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CAIVANO. Sistema delle Estorsioni del clan Angelino. Prime indiscrezioni sulle dichiarazioni dei Collaboratori di Giustizia

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CAIVANO – Procede senza sosta l’iter procedurale del processo legato al Sistema delle estorsioni messo su dal clan Angelino con la connivenza della parte politica e tecnica del Comune di Caivano.

Dopo gli Avvisi di Garanzia, le ultime indiscrezioni riguardano le confessioni rilasciate da coloro che hanno deciso di collaborare con la Giustizia.

A primo acchitto, da quello che si legge è che le indagini non si chiudono ai venticinque nomi che abbiamo pubblicato giorni fa (leggi qui). Altri nomi sono ancora coperti dal segreto istruttorio, tanto è vero che nelle documentazioni a disposizione delle difese dei venticinque indagati raggiunti dal provvedimento di chiusura delle indagini, si leggono molti omississ, il che farebbe presagire un’altra raffica di provvedimenti a stretto giro.

Dalle dichiarazioni rilasciate dai neocollaboratori viene quasi tutto confermato di quanto emerso dalle indagini e dalle intercettazioni. Giovanbattista Alibrico e Carmine Peluso erano gli addetti a riscuotere somme di denaro per conto del clan, oltre che ad avere il ruolo di richiedenti delle somme estorsive, mentre Martino Pezzella faceva da tramite, incassando il denaro dai politici per poi portarlo al clan, direttamente nelle mani dei fidelissimi di Antonio Angelino detto “Tubiuccio”.

Confermato inoltre il sistema delle aggiudicazioni guidate dal funzionario Vincenzo Zampella e dei nomi delle ditte segnalati dai vari esponenti politici corrotti.

Chi ne esce con le ossa ancora più rotte da queste dichiarazioni sono le figure di Arcangelo Della Rocca e di Gaetano Ponticelli.

Da quello che asseriscono i collaboratori, il primo durante la consiliatura Enzo Falco, oltre ad avere incassato una tangente dalla Gi.Car. direttamente da Bernardo Giuseppe per la rimozione di un manufatto abusivo al Parco Verde, ha anche segnalato professionisti per alcuni incarichi tecnici per il PNRR. Accusato inoltre di avere grossi rapporti all’Urbanistica con imprenditori e tecnici per il rilascio delle licenze edilizie in tempi rapidi. Avendo rapporti diretti con Zampella Vincenzo e con altri tecnici e godendo delle corsie preferenziali, poteva effettuare favoritismi sull’accelerazioni delle pratiche presentate al Comune. Inoltre l’ex Assessore dem, emerso da quanto dichiarato da uno dei collaboratori, pare si sia recato insieme a Pompeo Esposito e D’Agostino Fabrizio, alla CUC di Salerno per cercare di condizionare le attività nella scelta delle ditte a cui affidare i lavori, senza ottenere però alcun risultato positivo.

Le confessioni dei collaboratori, invece, hanno potuto completare il quadro indiziario di Gaetano Ponticelli, ex Consigliere di opposizione, che stando a quanto dichiarato dai collaboratori, stesse bene il Sistema messo all’impiedi dal capoclan, tanto è vero che la sua figura viene menzionata assieme a quella di Albrico Giovambattista, Peluso Carmine e Falco Armando come i politici vicini al gruppo di “Tubiuccio”. Secondo quanto riferiscono i collaboratori, Gaetano Ponticelli era colui che portava le determinazioni comunali riportanti nomi delle ditte e cifre affidate direttamente al clan. Spesso è stato visto uscire da una concessionaria di autonoleggio di via Platone dove Angelino Antonio – alias Tubiuccio – e Angelino Gaetano avevano i loro uffici/appoggio. Addirittura ad un incontro tra il capoclan e il Ponticelli, il pentito di camorra che parla agli inquirenti, ammette di essere stato invitato ad accomodarsi fuori. Secondo quest’ultimo, prassi, questa, consolidata quando si trattava di parlare di affari che riguardassero grossi guadagni in termini economici. Confermata inoltre anche l’intercessione di Gaetano Ponticelli, per fare in modo di non far dislocare la dirigente scolastica Rosalba Peluso – ritenuta dalle indagini, la dirigente gradita al clan – dalla scuola “Cilea, Mameli Rodari”.

