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Cardito

CARDITO, i veri motivi della bocciatura delle lottizzazioni in Via Roma

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CARDITO – A quanto pare stentano a dipanarsi le polemiche da parte dell’opposizione e di parte della maggioranza sulla questione lottizzazioni al “Lavinaio”, infatti in questi giorni c’è stato chi, in maniera del tutto strumentale, ha affermato che sulle bocciature tanto reclamizzate da quest’amministrazione non era ancora detta l’ultima parola, poiché dal settore tecnico sarebbe partito solo un preavviso di bocciatura e non una bocciatura definitiva. In realtà questa notizia è vera solo in parte, visto che è la legge – nello specifico la n°241/1990 che all’art. 10 – dà il diritto ai richiedenti di presentare controdeduzioni entro il termine di dieci giorni. Infatti il Responsabile del procedimento Arch. Pasquale Imbemba comunica agli interessati quali sono i motivi ostativi all’autorizzazione dei PUA ripresentati e come norma vuole, si attendono i dieci giorni per ricevere le varie controdeduzioni. Passati i dieci giorni, se al Comune di Cardito non arriveranno controdeduzioni o se le controdeduzioni presentate non saranno ritenute valide, la bocciatura dei PUA sarà ritenuta definitiva.

Siccome la bocciatura dei PUA risalente a quella del 2012 verteva sull’assenza di spazio da dedicare agli standard abitativi. La società Viesse ripresenta di nuovo i PUA per la lottizzazione di Via Roma sostenendo la tesi di individuare aree libere da destinare a standard in altri lotti di proprietà dell’ente comunale. Nello specifico le aree individuate dai richiedenti si trovano all’interno della Zona SAIC, nei terreni di proprietà della Viesse stessa e nel lato est del “Lavinaio”. Leggendo la tesi dei richiedenti, l’arch. Pasquale Imbemba ha ritenuto opportuno bocciare la richiesta dei PUA per i seguenti motivi: gli standard individuati nella zona SAIC in realtà sono aree frammentate che in totale ricoprono la metratura riportata nel nuovo progetto ma che in realtà non possono essere utilizzate come standard, proprio perché parliamo di piccoli terreni sparsi qua e la. Un’altra area individuata dai richiedenti, in realtà è un’area confiscata dal Comune a seguito di reato di lottizzazione abusiva e quindi al momento non è immediatamente disponibile, visto che su tale area non si è ancora deciso quale sia la destinazione d’uso. Inoltre c’è da dire che su queste aree insistono anche diverse costruzioni abusive, peraltro acquisite a bene comunale ma comunque abitate. Inoltre nella nuova richiesta, ossia nei nuovi PUA presentati, i richiedenti, per raggiungere il numero valido secondo il PRG vigente, individuano altre aree di proprietà di terzi, quindi aree non valide allo scopo, visto che non appartengono alla società richiedente il PUA e su quelle aree può solamente esprimersi il Comune di Cardito e lo può fare solo in ambito di discussione del “famoso” PUC. Infatti, allo stato attuale, la zona C2 in assenza di un nuovo piano urbanistico si presenta satura e priva di aree da destinare a standard abitativi.

Per questi motivi sopra riportati sono state rigettate le richieste della società Viesse. E siccome crediamo che dalle controdeduzioni possa cambiare ben poco, perché tutto può accadere tranne che si spostino gli edifici, sorti, purtroppo in maniera abusiva. Dieci giorni o meno, la bocciatura dei PUA da parte dell’amministrazione Cirillo può anche considerarsi definitiva.

Cardito

CARDITO. Il Consigliere Russo attacca il Sindaco sul tema staff personale, riportando dati falsi

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CARDITO – Non sempre un giornalista critico della politica entra nel merito del dibattito pubblico se non per evidenziare le fake news legate alla demagogia spicciola che possono uscire fuori dalle dichiarazioni degli addetti ai lavori.

È quanto successo pochi minuti fa nel comune del cardellino con le dichiarazioni del Consigliere Andrea Russo che affrontando un tema demagogico come quello dello sperpero di denaro pubblico legato all’assunzione degli organi formanti lo staff del Sindaco, dichiara, attraverso un video postato sui social, alcune falsità al solo scopo di alimentare rabbia e impopolarità nella figura del primo cittadino. Ma andiamo ad analizzare i fatti.

Andrea Russo nel suo video asserisce che il Sindaco Giuseppe Cirillo abbia portato il numero dei formanti lo staff da 3 a 5 soggetti, lasciando intendere una volontà da parte del primo cittadino su un ulteriore esborso di denaro pubblico. Nulla di più falso. Gli staffisti nel comune gialloblu sono sempre stati tre. All’inizio furono assunti Andrea Fisher – staffista storico – Vincenzo Russo, Nicola Di Micco e Biagio Barra, poi si decise di nominare il Di Micco dirigente dell’ente sfruttando l’Art. 110 del Tuel, liberando così una casella dal capitolo di bilancio posto in essere sullo staff del Sindaco. Da allore quella casella è rimasta vuota per parecchi mesi, facendo risparmiare, in realtà, soldi ai contribuenti.

Oggi il primo cittadino, vuoi perché oberato di lavoro, vuoi perché abituato ad avere la segreteria con impegni suddivisi su tre elementi, ha pensato bene di assumere due figure part-time. Praticamente la casella lasciata vuota da Di Micco sarà riempita da altri due staffisti allo stesso costo di sempre da parte dell’ente.

