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Cardito

CARDITO, ancora una votla il vero problema in maggioranza si chiama “Cemento”

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CARDITO – Tanti si divertono su notizie inventate, in parecchi ci ricamano, e chi non ha nulla da dire perché nulla sa, mette in moto la propria fantasia per creare un teatrino fantapolitico d’altri tempi. La realtà è un’altra e quella carditese fa davvero rabbrividire. In maggioranza ci sono dei problemi, questo è certo, è lampante, tutti lo vedono, tutti lo sanno ma… nessuno ne parla. Come mai?

Premettiamo che tutta quest’impasse, il primo cittadino la subisce e in tutte le maniere sta cercando per rimediare a questa guerra fredda inutile intrapresa tra i vari consiglieri della maggioranza. Gli errori, se errori sono stati fatti, sicuramente sono stati fatti in campagna elettorale e sicuramente esistono perché Cardito come tutti i comuni a nord di Napoli esprime una classe dirigente mediocre, che prima o poi andrà, se non l’ha già fatto, a chiedere il conto al Capitano della nave. In parole spicciole è quello che sta accadendo a Cardito, ma entriamo nei dettagli.

I cittadini carditesi devono imparare a leggere tra le righe di quello che questa classe dirigente vuole far apparire, perché è inutile stare dietro al fatto che Andreina Raucci e Giovanna Marzano non abbiano votato il bilancio riequilibrato presentato dal proprio assessore. In realtà bisogna capire perché realmente si sono assentate in quel frangente. Ma soprattutto cosa volevano comunicare e a chi. E nell’attesa di scoprire quanto stava accadendo il sindaco Cirillo ha ritenuto opportuno avere dei colloqui interpersonali con ogni forza politica per comprendere soprattutto cosa si stesse tramando alle sue spalle. Perché diciamoci la verità come vale per altri territori che il sindaco non è stato eletto re, vale anche quando sono i consiglieri a fare la parte del leone o a tirare per la giacca il primo cittadino. In entrambi i casi un sindaco non riesce, comunque, a governare se nella sua maggioranza non c’è armonia. La cosa desolante però che ogni gruppo politico o fazione della maggioranza ha deciso di mettere tutto a tacere per non alimentare caos. Chi per un motivo, chi per un altro, tutti preferiscono il silenzio e quanto più si stabilisce sul territorio una sorta di omertà politica meglio è per tutti, specie per chi deve ottenere dal territorio i propri interessi lontano dai riflettori dell’opinione pubblica.

Quindi cosa sta succedendo realmente a Cardito? Il problema non si chiama né Chiacchio, né Raucci e né Marzano. Il vero problema si chiama “Cemento”, come sempre, la costruzione di nuovi immobili sono croce e delizia di tutte le amministraizoni. A Cardito si è ripresentato di nuovo lo spettro dei 74 appartamenti nella zona chiamata “Lavinaio”. In realtà per l’attuale amministrazione carditese quella potrebbe essere una pratica chiusa già all’epoca dell’amministrazione “Cirillo uno”, quando furono bocciati i PUA (Piani urbanistici attuativi) presentati dai proprietari terrieri della zona che prevedevano, appunto, la costruzione di un parco di 74 appartamenti con annessi servizi. La motivazione di allora, secondo il PRG, fu quella che la costruzione di questi stabili non rispettavano gli standard ambientali. Inutili furono anche i ricorsi fatti dai tecnici che presentarono i vari piani attuativi perché tali ricorsi furono bocciati sia dal TAR e sia dal Consiglio di Stato. Le sentenze di entrambi gli organi della magistratura decretarono che in quella zona, anche se il terreno aveva una destinazione edificabile, non si poteva far colare tanto cemento. Quindi per l’amministrazione “Cirillo due”, così come per la “Cirillo uno”, la storia non cambia e a contare sono le carte e non le chiacchiere. Ma ad onor del vero c’è da dire anche che la squadra di governo che forma il “Cirillo due” è un pochettino diversa da quella precedente e in questa maggioranza ci sono dei consiglieri che in realtà sarebbero anche propensi a questa lottizzazione, perché appartenenti a gruppi politici che in passato l’hanno sponsorizzata. Ecco perché c’è qualcuno che non si riesce a spiegare come mai, a distanza di alcuni anni, la Provincia prende in carico questa questione ed emette un out out nei confronti della giunta comunale, disponendo un termine massimo di 40 giorni per esprimersi con parere favorevole o contrario a quella lottizzazione. Ma la storia non era chiusa? Perché dopo la sentenza del TAR e del Consiglio di Stato che dicono apertamente a chiare lettere che lì non si può costruire, questa lottizzazione esce di nuovo fuori, ma stavolta anche con l’interessamento della Provincia? Qualche maligno ha pensato male del primo cittadino, essendo lui anche consigliere provinciale. Ma perché il sindaco Cirillo dovrebbe approvare oggi quello che già ha bocciato diversi anni fa e per giunta avallato anche da organi sovracomunali? Ecco perché questo pensiero non regge e perciò questo tipo di malafede io la lascerei a chi in realtà conviene strumentalizzare la faccenda. Di chi mi preoccuperei invece è proprio di quella parte politica che in passato ha sostenuto e forse continua a sostenere la cementificazione al “Lavinaio” e che molto probabilmente ha costituito anche questo spartiacque in maggioranza e posto il primo cittadino in una situazione di imbarazzo. Sottoponendo il sindaco ad una scelta politica su una questione che esula dagli equilibri politici ma per come si sono evolute le cose, la stessa non può prescindere proprio anche e soprattutto dalle scelte di Cirillo.

