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CARDITO. Siamo sicuri che Marco Mazza faccia parte della maggioranza?

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CARDITO – Non me lo domando solo io, credo che questo quesito se lo pongono in molti. La domanda è: ma il Consigliere Marco Mazza da che parte sta? Va bene essere critici, va bene avere una mente pensante e va bene anche che un consigliere di maggioranza possa dubitare della bontà della propria corrente politica o del proprio sindaco. Ma arriva anche il momento che poi, essendo dalla stessa parte politica, le persone si chiariscano, almeno credo. Il problema però nasce quando questo momento non arriva mai. Per far si che due o più individui si chiariscano ci vogliono due fattori: la volontà e il coraggio di dire ciò che si pensa. Evidentemente se tutto questo non è ancora avvenuto, vuol dire che allo stato attuale a qualcuno manca almeno uno dei due fattori.

Non si sa ancora per quanto tempo, questa maggioranza, sarà disposta a sopportare le provocazioni del consigliere democratico. Al di là della sua richiesta azzardata fatta a mezzo Facebook, ripeto legittima, di richiedere le dimissioni della giunta qualora si riducesse la questione PUA ad un mero commissariamento da parte di Città Metropolitana. In consiglio ne fa un’altra di provocazione. Nel tentativo di fare un parallelismo tra questa giunta e quella nel quale egli stesso ha segnato il primato di staffista del sindaco, ovvero la giunta di Peppe Barra, pone l’accento sul fatto che ai tempi del sindaco del decennio esistessero due uffici tecnici, ovvero c’era il dirigente preposto a rilasciare le concessioni edilizie e quello dedito al controllo. Mentre nell’era Cirillo il tutto viene effettuato dal solo Pasquale Imbemba, avallando in maniera subdola quello che aveva affermato pochi istanti prima il consigliere Francesco Pisano quando parlava di “associazione a delinquere” in maggioranza.

Non ripeto quello scritto ieri sul fatto che quando si hanno le prove bisogna portare il tutto all’attenzione della Magistratura, ma vorrei ricordare al consigliere Mazza che al di là del fatto che alcuni decenni fa, i dipendenti comunali erano in numero maggiore rispetto ad ora e la sottostima delle forze lavoro del Comune di Cardito è nota a tutti. C’è un dato di fondo che forse il consigliere democratico ha dimenticato o forse fa finta di non sapere. Pasquale Imbemba è un professionista che nella sua vita fa solo il dipendente comunale, non opera sul territorio carditese facendo consulenze esterne private o redigendo progetti per varie ditte edili del territorio per costruzioni fatte a Cardito, come avveniva, magari, per qualche dirigente ai tempi di Peppe Barra e dove, giustamente, per evitare il conflitto di interessi si era ritenuto necessario istituire il doppio ufficio. Servizio che oggi, al di là delle volontà sarebbe anche impossibile da istituire vista la penuria del personale. Allora mi chiedo, che necessità ha avuto, il consigliere Mazza, a fare quel parallelismo? Era davvero di interesse pubblico porre l’accento su una cosa che mai e poi mai potrebbe essere attuata, se non al solo scopo di destabilizzare questa maggioranza?

Ma non è finita qui, incassata la risposta del sindaco Cirillo in consiglio, che spiazza tutti sull’argomento PUC, il consigliere Marco Mazza non si accontenta. Evidentemente non avrà gradito le parole del sindaco quando informa tutti, compreso il Mazza, che la maggioranza è formata da 14 consiglieri e potrebbe fare a meno anche di qualche pezzo. Evidentemente avrà interpretato l’invito del primo cittadino di inglobare anche le minoranze nella redazione del PUC a suo modo, avendola intesa come una provocazione. Tant’è che stamattina pubblica un post molto provocatorio all’indirizzo del primo cittadino, richiamando alla mente le parole di Max Weber e Antonio Gramsci e specie nell’ultima parte scrive: “Un amministratore locale che, al contrario, usa l’appartato per il suo tornaconto politico o lo usa per battaglie di potere personale non è tanto un ignorante è un disonesto”. E non mi si venga a dire che quest’ultima parte non sia rivolta a Giuseppe Cirillo. Perché allora non si spiega come mai il consigliere Mazza nella prima parte del post fa il parallelismo con Cardito.

