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[GALLERY] CAIVANO: “Ci faccia il piacere” disse l’amico all’amministrazione.

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E ritorniamo a bomba sui “favori” che l’attuale amministrazione concede ad alcuni cittadini, a condizione che siano rigorosamente facoltosi, pena il martirio causa mancanza fondi.

Le condizioni in cui versano i cittadini Caivanesi del Parco Verde, li abbiamo denunciati in un’inchiesta precedentemente pubblicata, che il Sindaco abbia sfruttato lo stato di degrado del quartiere per attrarre voti durante la campagna elettorale è testimoniato dalla voce degli intervistati, stiamo parlando, però di nullatenenti, persone che sono costrette a fidarsi di certi elementi che, in un modo o in un altro, vogliono poter dire “qua comando io”, che le suddette promesse vangano mantenute esclusivamente nel caso ci sia un buon ritorno in termini di voti.

Noi crediamo che se una giustizia esiste deve essere uguale per tutti.

Forse siamo sognatori, probabilmente a causa di questo siamo molto più vulnerabili dei pezzi duri della politica caivanese, ma preferiamo continuare a crederci.

Il problema delle barriere architettoniche in quel di Caivano è  davvero serio, lo denunciarono qualche mese fa gli attivisti del Movimento Caivano e ottennero le solite promesse mai mantenute.

E se le barriere devono essere eliminate è anche vero che non si può approfittare del “buon cuore” (ebbene si, sappiamo usare anche gli eufemismi), dell’attuale amministrazione.

Parliamo dei posti disabili, quelli dell’articolo scritto dal mio collega Mario Abenante e volevo, a tal proposito, fare delle precisazioni.

L’attuale articolo 381 afferma che “nei casi in cui ricorrono particolari condizioni di invalidità della persona interessata, il comune può, con propria ordinanza, assegnare a titolo gratuito un adeguato spazio di sosta individuato da apposita segnaletica indicante gli estremi del “contrassegno di parcheggio per disabili” del soggetto autorizzato ad usufruirne. Tale agevolazione, se l’interessato non ha disponibilità di uno spazio di sosta privato accessibile, nonché fruibile, può essere concessa nelle zone ad alta densità di traffico, dietro specifica richiesta da parte del detentore del “contrassegno di parcheggio per disabili”.

Come si potrà notare la concessione del parcheggio riservato non è un diritto “automatico” di ogni titolare di contrassegno ma prevede alcune condizioni:

–  non avere uno spazio di sosta privato accessibile o fruibile (condizione che può essere verificata dal Comune);

–  il parcheggio si trovi in zona ad alta intensità di traffico (anche questo elemento viene valutato dal Comune).

Alcune precisazioni vanno dunque fatte.

Nessuno della redazione del Minformo ha mai negato il diritto di un disabile ad usufruire di uno spazio di parcheggio ad personam.

L’articolo che ha suscitato tanta rabbia in qualcuno in particolare che lo ha letto, è una richiesta di chiarezza da parte delle istituzioni che hanno permesso a un comune e privato cittadino di prendere possesso di spazi che, probabilmente, non gli sono stati assegnati.

Chiarezza, oltremodo, riguardo a se ci fossero le condizioni per disegnare delle croci gialle sull’asfalto per impedire la sosta, oltre il parcheggio disabili ad personam, a chiunque sia normo-dotato e se si possono esporre cartelli di divieto di sosta davanti a più di un ingresso pedonale della stessa proprietà e con un marciapiedi privo di discesa per i disabili.

Si chiedeva se quella strada rispettasse i requisiti per concedere un parcheggio ad personam, quelle, cioè, che prevede come condizione imprescindibile che la strada debba trovarsi in una zona ad alta densità di traffico (cosa che è facilmente verificabile e che al sottoscritto non risulta).

Domani chiunque potrebbe richiedere chilometri di parcheggio, tanto basta disegnare delle croci gialle sull’asfalto.

Mi chiedo, inoltre, dove sia la determina che ha affidato i lavori per il disegno del parcheggio, che fine abbia fatto la palina con l’indicazione del posto riservato e, infine, che fine abbia fatto il buon senso di questa amministrazione e dei cittadini che si prendono diritti che, con molta probabilità, non possono avere.

