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CAIVANO. Ecco spiegato, in maniera elementare, perché la vecchia politica è incandidabile

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CAIVANO – Sto leggendo alcuni post di politici navigati, soprattutto coloro che hanno fatto parte dell’ultima devastante esperienza. Poi stamattina ho ascoltato con interesse il videomessaggio del coordinatore di Noi al Centro Peppe Barra. Sarei stato durissimo nella critica ma penso che non sia il caso. Per un semplice motivo: quelle cose si possono scrivere solo se davvero si è in buona fede nella totale ed innocente manifestazione di non averci capito niente. Quello che leggo non è in malafede e non vuole nemmeno prendere in giro nessuno. Semplicemente manifestano una totale inconsapevolezza di quanto accaduto. Ed allora è necessario ripristinare un minimo di verità nel ragionamento, anche per tentare di far prendere coscienza a coloro che si definiscono “vecchi politici” cosa hanno combinato e cosa hanno prodotto.

Caivano in tutt’Italia e anche sulle televisioni estere è il simbolo dell’intreccio tra politica e camorra. In altri territori gli organi elettivi sono stati sciolti dal Ministero degli Interni per infiltrazioni della criminalità, in larga parte determinata dal famoso “fumus”. A Caivano la vecchia politica ha determinato un contesto diverso: i politici, tra consiglieri e assessori, non erano collusi. Erano organici al clan e si recavano sui cantieri a riscutore tangenti per l’organizzazione criminale.

E’ chiara la differenza? Qui non è intervenuta la Prefettura per scioglimenti che altrove sono anche divenuti discutibili e persino il Ministro Piantedosi ha messo finalmente in evidenza dei limiti della legge antimafia sugli scioglimenti (su questo ci torneremo in seguito). A Caivano è intervenuta la Procura perché chi governava il Comune non era corrotto ma si muoveva da epsonente del clan, svolgendo ruoli e mansioni che di solito vengono affidati alla manovolanza dei boss. Dopo la Procura, l’intervento della Prefettura è passato quasi inosserevatro, come se fosse una cosa naturale e persino il male minore rispetto al ruolo che la politica ha svolto sul territorio non in rapporto con la camorra, ma in alcuni settori addirittura organica alla camorra.

Questa differenza almeno è chiara nella testa di chi continua a voler riabilitare quello che da nessuna parte al mondo sarebbe stato possibile che accadesse? Figuriamoci se si possa pensare di riabilitarlo. E non si confonda la responsabilità penale, soggettiva, con la responsabilità politica.

Mi rivolgo, adesso, a quelli che hanno governato insieme e a quelli che erano seduti nei banchi dell’opposizione ai politici organici ai clan e oggi rivendicano il ruolo della loro purezza solo perché non sono finiti nell’ordinanza della Procura. I fatti erano chiari, acclarati, sulla bocca di tutti durante l’amministrazione Falco. Lo dicevano i consiglieri comunali, si ricordi l’audio di Pippo Ponticelli. Lo scriveva sui social sulla sua pagina Pasquale Mennillo quando fu estromesso dalla giunta: parlò pubblicamente della deriva e dei rapporti tra Comune e la zona grigia della città. Lo scriveva “Minformo”, soprattutto sulla Manutenzione, delle mani nella marmellata dell’ex Assessore Carmine Peluso – oggi condannato e collaboratore di giustizia – delle frequentazioni facili tra segretari di partito e boss egemone e delle assunzioni alla Green Line di parenti e affini del boss.

Quelli che oggi vorrebbero riabilitare la “vecchia politica”, dov’erano in quei giorni? Ascoltavano, leggevano, sapevano ma non hanno mai detto nulla. È questo l’atteggiamento da condannare. Il silenzio è da condannare. Non si può governare una città, apprendere da più parti cosa accade di grave e far finta di nulla. Se non interveniva la Procura, oggi magari erano ancora tutti insieme a parlare di legalità, di buon governo, di buona politica. E nessuno poteva più scrivere nulla. Anzi, le denunce di “minformo” e le mie battaglie di legalità, nella veste di giornalista e cittadino attivo, diventavano bugie, addirittura sarebbero finite nelle querele per diffamazione che la politica non mi ha mai risparmiato.

