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CAIVANO: I Consiglieri tornano alle elementari

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Alle elementari era quasi impossibile marinare la scuola, dico quasi perché io una volta ci riuscii, non vi racconto come finì ma non è un bel ricordo.

Poi alle superiori, avendo frequentato un istituto di prestigio come l’ITIS Morano a Caivano, noto a tutti per la facilità con cui si poteva andare a comprare panini e sigarette durante le ore di lezioni, vi fu lo sdoganamento del “filone” selvaggio, roba che al secondo quadrimestre all’insegnante di inglese dovetti dare la tessera di riconoscimento per convalidare la mia presenza.

Roba da ragazzini ignoranti che non riconoscono che la presenza è fondamentale per affermarsi e farsi accettare in una classe scolastica o nella società.

In seguito ho compreso che le assenze ingiustificate erano l’arma che usavo contro la mia indolenza, la pigrizia e l’ignavia nei confronti della mia vita e quella di coloro che mi permettevano di studiare tra mille sacrifici.

Tardi t’amai, scrive S. Agostino.

E fu così che mi rinchiusi nei libri e iniziai a tenere testa all’apatia del lasciarsi vivere.

Ieri è andato deserto l’ennesimo consiglio comunale a Caivano, roba che a raccontarlo viene la pelle d’oca per la mancanza di rispetto di alcuni consiglieri nei confronti dei loro elettori.

Perché, anche se non lo hanno mai capito, coloro che vengono scelti dai cittadini per rappresentarli nelle istituzioni, hanno responsabilità precise, in primis quella di concretizzare ogni possibile beneficio per la cittadinanza, di attivare ogni meccanismo immaginabile che alleggerisca il giogo statale dei contribuenti, e poi quella di essere presenti sul territorio per vigilare sulla corretta esecuzione delle direttive politiche.

A Caivano, patria dei “tengofamiglia” e dei “melofaiunpiacere”, invece i consiglieri, sia di opposizione che di maggioranza, mettono il broncio, come quei bambini delle elementari che non avendo voglia di andare a scuola, si inventano il mal di testa o si fracassano strumentalmente un piede.

Bambini viziati dall’abbondanza del voto ammiocuggino, del reddito sottobanco, della irresponsabile affermazione “movveco io”.

Poi i bambini capricciosi devono fare un passo successivo, diventare grandi.

E allora si ritrovano nell’istituto del panino e sigaretta durante le lezioni, con professori incapaci di insegnargli che la presenza è importante forse più dello studio, con bidelli concussi e il preside incavolato nero perché la sua scuola è l’ultima nella graduatoria di quelle meritorie di un encomio del provveditore.

Restano eterni fanciulli, attaccati alla gonnella dei loro elettori storici, incapaci di formulare mezza proposta che sia concreta e si arrabattano tra tagli di erba e sostituzioni di lampadine fulminate.

Sono quelli che alla prossima campagna elettorale giureranno eterna fedeltà al candidato sindaco perché devono “saglì, ‘ncopp ‘o comun”, a fare cosa nessuno lo saprà mai perché, anche se discoli, sanno tenere il segreto anche se li sottoponi alla tortura che il Salgari ben descrisse nel suo romanzo le Pantere di Algeri, vale a dire quella cinese della goccia di acqua.

Sono quelli che la caramella la prendono anche dagli sconosciuti, che gli piace ciucciarla e perché farne a meno?

Sono quelli, però, che se gli prometti la caramella e gli vuoi dare una mentina, battono i piedi a terra, si strappano il grembiule da dosso, gridano alla mammina che se ne andranno di casa per poi nascondersi dietro un pilastro e ritornare quando sentono che la fame comincia a dargli i crampi allo stomaco.

La fame, quella che li costringe a voltare la faccia dall’altra parte quando i cittadini lamentano l’inerzia di una politica inconcludente e ritornare dalla genitrice che ha già pronto per loro un bel piatto di pastasciutta e i bastoncini del Capitan Findus.

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