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Lettera aperta di Luigi Leonardi a Saviano

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Ci permettiamo di pubblicare la lettera che Luigi Leonardi ha postato su Facebook indirizzata a Saviano.
Come si può dire ai giovani del sud – figli di quei NESSUNO che son rimasti, che hanno lottato e che magari sono stati ammazzati per cambiarla, questa terra -, come si può dir loro di scappare e non voltarsi indietro?

Caro Roberto,
mi permetto di chiamarti per nome e di darti del tu come fossimo fratelli perché siamo coetanei e perché il destino – anche se in modi, dinamiche e pesi differenti – ha scelto per noi situazioni simili.

So chi sei tu. Lo sa tutto il mondo. In poche migliaia sanno chi sono io… un testimone di giustizia. E tu, certamente, di me ricorderai…

Seguo, discretamente – come fa tutto il mondo –, ogni cosa che scrivi e affermi. Mi seguono, quei pochi, nelle mie battaglie, nei miei sfoghi… nelle urla che spesso, in passato, sono ricadute come macigni ai miei piedi ma che oggi iniziano ad essere le urla di molti.

Per questa ragione, oggi, prima di dire o scrivere qualsiasi cosa, rifletto profondamente perché so che chi legge si aspetta da me qualcosa che spesso non so definire ma che mi carica di responsabilità.

Prima di scrivere anche solo un pensiero io – insignificante testimone di giustizia del quale importerebbe a pochi se uno dei cinque clan per i quali sono carne da macello e basta, mi piantasse un proiettile in testa insieme ai miei due ragazzi della scorta (padri di famiglia su una macchina da rottamare)-… io mi faccio mille domande: “Come leggeranno tutto questo? Cosa gli arriverà? Cosa ne faranno?”

E ci penso. Ci penso e quasi sempre mi freno perché il più delle volte la scrittura risponde all’istinto e l’istinto allo schifo, alla rabbia che mi sale quando mi rendo conto che questa battaglia contro le mafie, l’ingiustizia in genere è infinita e globale. E spesso pare senza speranza.

E allora quella risposta potrebbe sembrare quasi un “occhio per occhio”. Un istigare, sottile, a farsi giustizia da soli. Sarebbe una carneficina.

La penna, tu lo sai benissimo, è innocua (per quanto uno possa aver talento, purtroppo!) fino a quando lo schermo non ti regala quel minimo di notorietà, pericolosa, che inquina la nostra spontaneità e, in mano ai media, spesso diventa altro. Poi la stessa parola, scritta, diventa arma potente, anche se ad usarla è un ignorante… o il figlio di un boss che cerca di fare del padre, macellaio, un amorevole padre qualsiasi.

Figuriamoci se a parlare è Saviano.

E allora oggi mi sono fermato a riflettere sulla tua ultima affermazione:
“Caligola nominò senatore il suo cavallo preferito; poteva farlo perché era l’imperatore. Vincenzo De Luca, governatore della Campania, fa nominare Roberto De Luca, suo figlio, superassessore a Salerno (Bilancio e Sviluppo) dopo aver ottenuto, da Roma, la desertificazione del Pd a Napoli. Se vivi al Sud e sei giovane e in gamba, ma non sei figlio illustre, scappa via e non voltarti indietro”.

L’ultima frase l’ho riletta decine e decine di volte. Mi sale la rabbia, poi la delusione. Cerco di capirne il senso più nascosto – che deve esserci per forza – e poi ripenso alla massa. A quello che arriva. E MI arriva, se non mi fermo a respirarci per qualche istante…

Come si può dire ai giovani del sud – figli di quei NESSUNO che son rimasti, che hanno lottato e che magari sono stati ammazzati per cambiarla, questa terra -, come si può dir loro di scappare e non voltarsi indietro?

Scappare da cosa? Dalla nostra incapacità di lottare, tutti insieme, per cambiare ciò che sappiamo andrebbe cambiato? Scappare dalla nostra paura di morirci mentre lottiamo? Scappare dalla convinzione che nulla cambierà mai perché il sistema è troppo corrotto ed esteso? Scappare dalle nostre responsabilità reali che sono quelle, per esempio, di denunciare invece che subire? E non voltarsi indietro perché? E chi resta? Le radici sono allora solo una nobile, romantica invenzione per malinconici frustrati? E per andare dove? E tu? Come ti sei liberato di tutto questo? Qual è la formula che hai seguito per non morire di rimpianto, di nostalgia, per non sentirti un vigliacco sin dentro al midollo?

E come dovrebbero sentirsi tutti quelli che, come me, investono ogni giorno, ogni santo secondo, ogni respiro che riescono a rubare, perché invece hanno deciso di restare, lottare, sperare?

Le parole sono armi, sì. Ma restare e fare i fatti è il passo successivo dopo le parole. Altrimenti quelle stesse parole non sono altro che ulteriore veleno per accelerare la morte dell’idea di un sogno. Idea. E già per me è un reato uccidere un’idea. Non abortiamo sul nascere anche il tentativo dei “fatti”. Lo dobbiamo ai tanti morti ammazzati che ci hanno creduto. Altrimenti evitiamo anche di scrivere le nostre paginette commemorative.

