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CAIVANO non è una città per investitori. La tragedia patita dall’imprenditore del centro sportivo che sorgerà in via De Nicola

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CAIVANO – Come può un Sindaco che non riesce a fare distinzione tra istituzione laica quale è quella del primo cittadino di una città e un capopopolo cattolico in stile Patriciello per intenderci, comprendere quanto siano utili e indispensabili al progresso e al futuro della comunità che amministra gli investimenti di un privato intenzionato ad espletare nuovi servizi sul territorio?

Mentre la fascia tricolore, da puro monaco francescano, tenta di fare proseliti attraverso la religione, invitando la cittadinanza alla via Crucis riponendo le proprie speranze in quel po’ di consenso stupido e bigotto della popolazione, dato che dal punto di vista laico e politico oramai non è più capace di rendersi popolare vista la sua tanta impopolarità conquistata sul campo, a Caivano si consuma uno dei più ignoranti ostracismi politici mai attuati ai danni di un investitore privato caivanese.

Per i più attempati: un’azione politica tale si ricorda ai tempi della rivoluzione messa in atto dall’allora Ascom per non far sorgere sul suolo caivanese l’attuale “Reggia Outlet”. Un ostracismo ignorante che ha permesso l’ulteriore arricchimento delle casse comunali marcianisane ai danni dei caivanesi, spostando la costruzione dell’immobile a pochi metri dall’ubicazione originaria. Ma veniamo ai giorni nostri.

Il 16 Settembre 2021, in piena crisi da covid, un pazzo, idealista e coraggioso imprenditore locale presenta un’istanza per un permesso di costruire un centro sportivo costituito da campi padel, calcio, calciotto e polifunzionali sul terreno antistante l’ITI F. Morano in via E. De Nicola (All’epoca l’Assessore all’Urbanistica era Antonio De Lucia – ricordiamo questo nome e questo ruolo). Il primo marzo 2022 lo stesso imprenditore riceve dal CONI il parere favorevole alla costruzione della struttura. Per chi non lo sapesse, prima di rilasciare il parere, tecnici e ingegneri del CONI esaminano tutti i documenti, consultano le leggi vigenti, calcolano gli standard urbanistici e poi rilasciano il parere. Dopo dieci giorni il Comune di Caivano rilascia il permesso di costruire all’imprenditore caivanese a firma dell’allora Responsabile del Settore Vincenzo Zampella e con allora Assessore all’Urbanistica Arcangelo Della Rocca. Da qui comincia la vera via Crucis, non quella inventata sui vangeli a cui il Sindaco invita ad andare, ma quella subita dall’imprenditore che l’unico peccato che ha fatto è stato quello di sperare che in questa città oramai volta allo spaccio di stupefacenti, all’estorsione, all’usura e alla microcriminalità diffusa, ci fosse ancora un barlume di speranza per un serio rilancio del territorio.

Il 4 Luglio 2022 non si sa il perché un certo Pasquale Vitale (pare sia stato ex assessore ed ex consigliere del Comune di Caivano) scrive ad Antonio De Lucia, un semplice Consigliere comunale, invitandolo ad effettuare controlli sulla genuinità del permesso rilasciato dal Comune di Caivano. A distanza di quattro giorni il De Lucia si precipita a scrivere al Sindaco, al Resp. Urbanistica e all’Ass. Urbanistica Della Rocca – del suo stesso partito – chiedendo lumi sulla vicenda. Prontamente viene risposto il De Lucia dal settore lavori pubblici rimarcando ancora una volta che il Permesso sia stato rilasciato rispettando le norme vigenti in termini di standard urbanistici e rispettando l’attuale piano regolatore. Non contento il De Lucia insiste e redige una nuova missiva, una vera e propria relazione dove asserisce che quel terreno è destinato a verde pubblico e se si deve trasformare in un terreno destinato ad impianti sportivi la modifica della destinazione d’uso doveva passare attraverso il Consiglio Comuale, cosa che non è stata fatta.

