antimafia in Italia? Che direzione vogliamo far prendere ad un concetto nobile come quello della lotta alla mafia se cominciamo a lanciare messaggi fuorvianti e confusionari? Perché la mia Caivano non ha avuto una seconda possibilità o una parola di conforto da parte sua come l’ha avuta il colonnello Cagnazzo? Cosa le hanno fatto Caivano e i caivanesi per meritarsi il suo sempre negativo giudizio? Ai posteri l’ardua sentenza.

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Fermato dalla locale ad Afragola: picchiava la fidanzata in auto, scatta l’arresto.

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Un normale controllo di routine della Polizia Locale di Afragola, diretta dal Colonnello Antonio Piricelli, ha portato all’arresto di un giovane con l’accusa di maltrattamenti e percosse nei confronti della fidanzata.

Gli agenti hanno notato un veicolo a bordo del quale i due occupanti discutevano in modo concitato. Poco dopo, l’auto si è fermata e la ragazza è scesa in evidente stato di difficoltà. Fermata dagli agenti, la giovane è scoppiata in lacrime e ha chiesto aiuto, rivelando di aver subito percosse e maltrattamenti da parte del fidanzato, violenze che, secondo il suo racconto, andavano avanti da tempo.

Mentre la ragazza veniva messa in sicurezza negli Uffici della Polizia Locale, gli agenti sono riusciti a fermare il ragazzo. La vittima, che presentava un ematoma alla tempia per un colpo ricevuto con un oggetto, è stata assistita dal 118 e presa in carico dal Centro Antiviolenza e dai Servizi Sociali del Comune.

Il fidanzato è stato trovato anche in possesso di hashish ed è stato tratto in arresto per maltrattamenti e percosse. È stato successivamente tradotto presso il carcere di Poggioreale. Il Comandante Piricelli ha immediatamente allertato tutte le strutture di supporto necessarie per la protezione della vittima.

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Nuova aggressione all’Ospedale Pellegrini, ubriaco danneggia ambulanza e ferisce personale

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Un grave episodio di violenza si è verificato nella notte tra sabato e domenica al Pronto Soccorso del Vecchio Pellegrini di Napoli. Un uomo in stato di forte ebbrezza ha aggredito il personale sanitario e di sicurezza, rendendo necessario l’intervento delle Forze dell’Ordine per sedare la situazione.

L’episodio ha avuto inizio quando un equipaggio del 118 è intervenuto presso la Stazione Centrale per soccorrere un cittadino marocchino di 35 anni, trovato in forte stato di agitazione e sotto l’effetto dell’alcol.

Nonostante le difficoltà, l’uomo è stato trasportato al Pellegrini. Una volta a destinazione, la situazione è degenerata rapidamente:

  1. L’uomo ha afferrato l’estintore dell’ambulanza e ha mandato in frantumi un vetro del mezzo. Ha minacciato gli operatori del 118.
  2. Ha sputato in faccia a una guardia giurata che era intervenuta in soccorso del personale medico.

L’intervento tempestivo della Polizia ha permesso di bloccare l’aggressore e di evitare conseguenze più serie per il personale. Dopo aver ricevuto le cure necessarie in ospedale, l’uomo è stato accompagnato in commissariato per gli accertamenti.

L’associazione “Nessuno tocchi Ippocrate” ha denunciato l’accaduto, evidenziando la gravità del fenomeno. Questa è la 45esima aggressione registrata solo nel 2025 presso il Vecchio Pellegrini.

L’ASL Napoli 1 Centro e la Napoli 2 Nord sommano un totale di 59 episodi di violenza contro operatori sanitari dall’inizio dell’anno. L’associazione ha criticato la risposta delle ASL, chiedendo solidarietà concreta anziché semplici messaggi motivazionali sui social network.

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A CAIVANO. La campagna elettorale dei poster selvaggi: Il trionfo dell’Analfabetismo Civico

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CAIVANO – L’ombra lunga della competizione elettorale si allunga sulla città e, puntuale come un fisco che non funziona, arriva il circo Barnum della propaganda selvaggia. La scena? Un duello rusticano tra il candidato di Caivano Conta, che sostiene la candidatura a Sindaco di Antonio Angelino, e la sua antagonista Rosaria Peluso. Il campo di battaglia? Non le idee, non i programmi, ma i sacrosanti e giganteschi poster 6×3.

Assistiamo all’ennesimo, imbarazzante, sipario di quello che, una volta, si chiamava “politica” e che oggi è poco più di una recita dell’asilo, dove la regola più basilare è: si fa quel che si vuole, finché non si viene beccati.