Per quanto poi, i fatti mi hanno dato ragione. Allora cara vecchia politica, ancora che parli? E di cosa vuoi parlare? Della storia? Avete governato per decenni e vi rendete conto cosa avete prodotto sul piano politico, sociale e amministrativo? L’esempio peggiore d’Italia. E non solo per i politici organici ai clan.

La pagina più brutta l’hanno scritta quelle persone perbene che hanno fatto finta di nulla quando accadeva il peggio, occupando il ruolo di fedeli alleati, contestando chi, invece, come me e tanti altri come me, denunciavano tutto quello che poi la Procura ha scoperchiato. E allora di cosa volete parlare? Iniziate a chiedere scusa per l’omertà e per la vostra ignavia. E se non è stata omertà, ma semplice incapacità nel comprendere le dinamiche che le vostre Amministrazioni mettevano in campo, cambia poco. Omertà, complici o silenti incapaci non cambia nulla. Caivano non rinasce certo con voi.

Anche se si tratta solo di incapacità di fronte a quanto accaduto, non dev’essere un merito oppure una scusa. Un incapace deve stare lontano dal Municipio. Soprattutto se all’incapace cosa stava accadendo gli è stato spiegato più volte e da più parti, ma non ne ha mai voluto sapere nulla.

Caivano ha bisogno di soggetti nuovi, di aria fresca, di nuovi valori, di nuovi metodi per estirpare un cancro che ha messo radici in questi decenni grazie alla vecchia politica. La stessa che attraverso l’anonimato e il fango ha infangato gente perbene, capace, costretta a restare lontano da questo paese perché qui negli anni la legalità si è trasformata in una clava strumentale nelle mani di una cabina di regia opaca che volutamente infangava le persone perbene per allontanarle dalla politica.

Complice una legge sugli scioglimenti sbagliata, da modificare, come ha dichiarato anche il Ministro Piantedosi con estremo coraggio. Ed oggi gli stessi che hanno creato il “terrore” parlano di normalizzazione? A Caivano il mondo è sottosopra. I politici organici ai clan per ovvie ragioni non possono ricandidarsi grazie al lavoro della Procura. Quelli che rappresentano la “continuità” amministrativa, sarebbe un errore candidarli per i concetti espressi dalla Prefettura durante i due scioglimenti per camorra, quando ha redatto precisamente un elenco con tredici nomi di ex Consiglieri.

E poi c’è la ragion di Stato, il bene dei caivanesi. La vecchia politica ha la responsabilità di aver distrutto un paese. Se Caivano è la vergona nel mondo e i caivanesi sono costretti a vergognarsi nonostante siano persone perbene, chi ha governato fino ad oggi questo paese dovrebbe avere davvero difficoltà a mettere ancora la testa fuori e il suo cognome in una lista.

La vecchia politica che ha governato con politici organici ai clan, senza accorgersene, non ha il diritto di tornare al governo. La vecchia politica che ha infangato persone perbene per epurarle e continuare a tenere le mani salde sulla città, valorizzando chi non lo meritava, non ha i valori per continuare ad amministrare Caivano. E i caivanesi non possono, nella migliore delle ipotesi, subire il terzo scioglimento su tre amministrazioni, perché c’è una vecchia nomenclatura che non vuole lasciare il passo, che pretende di continuare ad occupare poltrone nei settori del Municipio dopo i disastri collezionati.

I cittadini si sono allontanati non perché noi scriviamo la verità ma si sono allontanati per il fango che avete prodotto fino ad oggi colpendo le persone perbene e portando al governo politici, consiglieri e assessori, organici ai clan. Questa non è una responsabilità penale ma è la responsabilità di tutte le responsabilità perché la selezione della vecchia politica ha favorito i corrotti ed espulso le persone perbene. In modo subdolo e perverso.

Oggi tutto è chiaro e c’è una responsabilità che deve valere ancora di più di quella penale. Si chiama responsabilità politica.

