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Cronaca

Omicidio Giulia Tramontano, Impagnatiello condannato all’ergastolo anche in Appello

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Alessandro Impagnatiello è stato condannato anche in secondo grado all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Tramontano, la fidanzata al settimo mese di gravidanza, uccisa il 27 maggio di due anni fa nella loro abitazione a Senago nel Milanese.

Lo ha deciso la Corte d’Assise d’appello di Milano, confermando la sentenza di primo grado.

La sentenza è arrivata dopo due ore di camera di consiglio e al termine di un processo di secondo grado durato appena mezza giornata.

L’ex barman, 32 anni, ha confessato di aver ucciso la compagna con 37 coltellate, dopo il suo rientro a casa la sera del 27 maggio. Quello stesso pomeriggio, infatti, Giulia si era incontrata e confrontata con la donna con cui Impagnatiello aveva da mesi una relazione parallela, facendo così crollare il suo “castello di bugie”. Dopo l’omicidio, l’uomo ha tentato per due volte di bruciare il cadavere, decidendo poi di nasconderlo dietro ad alcuni box a poche centinaia di metri dall’abitazione della coppia in via Novella. Nei giorni successivi aveva simulato la scomparsa della compagna, andando lui stesso a farne denuncia, e continuando a inviarle messaggi.

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Caivano

Caivano, Parco Verde: 41 condanne in Appello per il clan Sautto-Ciccarelli

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Il sistema criminale del Parco Verde regge anche in Appello.
Dopo la maxi-retata del 2022 e le pesanti condanne inflitte in primo grado, si è concluso nei giorni scorsi il processo di secondo grado nei confronti del clan Sautto-Ciccarelli, ritenuto responsabile della gestione capillare dello spaccio nel cuore di Caivano. La Corte d’Appello ha confermato la solidità dell’impianto accusatorio, pronunciando 41 condanne per un totale di oltre 330 anni di reclusione.

Nonostante le attenuazioni riconosciute a diversi imputati – tra patteggiamenti, benefici per la continuazione con altre sentenze e concessione delle attenuanti generiche – il verdetto certifica l’esistenza di un’organizzazione ben strutturata, in grado di gestire un flusso costante di sostanze stupefacenti: cobret, cocaina, crack, eroina, hashish e marijuana, smerciate non solo nel Parco Verde ma anche in diverse aree delle province di Napoli e Caserta. Centrale, come emerso nel corso delle indagini, anche il ruolo operativo delle donne.

Nel dettaglio, tra le condanne più significative:

  • Nicola Sautto, considerato vertice dell’organizzazione, ha visto la sua pena aumentata da 20 a 24 anni di reclusione;
  • Rosa Amato, condannata a 18 anni in continuazione;
  • Cristofaro Iuorio, 18 anni;
  • Pasquale Spatuzzi, 12 anni in continuazione;
  • Salvatore Spatuzzi, 14 anni e 8 mesi in continuazione;
  • Giulio e Vincenzo Angelino, confermate le condanne a 6 anni;
  • Sonia Brancaccio, 10 anni e 8 mesi (difesa dall’avv. Leopoldo Perone);
  • Antonio Cozzolino, 12 anni e 8 mesi (difeso dall’avv. Rocco Maria Spina);
  • Mariano Vasapollo, collaboratore di giustizia, ha ottenuto 14 anni in continuazione;
  • Vincenzo Iuorio, altro pentito, ha ricevuto 4 anni e 6 mesi;
  • Anna Sportiello, condannata a 2 anni e 8 mesi.

    Molti imputati hanno ottenuto riduzioni consistenti rispetto al primo grado, ma nessun colpo di spugna: la mappa del narcotraffico delineata dalla DDA resta pressoché intatta. La Corte ha disposto il deposito delle motivazioni entro 60 giorni.
  • L’indagine ha disvelato un sistema affaristico-criminale fortemente radicato nel territorio, capace di operare con efficienza imprenditoriale, reclutando giovani, donne e soggetti già condannati, pur di mantenere attive le piazze di spaccio. Un’organizzazione che, nonostante i colpi subiti, si dimostra ancora una minaccia concreta per il tessuto sociale dell’area nord di Napoli.

