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Quartieri Spagnoli: “i baretti mi hanno reso la vita impossibile”. Parla un residente

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NAPOLI – L’amara lettera di un residente ai Quartieri Spagnoli di Napoli non tarda a fare il giro del web. Racconta dell’impossibilità di vivere nella zona e del suo sconforto nell’indisponibilità delle forze dell’ordine di porre rimedio.

“Persiste una scriteriata e prepotente occupazione di suolo pubblico. Persino nei piani alti la musica è assordante e tambureggiante. Fino a notte fonda. Tutti i giorni che Cristo manda in terra. Non c’è pace, non c’è pausa. Non c’è rispetto per chi studia, per chi lavora, per chi è infermo”.

È uno sfogo preoccupato e arrabbiato, quello contenuto nella lettera di un residente dei Quartieri Spagnoli che prega di non rendere note le sue generalità. Racconta, inoltre, di non essere il solo ad avvertire questo disagio e che in molti hanno abbandonato il quartiere proprio per tale ragione.

<<Faccio due premesse, indispensabili. Sono stato giovane (in tempi recenti) e ho due figli giovani. Dunque, so dare il giusto peso al concetto di “divertimento”. E in secondo luogo: che nel quartiere dove abito (Montecalvario, Quartieri Spagnoli) fioriscano attività di ristorazione o commerciali è un processo che ho sempre auspicato ritenendolo un primo, decisivo, passo verso la “bonifica ambientale” del territorio.

Detto ció ora lasciatemi sfogare.

Quello che va in onda tutti i giorni nel reticolo di strade che da Vico Due Porte A Toledo va a Vico Teatro Nuovo passando per Vico Tre Regine, è uno spettacolo indegno e vergognoso.

Uno scempio della legalità e del vivere civile.

Nel corso dell’ultimo anno solare nella zona indicata hanno aperto ben tre spritz bar consecutivi. In pratica dove finisce uno comincia l’altro. Con l’abbandono del coprifuoco e l’ingresso nella zona bianca la situazione è presto deflagrata fino ad assumere i contorni attuali. Pessimi, per tre motivi che paiono lampanti. A tutti meno che alle Autorità e alle Forze dell’Ordine.

Primo aspetto: incoraggiati da una delibera comunale che ha autorizzato il gratuita utilizzo dello spazio pubblico antistante il locale (sebbene immagino con dei limiti…), questi tre esercizi hanno ritenuto di occupare invece interamente le loro rispettive sede stradali. Di fatto ora qui, a partire dalle 17 circa, è tutta un’unica zona pedonale costellata di sedie e tavolini. Sebbene ovviamente non risultino provvedimenti ufficiali del Comune.

Ergo: se un residente vuole arrivare fin sotto il portone di casa propria, come è suo diritto, per scaricare un mobile o far salire in auto una persona anziana o disabile… questo non è tecnicamente possibile. Non più. E se ci fosse bisogno di un’ambulanza? Assurdo. Immaginate cosa potrebbe succedere se una nota pizzeria, dico per dire, di via Martucci o di via Cilea decidesse di mettere tutti i propri tavolini in strada e bloccare il traffico. Non gli sarebbe concesso nemmeno per dieci minuti. Qui invece va avanti così da un anno.

Eppure, a termini di legge, la questione è assolutamente identica. Dunque persiste una scriteriata e prepotente occupazione di suolo pubblico. Per inciso, senza alcun criterio, nemmeno proporzionale giacché siamo comunque al cospetto di localini aventi una cubatura interna assai risibile.

In secondo luogo c’è “l’aspetto Covid”. La miriade di tavolini appena descritta non rispetta alcuna distanza di sicurezza. D’altronde se lo facessero ne potrebbero mettere 10 e non i 100 che invece hanno invaso ogni centimetro disponibile. Questo fa sì che negli orari di punta l’assembramento che si crea è inaccettabile e indegno delle normative vigenti. Sono tutti senza mascherina e tutti uno addosso all’altro. E molti di questi ragazzi sono quelli che l’indomani andranno a scuola, occuperanno aule, useranno mezzi pubblici.

I numeri dei contagiati sono in risalita. Forte. E specialmente nella fascia degli under 30. Mi chiedo: dove credete che si contagino? Nei cinema? Che senso ha che io debba indossare una mascherina lungo via Toledo, mentre cammino da solo e vado a fare la spesa, se poi rincasando sono costretto a fendere centinaia di persone ammassate e prive dei dispositivi di sicurezza? Aggiungo, per completezza d’informazione, che in Campania vige pure una specifica ordinanza di De Luca che vieta il consumo da asporto di alcolici nei pressi dei luoghi di acquisto… Una prescrizione forse ben congegnata, se solo qualcuno la facesse rispettare… Ma pare che a nessuno importi.

