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CAIVANO. Il “Sistema delle estorsioni” si reggeva grazie a 5 ditte gradite al clan. Rapporti anche con l’opposizione.

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CAIVANO – il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Napoli Nord, Raffaele Coppola ha convalidato il fermo per i nove arrestati appartenenti al “Sistema delle estorsioni” scoperto dalla DDA che vedeva coinvolti, politici, tecnici e funzionari, e personaggi appartenenti alla criminalità organizzata.

Il quadro che si va via via delineandosi è alquanto inquietante perché oltre i fermati si scopre che a Caivano tale sistema è molto ben rodato e consolidato anche nel modus operandi di chi ha ricevuto avviso di garanzia e la propria posizione resta al vaglio del GIP di riferimento, una volta che i documenti del processo passeranno alla Procura di Napoli per competenza.

Oltre i nomi già risaputi e pubblicati dalla Stampa, spiccano anche le ditte con i relativi Amministratori e/o responsabili che erano parte integrante del sistema, oltre quelle vincitrici di appalti che man mano venivano avvicinate dagli estorsori che nel caso specifico si alternavano tra politici e criminali.

Infatti, dal dispositivo di fermo almeno cinque sono le ditte “amiche” del sistema, ossia quelle in cui gli amministratori non solo erano soliti pagare il pizzo al clan Gallo-Angelino, molto spesso anche pel tramite di Carmine Peluso e/o Martino Pezzella ma erano anche soliti corrompere i politici di turno e il funzionario con incarichi da Responsabile Vincenzo Zampella.

Le cinque ditte i cui amministratori o dipendenti sono accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, corruzione e turbativa d’asta sono Amico Domenico detto “‘O Brecciaro” amministratore di Amico Domenico ditta individuale con sede a Caivano; Della Gatta Domenico amministratore di Della Gatta Edilizia con sede in Caivano; Peluso Francesco detto “‘o Mangano” socio accomandante di F.lli Peluso s.a.s. di Giovanni Peluso & C.; Celiento Domenico in qualità di amministratore e Celiento Vincenzo detto “‘O Nasone” amministratore di fatto della ditta CLM Costruzioni srl con sede in Caivano; Bernardo Giuseppe socio della società GI.CAR con sede in Crispano. Per altre ditte invece si è potuto configurare solo il reato di tentata estorsione e non quello di estorsione o corruzione perché gli eventi non sono giunti a consumazione per cause indipendenti dalla volontà degli agenti, o somme comunque di cui non si accertava la dazione a seguito di minaccia di pagamento o di dare o promettere utilità. Tutti comunque restano indagati nell’ambito dello stesso procedimento penale e innocenti fino al terzo grado di giudizio.

Tali imprese rientrano tra quelle gradite alla locale criminalità organizzata. Una volta accaparratisi l’affidamento dei lavori provvedevano poi, in cambio delle aggiudicazioni, a versare somme a titolo di compensi corruttivi al funzionario e/o agli amministratori pubblici, e, nel contempo, erano costrette a versare altresì quote estorsive al clan, anche tramite l’intermediazione dei suddetti soggetti pubblici. Questi ultimi vengono ritenuti dagli inquirenti, soggetti pienamente organici, e non meri concorrenti esterni. Tanto è vero che in alcune conversazioni che intercorrono tra il Carmine Peluso e i criminali Volpicelli e Cipolletti l’intercalare più usato è “fratè” o “Fratello a me”.

La cosa più disarmante poi è scoprire che l’utilità che alla fine percepivano i politici o tecnici accusati di estorsione, non solo di traduceva in parva materia rispetto all’enorme rischio in cui ci si esponeva ma gli stessi rischiavano anche di essere percossi quasi ogni giorno, data l’enorme sete di denaro e diffidenza da parte dei criminali.

Se solo si pensa che il Zampella, oltre ad aver riscosso € 1500,00 da Amico Domenico detto “‘O Brecciaro” tradotti nell’acquisto di un frigorifero, l’utile che ha riscosso dallo stesso imprenditore è evidenziabile in interventi di manutenzione e riparazione sulle autovetture sua e quella di suo figlio, nonché interventi di riparazione presso la sua abitazione. Si può benissimo comprendere, quindi, anche quale sia la qualità umana e valoriale che è insita in queste comunità. Tutto questo, nello specifico, con la promessa di far stipulare contratti in favore della ditta Amico Domenico.

Un’altra dimostrazione che il Sistema era datato e consolidato sta nel fatto che anche consiglieri di minoranza erano a conoscenza sia del sistema che dei personaggi criminali insiti sul territorio.

