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“Che nome dare all’evento?”. 6000 sardine: “Le origini”

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Questa mattina, sulla pagina Instagram di 6000 Sardine è comparso un nuovo post, questa volta non legato ad un tema d’attualità come quello precedente del Referendum Costituzionale ma contenente una sorta di “spiegazione” sulle origini, sulle origini del nome ma anche del gruppo stesso.

Tutto ha avuto realmente inizio dall’evento che si è tenuto il 14 Novembre 2019 in Piazza Maggiore a Bologna.

Ma “Che nome dare all’evento? Ci è voluto un rientro a Bologna in moto da parte di Mattia, sorpreso da un temporale, a fare in modo che l’evento fosse associato al mondo marino. Bagnato com’era, non riusciva a pensare ad altro che all’acqua ed il giorno seguente condivise l’idea con i suoi amici“.

E’ così dunque che tutto ha avuto inizio, da un evento casuale, un evento che coinvolge, inevitabilmente, il leader del movimento, Mattia Santori. 

Il 32enne ideatore del movimento è diventato famoso proprio dopo la manifestazione/flashmob organizzata nel capoluogo dell’Emilia contro il leader leghista Matteo Salvini.

Sardine? Che stupidaggine. E va bene, ma almeno spariamola grossa… Che siano 6000, strette strette. Che siano più delle 5570 persone che al massimo può ospitare il Paladozza dove la Lega aprirà campagna elettorale. Cerchiamo di vincere la guerra dei numeri ancora prima che venga combattuta!” si legge nel post.

Alle origini c’è dunque un senso di rivalsa, un bisogno di dimostrarsi “superiori”, numericamente e non, nei confronti della Lega. La voglia di superare quest’ultima in tutti i sensi è dunque la base stessa del movimento fondato da Santori. Non a caso la loro prima manifestazione, quella di Bologna, è nata infatti grazie a un tam-tam sui social per protestare contro la visita in città di Matteo Salvini.

A metà di quella settimana ci fu un incontro per una birra in compagnia in un piccolo bar. Quella sera fu deciso che protagonista dovevano essere la Piazza  e i suoi partecipanti. Ad unire tutti, però, cosa sarebbe potuto essere? Non cori, non urla… Allora cosa? Una canzone! Quale? ‘Com’è profondo il mare?’ ” si legge dunque che l’obiettivo del Movimento era fatto anche di cose semplici, un coinvolgimento “globale” ed una canzone, simbolo di arte e cultura, un brano emblematico di Lucio Dalla.

Una canzone che parla di ingiustizie, di ricatti che vanno avanti e di poveri, invece, prima usati e poi lasciati indietro. Ma è una canzone che parla anche di mare e soprattutto dei pesci, non è infatti un caso che proprio i pesci sono all’origine di tutto e da essi discendiamo e in “Com’è profondo il mare” si può ascoltare che “il pensiero non si può bloccare“: “È chiaro che il pensiero dà fastidio.  Anche se chi pensa è muto come un pesce.
Anzi un pesce e come pesce è difficile da bloccare, perché lo protegge il mare, com’è profondo il mare. Certo, chi comanda, non è disposto a fare distinzioni poetiche. Il pensiero come l’oceano, non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare…“.

Il pensiero, dunque, come dice la canzone, non lo si può recintare. E’ il simbolo del riscatto ma anche del cambiamento. E infatti, si legge ancora nel lungo post “Sarebbe stata l’arte ad esprimere una delle sue funzioni più vere e profonde: dare vita a un sentimento di riscatto e di cambiamento“.

 

 

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Attualità

Putin e il cessate il fuoco, Zelensky: “È solo una farsa, non ci si può fidare. È una rinascita del nazismo”

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Zelensky intervistato a Sky Tg 24: “Da Putin nuovo ultimatum. Quello che fa è una rinascita del nazismo. Vuole che noi diamo una parte dei nostri territori occupati, ma vuole anche quelli non occupati. Parla di regioni del nostro Paese, e lui non si fermerà. Non ci sarà un conflitto congelato”. Poi prosegue, “Putin è come Hitler, non ci si può fidare. Oggi parla di quattro regioni, prima parlava solo di Crimea e Donbass. È la stessa cosa che faceva Hitler, quando diceva ‘datemi una parte di Cecoslovacchia e finisce qui’. Sono tutte bugie”

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Attualità

Campi Flegrei, in caso di eruzione: piano di fuga in 72 ore per 500mila persone

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Un piano di fuga per mettere in salvo nel giro di 72 ore mezzo milione di persone in caso di eruzione del vulcano dei Campi Flegrei.

