Cultura e spettacolo

Davy Emme sfida il pubblico: Non andare a teatro è come fare toeletta senza uno specchio.

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Il giovane artista Davide Marmolino, in arte Davy Emme, sfida la mentalità dell’area nord di Napoli e invita la gente ad accorrere a teatro.
In scena al Teatro Lendi di Sant’Arpino (CE) l’8 e il 9 aprile 2017, difatti sarà di scena con la propria compagnia teatrale ne’ “Il Gabbiano” di Anton Cechov.
Ad affiancare l’artista sul palcoscenico casertano, vi saranno Giusy Pangia, Marika De Luca, Antimo Buonanno, Francesco Morrone, Angela Laurenza, Salvatore Valoroso, Riccardo Sergio e Marco Serra.

– Perché questo testo?
Ho conosciuto Cechov e Il Gabbiano quando ho affrontato in accademia Stanislavskij per la prima volta, dal lavoro sull’attore al lavoro sul personaggio, dall’analisi del testo alla riviviscenza. Il testo è molto profondo e di un’attualità terrificante, ed io ci sono molto affezionato. La mia non è stata una semplice scelta, ma una necessità. Erano anni che volevo proporre questo dramma, ma non c’era nulla dentro di me che mi spingesse a farlo. Stavolta, dopo tempo, ho sentito dal profondo il bisogno di esporre alla gente la nostra realtà, la realtà di chi scrive o ci prova, la realtà di chi viene denigrato dai “nobili artisti” o da quelli che si definiscono tali, la realtà di chi vive in teatro, di chi vive “IL” teatro.

– Perché ciò dovrebbe interessare al pubblico?
Senza pubblico l’attore non ha senso d’esistere, e se il pubblico continua ad assecondare i pseudo-artisti, le pseudo-compagnie… beh, tutto diventa sempre più complicato col passare del tempo. La maggior parte della gente va a teatro solo se conosce l’artista che è di scena e “fa ridere”. Si parte sempre dal presupposto che un nome conosciuto, come ad esempio un Siani, possa darci di più di un teatrante formato, ma senza “nome”, solo perché quest’ultimo non ha fatto cinema e non è mai apparso in televisione. Aggiungo, inoltre, che non tutto quello che può darci cultura fa ridere, e viceversa.

– Detto ciò, qual è il tuo invito alla gente?
Riempiamo i teatri, ogni giorno, perché ne abbiamo bisogno, non solo noi addetti ai lavori, ma soprattutto voi che ci osservate con occhio critico, ed è proprio la vostra criticità nei confronti dell’attore e della messa in scena che aiuta tutti maggiormente ad ampliare lo sguardo ed aprire la mente.

– Credi che questa gente riesca capire il tuo messaggio?
Io credo molto nelle persone, mi fido del loro istinto e credo che ognuno di noi abbia un cuore. Io sono nessuno per definire con un dispregiativo questa gente, ma in confronto ad altri non faccio differenze, il mio teatro è aperto a tutti, così come me stesso. Tutti hanno il diritto e l’obbligo di andare a teatro. – Schopenauer sosteneva che non andare a teatro è come fare toeletta senza uno specchio. – Se vogliamo riprenderci la cultura che ci è stata tolta, andiamo a teatro, sfidiamo noi stessi. Lo stato italiano ci vuole ignoranti, e noi tutti lo stiamo assecondando, ma io credo fermamente che attraverso il teatro, chiunque possa riavere indietro la propria razionalità.”

– Hai un gruppo forte alle spalle, ti stima molto. Qual è il tuo pensiero?
Se loro mi stimano, io li stimo di più. Per me il teatro va oltre la semplice messa in scena, la crescita a teatro la si ottiene attraverso le prove, affrontando un percorso ben definito e molto altro. Per me prima di tutto viene il gruppo, è quello che ti farà raggiungere una migliore performance finale. Ma il gruppo non si forma da sé. Ritornando al mio, ho al mio fianco persone che già conoscevo da anni ed è bello averle insieme in questo progetto, le altre le ho conosciute in questa occasione e posso dire di aver incontrato ragazzi altrettanto disponibili e folli quanto me, questo mi dà forza, soprattutto nei momenti di maggiore pressione.

– Ci lasci con un saluto particolare?
Voglio solo dire “andate a teatro, e portateci i vostri figli.” Ringrazio tutti, dal pubblico a chi mi dà forza di credere sempre nel teatro, nonostante tutto!

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