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CAIVANO. Il lavoro di tutti i Commissari stenta ad arrivare. Finora Asilo Nido e lavori pubblici frutto delle passate amministrazioni

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CAIVANO – Nel Comune gialloverde finora solo propaganda da parte del Governo Meloni ma nella realtà: fatti nuovi e concreti stentano ad arrivare. Maggio è quasi vicino e i lavori al Delphinia vanno a rilento, a singhiozzo direi. Del Teatro adiacente, nessuno più ne fa menzione e qualche cittadino teme anche il peggio, ossia che quello resterà a lungo un ecomostro in balia di drogati e spacciatori appena il Governo e Forze dell’Ordine si distraeranno un attimo.

La terna commissariale prefettizia e il Commissario Straordinario Fabio Ciciliano finora fanno propaganda vivendo di rendita da quel po’ di buono sia stato prodotto da quella politica corrotta e inquinata dalla criminalità organizzata. Premesso che il sottoscritto è sempre stato il più critico e detrattore dell’Amministrazione Falco, è stato il primo a denunciare le ingerenze criminali all’interno del Settore Tecnico del Comune, ma c’è anche da dire che però le cose debbano essere dette, scritte e riportate come sono nella realtà dei fatti.

Finora la terna commissariale si è vantata e si sta vantando dei lavori iniziati per la riqualificazione della torre dell’orologio di Piazza Cesare Battisti. Visione, questa, dell’Amministrazione Enzo Falco, redatta anche all’interno del proprio programma con iter procedurale iniziato e terminato con tanto di bando pubblico e assegnazione della ditta dei lavori sotto la stessa Amministrazione ancor prima dello scioglimento per dimissioni dei consiglieri comunali e quello per ingerenze comunali arrivato mesi dopo. Anche i lavori della villa comunale che dovrà sorgere al posto del campo sportivo “E. Faraone” laddove dovessero iniziare sarà frutto della visione dell’ultima Amministrazione sciolta per camorra, con la stessa individuazione della ditta che si dovrà occupare dei lavori individuata dalla stessa Amministrazione mandata a casa dal Ministro degli Interni. Tutto questo nella semantica che conta si chiama “continuità amministrativa” fenomeno doveroso da parte di chi arriva dopo e ha l’onore di tagliare il nastro all’inaugurazione ma che assolutamente non dona il diritto di appuntarsi medaglie al petto non conquistate con le proprie scelte e/o visioni.

La legalità al Cimitero ancora deve essere ripristinata, dato che campeggiano ancora altarini abusivi e poster di ex narcos di Caivano e del Parco Verde sulle mura “pubbliche” della necropoli cittadina. Come mai la terna commissariale non va a farsi una passeggiata al cimitero interrogandosi di chi sono quei faccioni appesi ai muri?

Per non parlare del Commissario Fabio Ciciliano che il 24 Febbraio scorso in occasione dell’inaugurazione del nuovo asilo nido di Casolla Valenzano, ebbe modo di diramare alcune sue dichiarazioni riportate da tutte le testate nazionali – dove alcune di queste, da sempre con una linea editoriale avversa al Governatore De Luca attaccarono pure il Presidente della Regione Campania tacciandolo di chiacchierone quando si permise di criticare la scelta delle maniere forti del Governo Meloni – queste le parole di Ciciliano: “L’asilo rappresenta un’opportunità per tutte le famiglie di Caivano, e degli altri comuni limitrofi, ed è un importante investimento per il futuro di queste comunità. Sono molto felice che siamo riusciti in poco tempo a aprire una struttura che, sebbene fosse stata completata nel 2019, non era mai stata resa disponibile. In poche ore dall’ apertura sono stati più di trenta i bambini iscritti, questo dimostra quanto fosse necessario intervenire immediatamente nella realizzazione di quest’opera. Far crescere i bambini in un ambiente sicuro e stimolante e contemporaneamente offrire ai genitori un ulteriore porto sicuro è un notevole aiuto al welfare familiare e alla crescita economica del territorio. Ringrazio l’azienda consortile A.C.C.C. N19 e il Comune di Caivano per il prezioso contributo”. 

In realtà anche l’apertura dell’Asilo Nido non è merito del Governo Meloni, alcune dichiarazioni se le può bere qualche testata nazionale che ubica la propria sede lontana da Caivano ma non le si possono dare a bere ad un occhio attento del territorio come Minformo. Un po’ di tempo ci abbiamo messo ma abbiamo trovato quello che ci serviva per stare qui a illustrarvi la verità.

