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Cronaca

Richiesta di archiviazione per la franca di Casamicciola: i parenti delle vittime non ci stanno

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ANSA – Il giorno dopo la richiesta di archiviazione per la frana di Casamicciola a Ischia, sono in tanti ad essere rimasti spiazzati dalla iniziativa della Procura che di fatto significherebbe che per la tragedia, che ha causato 12 morti e devastato ampie zone del comune termale isolano, non ci saranno colpevoli.

E dopo le iniziali perplessità ora si diffondono anche le polemiche.

I primi a prendere pubblicamente posizione sono Salvatore e Vicenzo Mazzella, fratelli di Giovanna vittima del fiume di fango staccatosi dall’Epomeo la notte del 26 novembre 2022 insieme al compagno Maurizio Scotto di Minico e il piccolo Giovangiuseppe, nato da appena 21 giorni, il secondo nucleo familiare cancellato nella tragedia del Celario.

I due fratelli hanno diffuso una dichiarazione attraverso i loro legali Massimo Stilla e Gianluca Palomba, in cui esprimono tutta la loro frustrazione per la possibile archiviazione dell’inchiesta aperta per accertare le eventuali responsabilità della frana killer.

“Dopo due anni e mezzo di silenzio, oggi non possiamo più tacere – affermano i Mazzella – Abbiamo perso nostra sorella Giovanna, il suo compagno nostro amico Maurizio e nostro nipote di appena 21 giorni. Abbiamo perso l’amore di Mariateresa, cugini, nipoti, persone che erano la nostra famiglia, la nostra vita. Dodici vittime, dodici nomi, dodici volti che non si possono dimenticare. E ora ci dicono che non c’è nessun colpevole, che tutto verrà archiviato. Siamo indignati. Siamo offesi. Siamo feriti due volte: prima dal fango, oggi dall’indifferenza”.

“Abbiamo aspettato -aggiungono- in silenzio, rispettando il lavoro della Procura, confidando nella giustizia. Ci era stato detto che si stavano cercando le responsabilità, che non si sarebbe lasciato nulla d’intentato. E invece, dopo anni di attesa, arriva questa richiesta di archiviazione, che ci lascia attoniti e amareggiati. È come se si volesse archiviare non un fascicolo, ma la memoria stessa delle vittime”.

Il dolore è ancora vivo, la delusione per una svolta giudiziaria inattesa e sgradita ancor più evidente: “Un neonato di 21 giorni non può essere archiviato. Una madre, un padre, famiglie intere non possono essere ridotti a una riga su un decreto. Questa archiviazione è inaccettabile. Non lo permetteremo”, scrivono ancora. La conclusione della lettera preannuncia la volontà netta di ricorrere contro la richiesta di archiviazione, così come consente la legge: “Presenteremo opposizione, ci batteremo con tutti gli strumenti che la legge ci consente. Non per vendetta, ma per rispetto. Perché la giustizia non può arrendersi davanti alla tragedia. Perché i nostri angeli meritano giustizia. Non abbiamo mai parlato prima. Oggi siamo costretti a farlo. Oggi gridiamo perché siamo la voce di chi non può più parlare. E non ci fermeremo”. Nessun altro commento ufficiale è intanto arrivato sulla vicenda: no comment anche da parte del comune di Casamicciola Terme, costituitosi parte civile, dove si aspetta di conoscere le motivazioni della richiesta di archiviazione e la decisione finale del gip.

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Cronaca

Clan dei Casalesi, riciclaggio ed estorsione: arrestato l’unico figlio ancora libero di Sandokan

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C’è anche Ivanhoe Schiavone, figlio di Francesco Schiavone, detto “Sandokan” storico capo del clan dei casalesi, detenuto al 41bis, tra le due persone arrestate dai carabinieri del nucleo investigativo di Caserta al termine di indagini coordinate dalla Dda di Napoli (procuratore Nicola Gratteri, aggiunto Michele Del Prete).
Gli investigatori ipotizzano nei confronti del figlio del capoclan (l’unico dei figli maschi ancora in libertà) e del suo complice i reati di di riciclaggio, autoriciclaggio ed estorsione, contestati in concorso e aggravati dall’agevolazione e dal metodo mafioso.
I militari dell’arma – è stato spiegato nel corso di una conferenza stampa in Procura – hanno notificato i provvedimenti tra Latina e Caserta e l’indagine riguarda due vasti appezzamenti di terreno del valore di 500mila euro che il capoclan aveva intestato a un prestanome per evitare che gli venissero sottratti dall’ autorità giudiziaria.
Alla morte del prestanome i terreni sono stati ereditati dai suoi figli, che decisero di affittarli a una terza persona.
Proprio a questa persona i due, con metodi camorristici, avrebbero imposto di rescindere il contratto di affitto e non avvalersi del diritto di prelazione, per consentirne la vendita a persone che loro avevano già individuato.
Tutto per consentire a Ivanoe Schiavone di recuperare denaro di cui aveva bisogno.
I terreni di 13 ettari – il cui valore è stimato in 500mila euro – si trovano nei pressi dell’aeroporto di Grazzanise, non lontano dall’azienda agricola del padre di Sandokan, e verranno sottoposti a sequestro preventivo.

