CAIVANO – La lista degli “impresentabili” della Commissione parlamentare antimafia, pubblicata a pochi giorni dal voto a Caivano, non è un mero elenco burocratico: è un monito, un severo richiamo al concetto basilare che dovrebbe reggere la partecipazione alla res publica. Quando i nomi di Giuseppe Gebiola, Pierina Ariemma, Antonio De Lucia e Pasquale Mennillo finiscono sotto i riflettori, il dibattito non può e non deve limitarsi alla sola legalità formale, ma deve innalzarsi al livello, molto più esigente, dell’etica e della morale pubblica.
Il Codice di autoregolamentazione delle candidature è stato concepito proprio per questo: per superare la visione minimalista del “non ho ancora una condanna” e innalzare l’asticella. L’integrità morale di un aspirante politico non è un optional, ma il prerequisito fondamentale per chiunque voglia dedicare il proprio tempo e la propria azione alla cura degli interessi collettivi. Chi si candida a governare una comunità deve essere al di sopra di ogni sospetto, non solo per rispettare la legge, ma per meritare la fiducia dei cittadini.
Il “Carico Pendente” e la Sfera Privata di Gebiola
Il caso di Giuseppe Gebiola, che con una lunga nota si difende dalla dichiarazione di impresentabilità, merita un approfondimento per l’acrobatica distinzione che tenta di operare. Gebiola ammette la pendenza di un procedimento penale risalente a circa dieci anni fa, legato al suo ruolo di controllo contabile in una società privata, ma nega qualsiasi rilevanza etica e morale per la sua candidatura.
La sua argomentazione ruota intorno a due concetti cardine: la mancanza di una condanna definitiva e l’estraneità dei fatti alla gestione della cosa pubblica.
“La mera pendenza di un procedimento penale, soprattutto per fatti che non attengono direttamente alla gestione della cosa pubblica ma all’esercizio di una professione privata, non dovrebbe di per sé costituire elemento sufficiente per una valutazione di impresentabilità.”
Ecco la seria stilettata che non può mancare: l’idea che un illecito – presunto o accertato – commesso nella sfera privata non intacchi l’idoneità etica per la sfera pubblica è pericolosa e insostenibile. Con lo stesso distorto metro, dovremmo forse ritenere che camorristi, assassini o stupratori, i cui reati non si consumano nelle stanze dell’amministrazione comunale, siano automaticamente candidati eticamente integri per un incarico pubblico? Assolutamente no! Il reato è una rottura del patto sociale, e l’etica non ha un interruttore che si accende o si spegne a seconda del luogo di lavoro. L’integrità è un valore olistico che riguarda la persona nella sua interezza.
Ma c’è un altro aspetto che rasenta l’incoscienza politica. Gebiola afferma che il procedimento si concluderà a gennaio 2026. Cosa accadrebbe se in quella data, a distanza di un mese o due dall’insediamento, un giudice decidesse per una condanna in primo grado? Il neo-eletto consigliere Gebiola si troverebbe costretto a difendere una posizione legale compromessa mentre ricopre una carica pubblica. Non solo, ma l’intera Amministrazione di Caivano si troverebbe ad affrontare una nuova, penosa, e mediatica, grana giudiziaria.
L’etica e la morale impongono di non candidare il rischio alla cosa pubblica. L’onestà intellettuale, di cui Gebiola si fa paladino, dovrebbe spingerlo a rimuovere ogni ombra per il bene superiore della collettività.
Il Silenzio, Talvolta, è d’Oro
I quattro candidati, pur con le loro diverse motivazioni (per Ariemma, De Lucia e Mennillo il legame con la giunta sciolta per ingerenze criminali, per Gebiola il carico pendente), rappresentano un fronte comune: la volontà di non rinunciare.
Se l’intenzione di Gebiola e degli altri era comunque quella di proseguire nella corsa elettorale, forse avrebbero fatto meglio a seguire l’esempio di Pasquale Mennillo, che tra i quattro dichiarati impresentabili, non ha rilasciato alcuna dichiarazione pubblica. Il tentativo di giustificazione, infatti, ha sortito l’effetto opposto, amplificando il rumore e la distrazione su una questione che, in una città che cerca la rinascita, dovrebbe essere risolta nel modo più limpido possibile: un passo indietro, per il bene di tutti.
La parola finale spetta ai cittadini di Caivano: devono riflettere attentamente su quale tipo di leadership desiderano. Una che antepone l’ambizione personale alla trasparenza assoluta, o una che fa dell’integrità morale la sua bandiera, senza se e senza ma.