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Campi Flegrei, parla Ciciliano: “Impossibile prevedere i terremoti, bisogna prevenire”

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Nel corso della sua partecipazione a XXI secolo, la trasmissione condotta da Francesco Giorgino, il capo della Protezione Civile Fabio Ciciliano ha fatto il punto della situazione sui Campi Flegrei. Ecco le sue dichiarazioni:

“Nell’area dei Campi Flegrei i terremoti, e quindi il bradisismo, la cui causa di origine è il vulcano, sono fenomeni che non si riescono a prevedere. E quindi, come tali, non è possibile fare nessun tipo di verifica. Ci sono delle fasi di recrudescenza di questo fenomeno: l’ultima l’abbiamo vissuta all’inizio degli anni ’80, quella precedente negli anni ’70. Ci sono fasi di recrudescenza, questi sono terreni che da migliaia di anni fanno questo tipo di attività e per altri migliaia di anni continueranno a farlo. La cosa più importante quindi è avere la consapevolezza da parte delle persone che vivono in quel territorio, per fare in modo che tutto possa essere svolto nella migliore sicurezza possibile”.

Poi, aggiunge: “La pianificazione non è scritta nella roccia, si fanno anche delle modifiche. A Napoli ed Agnano si sta allestendo una nuova area di accoglienza. Quell’area è un vulcano gigantesco senza il cono, è una caldera. Non si percepisce la presenza del vulcano. In quell’area vivono diverse decine di migliaia di persone e per procedere ad un’evacuazione bisogna prevedere quelli che possono essere i fenomeni. Comunque l’Italia è uno dei paesi più sismici al mondo. Ma è anche uno dei paesi in cui è maggiore lo studio del fenomeno”.

Infine, conclude: “E’ molto importante lavorare sulle azioni di pianificazione. I comuni e le Regioni debbono saper fare, e che la Protezione civile deve portare avanti. E’ il ‘catalogo dei piani’, dove sia presente ogni singolo rischio per ogni comune. Solo così possiamo essere pronti. Perché è molto importante lavorare sull’azione di pianificazione, poiché non è possibile ovviamente prevedere i terremoti. Meglio una scuola chiusa in più che invece poi gestire l’emergenza di una scuola aperta. Per chi vive in queste zone il messaggio è di non perdere mai la fiducia delle istituzioni, prima le istituzioni locali, i sindaci, sono fondamentali per portare per mano le comunità. Solo dopo sappiamo il risultato dell’evento emergenziale”.

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In Italia saranno ammessi rapporti intimi in carcere ma solo con la porta aperta e per massimo due ore

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Il diritto alla sessualità entra in carcere. A distanza di oltre un anno dalla pronuncia della Consulta, arriva il primo concreto segnale dal Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, Dap, che apre definitivamente la strada alla possibilità di concedere colloqui intimi dietro le sbarre. «Un vero e proprio diritto soggettivo» del detenuto – secondo i giudici – che ora è consentito e stabilito dalle linee guida diffuse dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

Ad usufruire di questo tipo di incontri potranno essere soltanto il coniuge o la persona stabilmente convivente del detenuto, in diversi casi anche più di una volta al mese. I numeri dei colloqui potranno sostituire gli stessi di quelli visivi periodicamente concessi e dureranno al massimo due ore.

La priorità sarà data ai detenuti che non hanno permessi premio, né altri benefici penitenziari che consentano di coltivare i rapporti affettivi all’esterno. Inoltre, in questo senso saranno privilegiati i detenuti, compresi gli imputati, che a parità di condizioni con altri devono espiare pene più lunghe e che sono in stato di privazione della libertà da più tempo.

La camera degli incontri, arredata con un letto e servizi igienici e senza la possibilità di chiusura dall’interno, sarà sorvegliata soltanto all’esterno dal personale di Polizia penitenziaria adeguatamente equipaggiato per il controllo dei detenuti e delle persone ammesse ai colloqui intimi.

La scelta ha però avuto anche dei risvolti negativi, in particolare c’è stata una dura presa di posizione del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, l’organizzazione più rappresentativa del Corpo, che in una nota inviata ai vertici del Ministero della Giustizia ha dichiarato: “Non possiamo tollerare che la dignità professionale dei poliziotti penitenziari venga svilita fino al punto da renderli, di fatto, custodi dell’intimità altrui. Noi non ci siamo arruolati per diventare “guardoni di Stato”, né accetteremo che tale ruolo improprio venga normalizzato per l’assenza di un progetto credibile, serio e sostenibile.”

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Donazione degli organi, sono sempre più in aumento le persone che si rifiutano

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L’11 aprile scorso si è celebrata la Giornata Nazionale per la Donazione e il Trapianto di Organi e Tessuti, un’occasione fondamentale per riflettere sul valore di un gesto che può salvare fino a sette vite.

Ma nonostante l’importanza di questa scelta, il trend preoccupa: nei primi tre mesi del 2025 il 40% di 950mila persone che hanno rinnovato la carta d’identità si è esplicitamente opposto alla donazione degli organi. È la percentuale più alta segnalata negli ultimi dieci anni, da quando vengono raccolti i dati delle dichiarazioni di volontà sottoposte alle persone al momento del rinnovo dei documenti.

Il centro nazionale trapianti, che coordina la distribuzione degli organi donati in tutti gli ospedali italiani in seguito alla morte di una persona, giudica questo andamento molto preoccupante perché a un aumento delle opposizioni corrisponde una minore possibilità di salvare migliaia di persone in attesa di un organo.

Grazie al consenso, lo scorso anno 1.730 persone hanno donato i loro organi contribuendo a 4.602 trapianti, perché un solo donatore può aiutare fino a sette persone, che diventano addirittura nove se polmoni e fegato vengono suddivisi tra più riceventi con la tecnica split.

I più propensi davanti all’ipotesi di donare gli organi dopo la morte sono i 40-50enni, i più dubbiosi sono soprattutto gli over 60, ma anche i 18-30enni, tra i quali le opposizioni sono passate dal 33,6% del 2024 al 37,9% del primo trimestre 2025.

Alla base ci sono spesso paura, mancanza di informazione o scarsa consapevolezza. Eppure donare è semplice, sicuro, e può fare la differenza tra la vita e la morte per migliaia di pazienti in lista d’attesa.

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A Napoli la celebrazione in memoria dei caduti di tutte le guerre

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Nella solennità di San Francesco di Paola, patrono della “Gente di Mare”, nella omonima Basilica Pontificia di Napoli, in piazza del Plebiscito, a Napoli, si è tenuta la celebrazione in memoria dei caduti di tutte le guerre, di terra, di cielo e del mare.

Numerosa la partecipazione di autorità civili e militari, tra cui il Viceprefetto di Napoli, Dario Annunziata, dell’Ammiraglio Ispettore della Marina Militare Pierpaolo Budri, del presidente dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia di Napoli Antonio Varriale.

È stata deposta una corona in memoria dei caduti a cura dell’Anmi, mentre il Presidente della Delegazione Provinciale dell’Oncsc Alfredo Migliaccio ha ribadito lo spirito di cooperazione tra le componenti associative d’arma, che rendono viva la memoria di chi ha combattuto per garantire la nostra stessa esistenza.

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