E’ quello messo a punto dalla Protezione Civile per la prima volta nel 2016, ma oggetto di recenti modifiche e ora al vaglio delle Regioni, e di cui parla oggi Repubblica sulle pagine del quotidiano.
L’ipotesi che farebbe scattare il piano d’emergenza nazionale, però, è quella di una eruzione del vulcano. Uno scenario che ad oggi non è previsto dagli scienziati. Quello che farebbe scattare il piano è il livello di colore rosso che imporrebbe una grande fuga da attuare nel giro di 72 ore a bordo di tutti i mezzi di collegamento, tra bus, navi e treni.
In particolare i cittadini di Pozzuoli, oltre 76 mila, sarebbero accolti in Lombardia, quelli di Bacoli (25mila) tra Umbria e Marche, gli oltre 11 mila di Monte di Procida tra Abruzzo e Molise. Destinazione Lazio per i residenti del quartiere napoletano di Fuorigrotta, rotta verso la Sicilia per i napoletani del quartiere Chiaia-San Ferdinando. Ma tutte le regioni italiane sarebbero coinvolte nell’accoglienza, sia pure in misura differente.

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Attualità

Jabil a Marcianise, il Vescovo di Caserta a Joe Biden: “Le chiediamo un piccolo miracolo laico. L’azienda non abbandoni 420 persone”

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“Egregio Sig. Presidente Biden, questa lettera non Le recherà forse meraviglia: ma di certo sono profondi i sentimenti che la ispirano. Non so perché, eppure c’è nella mia anima un misterioso ‘catalizzatore’ di speranza e simpatia per Lei. Nonostante l’abisso di tempo e di spazio che ci divide, un intero oceano, nel mio animo trovo per Lei come un «collegamento» di comunione e un ponte di speranza! Perché? Non lo so. Anzi, lo so: perché crediamo nell’unico Dio”. E’ l’inizio della missiva di Pietro Lagnese, vescovo di Caserta e arcivescovo di Capua, al presidente Usa Joe Biden. Al centro dello scritto la vertenza della Jabil, l’azienda di proprietà americana con sede in Marcianise, in predicato di trasferire altrove lo stabilimento.

La lettera è stata consegnata all’ambasciatore americano in Italia.

“Le scrivo per chiederLe un piccolo miracolo. A Marcianise c’è una fabbrica della multinazionale americana Jabil. L’azienda, secondo i manager, deve lasciare l’Italia e chiudere ovviamente il sito di Marcianise oltre le altre attività. Sono 420 le persone che rimarranno senza lavoro oltre la perdita dell’indotto e la chiusura degli altri centri italiani collegati. Eppure la Jabil non è un’azienda in perdita o poco innovativa: produce le colonnine per ricaricare le auto elettriche, le auto del presente e del futuro; sistemi di controllo ferroviario nel mercato dell’alta velocità, i treni del presente e del futuro. E tanto altro. Non sono quindi motivi economici o produttivi a motivare questo trasferimento ma, spiegano gli operai, si tratta di una strategia geopolitica degli Stati Uniti per riportare le aziende innovative in America”.

“Non vogliamo ‘armare guerre tra poveri’ – conclude Lagnese – ma Le chiediamo un piccolo miracolo laico. Intervenga per difendere questi posti di lavoro in Italia, a Marcianise. Chieda alla Jabil di trovare una soluzione alternativa, nuove produzioni. Ci affidiamo a Lei. La Madonna La ispiri e L’assista. Il Suo compito e le Sue responsabilità sono immense: per questa ragione noi, a Caserta e Marcianise, preghiamo per Lei. Grazie per quello che potrà fare e che fa per il mondo”.


(fonte: Ansa)

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