Il progetto Asilo Nido nasce nel lontano 2013 con l’Amministrazione Tonino Falco, per continuità amministrativa passa nelle mani di Simone Monopoli fino ad arrivare all’Ambito n°19 allora costituito, poi trasformato in Azienda Consortile per le Politiche Sociali. La gara che ha visto vincitrice la Cooperativa Giada è stata espletata il 22 Settembre 2022 un anno prima dello scioglimento per infiltrazioni camorristiche dell’Amministrazione Falco, proprio dall’Azienda Consortile grazie all’intercettazione, nientepopodimenoché, udite, udite, dei fondi PAC erogati proprio dalla Regione Campania, ossia per volontà di Vincenzo De Luca quello stesso Governatore criticato e deriso dai mass media con linea editoriale vicino alle idee della destra nazionale.

Al netto delle buche onnipresenti per strada, commercio che stenta a decollare, desolazione, depressione e resilienza sempre crescente, narcotraffico solo dislocato e mai debellato a queste latitudini, tutti i cittadini caivanesi sperano davvero in un lavoro efficace di chi è arrivato qui per salvare il territorio. Ce lo auspichiamo tutti, sappiamo che i tempi non sono ancora maturi ed è presto per vedere la luce in fondo al tunnel ma nel frattempo però si pretende più rispetto, più trasparenza e meno propaganda. Perché ai caivanesi serve solo un po’ di aiuto no chi gli toglie l’anello dal naso.

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Caivano

CAIVANO. Il prete Patriciello a La7 sul crollo di Scampia ma non parla degli stessi problemi di stabilità del Parco Verde

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CAIVANO – Basta far parlare l’ignoranza. Il degrado di una comunità passa anche attraverso la creazione di falsi miti. Non è accettabile, nel 2024, che la stampa nazionale, abbia come punto di riferimento la demagogia e il populismo e non le competenze. Allora la domanda che mi pongo è: Perché su una tragedia come il crollo del ballatoio della vela celeste a Scampia, si interroga il prete Maurizio Patriciello e non uno strutturista, un ingegnere o un Ministro di riferimento?

Premesso che la domanda della collega al prete non era la richiesta di fare similitudini tra il Parco Verde e Scampia – un intervento del genere l’avrei anche compreso – ma la domanda che viene fatta al prete è: “Dove era la politica per Scampia?”. Non sapevo che Patriciello fosse un personaggio politico, deputato, senatore o meglio ancora Premier. Dato che parecchi suoi adepti che si riversano sotto i post del sottoscritto, come anche lui a più riprese verso chi lo incalza, tengono a precisare che non si occupa di politica. Allora perché la Stampa tende ancora a dargli quel ruolo? Ma non è finita qui!

L’ “Armand-Jean du Plessis de Richelieu” in salsa nostrana esordisce con la sua risposta denotando una ignoranza storica e architettonica da paura, asserendo che le vele di Scampia, forse erroneamente paragonandole al Parco Verde, vivono un peccato originale, quello in cui la politica ha scelto di ammassare in questi luoghi tutta la povertà e che poi in questi luoghi lo Stato è andato via, non c’è mai stato, tanto è vero che “qui”, credo si riferisca al Parco Verde, non si è mai visto un vigile urbano o un’assistente sociale.

Allora, mi domando, se le cose non si conoscono, perché rilasciare interviste su temi con i quali si potrebbero fare delle figuracce se non finire di affibbiare etichette errate a quartieri già di per sé problematici?

Quindi. Sempre per amore della verità ma soprattutto per amore della verità storica, quella che manca a parecchi. Ricordiamo sempre che su un falso storico si è costruiti una falsa unità d’Italia per la quale le genti del sud stanno ancora pagando le conseguenze.

Le vele di Scampia nascono a seguito della legge n. 167 del 1962, facevano parte di un progetto abitativo di larghe vedute dell’Arch. Francesco Di Salvo che prevedeva anche uno sviluppo della città di Napoli nella zona est, ossia Ponticelli. Esse restano, nonostante tutto, l’opera realizzata che meglio rappresenta la poetica architettonica del progettista.

Furono costruite tra il 1962 e il 1975 su un progetto ispirato all’Existenzminimum, una corrente architettonica per la quale l’unità abitativa del singolo nucleo familiare avrebbe dovuto essere ridotta al minimo indispensabile, con una spesa costruttiva contenuta, ma con spazi comuni dove la collettività si integrava. Di Salvo realizzò il progetto ispirandosi ai vicoli del centro storico di Napoli che, nelle sue intenzioni, sarebbero dovuti essere ricreati in un condominio.