Il dato politico che esce fuori è quasi pari a zero. A queste latitudini si cerca di fare opposizione sul nulla. Si comprende e va bene il gioco delle parti, ma non si può parlare a distanza di tre anni dopo aver passato gli stessi anni tra i banchi di maggioranza accompagnati dal mutismo selettivo cronico e svegliarsi su questioni, inesistenti tra l’altro, solo ora e per giunta raccontando frottole. Ci aspettiamo altro da un professionista come Andrea Russo che in quanto tale dovrebbe anche capire che anche il confronto con i comuni limitrofi non regge. Gli altri enti non hanno a capo un Sindaco che deve destreggiarsi tra impegni locali e metropolitani, quindi che ben vengano occhi vigili sul territorio atti ad arginare facili distrazioni o dimenticanze. Non mi si venga neanche ad incolpare il primo cittadino per la doppia carica, dato che la sua visione sovracomunale è sotto gli occhi della città e la ricezione di decine di milioni di euro non è da tutti.

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Afragola

Stupri, violenze e omicidi. Facile fare il prete anticamorra con la legge che li obbliga a non denunciare

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Facile fare il prete di periferia negli addensamenti di povertà a nord di Napoli. Basta avere l’ambizione di andare a colmare un vuoto lasciato dalla politica e dalle istituzioni con l’aiuto della fede e della toga e un po’ di predisposizione all’egocentrismo. Aspettare che un tragico evento si verifichi e attendere, inesorabilmente, lo stuolo di colleghi giornalisti che, non sapendo chi intervistare, dato che a queste latitudini la politica è sempre assente per autoimplosione, si rivolgono al personaggio più populista e demagogo rimasto sul territorio.

Allora la riflessione che voglio fare oggi, così come esposta ai tempi dei fatti che riguardarono l’omicidio di Fortuna Loffredo è: la Chiesa che da secoli cerca di colmare i vuoti creati dalla cecità dei governatori sarebbe in grado di aiutare, fattivamente, le vittime di questi efferati delitti?

Tutti noi sappiamo che secondo l’art. 200 c.p.p. la legge italiana rispetta il segreto confessionale tanto che stabilisce che: il sacerdote a cui è stato confessato un reato NON può essere obbligato a essere chiamato come testimone in un processo. Al contrario, come recita l’art. 622 c.p., violare il segreto confessionale potrebbe costituire reato: il sacerdote che dovesse violare il segreto confessionale per un qualsiasi motivo NON previsto dalla legge, rischia la reclusione fino a 1 anno e una multa che può variare tre le € 30 e le € 516.

D’altro canto, invece, è pur vero che la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6912 del 14 gennaio 2017 ha chiarito che il sacerdote che NON DEVE violare il segreto confessionale è tenuto a collaborare con la giustizia. Il segreto confessionale cade nel momento in cui il fedele confessa di essere, ad esempio, stata vittima di violenza. Il sacerdote che, in sede di processo, si rifiuta di testimoniare o mente durante la deposizione rischia la reclusione fino a 6 anni per il reato di falsa testimonianza.

La differenza sta proprio qui! Se a confessare il reato è chi commette il reato? Allora vale la prima ipotesi, ossia, il prete è tenuto a non denunciare ciò che gli è stato riferito in confessione. Ma questo principio ecclesiastico, condiviso anche dalle norme laiche della nostra Costituzione, in verità, quanta carità cristiana serba in sé?

Facendo un’opportuna riflessione sociologica, da anni il tema della religiosità dei mafiosi, o dei criminali in generale, apre lo scenario a molteplici piani di analisi: da una parte, occorre chiedersi che significato assumono le devozioni e le ritualità religiose e che ruolo svolga il ricorso alla fede all’interno di certi contesti, dall’altra è indispensabile valutare le posizioni che la Chiesa ha progressivamente espresso nella storia. Lo studio delle organizzazioni mafiose lascia emergere il dato piuttosto singolare di una religione che diventa strumento di legittimazione, offrendo motivazioni agli atti criminosi, alleviando le paure e le angosce nutrite dagli affiliati per il proprio destino personale. Ed è per questi motivi che si può benissimo pensare che anche un reato come lo stupro può facilmente essere confessato ad un protettore di anime.

Allora la domanda sorge spontanea: a quali responsabilità la Chiesa espone un prete di periferia, pastore di un addensamento di povertà come quella del Parco Verde? Quale peso deve sopportare un prete anticamorra se tali principi lo devono, per forza maggiore, relegare alla figura di un inerme testimonial della lotta? Ma soprattutto come si sentirebbe l’uomo che alberga sotto la toga a sapere di essere stato costretto a non evitare tale scempio?

Allora l’ultima osservazione che vorrei fare è quella del ruolo della Chiesa nella società moderna. Forse, dico forse, con tutta la modestia possibile, sarebbe il caso di far scendere realmente in trincea chi, almeno a parole, dichiara di voler salvare la vita alla povera gente su questo umile pianeta e far sì che chi sappia denunci immediatamente.

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Caivano

Colpite delle auto di una concessionaria durante una sparatoria a Cardito

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Ieri notte alle ore 2:20 circa a Cardito, i carabinieri di Caivano sono intervenuti a via I Maggio angolo via della Repubblica per una segnalazione di colpi d’arma da fuoco. Alcuni colpi di arma da fuoco sono stati sparati verso 4 auto che erano all’interno di un concessionario, 7 i fori causati. Sono in corso le indagini della vicenda.

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