Il futuro lo fa anche il passato. Che non può essere né negato né cancellato dal nostro egoismo, dal bisogno che abbiamo di viverci solo il meglio (e non possiamo solo lottare per ricordare la storia dei popoli “altri”. Forse diventa anche troppo semplice).

E’ un momento storico che richiede il sacrificio di tutti e non dei pochi. Questo io leggo in quello che sta succedendo… di tutti.

Bisogna restare.

Con stima.

Luigi Leonardi

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Afragola

Perchè proprio a me

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Afragola– Grande partecipazione da parte delle famiglie del territorio afragolese e non solo, ieri presso la Parrocchia San Giorgio Martire di Afragola. Il Parroco: don Massimo Vellutino con due psicologi esperti in campo familiare ed educativo: Mariano Iavarone e Amalia Rodontini con tanta empatia, fulcro dell’incontro di ieri, hanno lanciato un appello a tutti i genitori: diventare protagonisti attivi nella salvaguardia e nell’educazione dei ragazzi. Un Patto Educativo per “prendere in carico”, anzi “prendersi cura”, di ogni singola persona e contesto, mobilitando intorno ad esse competenze ma soprattutto un’infinita umanità. Perciò il patto non potrà che essere persona per persona, famiglia per famiglia, quartiere per quartiere, municipalità per municipalità. Con una capacità di affrontare i numerosi aspetti del disagio di ogni singolo minore “a rischio” con uno sguardo integrato e approfondito.

L’incontro di ieri è stato un grande test di sussidiarietà e democrazia partecipativa. Fondamentale è la regia, di cui deve farsi carico l’ente pubblico, il Comune, con uno sforzo di dialogo e ascolto che precede qualsiasi impiego di risorse. Tutti gli attori coinvolti hanno poi una parte chiara di corresponsabilità e devono essere corresponsabili sia nei diritti sia nei doveri. La regia è essenziale, ci si raccordi, ci si parli, ci si intenda su obiettivi e visione.

Radici forti…ali leggere! Rappresentano la base solida, la stabilità e la connessione con la famiglia e la comunità. Sono le radici che permettono di rimanere ancorati alla realtà, e di sentirsi parte di un gruppo, ma allo stesso tempo la leggerezza delle ali per mantenere l’autonomia, la libertà di espressione, la capacità di prendere decisioni e di volare verso il futuro. Le ali rappresentano l’indipendenza, la possibilità di esplorare nuove esperienze e di raggiungere i propri obiettivi. 

Il patto educativo formalizza l’impegno di tutte le parti (scuola, famiglia e alunno) a collaborare per la crescita armoniosa del bambino basandosi su una visione condivisa dell’educazione, con l’obiettivo di creare un ambiente di apprendimento positivo e sostenibile. 

Le “radici forti e ali leggere” rappresenta l’equilibrio ideale tra la stabilità e l’autonomia, per favorire la crescita armoniosa e lo sviluppo di individui resilienti e capaci di affrontare il futuro con fiducia.

Genitori non isoliamoci, ritorniamo ad essere uniti perchè il confronto e la collaborazione sono gli unici mezzi a nostra disposizione per aiutare i nostri ragazzi in questo mondo troppo veloce, globalizzato e contorto.

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Kevin De Bruyne è ufficialmente un calciatore della SSC Napoli

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“Benvenuto Kevin”.

Lo ha ufficializzato il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis, annunciando la firma del fantasista belga.

De Laurentiis lo ha ufficializzato pubblicando una foto in cui stringe la mano a De Bruyne su X.

Intanto, il centrocampista belga Kevin De Bruyne è già a Napoli sotto forma di ‘pastore di terracotta’.

A realizzarlo è stato l’artigiano del presepe di San Gregorio Armeno Genny Di Virgilio.
La statuina dell’ex giocatore del Manchester City è stata subito sistemata sullo scaffale degli altri campioni d’Italia indossando la maglia azzurra scudettata.

“Ha già preso posto nella squadra – spiega all’ANSA Di Virgilio -, l’unica cosa che non ho indicato è il numero di maglia. Prima di tutto perchè non e’ ancora noto e poi perchè il suo numero al Manchester City, il 17, è meglio cambiarlo. Da queste parti ci teniamo a certe cose “.

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Sorelline siamesi separate con un intervento chirurgico di 12 ore

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Cinquanta professionisti, 12 ore di sala operatoria per un complicato e delicato intervento chirurgico necessario per la separazione di due gemelle siamesi, due bimbe nate in Burkina Faso nel dicembre 2024 e unite nella regione toracica e addominale.

E’ successo all’Istituto Giannina Gaslini di Genova.

Le bambine, che condividevano il fegato e parte del pericardio, sono giunte in Italia il 20 maggio grazie all’associazione Una Voce per Padre Pio, nell’ambito del programma umanitario sanitario attivato in collaborazione con il Gaslini. Il caso è stato seguito in ogni sua fase grazie al cofinanziamento dell’associazione Patrons of the World’s Children Hospitals e di Regione Liguria, nell’ambito della normativa nazionale per l’assistenza sanitaria ad alta specializzazione a cittadini stranieri in condizioni di fragilità.

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