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In Italia saranno ammessi rapporti intimi in carcere ma solo con la porta aperta e per massimo due ore

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Il diritto alla sessualità entra in carcere. A distanza di oltre un anno dalla pronuncia della Consulta, arriva il primo concreto segnale dal Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, Dap, che apre definitivamente la strada alla possibilità di concedere colloqui intimi dietro le sbarre. «Un vero e proprio diritto soggettivo» del detenuto – secondo i giudici – che ora è consentito e stabilito dalle linee guida diffuse dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

Ad usufruire di questo tipo di incontri potranno essere soltanto il coniuge o la persona stabilmente convivente del detenuto, in diversi casi anche più di una volta al mese. I numeri dei colloqui potranno sostituire gli stessi di quelli visivi periodicamente concessi e dureranno al massimo due ore.

La priorità sarà data ai detenuti che non hanno permessi premio, né altri benefici penitenziari che consentano di coltivare i rapporti affettivi all’esterno. Inoltre, in questo senso saranno privilegiati i detenuti, compresi gli imputati, che a parità di condizioni con altri devono espiare pene più lunghe e che sono in stato di privazione della libertà da più tempo.

La camera degli incontri, arredata con un letto e servizi igienici e senza la possibilità di chiusura dall’interno, sarà sorvegliata soltanto all’esterno dal personale di Polizia penitenziaria adeguatamente equipaggiato per il controllo dei detenuti e delle persone ammesse ai colloqui intimi.

La scelta ha però avuto anche dei risvolti negativi, in particolare c’è stata una dura presa di posizione del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, l’organizzazione più rappresentativa del Corpo, che in una nota inviata ai vertici del Ministero della Giustizia ha dichiarato: “Non possiamo tollerare che la dignità professionale dei poliziotti penitenziari venga svilita fino al punto da renderli, di fatto, custodi dell’intimità altrui. Noi non ci siamo arruolati per diventare “guardoni di Stato”, né accetteremo che tale ruolo improprio venga normalizzato per l’assenza di un progetto credibile, serio e sostenibile.”

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Donazione degli organi, sono sempre più in aumento le persone che si rifiutano

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L’11 aprile scorso si è celebrata la Giornata Nazionale per la Donazione e il Trapianto di Organi e Tessuti, un’occasione fondamentale per riflettere sul valore di un gesto che può salvare fino a sette vite.

Ma nonostante l’importanza di questa scelta, il trend preoccupa: nei primi tre mesi del 2025 il 40% di 950mila persone che hanno rinnovato la carta d’identità si è esplicitamente opposto alla donazione degli organi. È la percentuale più alta segnalata negli ultimi dieci anni, da quando vengono raccolti i dati delle dichiarazioni di volontà sottoposte alle persone al momento del rinnovo dei documenti.

Il centro nazionale trapianti, che coordina la distribuzione degli organi donati in tutti gli ospedali italiani in seguito alla morte di una persona, giudica questo andamento molto preoccupante perché a un aumento delle opposizioni corrisponde una minore possibilità di salvare migliaia di persone in attesa di un organo.

Grazie al consenso, lo scorso anno 1.730 persone hanno donato i loro organi contribuendo a 4.602 trapianti, perché un solo donatore può aiutare fino a sette persone, che diventano addirittura nove se polmoni e fegato vengono suddivisi tra più riceventi con la tecnica split.

I più propensi davanti all’ipotesi di donare gli organi dopo la morte sono i 40-50enni, i più dubbiosi sono soprattutto gli over 60, ma anche i 18-30enni, tra i quali le opposizioni sono passate dal 33,6% del 2024 al 37,9% del primo trimestre 2025.

Alla base ci sono spesso paura, mancanza di informazione o scarsa consapevolezza. Eppure donare è semplice, sicuro, e può fare la differenza tra la vita e la morte per migliaia di pazienti in lista d’attesa.

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A Napoli la celebrazione in memoria dei caduti di tutte le guerre

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Nella solennità di San Francesco di Paola, patrono della “Gente di Mare”, nella omonima Basilica Pontificia di Napoli, in piazza del Plebiscito, a Napoli, si è tenuta la celebrazione in memoria dei caduti di tutte le guerre, di terra, di cielo e del mare.

Numerosa la partecipazione di autorità civili e militari, tra cui il Viceprefetto di Napoli, Dario Annunziata, dell’Ammiraglio Ispettore della Marina Militare Pierpaolo Budri, del presidente dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia di Napoli Antonio Varriale.

È stata deposta una corona in memoria dei caduti a cura dell’Anmi, mentre il Presidente della Delegazione Provinciale dell’Oncsc Alfredo Migliaccio ha ribadito lo spirito di cooperazione tra le componenti associative d’arma, che rendono viva la memoria di chi ha combattuto per garantire la nostra stessa esistenza.

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