Nomi nuovi che destano qualche sospetto sul fatto che il Sistema possa andare anche oltre la nomenclatura già nota sono quelli della dirigente Anna Damiano e del dipendente pubblico Pompeo Esposito che stando a quanto dichiarato dai collaboratori di giustizia, erano pienamente consapevoli del fatto che il sorteggio della gara sul rifacimento del manto stradale di alcune strade, appaltato poi alla ditta Appalti Generali di Alfiero Luigi, venisse truccato.

Premesso che tutti gli attori di questo procedimento sono innocenti fino a sentenza definitiva e che ognuno di loro avrà modo di difendersi nelle sedi opportune, appare indubbio che la classe dirigente caivanese sia stata lacerata e falcidiata dal punto di vista etico e morale.

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CAIVANO. Il prete Patriciello a La7 sul crollo di Scampia ma non parla degli stessi problemi di stabilità del Parco Verde

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CAIVANO – Basta far parlare l’ignoranza. Il degrado di una comunità passa anche attraverso la creazione di falsi miti. Non è accettabile, nel 2024, che la stampa nazionale, abbia come punto di riferimento la demagogia e il populismo e non le competenze. Allora la domanda che mi pongo è: Perché su una tragedia come il crollo del ballatoio della vela celeste a Scampia, si interroga il prete Maurizio Patriciello e non uno strutturista, un ingegnere o un Ministro di riferimento?

Premesso che la domanda della collega al prete non era la richiesta di fare similitudini tra il Parco Verde e Scampia – un intervento del genere l’avrei anche compreso – ma la domanda che viene fatta al prete è: “Dove era la politica per Scampia?”. Non sapevo che Patriciello fosse un personaggio politico, deputato, senatore o meglio ancora Premier. Dato che parecchi suoi adepti che si riversano sotto i post del sottoscritto, come anche lui a più riprese verso chi lo incalza, tengono a precisare che non si occupa di politica. Allora perché la Stampa tende ancora a dargli quel ruolo? Ma non è finita qui!

L’ “Armand-Jean du Plessis de Richelieu” in salsa nostrana esordisce con la sua risposta denotando una ignoranza storica e architettonica da paura, asserendo che le vele di Scampia, forse erroneamente paragonandole al Parco Verde, vivono un peccato originale, quello in cui la politica ha scelto di ammassare in questi luoghi tutta la povertà e che poi in questi luoghi lo Stato è andato via, non c’è mai stato, tanto è vero che “qui”, credo si riferisca al Parco Verde, non si è mai visto un vigile urbano o un’assistente sociale.

Allora, mi domando, se le cose non si conoscono, perché rilasciare interviste su temi con i quali si potrebbero fare delle figuracce se non finire di affibbiare etichette errate a quartieri già di per sé problematici?

Quindi. Sempre per amore della verità ma soprattutto per amore della verità storica, quella che manca a parecchi. Ricordiamo sempre che su un falso storico si è costruiti una falsa unità d’Italia per la quale le genti del sud stanno ancora pagando le conseguenze.

Le vele di Scampia nascono a seguito della legge n. 167 del 1962, facevano parte di un progetto abitativo di larghe vedute dell’Arch. Francesco Di Salvo che prevedeva anche uno sviluppo della città di Napoli nella zona est, ossia Ponticelli. Esse restano, nonostante tutto, l’opera realizzata che meglio rappresenta la poetica architettonica del progettista.

Furono costruite tra il 1962 e il 1975 su un progetto ispirato all’Existenzminimum, una corrente architettonica per la quale l’unità abitativa del singolo nucleo familiare avrebbe dovuto essere ridotta al minimo indispensabile, con una spesa costruttiva contenuta, ma con spazi comuni dove la collettività si integrava. Di Salvo realizzò il progetto ispirandosi ai vicoli del centro storico di Napoli che, nelle sue intenzioni, sarebbero dovuti essere ricreati in un condominio.