Spiegatelo soprattutto a chi solo per interessi politici e personali fa finta di non capire. Perché non si possono candidare i politici non arrestati? E’ scritto nell’ultima relazione di scioglimento: rappresentano la continuità amministrativa di due esperienza finite con lo scioglimento per camorra. Non si possono candidare perché nella migliore delle ipotesi mentre la camorra governava i settori, loro erano lì a fa rfinta di niente oppure, peggio ancora, sono stati talmente incapaci da non comprendere nemmeno cosa stesse accadendo. E non lo hanno compreso nemmeno quando glielo spiegavamo. Malafede o buonafede, nella migliore delle ipotesi abbiamo di fronte degli incapaci. Adesso vi è chiaro?

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CAIVANO. Al di là delle passerelle. Le vere risposte arrivano dai settori interni all’ente comunale

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CAIVANO Eppur si muove: da cronisti imparziali, quali ci riteniamo essere, questa volta dobbiamo dare atto. Dalla notte del 3 luglio u.s., quando il nostro direttore ha pubblicato l’ennesimo incendio di un autoveicolo procurato presso il campo nomadi, qualcosa si è mosso. Per onestà intellettuale non ci riteniamo gli artefici promotori, ma semplici osservatori.

Ad eccezione della ennesima passerella del 7 luglio delle varie figure della Commissione Parlamentare d’Inchiesta a Caivano, accompagnati dalle solite illustri figure di spicco locali, che hanno sfilato dove tutto sembra già legalizzato. Come si dice a Napoli: hanno “pulezzato ‘ncopp ‘o pulito”. Non un accenno alla problematica dei campi nomadi (periferia della periferia) né una visita di striscio!

Un vento amico noi cittadini l’abbiamo percepito però dagli uffici comunali: dopo l’ennesima rimozione dei rifiuti, in parte combusti, presso quell’area da sempre deturpata da rifiuti e da incendi, abbiamo notato che il Responsabile del Settore Ambiente, ing. Francesco Dell’Aversano, ha voluto dare un segnale di presenza. Forse non risolverà la problematica, ma il messaggio ha una sua valenza. Infatti, a protezione dell’ingresso incontrollato aperto nel muro di recinzione, ha posto in opera delle barriere cementizie, arginando l’ingresso di automezzi che scaricavano all’interno dell’area comunale (vedi foto). Ciò non vieterà lo scarico ed i roghi dei rifiuti, vedasi le due carcasse incendiate da poco. Ma è il messaggio ai malintenzionati che qualcosa sta cambiando.

L’altra lecita risposta ce l’aspettiamo nei prossimi periodi dalle Forze dell’Ordine locali. La determinazione dirigenziale n° 1063 pubblicata l’8/7/2025 del Comandante Dott. Espedito Giglio, ci dice che la Polizia Locale rafforzerà la prevenzione ed il contrasto al fenomeno dell’abbandono dei rifiuti e dei roghi tossici, con fondi finanziati dal Governo. Bellissima notizia, bravo il Comandante che ha saputo ottenere questo supporto dal fondo Unico Giustizia!

Ciò significa: non più una semplice osservazione e segnalazione di dove sono stati abbandonati i rifiuti. Questo lo vediamo anche noi cittadini facendoci una passeggiata nelle zone periferiche e nelle campagne. Ci aspettiamo una presenza concreta ed operativa soprattutto nelle ore extra servizio ordinario: che ci portino lo scalpo dei reali artefici dei reati in materia ambientale, con sanzioni esemplari.

Se fate un giro in campagna nelle ore serali, si vedono circolare mezzi che trasportano scarti di demolizioni (guaine, eternit, cartongesso, etc) prodotti da imprese edilizie sommerse, scarti di ritagli di fabbrichette, trasporto di autoveicoli cannibalizzati e poi dati alle fiamme, furgoni pieni di frigoriferi e lavatrici consegnate ai nomadi, o altro materiale che, chi lavora in modo illecito, smaltisce in modo illecito.

Che ben vengano questi progetti e questi finanziamenti, ma i cittadini, ancora fiduciosi in un cambiamento, cercano risposte concrete, dei RED CARPET ne abbiamo le scatole piene!