mazza

Post pubblicato oggi (30 Novembre 2017) da Marco Mazza

Allora qui c’è una cosa fondamentale da capire. In consiglio Marco Mazza fa allusioni, affermando che al controllore manchi il controllo dopo che Pisano ha affermato che in maggioranza esiste una “piovra” che ha tentacoli nell’urbanistica. Poi stamattina se ne esce con questo post dove nella prima parte porta l’esempio del Comune di Cardito e nell’ultima parte parla di un amministratore disonesto. Bene, allora la riflessione fa d’uopo. Se Marco Mazza, essendo un bravo avvocato, vuole giocare con la semantica, diciamo che anche un bravo giornalista lo è e siccome ho la presunzione di non essere da meno, allora mi metto nei panni dei cittadini carditesi e mi chiedo: Se Marco Mazza ritiene di far parte di una maggioranza che presenta un sindaco disonesto, cosa lo trattiene ancora in quella fazione politica? Come mai i vertici del suo partito, capogruppo in primis, non prende provvedimenti in merito? A questo punto non si tratta più di un consigliere che solleva critiche nei confronti della giunta. Siamo di fronte ad un consigliere che un giorno sì e l’altro pure continua a fare allusioni, anche gravi, e allora nel nome della trasparenza ma soprattutto se si ha il coraggio di prendere una posizione netta rispetto a ciò che si pensa e in virtù del fatto che nulla cambierebbe in termini di numeri, non sarebbe nobile e legittimo che il consigliere Marco Mazza posasse le prebende ottenute grazie anche al senso di Democrazia di Cirillo e passasse all’opposizione, imbracciando finalmente, alla luce del sole, la battaglia che ha intrapreso mesi or sono? Ai posteri l’ardua sentenza.

Cardito

CARDITO. Il Consigliere Russo attacca il Sindaco sul tema staff personale, riportando dati falsi

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CARDITO – Non sempre un giornalista critico della politica entra nel merito del dibattito pubblico se non per evidenziare le fake news legate alla demagogia spicciola che possono uscire fuori dalle dichiarazioni degli addetti ai lavori.

È quanto successo pochi minuti fa nel comune del cardellino con le dichiarazioni del Consigliere Andrea Russo che affrontando un tema demagogico come quello dello sperpero di denaro pubblico legato all’assunzione degli organi formanti lo staff del Sindaco, dichiara, attraverso un video postato sui social, alcune falsità al solo scopo di alimentare rabbia e impopolarità nella figura del primo cittadino. Ma andiamo ad analizzare i fatti.

Andrea Russo nel suo video asserisce che il Sindaco Giuseppe Cirillo abbia portato il numero dei formanti lo staff da 3 a 5 soggetti, lasciando intendere una volontà da parte del primo cittadino su un ulteriore esborso di denaro pubblico. Nulla di più falso. Gli staffisti nel comune gialloblu sono sempre stati tre. All’inizio furono assunti Andrea Fisher – staffista storico – Vincenzo Russo, Nicola Di Micco e Biagio Barra, poi si decise di nominare il Di Micco dirigente dell’ente sfruttando l’Art. 110 del Tuel, liberando così una casella dal capitolo di bilancio posto in essere sullo staff del Sindaco. Da allore quella casella è rimasta vuota per parecchi mesi, facendo risparmiare, in realtà, soldi ai contribuenti.

Oggi il primo cittadino, vuoi perché oberato di lavoro, vuoi perché abituato ad avere la segreteria con impegni suddivisi su tre elementi, ha pensato bene di assumere due figure part-time. Praticamente la casella lasciata vuota da Di Micco sarà riempita da altri due staffisti allo stesso costo di sempre da parte dell’ente.

Il dato politico che esce fuori è quasi pari a zero. A queste latitudini si cerca di fare opposizione sul nulla. Si comprende e va bene il gioco delle parti, ma non si può parlare a distanza di tre anni dopo aver passato gli stessi anni tra i banchi di maggioranza accompagnati dal mutismo selettivo cronico e svegliarsi su questioni, inesistenti tra l’altro, solo ora e per giunta raccontando frottole. Ci aspettiamo altro da un professionista come Andrea Russo che in quanto tale dovrebbe anche capire che anche il confronto con i comuni limitrofi non regge. Gli altri enti non hanno a capo un Sindaco che deve destreggiarsi tra impegni locali e metropolitani, quindi che ben vengano occhi vigili sul territorio atti ad arginare facili distrazioni o dimenticanze. Non mi si venga neanche ad incolpare il primo cittadino per la doppia carica, dato che la sua visione sovracomunale è sotto gli occhi della città e la ricezione di decine di milioni di euro non è da tutti.