Nel progetto ispirato ai princìpi delle unités d’habitation di Le Corbusier, alle strutture «a cavalletto» proposte da Kenzo Tange e più in generale ai modelli macrostrutturali, erano previsti centri aggregativi e spazi comuni, uno spazio di gioco per bambini e altre attrezzature collettive. La mancata realizzazione di questo «nucleo di socializzazione» è stata certamente una concausa del suo clamoroso fallimento.

L’idea del progetto prevedeva grandi unità abitative dove centinaia di famiglie avrebbero dovuto integrarsi e creare una comunità, grandi vie di scorrimento e aree verdi tra le varie vele. Una vera e propria città modello, ma varie cause hanno portato a quello che venne poi definito un ghetto, in primis il terremoto dell’Irpinia del 1980, che portò molte famiglie, rimaste senzatetto, a occupare anche abusivamente gli alloggi delle vele.

A questo intreccio di eventi negativi si è associata la mancanza totale di presidi dello Stato: il primo commissariato di Polizia fu insediato solo nel 1987, a quindici anni dalla consegna degli alloggi. La situazione ha allontanato sempre di più una parte della popolazione, lasciando il campo libero alla delinquenza. I giardini sono divenuti luogo di raccolta degli spacciatori, i viali sono piste per corse clandestine, gli androni dei palazzi luogo di incontro di ladri e ricettatori.

Quindi, una volta compresa la genesi delle vele e appurato che esse non nascono col peccato orginale, si può ricostruire perbene la storia, in maniera tale da non ripetere gli stessi errori.

Perché, ancora una volta, se di mancanza delle istituzioni si può parlare e non di inciviltà da parte di primati autoctoni che credono che occupare un alloggio non sia un reato ma un diritto, essa è sempre causata dallo stesso motivo: l’emergenza continua e costante, quella per la quale non si riesce o non si vogliono risolvere i problemi del Parco Verde.

Cosa ben diversa, invece, si registra con la genesi del quartiere degradato caivanese, nato in occasione del terremoto dell’Irpinia – causa del degrado delle progetto avvenieristico delle vele di Scampia – ma fatto di case in cemento e amianto prefabbricato e dovevano avere un compito abitativo di natura temporanea

Oggi, a distanza di 40 anni dalla sua nascita, l’intero parco vive un problema di stabilità ancora più pericoloso di quello delle vele di Scampia, quindi mi domando: ignoranza per ignoranza, perché il prete Patriciello, nello specificare alla collega che Giorgia Meloni deve essere presentata con l’appellativo “capo del governo” e invitare la Premier a fare di più per Scampia rispetto a quanto fatto per il Parco Verde, davanti alle telecamere di La7 non ha parlato del problema di stabilità degli edifici del Parco verde, delle fondamenta infradiciate dall’acqua sorgiva e del pericolo di crollo che quella gente vive ogni giorno? Perché continuare a lasciar pensare all’Italia intera che la Meloni ha risolto i problemi di Caivano? Quali sono gli interessi del prete Patriciello, difendere la povera gente, quella stessa gente che pur ritenendoli occupanti abusivi, difendeva il loro diritto alla casa o l’immagine del partito della Meloni e di questo governo? Ai posteri l’ardua sentenza.

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Caivano

CAIVANO. La lobby del cemento annichilisce l’urbanistica. Questione delle case di via Salvemini ancora irrisolta.

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CAIVANO – Ci eravamo lasciati così nell’Aprile del 2021, con questo mio editoriale (leggi qui). A distanza di tre anni e passa ci ritroviamo a documentare lo stesso problema ma con dinamiche evolute e più articolate.

Si, dinamiche ben rodate e perpetrate da una lobby ben consolidata sul territorio che riesce ad eludere leggittimità e oliare un sistema convenzionale e assuefatto dal popolo, facendo passare l’illecito per il lecito e i furbi per mecenati. Ma veniamo ai fatti.