Stiamo parlando del Consigliere Gaetano Ponticelli che viene accusato da Peluso Francesco (detto ‘O Mangano) di aver confessato al Cipolletti – braccio destro del boss Antonio Angelino detto “Tubiuccio” – che lo stesso imprenditore avesse incassato svariate migliaia di euro per alcune determine di liquidazione emesse dal Settore di Vincenzo Zampella mentre alla richiesta di estorsione del clan nei confronti di “‘O Mangano” quest’ultimo tentava di giustificarsi col fatto che in realtà erano state emesse solo le determine ma nei fatti ancora doveva ricevere compendio. Insomma quella di cui viene accusato dal Peluso l’ex consigliere forzista Ponticelli, secondo quanto è scritto nel dispositivo, è quello di aver effettuato quella che in gergo viene denominata “bacchetta”. Allo scopo di influenzare la richiesta estorsiva ai danni di Peluso Francesco.

Nel dispositivo è riportata fedelmente la conversazione di intermediazione di Pezzella Martino con Giovanni Cipolletti per combinare l’appuntamento con Gaetano Ponticelli, appuntamento poi che si è consumato nei pressi del cortile adiacente ad un rinomato bar della Sannitica a Caivano. Nella telefonata Cipolletti Giovanni, conversando con il Pezzella afferma che Gaetano Ponticelli lo conosca bene e che gli deve riferire testualmente: “dici tuo fratello vuole parlare, di’: si vuole prendere un caffè con te…”. Gaetano Ponticelli poi si presenta all’appuntamento, un colloquio durato circa venticinque minuti e ognuno poi è salito a bordo della propria auto.

Questo incontro è servito alla magistratura per dimostrare la richiesta estorsiva fatta a Peluso Francesco ma pur emergendo il coinvolgimento di Gaetano Ponticelli, benché nelle conversazioni si evince un rapporto confidenziale e un incontro con il Cipolletti, propiziato dal Pezzella, gli elementi raccolti non consentono elementi indiziari circa la partecipazione dell’ex Consigliere forzista alla vicenda estorsiva.

Ma resta forte la consapevolezza del fatto che alcuni elementi, se non la maggior parte dei politici caivanesi, conosca bene l’esistenza di alcuni meccanismi delittuosi e come trattenga facilmente rapporti con personaggi equivoci al punto confidenziale da potersi appellare col termine “fratello”. Altro triste scorcio di una desolante vicenda caivanese.

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CAIVANO. Il prete Patriciello a La7 sul crollo di Scampia ma non parla degli stessi problemi di stabilità del Parco Verde

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CAIVANO – Basta far parlare l’ignoranza. Il degrado di una comunità passa anche attraverso la creazione di falsi miti. Non è accettabile, nel 2024, che la stampa nazionale, abbia come punto di riferimento la demagogia e il populismo e non le competenze. Allora la domanda che mi pongo è: Perché su una tragedia come il crollo del ballatoio della vela celeste a Scampia, si interroga il prete Maurizio Patriciello e non uno strutturista, un ingegnere o un Ministro di riferimento?

Premesso che la domanda della collega al prete non era la richiesta di fare similitudini tra il Parco Verde e Scampia – un intervento del genere l’avrei anche compreso – ma la domanda che viene fatta al prete è: “Dove era la politica per Scampia?”. Non sapevo che Patriciello fosse un personaggio politico, deputato, senatore o meglio ancora Premier. Dato che parecchi suoi adepti che si riversano sotto i post del sottoscritto, come anche lui a più riprese verso chi lo incalza, tengono a precisare che non si occupa di politica. Allora perché la Stampa tende ancora a dargli quel ruolo? Ma non è finita qui!

L’ “Armand-Jean du Plessis de Richelieu” in salsa nostrana esordisce con la sua risposta denotando una ignoranza storica e architettonica da paura, asserendo che le vele di Scampia, forse erroneamente paragonandole al Parco Verde, vivono un peccato originale, quello in cui la politica ha scelto di ammassare in questi luoghi tutta la povertà e che poi in questi luoghi lo Stato è andato via, non c’è mai stato, tanto è vero che “qui”, credo si riferisca al Parco Verde, non si è mai visto un vigile urbano o un’assistente sociale.

Allora, mi domando, se le cose non si conoscono, perché rilasciare interviste su temi con i quali si potrebbero fare delle figuracce se non finire di affibbiare etichette errate a quartieri già di per sé problematici?

Quindi. Sempre per amore della verità ma soprattutto per amore della verità storica, quella che manca a parecchi. Ricordiamo sempre che su un falso storico si è costruiti una falsa unità d’Italia per la quale le genti del sud stanno ancora pagando le conseguenze.