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Afragola

Stupri, violenze e omicidi. Facile fare il prete anticamorra con la legge che li obbliga a non denunciare

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Facile fare il prete di periferia negli addensamenti di povertà a nord di Napoli. Basta avere l’ambizione di andare a colmare un vuoto lasciato dalla politica e dalle istituzioni con l’aiuto della fede e della toga e un po’ di predisposizione all’egocentrismo. Aspettare che un tragico evento si verifichi e attendere, inesorabilmente, lo stuolo di colleghi giornalisti che, non sapendo chi intervistare, dato che a queste latitudini la politica è sempre assente per autoimplosione, si rivolgono al personaggio più populista e demagogo rimasto sul territorio.

Allora la riflessione che voglio fare oggi, così come esposta ai tempi dei fatti che riguardarono l’omicidio di Fortuna Loffredo è: la Chiesa che da secoli cerca di colmare i vuoti creati dalla cecità dei governatori sarebbe in grado di aiutare, fattivamente, le vittime di questi efferati delitti?

Tutti noi sappiamo che secondo l’art. 200 c.p.p. la legge italiana rispetta il segreto confessionale tanto che stabilisce che: il sacerdote a cui è stato confessato un reato NON può essere obbligato a essere chiamato come testimone in un processo. Al contrario, come recita l’art. 622 c.p., violare il segreto confessionale potrebbe costituire reato: il sacerdote che dovesse violare il segreto confessionale per un qualsiasi motivo NON previsto dalla legge, rischia la reclusione fino a 1 anno e una multa che può variare tre le € 30 e le € 516.

D’altro canto, invece, è pur vero che la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6912 del 14 gennaio 2017 ha chiarito che il sacerdote che NON DEVE violare il segreto confessionale è tenuto a collaborare con la giustizia. Il segreto confessionale cade nel momento in cui il fedele confessa di essere, ad esempio, stata vittima di violenza. Il sacerdote che, in sede di processo, si rifiuta di testimoniare o mente durante la deposizione rischia la reclusione fino a 6 anni per il reato di falsa testimonianza.

La differenza sta proprio qui! Se a confessare il reato è chi commette il reato? Allora vale la prima ipotesi, ossia, il prete è tenuto a non denunciare ciò che gli è stato riferito in confessione. Ma questo principio ecclesiastico, condiviso anche dalle norme laiche della nostra Costituzione, in verità, quanta carità cristiana serba in sé?

Facendo un’opportuna riflessione sociologica, da anni il tema della religiosità dei mafiosi, o dei criminali in generale, apre lo scenario a molteplici piani di analisi: da una parte, occorre chiedersi che significato assumono le devozioni e le ritualità religiose e che ruolo svolga il ricorso alla fede all’interno di certi contesti, dall’altra è indispensabile valutare le posizioni che la Chiesa ha progressivamente espresso nella storia. Lo studio delle organizzazioni mafiose lascia emergere il dato piuttosto singolare di una religione che diventa strumento di legittimazione, offrendo motivazioni agli atti criminosi, alleviando le paure e le angosce nutrite dagli affiliati per il proprio destino personale. Ed è per questi motivi che si può benissimo pensare che anche un reato come lo stupro può facilmente essere confessato ad un protettore di anime.

Allora la domanda sorge spontanea: a quali responsabilità la Chiesa espone un prete di periferia, pastore di un addensamento di povertà come quella del Parco Verde? Quale peso deve sopportare un prete anticamorra se tali principi lo devono, per forza maggiore, relegare alla figura di un inerme testimonial della lotta? Ma soprattutto come si sentirebbe l’uomo che alberga sotto la toga a sapere di essere stato costretto a non evitare tale scempio?

Allora l’ultima osservazione che vorrei fare è quella del ruolo della Chiesa nella società moderna. Forse, dico forse, con tutta la modestia possibile, sarebbe il caso di far scendere realmente in trincea chi, almeno a parole, dichiara di voler salvare la vita alla povera gente su questo umile pianeta e far sì che chi sappia denunci immediatamente.

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Caivano

Colpite delle auto di una concessionaria durante una sparatoria a Cardito

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Ieri notte alle ore 2:20 circa a Cardito, i carabinieri di Caivano sono intervenuti a via I Maggio angolo via della Repubblica per una segnalazione di colpi d’arma da fuoco. Alcuni colpi di arma da fuoco sono stati sparati verso 4 auto che erano all’interno di un concessionario, 7 i fori causati. Sono in corso le indagini della vicenda.

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