CAIVANO ancora sbattuta sulle pagine dei giornali e tra le prime notizie dei telegiornali. Il motivo è sempre uguale: devianza giovanile. Ma il “Decreto Caivano” e l’inasprimento delle pene per i minorenni non dovevano risolvere il problema? Ah, il decreto è risultato incostituzionale? Quindi? Il problema deve rimanere? Dobbiamo abituarci a convivere sia con il problema, sia con chi non perde tempo a crearne subito un caso mediatico? Ma andiamo per ordine.
A distanza di venti giorni dalla stesa, all’interno sempre dello stesso rione – oramai pure se non si cita il nome si sa già di quale luogo si stia parlando – avviene un altro fatto increscioso: tre minorenni – due tredicenni e un quattordicenne – vengono sorpresi in classe, presso l’IS “F. Morano”, in possesso di tre coltelli. L’allarme stavolta è lanciato da un’altra figura mitologica caivanese, un’altra “professionista” dell’antimafia: la dirigente scolastica Eugenia Carfora che prontamente ha allertato le Forze dell’Ordine che a loro volta hanno denunciato i minorenni per detenzione di armi da taglio. Neanche il tempo di redigere la denuncia che a Caivano si sono riversate le principali reti ed emittenti nazionali.
Inutile sottolineare come i media e il mainstream nazionale e regionale abbiano gridato all’ennesimo atto di devianza all’interno del Parco Verde senza però specificare la provenienza dei ragazzi. D’altronde è risaputo, il Morano non è frequentato dai soli ragazzi del Parco Verde o di Caivano ma arrivano da tutta l’hinterland a nord di Napoli eppure si insiste nel dover infondere la notizia solo del luogo in cui si sono svolti i fatti.
Come la stesa, così anche per la detenzione delle armi da taglio, il copione sembra sempre lo stesso. Non dico di conoscere i nomi dei ragazzi che sparano o che hanno intenzione di aggredire o difendersi con armi da taglio ma almeno la provenienza o nel caso della stesa, sapere se questi miniboss siano stati, almeno, individuati e consegnati alla giustizia. Invece nulla, non si sa nulla, c’è addirittura chi mette in dubbio persino che quella stesa ci sia stata, tanto è alto il sentimento di omertà all’interno di quel rione.
Oramai è declarato. Il Parco Verde è diventato un brand a tutti gli effetti, manca solo che qualche stilista di grido tiri fuori dalla sua creatività un abbigliamento griffato con tanto di scritta sulle felpe in stile “Salvini”.
Il Parco Verde: una effige che muove soldi per le bonifiche inesistenti e per i fantomatici risanamenti. Un business per pochi. Un luogo maledetto da Dio dove neanche più la Chiesa riesce ad espletare la sua funzione. Un posto dove i ruoli si confondono, dove il prete fa il prefetto chiudendo la chiesa per ordine pubblico e sicurezza, mentre un ateo come me è costretto a ricordare al prete la misericordia di Dio. Un posto dove il Presidente di una regione insulta un prete che, conosciuto come “anticamorra”, non perde mai tempo e occasione per posizionarsi puntualmente davanti alle telecamere. L’unico posto al mondo dove la camorra usa i petardi (tric trac in dialetto) al posto delle bombe per intimidire, i coltelli da cucina con la punta arrotondata al posto delle lame affilate per minacciare e i folli ritenuti incapaci di intendere e di volere al posto dei barbudos come mandatari delle minacce.
Attenzione. Con queste mie riflessioni non voglio dire che all’interno del Parco Verde o sul territorio caivanese non ci sia la delinquenza o voglia negare l’esistenza della criminalità organizzata e del narcotraffico. Anzi. Denuncio proprio il contrario. Denuncio il fatto che questo tipo di esasperazione del male e questa spettacolarizzazione della cronaca nera possano fungere in maniera inconsapevole e spero vivamente non consapevole, da opere di distrazione di massa per l’opinione pubblica o peggio ancora per gli inquirenti.
Insomma. A Caivano la confusione regna sovrana. La colpa è decisamente attribuibile a un vuoto istituzionale storico derivante da oltre vent’anni di malapolitica nazionale e locale. La stessa politica che sul territorio stenta a riformarsi. La stessa politica che da qui ad un mese, sicuramente si riapproprierà delle proprie poltrone ma non del territorio. Quella politica che tanto sta sponsorizzando un cambiamento che non ci sarà, perché non sarà altro che una mera alternanza, una squallida sostituzione del potere tra chi c’ERA e c’è sempre stato e chi millanta una nuova ERA. Ma questo è un argomento che tratterò sicuramente in un mio nuovo editoriale. Siate connessi!