Il 6×3, lo ricordiamo ai neofiti della democrazia: è un impianto fisso, figurativo e pubblicitario. Tradotto dal burocratese all’italiano corrente: è vietato usarlo per propaganda elettorale fuori dagli spazi ufficiali assegnati dal Comune, vietato come rubare l’acqua potabile al vicino, e per giunta sanzionato penalmente. Ma per la nostra classe dirigente di domani, la legge è evidentemente un optional, una di quelle noiose clausole scritte in piccolo che nessuno legge, figuriamoci rispetta.

“È vietata la propaganda elettorale luminosa o figurativa a carattere fisso in luogo pubblico,” dice la norma (Legge n. 212/1956).

Una norma talmente basilare che la conosce anche il piccione che, giustamente, preferisce sporcare un manifesto ufficiale.

L’affissione di manifesti elettorali al di fuori degli spazi assegnati dai Comuni è regolata principalmente dalla Legge n. 212 del 4 aprile 1956 e dalle sue successive modifiche, integrate dalle sanzioni previste dal Codice Penale e dal Testo Unico delle Leggi Elettorali (D.P.R. 361/1957).

Praticamente è vietata l’affissione di qualsiasi materiale di propaganda elettorale negli spazi destinati dai Comuni alle normali affissioni a pagamento (spazi commerciali o non elettorali).

Gli impianti fissi come i 6×3, se fanno parte del normale circuito di pubblicità commerciale o delle pubbliche affissioni a pagamento, non possono essere utilizzati per la propaganda elettorale. Le violazioni in questo campo hanno una doppia natura sanzionatoria: amministrativa e penale.

Nel caso ipotetico citato a Caivano, l’affissione di un poster 6×3 con messaggio elettorale in un impianto fisso non assegnato comporterebbe per i candidati/comitati: Una multa amministrativa salata (da € 103 a € 1.032) per aver affisso fuori dagli spazi. La possibile denuncia penale (Arresto da 1 a 6 mesi e ammenda) per aver fatto propaganda figurativa fissa in periodo vietato. L’obbligo di rimuovere immediatamente il manifesto a proprie spese o il costo della rimozione coattiva da parte del Comune.

In sintesi, l’uso del 6×3 non è solo una “leggerezza” o una “furbizia”, ma una seria violazione che può portare a conseguenze sia pecuniarie che penali.

L’Estinzione del Formato Politico

Cosa rivela questo scempio della cartellonistica? Non l’audacia, non la furbizia, ma il dramma dell’assenza di formazione politica. Un tempo, nelle segreterie di partito, vere e proprie fucine di conoscenza civica, un candidato apprendeva il mestiere. Gli insegnavano la storia, l’economia, e soprattutto, gli ingegneri del consenso gli inculcavano a suon di ceffoni sulla nuca: dove si può e dove non si può affiggere. Era la differenza tra un politico e un venditore di aspirapolveri.

Oggi, invece, il percorso è accelerato: si passa dal like su Facebook alla candidatura, dal gruppo WhatsApp alla lista, senza transitare per la scomoda stazione della Legge. Il risultato è una generazione di aspiranti Sindaci-manager che non riescono a gestire nemmeno un secchio di colla e un pennello in modo legale.

Si presentano come i paladini della legalità, ma il primo atto che compiono è un abuso edilizio elettorale. Promettono ordine e decoro urbano, ma inondano la città di cartaccia fuorilegge.

Questo non è cinismo: è ignavia civica elevata a metodo di lavoro. Non sono furbetti del quartierino: sono semplicemente sprovveduti, ignoranti delle più elementari norme del vivere democratico. E se già falliscono nel rispettare le regole per un manifesto – il loro biglietto da visita – come pensano di governare la complessità di una città intera?

Antonio Angelino – permettendo ai suoi e non formandoli politicamente – e Rosaria Peluso – pur con le loro diversità politiche – si incontrano sulla comune piattaforma dell’illegalità decorativa. Un abbraccio fraterno nel segno della violazione, uniti da un gigantesco poster 6×3 che è, al tempo stesso, il loro messaggio elettorale e il loro atto d’accusa.

Perché, vedete, chi viola una norma base per un manifesto, lo fa per un solo, tristissimo motivo: pensa di non dover rendere conto a nessuno. E questo, cari elettori di Caivano, è il vero programma politico: l’assenza di rispetto per le regole.

Forse, a Caivano, la gente non conta; conta solo l’ingombro visivo. E intanto, la legge, incollata su un 6×3 abusivo, viene coperta dalla solita, stanca, promessa elettorale. Un capolavoro di inciviltà a cielo aperto.

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