Nel progetto ispirato ai princìpi delle unités d’habitation di Le Corbusier, alle strutture «a cavalletto» proposte da Kenzo Tange e più in generale ai modelli macrostrutturali, erano previsti centri aggregativi e spazi comuni, uno spazio di gioco per bambini e altre attrezzature collettive. La mancata realizzazione di questo «nucleo di socializzazione» è stata certamente una concausa del suo clamoroso fallimento.

L’idea del progetto prevedeva grandi unità abitative dove centinaia di famiglie avrebbero dovuto integrarsi e creare una comunità, grandi vie di scorrimento e aree verdi tra le varie vele. Una vera e propria città modello, ma varie cause hanno portato a quello che venne poi definito un ghetto, in primis il terremoto dell’Irpinia del 1980, che portò molte famiglie, rimaste senzatetto, a occupare anche abusivamente gli alloggi delle vele.

A questo intreccio di eventi negativi si è associata la mancanza totale di presidi dello Stato: il primo commissariato di Polizia fu insediato solo nel 1987, a quindici anni dalla consegna degli alloggi. La situazione ha allontanato sempre di più una parte della popolazione, lasciando il campo libero alla delinquenza. I giardini sono divenuti luogo di raccolta degli spacciatori, i viali sono piste per corse clandestine, gli androni dei palazzi luogo di incontro di ladri e ricettatori.

Quindi, una volta compresa la genesi delle vele e appurato che esse non nascono col peccato orginale, si può ricostruire perbene la storia, in maniera tale da non ripetere gli stessi errori.

Perché, ancora una volta, se di mancanza delle istituzioni si può parlare e non di inciviltà da parte di primati autoctoni che credono che occupare un alloggio non sia un reato ma un diritto, essa è sempre causata dallo stesso motivo: l’emergenza continua e costante, quella per la quale non si riesce o non si vogliono risolvere i problemi del Parco Verde.

Cosa ben diversa, invece, si registra con la genesi del quartiere degradato caivanese, nato in occasione del terremoto dell’Irpinia – causa del degrado delle progetto avvenieristico delle vele di Scampia – ma fatto di case in cemento e amianto prefabbricato e dovevano avere un compito abitativo di natura temporanea

Oggi, a distanza di 40 anni dalla sua nascita, l’intero parco vive un problema di stabilità ancora più pericoloso di quello delle vele di Scampia, quindi mi domando: ignoranza per ignoranza, perché il prete Patriciello, nello specificare alla collega che Giorgia Meloni deve essere presentata con l’appellativo “capo del governo” e invitare la Premier a fare di più per Scampia rispetto a quanto fatto per il Parco Verde, davanti alle telecamere di La7 non ha parlato del problema di stabilità degli edifici del Parco verde, delle fondamenta infradiciate dall’acqua sorgiva e del pericolo di crollo che quella gente vive ogni giorno? Perché continuare a lasciar pensare all’Italia intera che la Meloni ha risolto i problemi di Caivano? Quali sono gli interessi del prete Patriciello, difendere la povera gente, quella stessa gente che pur ritenendoli occupanti abusivi, difendeva il loro diritto alla casa o l’immagine del partito della Meloni e di questo governo? Ai posteri l’ardua sentenza.

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CAIVANO. La lobby del cemento annichilisce l’urbanistica. Questione delle case di via Salvemini ancora irrisolta.

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CAIVANO – Ci eravamo lasciati così nell’Aprile del 2021, con questo mio editoriale (leggi qui). A distanza di tre anni e passa ci ritroviamo a documentare lo stesso problema ma con dinamiche evolute e più articolate.

Si, dinamiche ben rodate e perpetrate da una lobby ben consolidata sul territorio che riesce ad eludere leggittimità e oliare un sistema convenzionale e assuefatto dal popolo, facendo passare l’illecito per il lecito e i furbi per mecenati. Ma veniamo ai fatti.