Nell’assenza di una presa di posizione netta e chiara da parte della fascia tricolore, chi sta navigando nella direzione del cementificare il “Lavinaio” ha creato ad hoc questa omertà politica basata sul silenzio. In modo che restando tutti buoni e silenti non si affrontano i veri problemi e così facendo non si guastano neanche gli equilibri. Il tutto almeno fino a quando a qualcuno non faccia più comodo questa situazione di stallo, chissà se dopo le elezioni politiche di Aprile 2018, si riuscirà a sbloccare qualcosa a Cardito. Lo scopriremo solo vivendo…

 

 

Cardito

CARDITO. Il Consigliere Russo attacca il Sindaco sul tema staff personale, riportando dati falsi

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CARDITO – Non sempre un giornalista critico della politica entra nel merito del dibattito pubblico se non per evidenziare le fake news legate alla demagogia spicciola che possono uscire fuori dalle dichiarazioni degli addetti ai lavori.

È quanto successo pochi minuti fa nel comune del cardellino con le dichiarazioni del Consigliere Andrea Russo che affrontando un tema demagogico come quello dello sperpero di denaro pubblico legato all’assunzione degli organi formanti lo staff del Sindaco, dichiara, attraverso un video postato sui social, alcune falsità al solo scopo di alimentare rabbia e impopolarità nella figura del primo cittadino. Ma andiamo ad analizzare i fatti.

Andrea Russo nel suo video asserisce che il Sindaco Giuseppe Cirillo abbia portato il numero dei formanti lo staff da 3 a 5 soggetti, lasciando intendere una volontà da parte del primo cittadino su un ulteriore esborso di denaro pubblico. Nulla di più falso. Gli staffisti nel comune gialloblu sono sempre stati tre. All’inizio furono assunti Andrea Fisher – staffista storico – Vincenzo Russo, Nicola Di Micco e Biagio Barra, poi si decise di nominare il Di Micco dirigente dell’ente sfruttando l’Art. 110 del Tuel, liberando così una casella dal capitolo di bilancio posto in essere sullo staff del Sindaco. Da allore quella casella è rimasta vuota per parecchi mesi, facendo risparmiare, in realtà, soldi ai contribuenti.

Oggi il primo cittadino, vuoi perché oberato di lavoro, vuoi perché abituato ad avere la segreteria con impegni suddivisi su tre elementi, ha pensato bene di assumere due figure part-time. Praticamente la casella lasciata vuota da Di Micco sarà riempita da altri due staffisti allo stesso costo di sempre da parte dell’ente.

Il dato politico che esce fuori è quasi pari a zero. A queste latitudini si cerca di fare opposizione sul nulla. Si comprende e va bene il gioco delle parti, ma non si può parlare a distanza di tre anni dopo aver passato gli stessi anni tra i banchi di maggioranza accompagnati dal mutismo selettivo cronico e svegliarsi su questioni, inesistenti tra l’altro, solo ora e per giunta raccontando frottole. Ci aspettiamo altro da un professionista come Andrea Russo che in quanto tale dovrebbe anche capire che anche il confronto con i comuni limitrofi non regge. Gli altri enti non hanno a capo un Sindaco che deve destreggiarsi tra impegni locali e metropolitani, quindi che ben vengano occhi vigili sul territorio atti ad arginare facili distrazioni o dimenticanze. Non mi si venga neanche ad incolpare il primo cittadino per la doppia carica, dato che la sua visione sovracomunale è sotto gli occhi della città e la ricezione di decine di milioni di euro non è da tutti.

