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In ascesa il calo di iscrizioni per la laurea in infermieristica, la percentuale negativa supera quello dello scorso anno

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«L’apertura del nuovo anno accademico per le facoltà che offrono ai giovani un futuro nelle professioni sanitarie è alle porte: è infatti già tempo di test di ammissione (14 settembre prossimo) per accedere ai percorsi di studio, in particolare per quello di infermieristica. Tutto questo dovrebbe essere foriero di buoni auspici per la sanità italiana, bisognosa come il pane di nuove leve per dare linfa vitale ad una professione che, a causa del costante invecchiamento della popolazione, svolgerà gioco forza un ruolo chiave, in primis per le straordinarie competenze che rappresenta, e per supportare quello che sarà il rinnovato fabbisogno nell’ambito delle cosiddette “long care”, le cure sanitarie costanti e durature per i soggetti fragili, per gli anziani, per i malati cronici di oggi e di domani. 

Ebbene c’è invece poco da gioire, perché siamo si fronte a numeri impietosi, in termini negativi, che testimoniamo, senza se e senza ma, come la professione infermieristica continui a perdere inesorabilmente di attrattività agli occhi dei giovani, agli occhi della collettività. La verità è schiacciante: dal mondo universitario ci arrivano dati che testimoniano di un nuovo, ulteriore calo delle iscrizioni ai test di ammissione di infermieristica.  La percentuale di cui parliamo e’ del-10,5%, di calo delle iscrizioni per l’anno accademico 2023-2024, secondo il report del Dott. Angelo, Docente dell’Università di Bologna in Organizzazione delle professioni sanitarie e Segretario della Conferenza Nazionale Corsi di Laurea Professioni Sanitarie. Siamo passati dalle 25.539 domande dello scorso anno alle attuali 22.870 su 19.860 posti (lo scorso anno i posti erano 19.375 ), così diviso tra le tre aree geografiche: Nord -14,0%, Centro -14,4% Sud -5,4%.

E’ lecito, ora, domandarsi cosa abbia fatto la politica negli ultimi 12 mesi per ricostruire l’appeal di una professione che appare decisamente allo sbando, dal momento che già un anno fa la scottante questione era stata posta all’attenzione dell’opinione pubblica, con un calo di iscrizioni che, già allora, era stato pari al – 9,2%. nonostante il numero dei posti disponibili nel 2022 fosse stato allargato con una percentuale del 3.5%. Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up. «Come arginare quella che comincia ad assumere i contorni una emorragia che non tende ad arrestarsi ?  Al calo di iscrizioni alla facoltà di infermieristica, si aggiungono le dimissioni volontarie  dalla professione e le fughe all’estero di giovani professionisti, attratti da stipendi decisamente più dignitosi e da prospettive di carriera ben diverse.

Manca di fatto il ricambio generazionale dei professionisti sanitari, quello indispensabile per garantire un futuro degno di tal nome alla sanità italiana, mancano gli strumenti, e a noi sembra a questo punto anche la volontà da parte della politica, per arginare quella voragine di infermieri che si traduce in una mancanza di almeno 100mila professionisti, numeri indispensabili per adeguarsi agli standard  minimi degli altri paesi europei che corrono veloci verso il futuro. Urgono sostanziosi aumenti di stipendio, e nuovi strumenti di rinnovamento ed organizzazione delle attività sanitarie, entrambi  indispensabili per restituire dignità alla professione infermieristica.

Come possiamo pretendere che un giovane decida di intraprendere un percorso universitario duraturo, impegnativo e delicato, tra studio e tirocini, se poi, oggi, un infermiere laureato, con le grandi responsabilità che gli competono, guadagna quanto un operaio e talvolta anche meno, con tutto il rispetto per quest’ultimo? Come si può immaginare che uno stipendio standard di poco più di 1400/ 1500 euro al mese, tra i più bassi in Europa, decisamente inadeguato alla luce dell’aumento del costo della vita, possa rappresentare un’attrattiva per un giovane neo diplomato, che coltiva legittimamente l’ambizione di realizzarsi con un nuovo percorso di studi?

La verità è che quello della professione infermieristica resta un ambito affascinante come pochi, e rappresenterebbe  ancora l’obiettivo, almeno iniziale, di molti giovani che coltivano il sogno di prendersi cura della salute della collettività, ma la dura realtà delle magre retribuzioni, dei turni massacranti, delle violenze subite nelle corsie, “taglia le gambe” alle aspirazioni di indossare quel camice. E non è finita qui. Perché anche chi con coraggio decide di iscriversi alla facoltà di infermieristica, deve affrontare un duro percorso che non sempre giunge a compimento, continua De Palma. Alto è infatti anche il tasso di abbandono degli studi prima del loro  termine, con una preoccupante percentuale che oscilla tra il 19 e il 20% e che indica coloro che non arriveranno alla laurea, che non indosseranno mai quel camice, che non diventeranno mai infermieri. 

Le ragioni? Soprattutto la difficoltà di gestire i tirocini, quelli che durante il Covid erano alle prese con una pericolosa empasse e che spesso sono anche condizionati dalla disorganizzazione delle strutture ospedaliere, senza dimenticare che non è sempre facile gestire studio e lavoro, e sono davvero poche le realtà regionali che offrono un rimborso spese ai tirocinanti.  Di recente è balzata agli onori della cronaca l’iniziativa della provincia autonoma di Bolzano-Alto Adige che ha portato a 15 euro l’ora il rimborso per gli studenti, ma si tratta, è evidente, di un sassolino nell’oceano. 