Insomma, in pieno stile caivanese, a parlare è sempre chi non è preposto a farlo. Un po’ come quando sulla Terra dei Fuochi i dati e le teorie scientifiche venivano illustrate da un prete mentre gli scienziati si sbellicavano dalle risate vedendo le tante pecore caivanesi belare appresso al parroco. Oggi un semplice funzionario delle Poste si erge a Ingegnere civile urbanista e decide che quel progetto creato da architetti rinomati del territorio non può sorgere su un terreno destinato a verde attrezzato. Ma cosa vuol dire attrezzato? Ma soprattutto perché tutto questo accanimento da parte del De Lucia? E perché questo Pasquale Vitale sceglie di scrivere ad un semplice Consigliere comunale? Prima abbiamo detto senza motivo e invece, indagando, un motivo c’è, anzi due.

Tutta la vicenda si basa su una semplice invidia/vendetta concorrenziale. Pasquale Vitale – alias “Berlocco” – altri non è che il referente dei campetti di calcetto che insistono, in linea d’aria, a poche centinaia di metri da dove dovrebbe sorgere il Centro NEA – questo il nome del centro sportivo – nonché grande elettore di Antonio De Lucia. Ecco spiegato il nesso tra il Vitale e l’ex assessore all’urbanistica. Premesso che i campetti di calcio del Vitale sorgono su terreno crispanese, appare paradossale come un Consigliere comunale caivanese, tenti di proteggere gli interessi di un cittadino crispanese che opera su un terreno crispanese, volendo togliere ai propri concittadini la possibilità di usufruire di servizi e di una struttura finora mai vista sul proprio territorio.

A tutto questo non ci sta il De Lucia e così facendo leva sui buoni uffizi con alcuni agenti della Polizia Locale, ricordiamolo il fratello Nicomede ne è stato il comandante per diversi anni, fa in modo che l’imprenditore venisse raggiunto da ben 25 visite degli agenti durante l’arco di un anno a partire dalla Costruzione dell’impianto sportivo.

Eppure l’istanza dell’imprenditore è arrivata nel periodo in cui il De Lucia era proprio assessore all’Urbanistica. Come mai la questione del cambio di destinazione d’uso non l’ha sollevata allora ma solo dopo il sollecito del Vitale ma soprattutto, dopo essere sceso dal cavallo, come si dice in gergo?

Questo è uno dei tanti motivi per cui questo territorio martoriato non progredisce. Perché la media culturale della collettività raggiunge numeri bassissimi e il lato caratteriale della massa è volta all’invidia e al pettegolezzo e all’interesse personale. Qui da sempre vige il “mors tua vita mea” ma così non si va da nessuna parte, per fortuna dei caivanesi perbene e dell’imprenditore a tutelare quest’investimento del tutto privato, fatto di anni di risparmi e di prestiti bancari dimostrabili – questo giusto per calmierare qualche malelingua che vorrebbe tale operazione alla stregua di una lavatrice criminale – e buona pace del duo Berlocco-De Lucia, ci sono ben quattro relazioni di due tecnici diversi a dimostrare la genuinità del progetto nonché un parere favorevole del CONI che blinda anche il Permesso di costruire rilasciato da Vincenzo Zampella.

Speriamo solo che il Sindaco Enzo Falco mette a tacere una volta e per tutte la questione. Dato che all’ennesima istanza del De Lucia di richiedere consulenza esterna, ha già risposto picche! Tra l’altro oltre al fatto che il primo cittadino nella sua risposta, spiega bene il suo rifiuto dato dalle quattro relazioni precedenti che già tutelano anche la volontà politica, è risaputa anche l’intenzione del Sindaco a riguardo l’evoluzione dello Sport e della Cultura sul territorio e quindi adesso non gli resta altro da fare che far mettere una pietra sopra alla questione. Almeno su questo, se vuole, può dimostrare la sua Autorità. E comunque non ci sarà invidia o ignoranza che tenga. Il centro NEA s’adda fa!