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Cronaca

Giugliano, ritrovato il cadavere di un uomo in un canale tra la vegetazione

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Il corpo senza vita di un uomo è stato ritrovato sul fondo di una grossa vasca piena d’acqua nascosta tra la vegetazione nella periferia di Giugliano in Campania.
È stata informata la Prefettura di Napoli.
Sul posto ci sono i sommozzatori dei vigili del fuoco per il recupero. Nella zona, da domenica pomeriggio si cerca un uomo scomparso. Si tratterebbe di una persona ritenuta responsabile di una rapina ai danni di un distributore di benzina.

Il corpo ritrovato questa mattina non è stato ancora identificato. Ma non si esclude che possa trattarsi della persona scomparsa. Al momento, ad ogni modo, si tratta solo di ipotesi che andranno confermate ufficialmente. Il rapinatore, secondo le prime informazioni, sarebbe morto a seguito di un malore mentre tentava di sfuggire alla cattura da parte dei carabinieri che lo avevano individuato su una spiaggia.

Le ricerche dei soccorsi si sono concentrate in questi giorni nella zona tra Varcaturo e Licola, tra Napoli e Pozzuoli. Poi si sono spostate nell’area di Lago Patria. Qui ci si è concentrati su un’area di fitta vegetazione. Un canneto all’interno del quale c’era un canale.

Qui, i vigili del fuoco con i loro sommozzatori hanno cominciato a scandagliare la zona e sono quindi riusciti a raggiungere il corpo e a prelevarlo. Al momento sono in corso le operazioni di identificazione.

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Caivano

Caivano, Parco Verde: 41 condanne in Appello per il clan Sautto-Ciccarelli

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Il sistema criminale del Parco Verde regge anche in Appello.
Dopo la maxi-retata del 2022 e le pesanti condanne inflitte in primo grado, si è concluso nei giorni scorsi il processo di secondo grado nei confronti del clan Sautto-Ciccarelli, ritenuto responsabile della gestione capillare dello spaccio nel cuore di Caivano. La Corte d’Appello ha confermato la solidità dell’impianto accusatorio, pronunciando 41 condanne per un totale di oltre 330 anni di reclusione.

Nonostante le attenuazioni riconosciute a diversi imputati – tra patteggiamenti, benefici per la continuazione con altre sentenze e concessione delle attenuanti generiche – il verdetto certifica l’esistenza di un’organizzazione ben strutturata, in grado di gestire un flusso costante di sostanze stupefacenti: cobret, cocaina, crack, eroina, hashish e marijuana, smerciate non solo nel Parco Verde ma anche in diverse aree delle province di Napoli e Caserta. Centrale, come emerso nel corso delle indagini, anche il ruolo operativo delle donne.

Nel dettaglio, tra le condanne più significative:

  • Nicola Sautto, considerato vertice dell’organizzazione, ha visto la sua pena aumentata da 20 a 24 anni di reclusione;
  • Rosa Amato, condannata a 18 anni in continuazione;
  • Cristofaro Iuorio, 18 anni;
  • Pasquale Spatuzzi, 12 anni in continuazione;
  • Salvatore Spatuzzi, 14 anni e 8 mesi in continuazione;
  • Giulio e Vincenzo Angelino, confermate le condanne a 6 anni;
  • Sonia Brancaccio, 10 anni e 8 mesi (difesa dall’avv. Leopoldo Perone);
  • Antonio Cozzolino, 12 anni e 8 mesi (difeso dall’avv. Rocco Maria Spina);
  • Mariano Vasapollo, collaboratore di giustizia, ha ottenuto 14 anni in continuazione;
  • Vincenzo Iuorio, altro pentito, ha ricevuto 4 anni e 6 mesi;
  • Anna Sportiello, condannata a 2 anni e 8 mesi.

    Molti imputati hanno ottenuto riduzioni consistenti rispetto al primo grado, ma nessun colpo di spugna: la mappa del narcotraffico delineata dalla DDA resta pressoché intatta. La Corte ha disposto il deposito delle motivazioni entro 60 giorni.
  • L’indagine ha disvelato un sistema affaristico-criminale fortemente radicato nel territorio, capace di operare con efficienza imprenditoriale, reclutando giovani, donne e soggetti già condannati, pur di mantenere attive le piazze di spaccio. Un’organizzazione che, nonostante i colpi subiti, si dimostra ancora una minaccia concreta per il tessuto sociale dell’area nord di Napoli.

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