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Afragola

Stupri, violenze e omicidi. Facile fare il prete anticamorra con la legge che li obbliga a non denunciare

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Facile fare il prete di periferia negli addensamenti di povertà a nord di Napoli. Basta avere l’ambizione di andare a colmare un vuoto lasciato dalla politica e dalle istituzioni con l’aiuto della fede e della toga e un po’ di predisposizione all’egocentrismo. Aspettare che un tragico evento si verifichi e attendere, inesorabilmente, lo stuolo di colleghi giornalisti che, non sapendo chi intervistare, dato che a queste latitudini la politica è sempre assente per autoimplosione, si rivolgono al personaggio più populista e demagogo rimasto sul territorio.

Allora la riflessione che voglio fare oggi, così come esposta ai tempi dei fatti che riguardarono l’omicidio di Fortuna Loffredo è: la Chiesa che da secoli cerca di colmare i vuoti creati dalla cecità dei governatori sarebbe in grado di aiutare, fattivamente, le vittime di questi efferati delitti?

Tutti noi sappiamo che secondo l’art. 200 c.p.p. la legge italiana rispetta il segreto confessionale tanto che stabilisce che: il sacerdote a cui è stato confessato un reato NON può essere obbligato a essere chiamato come testimone in un processo. Al contrario, come recita l’art. 622 c.p., violare il segreto confessionale potrebbe costituire reato: il sacerdote che dovesse violare il segreto confessionale per un qualsiasi motivo NON previsto dalla legge, rischia la reclusione fino a 1 anno e una multa che può variare tre le € 30 e le € 516.

D’altro canto, invece, è pur vero che la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6912 del 14 gennaio 2017 ha chiarito che il sacerdote che NON DEVE violare il segreto confessionale è tenuto a collaborare con la giustizia. Il segreto confessionale cade nel momento in cui il fedele confessa di essere, ad esempio, stata vittima di violenza. Il sacerdote che, in sede di processo, si rifiuta di testimoniare o mente durante la deposizione rischia la reclusione fino a 6 anni per il reato di falsa testimonianza.

La differenza sta proprio qui! Se a confessare il reato è chi commette il reato? Allora vale la prima ipotesi, ossia, il prete è tenuto a non denunciare ciò che gli è stato riferito in confessione. Ma questo principio ecclesiastico, condiviso anche dalle norme laiche della nostra Costituzione, in verità, quanta carità cristiana serba in sé?

Facendo un’opportuna riflessione sociologica, da anni il tema della religiosità dei mafiosi, o dei criminali in generale, apre lo scenario a molteplici piani di analisi: da una parte, occorre chiedersi che significato assumono le devozioni e le ritualità religiose e che ruolo svolga il ricorso alla fede all’interno di certi contesti, dall’altra è indispensabile valutare le posizioni che la Chiesa ha progressivamente espresso nella storia. Lo studio delle organizzazioni mafiose lascia emergere il dato piuttosto singolare di una religione che diventa strumento di legittimazione, offrendo motivazioni agli atti criminosi, alleviando le paure e le angosce nutrite dagli affiliati per il proprio destino personale. Ed è per questi motivi che si può benissimo pensare che anche un reato come lo stupro può facilmente essere confessato ad un protettore di anime.

Allora la domanda sorge spontanea: a quali responsabilità la Chiesa espone un prete di periferia, pastore di un addensamento di povertà come quella del Parco Verde? Quale peso deve sopportare un prete anticamorra se tali principi lo devono, per forza maggiore, relegare alla figura di un inerme testimonial della lotta? Ma soprattutto come si sentirebbe l’uomo che alberga sotto la toga a sapere di essere stato costretto a non evitare tale scempio?

Allora l’ultima osservazione che vorrei fare è quella del ruolo della Chiesa nella società moderna. Forse, dico forse, con tutta la modestia possibile, sarebbe il caso di far scendere realmente in trincea chi, almeno a parole, dichiara di voler salvare la vita alla povera gente su questo umile pianeta e far sì che chi sappia denunci immediatamente.

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Caivano

Colpite delle auto di una concessionaria durante una sparatoria a Cardito

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Ieri notte alle ore 2:20 circa a Cardito, i carabinieri di Caivano sono intervenuti a via I Maggio angolo via della Repubblica per una segnalazione di colpi d’arma da fuoco. Alcuni colpi di arma da fuoco sono stati sparati verso 4 auto che erano all’interno di un concessionario, 7 i fori causati. Sono in corso le indagini della vicenda.

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