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Caivano

CAIVANO. Il prete Patriciello a La7 sul crollo di Scampia ma non parla degli stessi problemi di stabilità del Parco Verde

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CAIVANO – Basta far parlare l’ignoranza. Il degrado di una comunità passa anche attraverso la creazione di falsi miti. Non è accettabile, nel 2024, che la stampa nazionale, abbia come punto di riferimento la demagogia e il populismo e non le competenze. Allora la domanda che mi pongo è: Perché su una tragedia come il crollo del ballatoio della vela celeste a Scampia, si interroga il prete Maurizio Patriciello e non uno strutturista, un ingegnere o un Ministro di riferimento?

Premesso che la domanda della collega al prete non era la richiesta di fare similitudini tra il Parco Verde e Scampia – un intervento del genere l’avrei anche compreso – ma la domanda che viene fatta al prete è: “Dove era la politica per Scampia?”. Non sapevo che Patriciello fosse un personaggio politico, deputato, senatore o meglio ancora Premier. Dato che parecchi suoi adepti che si riversano sotto i post del sottoscritto, come anche lui a più riprese verso chi lo incalza, tengono a precisare che non si occupa di politica. Allora perché la Stampa tende ancora a dargli quel ruolo? Ma non è finita qui!

L’ “Armand-Jean du Plessis de Richelieu” in salsa nostrana esordisce con la sua risposta denotando una ignoranza storica e architettonica da paura, asserendo che le vele di Scampia, forse erroneamente paragonandole al Parco Verde, vivono un peccato originale, quello in cui la politica ha scelto di ammassare in questi luoghi tutta la povertà e che poi in questi luoghi lo Stato è andato via, non c’è mai stato, tanto è vero che “qui”, credo si riferisca al Parco Verde, non si è mai visto un vigile urbano o un’assistente sociale.

Allora, mi domando, se le cose non si conoscono, perché rilasciare interviste su temi con i quali si potrebbero fare delle figuracce se non finire di affibbiare etichette errate a quartieri già di per sé problematici?

Quindi. Sempre per amore della verità ma soprattutto per amore della verità storica, quella che manca a parecchi. Ricordiamo sempre che su un falso storico si è costruiti una falsa unità d’Italia per la quale le genti del sud stanno ancora pagando le conseguenze.

Le vele di Scampia nascono a seguito della legge n. 167 del 1962, facevano parte di un progetto abitativo di larghe vedute dell’Arch. Francesco Di Salvo che prevedeva anche uno sviluppo della città di Napoli nella zona est, ossia Ponticelli. Esse restano, nonostante tutto, l’opera realizzata che meglio rappresenta la poetica architettonica del progettista.

Furono costruite tra il 1962 e il 1975 su un progetto ispirato all’Existenzminimum, una corrente architettonica per la quale l’unità abitativa del singolo nucleo familiare avrebbe dovuto essere ridotta al minimo indispensabile, con una spesa costruttiva contenuta, ma con spazi comuni dove la collettività si integrava. Di Salvo realizzò il progetto ispirandosi ai vicoli del centro storico di Napoli che, nelle sue intenzioni, sarebbero dovuti essere ricreati in un condominio.

Nel progetto ispirato ai princìpi delle unités d’habitation di Le Corbusier, alle strutture «a cavalletto» proposte da Kenzo Tange e più in generale ai modelli macrostrutturali, erano previsti centri aggregativi e spazi comuni, uno spazio di gioco per bambini e altre attrezzature collettive. La mancata realizzazione di questo «nucleo di socializzazione» è stata certamente una concausa del suo clamoroso fallimento.

L’idea del progetto prevedeva grandi unità abitative dove centinaia di famiglie avrebbero dovuto integrarsi e creare una comunità, grandi vie di scorrimento e aree verdi tra le varie vele. Una vera e propria città modello, ma varie cause hanno portato a quello che venne poi definito un ghetto, in primis il terremoto dell’Irpinia del 1980, che portò molte famiglie, rimaste senzatetto, a occupare anche abusivamente gli alloggi delle vele.