Dove stiamo andando? Se al già grave tasso di abbandono dei corsi per infermiere, pari al 20%, aggiungiamo quell’ulteriore -10,5% di domande arrivate rispetto ai posti  programmati dalle Università per l’anno accademico 2023/ 24, l’Italia rischia di perdere, nei prossimi tre anni, fino al 30-30,5% di infermieri rispetto ai numeri,  per noi peraltro già molto bassi,  programmati  dalle stesse Regioni e dal  Governo, con conseguenze inimmaginabili  per la delicata qualità dell’assistenza  e per il diritto alla salute dei cittadini. C’è davvero poco da gioire», chiosa De Palma. 

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‘Fondi Coesione’: il Consiglio di Stato dà ragione alla Campania

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Il Consiglio di Stato ha accertato con una sentenza l’obbligo del Ministro per gli Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il Pnnr “di definire il procedimento di stipula dell’Accordo di coesione con la Regione Campania per la destinazione dei fondi”.

La Regione Campania aveva fatto ricorso lo scorso gennaio lamentando il ritardo nella conclusione dell’accordo, stipulato invece con la maggior parte delle altre Regioni e Province autonome.

Il Tar per la Campania accolse il ricorso con sentenza oggi confermata dal Consiglio di Stato. “Si tratta dei fondi già assegnati alla Regione Campania con delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile”.

(fonte: Ansa.it)

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Nicola Caputo candidato alle Europee resta seduto sulla poltrona di Assessore Regionale

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NAPOLI – È già cominciata la campagna elettorale per i candidati al Parlamento Europeo e tra i candidati della Campania si può scorgere il nome di Nicola Caputo tra le file di Stati Uniti d’Europa la lista nata dalla fusione di Renzi ed Emma Bonino.

Nicola Caputo, ad oggi rappresenta i voti del Presidente della Regione De Luca, dato che il Governatore ha deciso di “pesarsi” come si dice in gergo, per una sfida a sfondo regionale, proprio contro il suo partito che, come tutti sanno, è stato l’artefice dei primi bastoni messi tra le ruote alla sua lotta per il terzo mandato.

Quindi De Luca contro il PD di Raffaele Topo, altro elemento di spicco della Campania, preferito dal PD insieme alla Picierno, Decaro e Sandro Ruotolo.

Ieri è stata la giornata del primo annuncio di Nicola Caputo attraverso i social, dove informa i propri fan del cambio strategico della Comunicazione, col quale si è deciso di usare i propri social solo ed esclusivamente per comunicazioni elettorali, accantonando per adesso la comunicazione istituzionale dell’Assessore all’Agricoltura della Regione Campania.

“Le istituzioni sono una cosa seria, alta, solenne e vanno rispettate, così come le elezioni sono il momento più alto dell’esercizio della democrazia: per questo ho inteso come deontologicamente corretto interrompere l’attività di comunicazione istituzionale relativa all’Assessorato.

Ho servito le istituzioni sempre – prosegue l’Assessore – con il massimo della passione e della abnegazione, cercando di rendicontare quanto facevo tutti i giorni. L’ho fatto sia da Parlamentare europeo che da assessore regionale (ben 914 Agridiario e 156 AgriWeekReCap) senza mai confondere l’attività istituzionale con quella politica.

Con la stessa trasparenza, senso delle Istituzioni e onestà intellettuale – conclude – ho deciso di non confondere il Nicola Caputo candidato con il Nicola Caputo assessore”.

Queste alcune parole del post pubblicato ieri da Nicola Caputo. L’Assessore parla di deontologia, trasparenza, senso delle istituzioni e onestà intellettuale. Praticamente tutti valori di una perfetta democrazia usati in un solo post. Peccato però che il senso di democrazia vorrebbe che l’Assessore sia messo alla pari dei suoi competitor e non quello di rivestire una carica istituzionale in campagna elettorale, la quale carica, indiscutibilmente determina un vantaggio rispetto ai concorrenti, dato che in questo mese, si potranno continuare a dare risposte “politiche” agli amici e agli amici degli amici come già successo, forse inconsapevolmente, con uno dei suoi staffisti, ma questo ve lo racconteremo in un altro editoriale.

Praticamente l’Assessore Nicola Caputo, sta conducendo la campagna elettorale per le europee stando “seduto a cavallo” – come si dice in gergo politico – e poi parla di democrazia, senso delle istituzioni e trasparenza. Avrebbe fatto davvero questo se si fosse dimesso da Assessore regionale. Tanto é vero che chi comincia a leggere il suo post, nelle prime battute, crede proprio di stare lì a leggere delle sue dimissioni, peccato però che la comunicazione era solo per avvertire che la sua pagina smette di essere istituzionale per diventare promozionale. Peccato per quelli che realmente sperano in un cambio di rotta della politica.

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Sciopero indetto da Vesuviana, C. Flegrea, Cumana ed EAV

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Lunedì 6 maggio 2024, ci sarà uno sciopero di 24 ore proclamato dall’Usb.
Le ragioni di tale sciopero, che paralizzerà parzialmente la viabilità campana, sono da ricondursi ai problemi relativi alla sicurezza e al benessere di lavoratori e cittadini, dalla manutenzione dei treni e degli autobus, all’adeguamento dei contratti.
Durante lo sciopero di Lunedì 6 maggio, saranno ovviamente garantite alcune corse per la Circumvesuviana.

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