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Napoli. L’attivazione del Vanvitelli era prevista a fine anno, i lavori non sono mai cominciati

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Le barelle, le file, le attese infinite. I pronto soccorso napoletani sono al collasso, il governatore Vincenzo De Luca annuncia addirittura la possibile chiusura di altre strutture per mancanza di fondi. In questo scenario risulta ancora più incomprensibile la mancata apertura dei pronto soccorso dei due policlinici cittadini: uno fa capo all’Università Vanvitelli, nel centro storico, l’altro alla Federico II, nella zona ospedaliera. Eppure, nonostante i ripetuti annunci, l’attivazione non è mai avvenuta. “Siamo l’unica regione d’Italia in cui i policlinici non hanno pronto soccorso” afferma Antimo Morlando, segretario della Funzione pubblica Cgil Napoli. “Ci risultano spesi oltre 2 milioni di euro per lavori di adeguamento – sostiene Francesco Maranta, portavoce del Forum diritti e salute – mirati all’apertura del pronto soccorso, che fine hanno fatto questi soldi?”. I lavori per il pronto soccorso del Vanvitelli risultano terminati da un anno.

Nel giugno del 2021, ai nostri microfoni, l’allora direttore Antonio Giordano assicurò che entro la fine di quell’anno la struttura sarebbe stata inaugurata, anche se parzialmente. Previsione che non si è mai avverata. Oggi, il manager è Ferdinando Russo e dell’apertura non si parla più. Abbiamo più volte chiesto di incontrare qualche responsabile dell’azienda, per capire quali fossero gli intoppi, ma non abbiamo mai ricevuto risposta. “A mio avviso – prosegue il segretario di Fp Cgil – il caso della Federico II è ancora più grave perché non è stata attivata alcun percorso per la creazione del pronto soccorso”. Una critica che Maria Triassi, presidente della Scuola di medicina e chirurgia del Policlinico Unina, respinge con forza: “La Federico II ha un dea funzionale, anche se non strutturale. Cioè, siamo già pronti per tutte le patologie tempo-dipendenti, come l’infarto, l’ictus, il trauma. Manca l’accettazione, il luogo fisico per smistare le ambulanze.

Nell’aprile 2021, fu proprio la Triassi a sostenere come il Policlinico avesse 19 milioni di euro destinati al pronto soccorso inspiegabilmente ‘parcheggiati’. Come siano stati usati quei soldi resta tutt’ora un mistero. L’altro mistero è perché, stante la disponibilità della Federico II, la struttura della zona ospedaliera non sia stata ancora attivata. “La politica e l’università si rimpallano le responsabilità da anni” attacca Antimo Morlando. Anche in questo caso, però, la Triassi respinge le critiche al mittente: “E’ falso, altrimenti non avremmo votato all’unanimità per l’apertura del pronto soccorso”. L’intrigo si infittisce, anche perché Vincenzo De Luca, dopo aver per anni caldeggiato l’inserimento dei policlinici nella rete emergenziale, sembra adesso puntare su un’altro ospedale: il Monaldi.

Anche ammesso che regione e università si decidano, resta un altro enorme ostacolo. In Campania non ci sono né medici né infermieri sufficienti. “Non è stato attivato un percorso di reclutamento – dichiara Morlando – Chi c’è vuole scappare dall’emergenza, sia per i carichi di lavoro che per gli episodi di violenza”. Su questo aspetto concorda anche la presidente della Clinica di medicina e chirurgia: “Raccogliamo i frutti di errata programmazione. Non ci si aspettava tutti questi pensionamenti e ci siamo fatti trovare impreparati. Allora dove reperire il personale per aprire due nuovi pronto soccorso: “La mia proposta è proporre ai medici over 70 che non vogliono andare in pensione di restare a dare una mano” afferma Maria Triassi.

Quello dell’ingresso dei policlinici napoletani nella rete di emergenza è un tema rilevante perché Cardarelli e Ospedale del Mare non riescono a reggere il numero di accessi. “In Campania – racconta Maranta – hanno chiuso 14 pronto soccorso in questi anni. A Napoli, gli ultimi due sono stati il Loreto Mare e il San Giovanni Bosco”. Per la Cgil “…ciò che si vive al Cardarelli è qualcosa di indegno”. Come avviene in quasi tutta Italia tranne che a Napoli, gli ospedali universitari hanno una duplice funzione: curare i pazienti e formare i nuovi medici. La Federico II, da anni, va avanti grazie a una convenzione con il Cardarelli. Una soluzione tampone che, però, non può durare all’infinito.  Sapere se e quando apriranno questi due pronto soccorso è impossibile. “I tempi non sono certi – ammette Maria Triassi – Da chi dipende? Dalla Regione, che deve mettere in atto le procedure. Recentemente un passo importante è stato fatto: nel piano sanitario i policlinici sono stati formalmente equiparati alle altre aziende ospedaliere.

L’emendamento cui fa riferimento la presidente della Clinica di medicina e chirurgia della Federico II è stato inserito nell’ultima legge finanziaria regionale e recepisce un decreto legislativo, il 517, risalente al 1999: “Siamo in ritardo di quasi trent’anni – commenta Antimo Morlando della Cgil – Ci dicano una volta per tutte quando apriranno i pronto soccorso”. 

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Papa Francesco sarà al G7 sull’intelligenza artificiale: l’annuncio di Meloni

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“Sono onorata di annunciare la partecipazione di Papa Francesco ai lavori del G7 nella sessione dedicata all’intelligenza artificiale”, è quanto annunciato in un video dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

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GP di Nürburgring 1976: all’asta il casco dell’incidente di Niki Lauda

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Il casco indossato da Niki Lauda, al Gran Premio di Nürburgring, nel 1976, che gli sarebbe potuto costare la vita, tant’è che – pensate – gli fu fatta l’estrema unzione data la gravità delle condizioni in cui versava, verrà messo all’asta da Bonhams in occasione del GP di Miami, in programma la prossima settimana. La previsione è che il valore potrà raggiungere i 60mila dollari. Il casco è stato, fino ad oggi, conservato da collezionisti privati. 
Una parte del ricavato della vendita sarà donata dal venditore e da “Bonhams Cars” all’Unicef.

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Chiara Ferragni, l’azienda cerca nuovi soci per 6 milioni di euro

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I danni d’immagine dipesi dallo “scandalo pandoro” e dall’allargarsi dell’inchiesta non sono ancora quantificabili, ma le conseguenze economiche cominciano a dare i primi segnali.
Chiara Ferragni avrebbe bisogno di sei milioni di euro, dopo il calo dei ricavi della Fenice srl. Per ottenere nuovi finanziamenti, l’influencer potrebbe scegliere di affidarsi a nuovi soci.
I consulenti le suggeriscono di prepararsi a perdite comprese tra uno e tre milioni di euro, nel prossimo triennio. Secondo quanto riportato da “Il Messaggero”, alla Ferragni è stato suggerito di raccogliere nuovi fondi di equity, per un valore di cinque o sei milioni di euro. La perdita dei ricavi al momento si aggirerebbe intorno al 40%. 

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