Infine l’aspetto peggiore, quello che sta rendendo la zona una bomba ad orologeria. La musica. Perché a questi esercenti non bastano tutte le violazioni suddette. A differenza di altri luoghi della città, dove pure insistono i locali della movida (via Aniello Falcone, via Cavallerizza a Chiaia…), qui impazza pure l’ambizione di trasformare il tutto in una vibrante discoteca a cielo aperto. Altoparlanti enormi messi qua e là hanno trasformato la zona in una sorta di grande Papeete ma, soprattutto, hanno reso la vita dei residenti un autentico inferno.

Persino nei piani alti la musica è assordante e tambureggiante. Fino a notte fonda. Tutti i giorni che Cristo manda in terra. Non c’è pace, non c’è pausa. Non c’è rispetto per chi studia, per chi lavora, per chi è infermo

er chi semplicemente ha diritto ad un livello di inquinamento acustico accettabile. Cosa che in vicoli stretti come questi già sarebbe tutta da verificare se ci fosse solo il frastuono del vociare di centinaia di ragazzi “allegri”… Figuriamoci allora con l’accompagnamento di diffusori potentissimi…

Ora sarebbe bello verificare cosa potrebbe mai succedere se con altoparlanti del genere mi mettessi io una mezza serata sotto casa del sindaco. O nel bel mezzo di piazza Vanvitelli. Vorrei proprio vedere quanto durerei prima di essere tradotto in Questura. Vorrei proprio vedere se le Forze dell’Ordine intervenienti mi tirerebbero solo le orecchie o no. E il giorno dopo? E quello dopo ancora? Come residenti abbiamo istituito un comitato, abbiamo presentato esposti, chiamiamo tutti i giorni incessantemente il 112 e il 113. E le telefonate, registrate, sono lì a testimoniarlo. Ma niente.

Spesso la Polizia e i Carabinieri giungono sul posto, fanno una ramanzina ma mezz’ora dop,o il delirio riparte. Più forte, più sprezzante, più impunito di prima. Una bolgia dantesca. Noi, insomma, non abbiamo diritti. Eppure paghiamo le tasse. Eppure votiamo Eppure siamo tanti.

C’è qualcuno – mi domando – che può farsi responsabilmente e seriamente carico di questa vicenda? Un magistrato illuminatoUn prefetto efficiente? Un sindaco coscienzioso? Sarebbe bello.>>

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Papa Francesco sarà al G7 sull’intelligenza artificiale: l’annuncio di Meloni

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“Sono onorata di annunciare la partecipazione di Papa Francesco ai lavori del G7 nella sessione dedicata all’intelligenza artificiale”, è quanto annunciato in un video dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

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GP di Nürburgring 1976: all’asta il casco dell’incidente di Niki Lauda

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Il casco indossato da Niki Lauda, al Gran Premio di Nürburgring, nel 1976, che gli sarebbe potuto costare la vita, tant’è che – pensate – gli fu fatta l’estrema unzione data la gravità delle condizioni in cui versava, verrà messo all’asta da Bonhams in occasione del GP di Miami, in programma la prossima settimana. La previsione è che il valore potrà raggiungere i 60mila dollari. Il casco è stato, fino ad oggi, conservato da collezionisti privati. 
Una parte del ricavato della vendita sarà donata dal venditore e da “Bonhams Cars” all’Unicef.

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Chiara Ferragni, l’azienda cerca nuovi soci per 6 milioni di euro

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I danni d’immagine dipesi dallo “scandalo pandoro” e dall’allargarsi dell’inchiesta non sono ancora quantificabili, ma le conseguenze economiche cominciano a dare i primi segnali.
Chiara Ferragni avrebbe bisogno di sei milioni di euro, dopo il calo dei ricavi della Fenice srl. Per ottenere nuovi finanziamenti, l’influencer potrebbe scegliere di affidarsi a nuovi soci.
I consulenti le suggeriscono di prepararsi a perdite comprese tra uno e tre milioni di euro, nel prossimo triennio. Secondo quanto riportato da “Il Messaggero”, alla Ferragni è stato suggerito di raccogliere nuovi fondi di equity, per un valore di cinque o sei milioni di euro. La perdita dei ricavi al momento si aggirerebbe intorno al 40%. 

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