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Avellino

Si spaccia per direttore dell’ufficio postale e si fa dare 8mila euro

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“Il suo conto è stato clonato: deve immediatamente trasferire i suoi risparmi”.

Spacciandosi per direttore dell’ufficio postale, un 26enne residente in provincia di Napoli si è impossessato di ottomila euro di un anziano di Sant’Angelo all’Esca, in provincia di Avellino.

Lo ha convinto a trasferire la somma su un conto corrente provvisorio intestato al truffatore. In seguito alla denuncia della vittima, i carabinieri sono riusciti a risalire alla sua identità e a denunciarlo a piede libero per truffa aggravata.

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Cronaca

Richiesta di archiviazione per la franca di Casamicciola: i parenti delle vittime non ci stanno

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ANSA – Il giorno dopo la richiesta di archiviazione per la frana di Casamicciola a Ischia, sono in tanti ad essere rimasti spiazzati dalla iniziativa della Procura che di fatto significherebbe che per la tragedia, che ha causato 12 morti e devastato ampie zone del comune termale isolano, non ci saranno colpevoli.

E dopo le iniziali perplessità ora si diffondono anche le polemiche.

I primi a prendere pubblicamente posizione sono Salvatore e Vicenzo Mazzella, fratelli di Giovanna vittima del fiume di fango staccatosi dall’Epomeo la notte del 26 novembre 2022 insieme al compagno Maurizio Scotto di Minico e il piccolo Giovangiuseppe, nato da appena 21 giorni, il secondo nucleo familiare cancellato nella tragedia del Celario.

I due fratelli hanno diffuso una dichiarazione attraverso i loro legali Massimo Stilla e Gianluca Palomba, in cui esprimono tutta la loro frustrazione per la possibile archiviazione dell’inchiesta aperta per accertare le eventuali responsabilità della frana killer.

“Dopo due anni e mezzo di silenzio, oggi non possiamo più tacere – affermano i Mazzella – Abbiamo perso nostra sorella Giovanna, il suo compagno nostro amico Maurizio e nostro nipote di appena 21 giorni. Abbiamo perso l’amore di Mariateresa, cugini, nipoti, persone che erano la nostra famiglia, la nostra vita. Dodici vittime, dodici nomi, dodici volti che non si possono dimenticare. E ora ci dicono che non c’è nessun colpevole, che tutto verrà archiviato. Siamo indignati. Siamo offesi. Siamo feriti due volte: prima dal fango, oggi dall’indifferenza”.

“Abbiamo aspettato -aggiungono- in silenzio, rispettando il lavoro della Procura, confidando nella giustizia. Ci era stato detto che si stavano cercando le responsabilità, che non si sarebbe lasciato nulla d’intentato. E invece, dopo anni di attesa, arriva questa richiesta di archiviazione, che ci lascia attoniti e amareggiati. È come se si volesse archiviare non un fascicolo, ma la memoria stessa delle vittime”.

Il dolore è ancora vivo, la delusione per una svolta giudiziaria inattesa e sgradita ancor più evidente: “Un neonato di 21 giorni non può essere archiviato. Una madre, un padre, famiglie intere non possono essere ridotti a una riga su un decreto. Questa archiviazione è inaccettabile. Non lo permetteremo”, scrivono ancora. La conclusione della lettera preannuncia la volontà netta di ricorrere contro la richiesta di archiviazione, così come consente la legge: “Presenteremo opposizione, ci batteremo con tutti gli strumenti che la legge ci consente. Non per vendetta, ma per rispetto. Perché la giustizia non può arrendersi davanti alla tragedia. Perché i nostri angeli meritano giustizia. Non abbiamo mai parlato prima. Oggi siamo costretti a farlo. Oggi gridiamo perché siamo la voce di chi non può più parlare. E non ci fermeremo”. Nessun altro commento ufficiale è intanto arrivato sulla vicenda: no comment anche da parte del comune di Casamicciola Terme, costituitosi parte civile, dove si aspetta di conoscere le motivazioni della richiesta di archiviazione e la decisione finale del gip.

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