POLITICA

Pica, l’antesignano di Hitler in versione italiana

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La legge Pica permise la repressione senza limiti di qualunque resistenza: si trattava, in pratica, dell’applicazione dello stato d’assedio interno. Senza bisogno di un processo si potevano mettere per un anno agli arresti domiciliari i vagabondi, le persone senza occupazione fissa, i sospetti fiancheggiatori di camorristi e briganti.

Volete mettere che gli italiani abbiano unito l’Italia prima ancora che fosse Italia? Anticipare i tempi, leggere nella mente delle future generazioni, convertire un paio di regni in un’unica nazione, non è cosa da tutti e gli italiani, appunto, non sono il “tutti”. Gli abitanti dello stivale, che si sa, se non ti lavi spesso i piedi comincia a puzzare, hanno precorso i tempi, preavvertita l’esigenza di un calzare intero, i mocassini non andavano più di moda e bisognava intervenire!

In sostanza fu organizzata una maratona che partiva dal nord, precisamente dal Piemonte, dove furono forzatamente reclutati un migliaio di contadini intenti a mungere vacche e  spalare la merda dei porci,  riforniti di giubbe rosse per confonderli con i comunisti anticlericali del tempo, e fatti partire per la nobile idea di un’Italia unita.

A qualcuno per errore fu data una camicia verde e fu espulso dalla gara. Per ripicca, tutti gli esclusi, fondarono la lega nord e proclamarono imperatore a vita un certo Bossi, tramandandolo di generazione in generazione fino al suo rincoglionimento completo avvenuto ai nostri giorni.

Ma torniamo alla maratona.

Quando lo starter diede via alla gara, con uno scatto fulmineo Garibaldi, detto l’eroe degli immondi, prese la guida e nessuno riuscì più a superarlo fino alla Sicilia, dove, con l’aiuto di alcuni inglesi capitati laggiù per caso, tagliò il nastro di arrivo con un centinaio di ore di anticipo sugli avversari.

Fu l’inizio dell’unità politica, culturale ed economica dell’Italia.

Ora, che al sud ci siano sempre stati malfattori di ogni genere, era cosa risaputa e appena si toccò il tasto economico -quando cioè furono trasferiti soldi dalle banche sudiste a quelle nordiste- questi insorsero mettendo a dura prova la pazienza di Camillo, penso, conte di Cavour, uno che in fatto di denaro ne sapeva una in più del diavolo.

La rabbia del Conte era ormai senza freni, ma non riusciva a trovare sfogo in nessuna azione concreta che servisse per riportare alla ragione quei farabutti dei briganti, furfanti senza pari, manigoldi e canaglie come mai il mondo aveva conosciuto.

Camillo, penso, conte di Cavour, allora, considerò di ricorrere all’arma dei cartoni animati, perché, secondo la sua idea, questi ultimi possono far di tutto senza farsi male. Lo statista, infatti, aveva visto diversi episodi di Billy il Coyote e sei era sempre meravigliato del fatto che non morisse mai nonostante le pericolose cadute dagli altissimi precipizi.

Un coyote in zona non riuscì a trovarlo, così pensò di cambiare cartone animato e inserì nel videoregistratore una cassetta che gli aveva regalato il suo amico cinese Teng Ni Dea.

Il piccolo animaletto giallo suscitò il suo stupore, quell’esserino tenero era capace di prodigi mai visti. Dopo qualche istante di smarrimento si convinse che doveva assolutamente trovarlo e non ci volle molto.

Pica abitava nel parco nazionale dell’Abruzzo, in una riserva protetta, in quanto bestia rara. Pica era l’abbreviazione di Pikachu, nome che gli era stato dato dai genitori di origine giapponese, emigrati subito dopo lo sgancio della prima bomba atomica su Hiroshima, partorito nel clima radioattivo della metropoli, il poveruomo aveva subito modificazioni genetiche significanti come quella di essere metà animale a metà cartone, proprio come il noto personaggio dei cartoni animati.

Per farla breve, lo strano essere pensò ad una legge che impedisse agli schiavi sudisti di avere il benché minimo accenno di rivolta.

Questa legge permise ai piemontesi, buoni di cuore, di rinchiudere entro i loro stessi confini gli indigeni delle regioni meridionali, per evitare che potessero farsi male. Inoltre diede licenza ai fratelli d’Italia di squartare, stuprare, uccidere, sgozzare, migliaia di altri fratelli d’Italia.

Dal sito dei fedelissimi dei Savoia su può leggere testimonianza di ciò che significò questa legge per il meridione.

Riporto integralmente:

La legge Pica permise la repressione senza limiti di qualunque resistenza: si trattava, in pratica, dell’applicazione dello stato d’assedio interno. Senza bisogno di un processo si potevano mettere per un anno agli arresti domiciliari i vagabondi, le persone senza occupazione fissa, i sospetti fiancheggiatori di camorristi e briganti. Nelle province dichiarate infestate da briganti ogni banda armata di più di tre persone, complici inclusi, poteva essere giudicata da una corte marziale. Naturalmente alla sospensione dei diritti costituzionali (il concetto di diritti umani di fatto ancora non esisteva) si accompagnarono misure come la punizione collettiva per i delitti dei singoli e le rappresaglie contro i villaggi.

Cosa altro dire?

Il videoregistratore non ce l’ho più, le cassette dei manga Giapponesi sono ormai perse, non mi resta che continuare a guardare le ultime gare delle olimpiadi.

La speranza che la lega nord possa compiere una riparazione all’ingiustizia, è sempre viva nel mio cuore.

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