Cronaca

Napoli, uccide bambino a bastonate. Condannato: “trattamento troppo duro”

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NAPOLI«Signor giudice… mi scuso per il tempo che le faccio perdere ma vorrei che lei mi possa aiutare a capire perché ho ricevuto un trattamento così duro. Ho sempre ammesso le mie responsabilità…».

Inizia così la lettera rivolta ai giudici e scritta di suo pugno da Tony Essobti Badre, il giovane condannato all’ergastolo il 9 novembre 2020, in quanto ritenuto colpevole dell’omicidio di Giuseppe Dorice, il bimbo ucciso a bastonate nel gennaio 2019 a Cardito, in provincia di Napoli.

Il signor Badre è stato condannato nello stesso novembre anche per il tentato omicidio di una delle sorelline di Giuseppe, oltre che per i maltrattamenti ai danni dei suoi fratellini. Anche la giovane madre dei bambini, Valentina Casa, non è stata immune alle sentenze del giudice, il quale l’ha condannata a sei anni di reclusione in quanto ritenuta colpevole sotto il profilo omissivo.

Contro l’assoluzione di Valentina Casa dai reati più gravi, le associazioni Cam Telefono Azzurro e Akira, rappresentate dall’avvocato Clara Niola, hanno proposto appello insieme con la Procura e gli avvocati di Essobty e Valentina. Il processo di secondo grado prenderà il via domani davanti alla Corte di Assise di Appello di Napoli (seconda sezione). A rappresentare le due sorelline di Giuseppe sarà l’avvocato Pierfrancesco Moio.

Nella missiva di domani, l’avvocato Pietro Rossi, legale di Badre, consegnerà ai giudici, l’imputato chiede che possa essere letta in aula. Tony si dice consapevole che le sue scuse «non serviranno a nulla, se non a trovare un pò di pace».

Ribadisce, come fatto anche in primo grado, che non era sua intenzione uccidere il bimbo: «…non so cosa è scattato nel mio cervello. È scattato il buio… non volevo la morte di Giuseppe». «L’imputato ha compreso la gravità delle proprie azioni – spiega l’avvocato Pietro Rossi – ma avverte la pena come ingiusta. In effetti la pena dimostra la tendenza punitiva della sentenza che non tiene conto né delle risultanze processuali né della situazione sociale ed umana di un ragazzo che vuole una rieducazione che l’ergastolo non potrà mai dargli». 

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