A questo intreccio di eventi negativi si è associata la mancanza totale di presidi dello Stato: il primo commissariato di Polizia fu insediato solo nel 1987, a quindici anni dalla consegna degli alloggi. La situazione ha allontanato sempre di più una parte della popolazione, lasciando il campo libero alla delinquenza. I giardini sono divenuti luogo di raccolta degli spacciatori, i viali sono piste per corse clandestine, gli androni dei palazzi luogo di incontro di ladri e ricettatori.

Quindi, una volta compresa la genesi delle vele e appurato che esse non nascono col peccato orginale, si può ricostruire perbene la storia, in maniera tale da non ripetere gli stessi errori.

Perché, ancora una volta, se di mancanza delle istituzioni si può parlare e non di inciviltà da parte di primati autoctoni che credono che occupare un alloggio non sia un reato ma un diritto, essa è sempre causata dallo stesso motivo: l’emergenza continua e costante, quella per la quale non si riesce o non si vogliono risolvere i problemi del Parco Verde.

Cosa ben diversa, invece, si registra con la genesi del quartiere degradato caivanese, nato in occasione del terremoto dell’Irpinia – causa del degrado delle progetto avvenieristico delle vele di Scampia – ma fatto di case in cemento e amianto prefabbricato e dovevano avere un compito abitativo di natura temporanea

Oggi, a distanza di 40 anni dalla sua nascita, l’intero parco vive un problema di stabilità ancora più pericoloso di quello delle vele di Scampia, quindi mi domando: ignoranza per ignoranza, perché il prete Patriciello, nello specificare alla collega che Giorgia Meloni deve essere presentata con l’appellativo “capo del governo” e invitare la Premier a fare di più per Scampia rispetto a quanto fatto per il Parco Verde, davanti alle telecamere di La7 non ha parlato del problema di stabilità degli edifici del Parco verde, delle fondamenta infradiciate dall’acqua sorgiva e del pericolo di crollo che quella gente vive ogni giorno? Perché continuare a lasciar pensare all’Italia intera che la Meloni ha risolto i problemi di Caivano? Quali sono gli interessi del prete Patriciello, difendere la povera gente, quella stessa gente che pur ritenendoli occupanti abusivi, difendeva il loro diritto alla casa o l’immagine del partito della Meloni e di questo governo? Ai posteri l’ardua sentenza.

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Caivano

CAIVANO. La lobby del cemento annichilisce l’urbanistica. Questione delle case di via Salvemini ancora irrisolta.

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CAIVANO – Ci eravamo lasciati così nell’Aprile del 2021, con questo mio editoriale (leggi qui). A distanza di tre anni e passa ci ritroviamo a documentare lo stesso problema ma con dinamiche evolute e più articolate.

Si, dinamiche ben rodate e perpetrate da una lobby ben consolidata sul territorio che riesce ad eludere leggittimità e oliare un sistema convenzionale e assuefatto dal popolo, facendo passare l’illecito per il lecito e i furbi per mecenati. Ma veniamo ai fatti.