Così come all’epoca ho illustrato le stranezze del lotto C 2.3 dell’ex ICIF, oggi vi voglio aggiornare sulla storiella del lotto 1.6/A perché a distanza di tempo si è scoperto che non solo c’è stato un ratto delle cubature a discapito degli altri proprietari terrieri ma che si è continuato a costruire, terminare l’immobile e attuare anche la compravendita delle abitazioni, nonostante il Comune di Caivano, dopo aver chiesto un parere pro-veritatae al Prof. Domenico Moccia e all’Arch. Alessandro Visalli che addivennero alla conclusione che il detto P.U.A. non sia stato rispettoso degli standard urbanistici previsti per il comparto interessato, abbia comunicato alle parti – ai proprietari terrieri Giulio Rispoli e Stefano Lizzi nonché il costruttore Pietro Magri della Magri Costruzioni srl – l’avvio del procedimento amministrativo per l’annullamento d’ufficio ed in via di autotutela della Delibera dove fu approvato il P.U.A. del comparto C 1.6/A e di ogni altro procedimento connesso all’iter approvato del P.U.A. C 1.6, compresa la Delibera del Commissario Straordinario, all’epoca Ferdinando Mone, dove si autorizzava la suddivisione del comparto C 1.6 e la Delibera del Commissario Straordinario con la quale è intervenuta l’adozione del P.U.A. C 1.6/A e i permessi di costruire rilasciati a Roma Anna Selvaggia, Giulio Rispoli e Stefano Lizzi volturata a Magri Costruzioni srl e a Pietro Magri in qualità di Legale Rappresentante della Magri Costruzioni srl.

Premesso che l’Amministrazione Falco, in continuità amministrativa e ritrovatasi con la patata bollente tra le mani, forse anche all’indomani della mia tiratina d’orecchie dell’Aprile 2021, ha chiesto parere a un avvocato, nello specifico Avv. Aniello Mele il quale suo parere si sovrappone a quello della parte difensiva ma è anche giusto ribadire che il parere di un Avvocato è chiuso nel recinto del tecnicismo giuridico e non entra nei meriti del puramente tecnico, così come si può asserire, senza tema di smentita, che la questione non è ancora del tutto chiusa, dato che non c’è la sentenza di nessun organo super-partes a stabilire da che parte sta la ragione.

Così, come ogni ombra che caratterizza gli affari della lobby del cemento caivanese, anche la compravendita di case di via Salvemini, costruite dalla Magri Costruzioni srl, presenta il suo lato oscuro e da cronista e osservatore del territorio mi domando: Cosa succede a questi poveri ignari acquirenti, forse anche giovani novelli sposi che per dare un sano futuro alla nuova creazione della loro famiglia decidono di investire i loro sacrifici in una casa nuova di zecca, se i commissari straordinari prefettizi attuali, o la prossima Amministrazione, facessero legittimamente il loro lavoro e attuassero ciò che inspiegabilmente è rimasto sospeso per anni, ossia la revoca in autotutela di quei permessi di costruire? Da un giorno all’altro si ritroverebbero ad essere degli occupanti di un immobile abusivo, e si ritroverebbero ad essere vittime di un Sistema come gli abitanti di via Indipendenza, 8 a Casoria, e questo sempre grazie o per colpa della nota lobby affaristica caivanese.

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Gemellaggio Caivano-Barcellona, con i ragazzi spagnoli sarà “liberata” Villa Andersen nel cuore del Parco Verde

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Barcellona chiama, Caivano risponde. Resteranno cinque giorni a Caivano i ragazzi dell’Opera corporativa dell’Opus Dei di Barcellona arrivati oggi in Italia: saranno accolti dai volontari dell’associazione “Un’infanzia da vivere” e si dedicheranno ad una serie di attività ludiche e sportive, coordinati dal responsabile del settore sportivo e scolastico.

Ma i giovani di Barcellona, insieme a quelli di Caivano, saranno impegnati anche in un’altra importante iniziativa: “liberare” Villa Andersen, la villa comunale nel cuore del Parco Verde. Si tratta di un polmone verde di 9000 metri quadrati, una zona abbandonata da decenni e oggi ritrovo di tossicodipendenti e balordi, nei pressi della quale vi sono 130 abitazioni con circa 500 bambini.

Villa Andersen non è stata interessata dalle recenti attività di riqualificazione e i ragazzi italiani e spagnoli, con gli attrezzi messi a disposizione dalla cooperativa multiservizi “Nessuno resti solo”, si adopereranno per ripulire e liberare l’ingresso.
Da tempo l’associazione “Un’infanzia da vivere” è in contatto con l’Opera corporativa dell’Opus Dei di Barcellona, grazie al dottor Roberto Milano.



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