Così come all’epoca ho illustrato le stranezze del lotto C 2.3 dell’ex ICIF, oggi vi voglio aggiornare sulla storiella del lotto 1.6/A perché a distanza di tempo si è scoperto che non solo c’è stato un ratto delle cubature a discapito degli altri proprietari terrieri ma che si è continuato a costruire, terminare l’immobile e attuare anche la compravendita delle abitazioni, nonostante il Comune di Caivano, dopo aver chiesto un parere pro-veritatae al Prof. Domenico Moccia e all’Arch. Alessandro Visalli che addivennero alla conclusione che il detto P.U.A. non sia stato rispettoso degli standard urbanistici previsti per il comparto interessato, abbia comunicato alle parti – ai proprietari terrieri Giulio Rispoli e Stefano Lizzi nonché il costruttore Pietro Magri della Magri Costruzioni srl – l’avvio del procedimento amministrativo per l’annullamento d’ufficio ed in via di autotutela della Delibera dove fu approvato il P.U.A. del comparto C 1.6/A e di ogni altro procedimento connesso all’iter approvato del P.U.A. C 1.6, compresa la Delibera del Commissario Straordinario, all’epoca Ferdinando Mone, dove si autorizzava la suddivisione del comparto C 1.6 e la Delibera del Commissario Straordinario con la quale è intervenuta l’adozione del P.U.A. C 1.6/A e i permessi di costruire rilasciati a Roma Anna Selvaggia, Giulio Rispoli e Stefano Lizzi volturata a Magri Costruzioni srl e a Pietro Magri in qualità di Legale Rappresentante della Magri Costruzioni srl.

Premesso che l’Amministrazione Falco, in continuità amministrativa e ritrovatasi con la patata bollente tra le mani, forse anche all’indomani della mia tiratina d’orecchie dell’Aprile 2021, ha chiesto parere a un avvocato, nello specifico Avv. Aniello Mele il quale suo parere si sovrappone a quello della parte difensiva ma è anche giusto ribadire che il parere di un Avvocato è chiuso nel recinto del tecnicismo giuridico e non entra nei meriti del puramente tecnico, così come si può asserire, senza tema di smentita, che la questione non è ancora del tutto chiusa, dato che non c’è la sentenza di nessun organo super-partes a stabilire da che parte sta la ragione.

Così, come ogni ombra che caratterizza gli affari della lobby del cemento caivanese, anche la compravendita di case di via Salvemini, costruite dalla Magri Costruzioni srl, presenta il suo lato oscuro e da cronista e osservatore del territorio mi domando: Cosa succede a questi poveri ignari acquirenti, forse anche giovani novelli sposi che per dare un sano futuro alla nuova creazione della loro famiglia decidono di investire i loro sacrifici in una casa nuova di zecca, se i commissari straordinari prefettizi attuali, o la prossima Amministrazione, facessero legittimamente il loro lavoro e attuassero ciò che inspiegabilmente è rimasto sospeso per anni, ossia la revoca in autotutela di quei permessi di costruire? Da un giorno all’altro si ritroverebbero ad essere degli occupanti di un immobile abusivo, e si ritroverebbero ad essere vittime di un Sistema come gli abitanti di via Indipendenza, 8 a Casoria, e questo sempre grazie o per colpa della nota lobby affaristica caivanese.

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Gemellaggio Caivano-Barcellona, con i ragazzi spagnoli sarà “liberata” Villa Andersen nel cuore del Parco Verde

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Barcellona chiama, Caivano risponde. Resteranno cinque giorni a Caivano i ragazzi dell’Opera corporativa dell’Opus Dei di Barcellona arrivati oggi in Italia: saranno accolti dai volontari dell’associazione “Un’infanzia da vivere” e si dedicheranno ad una serie di attività ludiche e sportive, coordinati dal responsabile del settore sportivo e scolastico.

Ma i giovani di Barcellona, insieme a quelli di Caivano, saranno impegnati anche in un’altra importante iniziativa: “liberare” Villa Andersen, la villa comunale nel cuore del Parco Verde. Si tratta di un polmone verde di 9000 metri quadrati, una zona abbandonata da decenni e oggi ritrovo di tossicodipendenti e balordi, nei pressi della quale vi sono 130 abitazioni con circa 500 bambini.

Villa Andersen non è stata interessata dalle recenti attività di riqualificazione e i ragazzi italiani e spagnoli, con gli attrezzi messi a disposizione dalla cooperativa multiservizi “Nessuno resti solo”, si adopereranno per ripulire e liberare l’ingresso.
Da tempo l’associazione “Un’infanzia da vivere” è in contatto con l’Opera corporativa dell’Opus Dei di Barcellona, grazie al dottor Roberto Milano.



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