Le vele di Scampia nascono a seguito della legge n. 167 del 1962, facevano parte di un progetto abitativo di larghe vedute dell’Arch. Francesco Di Salvo che prevedeva anche uno sviluppo della città di Napoli nella zona est, ossia Ponticelli. Esse restano, nonostante tutto, l’opera realizzata che meglio rappresenta la poetica architettonica del progettista.

Furono costruite tra il 1962 e il 1975 su un progetto ispirato all’Existenzminimum, una corrente architettonica per la quale l’unità abitativa del singolo nucleo familiare avrebbe dovuto essere ridotta al minimo indispensabile, con una spesa costruttiva contenuta, ma con spazi comuni dove la collettività si integrava. Di Salvo realizzò il progetto ispirandosi ai vicoli del centro storico di Napoli che, nelle sue intenzioni, sarebbero dovuti essere ricreati in un condominio.

Nel progetto ispirato ai princìpi delle unités d’habitation di Le Corbusier, alle strutture «a cavalletto» proposte da Kenzo Tange e più in generale ai modelli macrostrutturali, erano previsti centri aggregativi e spazi comuni, uno spazio di gioco per bambini e altre attrezzature collettive. La mancata realizzazione di questo «nucleo di socializzazione» è stata certamente una concausa del suo clamoroso fallimento.

L’idea del progetto prevedeva grandi unità abitative dove centinaia di famiglie avrebbero dovuto integrarsi e creare una comunità, grandi vie di scorrimento e aree verdi tra le varie vele. Una vera e propria città modello, ma varie cause hanno portato a quello che venne poi definito un ghetto, in primis il terremoto dell’Irpinia del 1980, che portò molte famiglie, rimaste senzatetto, a occupare anche abusivamente gli alloggi delle vele.

A questo intreccio di eventi negativi si è associata la mancanza totale di presidi dello Stato: il primo commissariato di Polizia fu insediato solo nel 1987, a quindici anni dalla consegna degli alloggi. La situazione ha allontanato sempre di più una parte della popolazione, lasciando il campo libero alla delinquenza. I giardini sono divenuti luogo di raccolta degli spacciatori, i viali sono piste per corse clandestine, gli androni dei palazzi luogo di incontro di ladri e ricettatori.

Quindi, una volta compresa la genesi delle vele e appurato che esse non nascono col peccato orginale, si può ricostruire perbene la storia, in maniera tale da non ripetere gli stessi errori.

Perché, ancora una volta, se di mancanza delle istituzioni si può parlare e non di inciviltà da parte di primati autoctoni che credono che occupare un alloggio non sia un reato ma un diritto, essa è sempre causata dallo stesso motivo: l’emergenza continua e costante, quella per la quale non si riesce o non si vogliono risolvere i problemi del Parco Verde.

Cosa ben diversa, invece, si registra con la genesi del quartiere degradato caivanese, nato in occasione del terremoto dell’Irpinia – causa del degrado delle progetto avvenieristico delle vele di Scampia – ma fatto di case in cemento e amianto prefabbricato e dovevano avere un compito abitativo di natura temporanea

Oggi, a distanza di 40 anni dalla sua nascita, l’intero parco vive un problema di stabilità ancora più pericoloso di quello delle vele di Scampia, quindi mi domando: ignoranza per ignoranza, perché il prete Patriciello, nello specificare alla collega che Giorgia Meloni deve essere presentata con l’appellativo “capo del governo” e invitare la Premier a fare di più per Scampia rispetto a quanto fatto per il Parco Verde, davanti alle telecamere di La7 non ha parlato del problema di stabilità degli edifici del Parco verde, delle fondamenta infradiciate dall’acqua sorgiva e del pericolo di crollo che quella gente vive ogni giorno? Perché continuare a lasciar pensare all’Italia intera che la Meloni ha risolto i problemi di Caivano? Quali sono gli interessi del prete Patriciello, difendere la povera gente, quella stessa gente che pur ritenendoli occupanti abusivi, difendeva il loro diritto alla casa o l’immagine del partito della Meloni e di questo governo? Ai posteri l’ardua sentenza.

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CAIVANO. La lobby del cemento annichilisce l’urbanistica. Questione delle case di via Salvemini ancora irrisolta.

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CAIVANO – Ci eravamo lasciati così nell’Aprile del 2021, con questo mio editoriale (leggi qui). A distanza di tre anni e passa ci ritroviamo a documentare lo stesso problema ma con dinamiche evolute e più articolate.

Si, dinamiche ben rodate e perpetrate da una lobby ben consolidata sul territorio che riesce ad eludere leggittimità e oliare un sistema convenzionale e assuefatto dal popolo, facendo passare l’illecito per il lecito e i furbi per mecenati. Ma veniamo ai fatti.