Buon lavoro a tutti

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Caivano, Parco Verde: 41 condanne in Appello per il clan Sautto-Ciccarelli

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Il sistema criminale del Parco Verde regge anche in Appello.
Dopo la maxi-retata del 2022 e le pesanti condanne inflitte in primo grado, si è concluso nei giorni scorsi il processo di secondo grado nei confronti del clan Sautto-Ciccarelli, ritenuto responsabile della gestione capillare dello spaccio nel cuore di Caivano. La Corte d’Appello ha confermato la solidità dell’impianto accusatorio, pronunciando 41 condanne per un totale di oltre 330 anni di reclusione.

Nonostante le attenuazioni riconosciute a diversi imputati – tra patteggiamenti, benefici per la continuazione con altre sentenze e concessione delle attenuanti generiche – il verdetto certifica l’esistenza di un’organizzazione ben strutturata, in grado di gestire un flusso costante di sostanze stupefacenti: cobret, cocaina, crack, eroina, hashish e marijuana, smerciate non solo nel Parco Verde ma anche in diverse aree delle province di Napoli e Caserta. Centrale, come emerso nel corso delle indagini, anche il ruolo operativo delle donne.

Nel dettaglio, tra le condanne più significative:

  • Nicola Sautto, considerato vertice dell’organizzazione, ha visto la sua pena aumentata da 20 a 24 anni di reclusione;
  • Rosa Amato, condannata a 18 anni in continuazione;
  • Cristofaro Iuorio, 18 anni;
  • Pasquale Spatuzzi, 12 anni in continuazione;
  • Salvatore Spatuzzi, 14 anni e 8 mesi in continuazione;
  • Giulio e Vincenzo Angelino, confermate le condanne a 6 anni;
  • Sonia Brancaccio, 10 anni e 8 mesi (difesa dall’avv. Leopoldo Perone);
  • Antonio Cozzolino, 12 anni e 8 mesi (difeso dall’avv. Rocco Maria Spina);
  • Mariano Vasapollo, collaboratore di giustizia, ha ottenuto 14 anni in continuazione;
  • Vincenzo Iuorio, altro pentito, ha ricevuto 4 anni e 6 mesi;
  • Anna Sportiello, condannata a 2 anni e 8 mesi.

    Molti imputati hanno ottenuto riduzioni consistenti rispetto al primo grado, ma nessun colpo di spugna: la mappa del narcotraffico delineata dalla DDA resta pressoché intatta. La Corte ha disposto il deposito delle motivazioni entro 60 giorni.
  • L’indagine ha disvelato un sistema affaristico-criminale fortemente radicato nel territorio, capace di operare con efficienza imprenditoriale, reclutando giovani, donne e soggetti già condannati, pur di mantenere attive le piazze di spaccio. Un’organizzazione che, nonostante i colpi subiti, si dimostra ancora una minaccia concreta per il tessuto sociale dell’area nord di Napoli.

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Pizzo a imprenditori di Caivano, spunta una lista tramandata da clan a clan: arrestati due reggenti del clan Angelino

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Erano inseriti in una lista tramandata da clan a clan, gli imprenditori del Napoletano, precisamente di Caivano, risultati essere vittime di estorsioni per mano di due indagati, che hanno ricoperto il ruolo di reggenti nel clan, arrestati dai carabinieri per associazione a delinquere di tipo mafioso ed estorsione aggravata.

A scoprirlo sono stati i militari del nucleo investigativo di Castello di Cisterna, nell’ambito di indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia partenopea.

Dall’inchiesta sono emersi diversi episodi estorsivi ai danni di imprenditori di Caivano, dove i due avevano assunto ruoli apicali nell’ambito di un’organizzazione malavitosa.

Le misure cautelari in carcere sono state notificate a Giovanni Barra, detto “Giovanni o’ scucciato”, 39 anni, e a Roberto Alfio Maugeri, 33 anni, ritenuti stretti collaboratori del boss Antonio Angelino, detto “Tibiuccio”, che hanno assunto la guida dell’organizzazione camorristica nel periodo in cui il capo era irreperibile in quanto destinatario di un arresto.



(fonte: Ansa)

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