Così come all’epoca ho illustrato le stranezze del lotto C 2.3 dell’ex ICIF, oggi vi voglio aggiornare sulla storiella del lotto 1.6/A perché a distanza di tempo si è scoperto che non solo c’è stato un ratto delle cubature a discapito degli altri proprietari terrieri ma che si è continuato a costruire, terminare l’immobile e attuare anche la compravendita delle abitazioni, nonostante il Comune di Caivano, dopo aver chiesto un parere pro-veritatae al Prof. Domenico Moccia e all’Arch. Alessandro Visalli che addivennero alla conclusione che il detto P.U.A. non sia stato rispettoso degli standard urbanistici previsti per il comparto interessato, abbia comunicato alle parti – ai proprietari terrieri Giulio Rispoli e Stefano Lizzi nonché il costruttore Pietro Magri della Magri Costruzioni srl – l’avvio del procedimento amministrativo per l’annullamento d’ufficio ed in via di autotutela della Delibera dove fu approvato il P.U.A. del comparto C 1.6/A e di ogni altro procedimento connesso all’iter approvato del P.U.A. C 1.6, compresa la Delibera del Commissario Straordinario, all’epoca Ferdinando Mone, dove si autorizzava la suddivisione del comparto C 1.6 e la Delibera del Commissario Straordinario con la quale è intervenuta l’adozione del P.U.A. C 1.6/A e i permessi di costruire rilasciati a Roma Anna Selvaggia, Giulio Rispoli e Stefano Lizzi volturata a Magri Costruzioni srl e a Pietro Magri in qualità di Legale Rappresentante della Magri Costruzioni srl.

Premesso che l’Amministrazione Falco, in continuità amministrativa e ritrovatasi con la patata bollente tra le mani, forse anche all’indomani della mia tiratina d’orecchie dell’Aprile 2021, ha chiesto parere a un avvocato, nello specifico Avv. Aniello Mele il quale suo parere si sovrappone a quello della parte difensiva ma è anche giusto ribadire che il parere di un Avvocato è chiuso nel recinto del tecnicismo giuridico e non entra nei meriti del puramente tecnico, così come si può asserire, senza tema di smentita, che la questione non è ancora del tutto chiusa, dato che non c’è la sentenza di nessun organo super-partes a stabilire da che parte sta la ragione.

Così, come ogni ombra che caratterizza gli affari della lobby del cemento caivanese, anche la compravendita di case di via Salvemini, costruite dalla Magri Costruzioni srl, presenta il suo lato oscuro e da cronista e osservatore del territorio mi domando: Cosa succede a questi poveri ignari acquirenti, forse anche giovani novelli sposi che per dare un sano futuro alla nuova creazione della loro famiglia decidono di investire i loro sacrifici in una casa nuova di zecca, se i commissari straordinari prefettizi attuali, o la prossima Amministrazione, facessero legittimamente il loro lavoro e attuassero ciò che inspiegabilmente è rimasto sospeso per anni, ossia la revoca in autotutela di quei permessi di costruire? Da un giorno all’altro si ritroverebbero ad essere degli occupanti di un immobile abusivo, e si ritroverebbero ad essere vittime di un Sistema come gli abitanti di via Indipendenza, 8 a Casoria, e questo sempre grazie o per colpa della nota lobby affaristica caivanese.

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Gemellaggio Caivano-Barcellona, con i ragazzi spagnoli sarà “liberata” Villa Andersen nel cuore del Parco Verde

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Barcellona chiama, Caivano risponde. Resteranno cinque giorni a Caivano i ragazzi dell’Opera corporativa dell’Opus Dei di Barcellona arrivati oggi in Italia: saranno accolti dai volontari dell’associazione “Un’infanzia da vivere” e si dedicheranno ad una serie di attività ludiche e sportive, coordinati dal responsabile del settore sportivo e scolastico.

Ma i giovani di Barcellona, insieme a quelli di Caivano, saranno impegnati anche in un’altra importante iniziativa: “liberare” Villa Andersen, la villa comunale nel cuore del Parco Verde. Si tratta di un polmone verde di 9000 metri quadrati, una zona abbandonata da decenni e oggi ritrovo di tossicodipendenti e balordi, nei pressi della quale vi sono 130 abitazioni con circa 500 bambini.

Villa Andersen non è stata interessata dalle recenti attività di riqualificazione e i ragazzi italiani e spagnoli, con gli attrezzi messi a disposizione dalla cooperativa multiservizi “Nessuno resti solo”, si adopereranno per ripulire e liberare l’ingresso.
Da tempo l’associazione “Un’infanzia da vivere” è in contatto con l’Opera corporativa dell’Opus Dei di Barcellona, grazie al dottor Roberto Milano.



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