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Napoli. Amianto sui fili del telefono il tribunale discute sulla sentenza della morte di un avvocato

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Aveva lavorato, senza saperlo, per 10 anni a contatto con le fibre di amianto. A. R., avvocato di Napoli, si è spento il 12 agosto del 2021 a 57 anni per un mesotelioma pleurico maligno lasciando moglie e due figli di 30 e 32 anni: il tribunale di Napoli ha condannato Telecom Italia (al tempo Sip) al pagamento di 146.910 euro come risarcimento degli eredi per quanto accaduto. Gli eredi si erano rivolti all’Osservatorio Nazionale Amianto e al suo presidente, Ezio Bonanni, che aveva dimostrato la presenza della fibra killer grazie alla relazione di alcuni lavori di demolizione e bonifica effettuati nel 2007. Durante il processo inoltre un collega della vittima ha testimoniato che “c’era amianto nelle pareti dell’intero edificio“, che è poi stato risanato solo molti anni più tardi, precisando che la vittima “non aveva alcun tipo di dispositivo di protezione individuale”.

L’Ona prosegue così: “La consulenza tecnica, secondo il giudice, avrebbe provato il nesso causale tra l’esposizione all’amianto e la malattia che ha portato il professionista al decesso, ed ha inoltre stabilito che, dal momento della diagnosi l’avvocato sia sopravvissuto tra la piena consapevolezza della gravità della malattia ed il decesso. Confermato in sentenza il rischio amianto sia nelle coibentazioni che nelle tubolature all’interno delle quali correvano i fili del telefono che ha determinato l’elevata aerodispersione delle polveri e delle fibre, e quindi l’esposizione di tutti gli altri dipendenti Telecom e SIP, per cui, precisa il Presidente Ona: questa condanna è solo la punta dell’iceberg, sono in corso diversi procedimenti di richiesta di risarcimento per l’esposizione di altri impiegati””.

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