Così come all’epoca ho illustrato le stranezze del lotto C 2.3 dell’ex ICIF, oggi vi voglio aggiornare sulla storiella del lotto 1.6/A perché a distanza di tempo si è scoperto che non solo c’è stato un ratto delle cubature a discapito degli altri proprietari terrieri ma che si è continuato a costruire, terminare l’immobile e attuare anche la compravendita delle abitazioni, nonostante il Comune di Caivano, dopo aver chiesto un parere pro-veritatae al Prof. Domenico Moccia e all’Arch. Alessandro Visalli che addivennero alla conclusione che il detto P.U.A. non sia stato rispettoso degli standard urbanistici previsti per il comparto interessato, abbia comunicato alle parti – ai proprietari terrieri Giulio Rispoli e Stefano Lizzi nonché il costruttore Pietro Magri della Magri Costruzioni srl – l’avvio del procedimento amministrativo per l’annullamento d’ufficio ed in via di autotutela della Delibera dove fu approvato il P.U.A. del comparto C 1.6/A e di ogni altro procedimento connesso all’iter approvato del P.U.A. C 1.6, compresa la Delibera del Commissario Straordinario, all’epoca Ferdinando Mone, dove si autorizzava la suddivisione del comparto C 1.6 e la Delibera del Commissario Straordinario con la quale è intervenuta l’adozione del P.U.A. C 1.6/A e i permessi di costruire rilasciati a Roma Anna Selvaggia, Giulio Rispoli e Stefano Lizzi volturata a Magri Costruzioni srl e a Pietro Magri in qualità di Legale Rappresentante della Magri Costruzioni srl.

Premesso che l’Amministrazione Falco, in continuità amministrativa e ritrovatasi con la patata bollente tra le mani, forse anche all’indomani della mia tiratina d’orecchie dell’Aprile 2021, ha chiesto parere a un avvocato, nello specifico Avv. Aniello Mele il quale suo parere si sovrappone a quello della parte difensiva ma è anche giusto ribadire che il parere di un Avvocato è chiuso nel recinto del tecnicismo giuridico e non entra nei meriti del puramente tecnico, così come si può asserire, senza tema di smentita, che la questione non è ancora del tutto chiusa, dato che non c’è la sentenza di nessun organo super-partes a stabilire da che parte sta la ragione.

Così, come ogni ombra che caratterizza gli affari della lobby del cemento caivanese, anche la compravendita di case di via Salvemini, costruite dalla Magri Costruzioni srl, presenta il suo lato oscuro e da cronista e osservatore del territorio mi domando: Cosa succede a questi poveri ignari acquirenti, forse anche giovani novelli sposi che per dare un sano futuro alla nuova creazione della loro famiglia decidono di investire i loro sacrifici in una casa nuova di zecca, se i commissari straordinari prefettizi attuali, o la prossima Amministrazione, facessero legittimamente il loro lavoro e attuassero ciò che inspiegabilmente è rimasto sospeso per anni, ossia la revoca in autotutela di quei permessi di costruire? Da un giorno all’altro si ritroverebbero ad essere degli occupanti di un immobile abusivo, e si ritroverebbero ad essere vittime di un Sistema come gli abitanti di via Indipendenza, 8 a Casoria, e questo sempre grazie o per colpa della nota lobby affaristica caivanese.

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Gemellaggio Caivano-Barcellona, con i ragazzi spagnoli sarà “liberata” Villa Andersen nel cuore del Parco Verde

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Barcellona chiama, Caivano risponde. Resteranno cinque giorni a Caivano i ragazzi dell’Opera corporativa dell’Opus Dei di Barcellona arrivati oggi in Italia: saranno accolti dai volontari dell’associazione “Un’infanzia da vivere” e si dedicheranno ad una serie di attività ludiche e sportive, coordinati dal responsabile del settore sportivo e scolastico.

Ma i giovani di Barcellona, insieme a quelli di Caivano, saranno impegnati anche in un’altra importante iniziativa: “liberare” Villa Andersen, la villa comunale nel cuore del Parco Verde. Si tratta di un polmone verde di 9000 metri quadrati, una zona abbandonata da decenni e oggi ritrovo di tossicodipendenti e balordi, nei pressi della quale vi sono 130 abitazioni con circa 500 bambini.

Villa Andersen non è stata interessata dalle recenti attività di riqualificazione e i ragazzi italiani e spagnoli, con gli attrezzi messi a disposizione dalla cooperativa multiservizi “Nessuno resti solo”, si adopereranno per ripulire e liberare l’ingresso.
Da tempo l’associazione “Un’infanzia da vivere” è in contatto con l’Opera corporativa dell’Opus Dei di Barcellona, grazie al dottor Roberto Milano.



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