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L’arte di resistere

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Tempo fa contattai telefonicamente il direttore Manfredi: tecnicamente si direbbe un’intervista, in verità quattro chiacchiere amichevoli. Ero incuriosito dalla sua ultima iniziativa: ancora una volta aveva colto nel segno. Una serie di vicissitudini mi tennero lontano dalla tastiera, quell’articolo non venne mai alla luce. Qualche giorno fa il suo compleanno:nasce l’idea di un omaggio all’artista che gode di tutta la mia ammirazione.       Il direttore è uomo cordiale,garbato,virtù non certo scontate di questi tempi: uno che pur potendo, non se la tira. Un po’ come la cultura a Casoria, che proprio non tira: forse colpa di una Città distratta e assopita ( per non dire rimbambita)dall’indifferenza cronicizzata da una Storia di occasioni fallite, dagli stenti della vita…o forse colpa della solita politica, quella degli spot strombazzati solo in campagna elettorale, che da sempre non riesce a dar risalto a quanto di buono (poco, in verità vi dico)che il nostro territorio possa vantare. Restiamo convinti del grande potenziale umano, dell’intelligenza inespressa, di un fermento vitale soffocato sul nascere: ma la cronaca recente ci insegna che per smuovere le coscienze, all’occorrenza, serve e basta un tronista, la passione per il calcio, il neomelodico che scende in pista(peccato che l’indignazione per il diritto negato ,la partecipazione alla vita reale, l’attenzione sul misfatto, nel migliore dei casi, si riduca allo sfogo sul social e non abbia lo stesso coinvolgente afflato). Per carità non si fraintenda: salutiamo l’esigenza gioiosa della cittadinanza più popolare, che resta costume rispettabile e impegno plausibile di un’amministrazione, che la vita sociale è anche leggerezza e spensierata evasione. Ci chiediamo solamente: possibile che a tutti gli altri non si badi, che non si possa promuovere arte, musica altra, e altra forma di cultura, se non in occasione di una pur straordinaria beatificazione? E allora è naturale quel rammarico, nel vedere che tutto ciò che c’è di buono finisca nel grande calderone dell’insipienza, soprattutto istituzionale, e che non si compia alcuno sforzo per promuovere, esaltare, premiare la bellezza, l’arte, il baluardo di civiltà. Il CAM è luogo di culto per pochi iniziati, la cattedrale nel deserto per  discepoli di un’idea di cittadinanza quasi esoterica. L’arte contemporanea è pur vero coacervo di concetti “indigesti”, spesso troppo cervellotici per parlare al cuore della gente: ma l’arte non mente, ed è memoria scolpita nel tempo, per chi troppo facilmente dimentica. Il Direttore è uomo cocciuto, determinato,indomito,interlocutore mai scontato:artista della  provocazione estrema, generosa e mai banale. L’uomo ostinato e sfrontato che prova a scrollare, con geniale irriverenza,una coscienza collettiva assuefatta al suo torpore. Cinque anni fa,ad esempio, sconfortato dall’indifferenza delle istituzioni ed esasperato dai continui attacchi, scrisse provocatoriamente alla cancelliera Angela Merkel per chiedere asilo culturale a Berlino: per dire a chiare lettere che non si sarebbe arreso, che mai si sarebbe piegato alla logica della mediocrità nostrana. E poi il rogo ” delle mille opere d’arte”, il punto di non ritorno, la dolorosa denuncia contro l’abbandono delle istituzioni cittadine, intenzionate a sfrattare il museo. La misura è colma, le opere d’arte date platealmente alle fiamme: un riscontro di popolarità straordinaria, l’indignazione e la solidarietà che giungono da tutto il Mondo . “Le rivoluzioni si fanno col fuoco” rispose laconico a chi gli chiedeva cosa provasse a bruciare  proprio una sua opera (che aveva esposta alla 56′ Biennale di Venezia). Mesi dopo A dOCUMENTA 13 (una delle mostre di arte contemporanea più autorevoli al mondo,che si tiene a Kessel, Germania )avrebbe portato con sé “le ceneri di quel rogo d’arte”. Col  video documentario “Ashes” raccontava al mondo una storia di morte e rinascita: “l’arte si ricicla, come una sorta di Araba Fenice. Molte gallerie d’arte straniere hanno chiesto di acquistare ceneri, pezzi di installazioni, lembi di tela delle opere che sono state bruciate per poterli esporre.”

L’arte come impegno civile, per raccontare non solo la camorra, ma anche le contraddizioni della politica, i disagi sociali, il razzismo, le minacce, le intimidazioni, le offese della volgarità e dell’ignoranza.

L’ultima sua singolare provocazione risale a dicembre: una sala intitolata a Roberto Saviano, ad un artista vivente e simbolo della lotta alla camorra degli eco-reati, è un invito a riflettere sulla necessità di reagire, a non abbassare mai la guardia: lo scrittore che ha squarciato il velo dell’omertà, l’uomo di pensiero “politicamente scorretto” ( e come sempre accade in questi casi, l’opinione pubblica si divide tra encomi e critiche feroci)rappresenta l’alfiere, un modo originale per ricordare che il nostro hinterland è in balia dei poteri criminali, che la terra ancora brucia, che ogni attività onesta è vessata,e di camorra si muore,col piombo o di cancro. Un museo a Casoria è una provocazione, è liberazione, è trasformazione, è cittadinanza. E che in questo museo ci sia una stanza dedicata a me, questo mi fa onore. Perché si parla di arte laddove l’arte è davvero vitale sopravvivenza, e non è orpello”. Le parole di Saviano, che prosegue: “Raccontare il mondo e farlo attraverso l’arte è una sfida che il Cam racconta, dal 2005; il mondo attraverso l’arte in un territorio difficilissimo, dove l’arte deve essere necessariamente cronaca. Al Cam l’arte non si fa solo racconto del territorio, ma anche e soprattutto strumento per interpretare il mondo”.

Cosa ti frulla per la testa direttore, quale sarà la tua prossima mossa? Domani saprai ancora stupirci, ne sono convinto; e magari chissà, quel giorno la nostra Città vorrà finalmente riconoscerti il giusto tributo al tuo lavoro artistico e al tuo impegno civico. Buon compleanno Antonio.

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